|
l'inizio...
In principio era il nulla. E questo nulla non
era né vuoto né vacuo: esso nominava solo se stesso.
E Dio vide che questo era un bene. Per niente al mondo avrebbe
creato alcunché. Il nulla non solo gli piaceva, ma addirittura
lo appagava totalmente. Dio aveva gli occhi perennemente aperti
e fissi. Se anche fossero stati chiusi, nulla sarebbe comunque
cambiato. Non c'era niente da vedere e Dio non guardava niente.
Era pieno e denso come un uovo sodo, di cui possedeva anche
la rotondità e l'immobilità. Dio era soddisfazione
assoluta. Non desiderava niente, non aspettava niente, non percepiva
niente, non rifiutava niente e niente lo interessava. La vita
era di una pienezza talmente intensa che non era vita. Dio non
viveva: esisteva.L'esistenza non aveva avuto per lui un inizio
percettibile. Alcuni grandi libri esordiscono con frasi a tal
punto poco chiassose che le dimentichiamo quasi immediatamente,
rimanendo con l'impressione di essere impegnati in quella lettura
dalla notte dei tempi. Allo stesso modo era impossibile rilevare
il momento in cui Dio aveva iniziato a esistere. Era come se
esistesse da sempre.Dio non possedeva linguaggio e, di conseguenza,
non possedeva pensiero. Egli era sazietà ed eternità.
Il che dimostrava, incontestabilmente, che Dio era Dio. E questa
evidenza non aveva la minima importanza, poiché Dio se
ne infischiava altamente di essere Dio. Gli occhi degli esseri
viventi possiedono la più straordinaria delle proprietà:
lo sguardo. Nulla è più eccezionale dello sguardo.
Quando parliamo delle orecchie delle creature non diciamo che
hanno un 'ascoltardo', oppure, delle loro narici, che hanno
un 'sentardo' o un 'annusardo'. Cos'è lo sguardo? È
qualcosa di inesprimibile. Nessuna parola esprime, neanche lontanamente,
la sua strana essenza. Eppure lo sguardo esiste. Poche sono
le realtà che hanno un tale livello di esistenza. Che
differenza c'è fra occhi che possiedono uno sguardo e
occhi che ne sono sprovvisti? Questa differenza ha un nome:
si chiama vita. La vita inizia laddove inizia lo sguardo. Dio
non aveva sguardo. Dio aveva tre sole occupazioni: la deglutizione,
la digestione e, conseguenza diretta, l'escrezione. Queste attività
vegetative attraversavano il corpo di Dio senza che lui se ne
accorgesse. Il cibo, sempre lo stesso, non era eccitante al
punto che lui lo notasse. E quanto al bere, non era diverso.
Dio apriva tutti gli orifizi necessari al passaggio degli alimenti,
solidi e liquidi. Ecco perché, a questo stadio della
crescita, chiameremo Dio il tubo. Esiste una metafisica dei
tubi. Slawomir Mrozek ha scritto sui tubi flessibili parole
che non si sa se siano di una perturbante profondità
o magnificamente deliranti. Forse sono tutto questo insieme:
i tubi sono straordinari miscugli di pieno e di vuoto, sono
materia cava, una membrana di esistenza che ricopre un fascio
di inesistenza. Il tubo flessibile è la versione molle
del tubo. Eppure, la mollezza di cui è dotato non lo
rende meno enigmatico. Dio possedeva la flessibilità
di quest'ultimo e al tempo stesso giaceva rigido e inerte, confermando
così la sua natura di tubo. Sperimentava la serenità
assoluta del cilindro. Filtrava l'universo e non tratteneva
niente.
***
frammenti..
Ero giapponese. Nella provincia del Kansai, a due anni e mezzo,
essere giapponese significava vivere nel cuore della bellezza
e dell'adorazione. Essere giapponese significava abbuffarsi
dei fiori esageratamente profumati del giardino molle di pioggia,
sedersi sul bordo dello stagno di pietra a guardare, in lontananza,
le montagne grandi come l'interno del proprio petto, prolungare
dentro di sé il canto mistico del venditore di patate
dolci che attraversa il quartiere all'imbrunire. A due anni
e mezzo, essere giapponese significava essere la prediletta
di Nishio-san. Se glielo chiedevo, lei abbandonava in qualsiasi
momento le sue occupazioni per prendermi in braccio, coccolarmi,
cantarmi canzoni che parlavano di gattini o di ciliegi in fiore.
Era sempre pronta a raccontarmi le sue storie di corpi fatti
a pezzi che tanto mi stupivano, oppure la leggenda di questa
o quella strega che cuoceva la gente in un calderone per farne
la zuppa: racconti adorabili che mi incantavano fino all'ebetudine.
Si sedeva e mi cullava come una bambola. Io assumevo un'aria
sofferente soltanto per il desiderio di essere consolata: Nishio-san
stava al gioco e mi consolava a lungo per le mie pene inesistenti,
compatendomi con grande maestria. Poi seguiva delicatamente
con un dito il disegno dei miei tratti e ne vantava la bellezza
che lei diceva estrema: si esaltava per la mia bocca, per la
mia fronte, per le mie guance, per i miei occhi, e concludeva
di non avere mai visto una dea dal viso così incantevole.
Era una brava persona. E io non mi stancavo di rimanere tra
le sue braccia, e ci sarei rimasta per sempre, estasiata dalla
sua idolatria. Anche lei si estasiava nell'idolatrarmi a quel
modo, dimostrando quanto la mia divinità fosse giusta
ed eccellente. A due anni e mezzo, avrei dovuto essere idiota
per non essere giapponese.
***
Lancio frammenti di cibo. L'ammasso di bocche vi si getta sopra.
I tubi aperti ingoiano. Quando hanno deglutito ne chiedono ancora.
La gola è così spalancata che, se solo si inclinassero
un po', si potrebbe vedere il loro stomaco. Mentre continuo
a distribuire la pietanza, sono sempre più sconvolta
da ciò che la trinità mi mostra: in genere le
creature tengono nascosto l'interno del proprio corpo. Cosa
accadrebbe se la gente esibisse le proprie viscere? Le carpe
hanno infranto questo tabù primordiale: mi impongono
la visione del loro tubo digestivo all'aria. Lo trovi ripugnante?
L'interno del tuo ventre è identico. Se questo spettacolo
ti ossessiona tanto, forse è perché ti ci rivedi.
Credi che la tua specie sia diversa? I tuoi mangiano in modo
meno sporco, ma mangiano, e anche dentro tua madre, dentro tua
sorella, è la stessa cosa. E tu, che cosa ti credi di
essere? Sei un tubo venuto fuori da un altro tubo. In questi
ultimi tempi hai avuto la gloriosa impressione di evolvere,
di diventare materia pensante. Tutte fesserie. La bocca delle
carpe potrebbe davvero farti stare così male se non ci
vedessi il tuo ignobile specchio? Ricordati che tubo sei e che
tubo ritornerai.
|
|