Chuck Kinder

 

Lune di miele
precauzioni per l'uso
2001 - Fazi editore - pag.383


 

E’ la storia di chiara ispirazione autobiografica dell’amicizia tra due giovani aspiranti scrittori, Ralph Crawford e Jim Stark, (ovvero Carver e Kinder) nella California degli anni settanta. Sopravvivendo a povertà, sbronze colosali, bollette da pagare, assegni scoperti, piatti e insulti che volano, i due passano da un bar all’altro, scappano, si ritrovano, s’innamorano. Ralph tradisce la moglie Alice Ann con Lindsay; Jim tradisce Ralph sposandosi con Lindsay, e lasciando la prima moglie che a sua volta lo tradiva; anche Alice Ann tradirà Ralph, senza però smettere di amarlo e aiutarlo.

***

l'inizio...

Ralph e Alice Ann erano poco più che ragazzi e ancora immuni dal catastrofismo degli adulti quando s’incontrarono per la prima volta, s’innamorarono perdutamente e si sposarono , usando la gravidanza imminente come semplice scusa.
Ralph aveva diciotto anni, era fresco di liceo, lavorava in una segheria e metteva da parte i soldi per il college, quando una sera d’estate , dopo aver passato il pomeriggio a girare in macchina e bere birra, a lui e ai suoi amici venne voglia di fermarsi al parco dei dinosauri. Rimasero per un po’ nel parcheggio ghiaioso, seduti nella vecchia Ford sgangherata di Ralph a tracannare birra e a inventarsi storie di ragazze. Tra una sorsata e l’altra, Ralph alzò gli occhi sul muso blu di un brontosauro, che incombeva da sopra gli alberi come una strana luna appena sorta e lo guardava con impenetrabili occhi gialli.

frammenti

Ciò che Lindsay temeva di più era diventare un personaggio, la moglie, della raccolta di racconti di qualcuno, imbottigliata nella finzione narrativa. Dio ti prego, basta con gli inizi pieni di speranze, con le crisi, con gli atterraggi di emergenza. Dio ti prego, basta con i melodrammi in tre atti del cazzo.

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Da Duffy si veniva trattati come uomini bianchi, avrebbe assicurato Ralph ad Alice Ann. Non come nei posti dove era stato in passato. Da Duffy si veniva chiamati pazienti e c’era sempre a disposizione un’infermiera in uniforme bianca. Da Duffy ti facevano smettere di bere un po’ alla volta. Il primo giorno ti davano qualcosa di forte ogni ora di veglia, il secondo giorno invece ogni tre ore. Li chiamavano “ goccetti” . poi, però, più niente. Alla fine ti lasciavano come un disperato senza niente da bere, ma in quel modo si evitavano probabilmente le convulsioni, avrebbe detto Ralph ad Alice Ann per rassicurarla. Le convulsioni erano la paura più grande di tutte per Ralph. La notte rimaneva sveglio, madido di sudore, digrignando i denti, in attesa che arrivasse il peggio. Il minimo formicolio, il più piccolo tic nella spalla, oppure nel collo, lo facevano irrigidire dal rimpianto. Ciò che Ralph temeva più di ogni altra cosa era morire della stessa morte di suo padre, a cui Ralph aveva voluto così bene, un ubriacone che era affogato nel suo stesso vomito.

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La prima cosa che fece Jim il mattino seguente fu versarsi un dito di Jack Daniel’s in un bicchiere torbido e ingoiare con un sorso deciso mezzo acido. Jim non si lavò neanche i denti. Ora che non era più nella sua città Jim poteva farlo impunemente. Poteva lasciarsi marcire i denti e friggersi il cervello come voleva, ora, senza avere nessuno intorno che gli dicesse cosa fare e cosa non fare. Jim avvicinò una sedia alla finestra e sistemò i piedi sul davanzale. Si accese uno spinello bello grosso e cominciò a tirare boccate come un magnate dal suo sigaro. Sentì subito la magica luce dei bei tempi andati. Gli scivolò addosso come fosse acqua.

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Jim era tornato a insegnare a Stanford in autunno, dopo un’estate di incredibili alti e bassi emotivi con Lindsay, ma ne era perdutamente innamorato, e non era stato tanto a guardare la stanza buia e scadente che aveva dovuto affittare in un residence nel centro di Palo Alto, con un televisore a quindici pollici e un solo canale che trasmetteva immagini sfocate in bianco e nero, e il cesso di bagno in fondo al corridoio che doveva dividere con tre pazienti esterni del Veteran’s Administration Hospital. Jim non era stato tanto a pensare al chop suey scadente del Seven Seas Cafè che gli toccava mangiare, oppure alle file interminabili lungo le quali si trascinava insieme ad anziani in pensione per il misterioso polpettone di qualche tavola calda.

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Grazie a Dio è venerdì, pensa Lindsay mentre inizia la giornata dando di stomaco in bagno per una buona mezz’ora, cosa di cui come al solito Jim non si accorge o si rifiuta di prendere atto. Poi telefona Shorty per proporre un itinerario a quanto pare interessante che consiste in una giornata intera di divertimento in attività criminali da condividere con il suo fratello di sangue Jim, il che significa che per l’intera giornata Lindsay avrà il piacere di aspettarsi da un momento all’altro una chiamata della polizia che le dice di andare a riprendersi quel teppistello del marito.

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La radio era un regalo di qualche Natale prima. A Ralph quell’affare non era mai piaciuto. Non aveva mai funzionato a dovere fin dal primo giorno. Quella radio non era amica di Ralph. Non aveva portato alcun conforto nella sua vita. il suono si alzava e si abbassava a caso, il sintonizzatore vagava per tutto lo spettro delle frequenze come dotato di mente propria, le stazioni si sovrapponevano assurdamente con altre stazioni tra gli acuti delle interferenze; la sveglia si spegneva quando ne aveva voglia. Le notizie che quella radio aveva portato nella vita di Ralph erano notizie di cui non aveva bisogno, notizie di aereei che cadevano dal cielo, di famiglie morte carbonizzate in incendi inspiegabili, di massacri in agguato, notizie che gli filtravano nel cervello addormentato mentre si rigirava nella corrente già tormentata dei suoi brutti sogni e lo lasciavano allo spuntare del giorno pieno di una angoscia persistente.

***

Mi dispiace doverlo dire, vecchio Jim, disse Ralph , ma sto per svenire dalla fame. Che hai preso per cena, vecchio?
Qualcosa di schifosamente veloce, spero.
Schifosamente veloce e schifosamente americano, disse Jim. – Hot dog.
Hot dog! , esclamò Ralph. – Adoro gli hot dog. Portami alla partita, è il mio motto. Comprami le noccioline, i pop- corn e gli hot dog. Gli hot dog sono la cura migliore per uno che abbia la tremarella. Ehi, vecchio Jim, non è che per caso hai preso anche dell’alcol?

 

la fine...

Quello a cui Jjm aveva pensato mentre guardava sua moglie togliere le erbacce da qui fiori azzurri era se Alice Ann non avesse forse avuto ragione fin dall’inizio quando diceva che le loro vite erano indissolubilmente legate da una qualche assurda congiuntura karmica. E in quella zuppa senza età di semi e antiche uova avevano di sicuro condiviso innumerevoli incarnazioni infarcite di voluttà, amore e abbandono. E così forse potevano tutti continuare a intrattenere la speranza che davvero, in altre vite, avrebbero avuto altre occasioni per fare meglio l’uno con l’altro.



 

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