Lectio Divina  di Ezechiele 36,16-28

Un cuore nuovo…uno spirito nuovo

Settima lettura della veglia pasquale

 

6 Mi fu rivolta questa parola del Signore: 17 “Figlio dell’uomo, la casa d’Israele, quando abitava il suo paese, lo rese impuro con la sua condotta e le sue azioni. Come l’impurità di una donna nel suo tempo è stata la loro condotta davanti a me. 18 Perciò ho riversato su di loro la mia ira per il sangue che avevano sparso nel paese e per gli idoli con i quali l’avevano contaminato. 19 Li ho dispersi fra le genti e sono stati dispersi in altri territori: li ho giudicati secondo la loro condotta e le loro azioni. 20 Giunsero fra le nazioni dove erano spinti e disonorarono il mio nome santo, perché di loro si diceva: Costoro sono il popolo del Signore e tuttavia sono stati scacciati dal suo paese. 21 Ma io ho avuto riguardo del mio nome santo, che gli Israeliti avevano disonorato fra le genti presso le quali sono andati. 22 Annunzia alla casa d’Israele: Così dice il Signore Dio: Io agisco non per riguardo a voi, gente d’Israele, ma per amore del mio nome santo, che voi avete disonorato fra le genti presso le quali siete andati. 23 Santificherò il mio nome grande, disonorato fra le genti, profanato da voi in mezzo a loro. Allora le genti sapranno che io sono il Signore - parola del Signore Dio - quando mostrerò la mia santità in voi davanti ai loro occhi. 24 Vi prenderò dalle genti, vi radunerò da ogni terra e vi condurrò sul vostro suolo. 25 Vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; 26 vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne. 27 Porrò il mio spirito dentro di voi e vi farò vivere secondo i miei statuti e vi farò osservare e mettere in pratica le mie leggi. 28 Abiterete nella terra che io diedi ai vostri padri; voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio.

 

L’ultima lettura anticotestamentaria della veglia pasquale si proietta nel tempo di Pentecoste come la promessa s’indirizza alla realizzazione. Il dono dello Spirito chiude infatti le meditazioni sull’itinerario della storia di salvezza, configurata e prefigurata nella prima Alleanza già a partire dalla Creazione.

Il profeta Ezechiele, sacerdote del tempio, è tra i primi deportati in Babilonia già undici anni prima della caduta di Gerusalemme. Nella prima parte del libro a lui attribuito gli viene trasmessa dal Signore una pesante, quanto inascoltata, serie di oracoli di giudizio contro Israele, sino alla rovina del 586 a.C. L’esperienza che egli fa di Dio è indicata dalla usuale formula profetica: la parola del Signore mi fu rivolta; oppure da la mano del Signore venne su di me o, inedita ancora, da lo spirito (ruach) mi sollevò o mi trasferì.

Questo spirito di Dio, presente nell’A.T., rigorosamente trascritto con la iniziale minuscola, nella progressività della rivelazione non è ancora una persona divina. Prima che lo spirito di Dio sia percepito come soffio creativo della Genesi, la ruach del Signore è stata intesa come categoria di prossimità del Dio trascendente, potente a investire un uomo per farne una “parola del  Signore” o ”guida carismatica” di Israele, come in un travaso di potenza (Gdc 3,10; 6,34; 15,14; 1Sam 11,6; 19,20).[1]  Così “Ruah definisce la libera volontà di relazione di Dio… ; ha senso solo a livello relazionale”.[2]

Perché d’altronde anche l’uomo, biblicamente, nella sua globalità complessa è spirito, ruach (gr. pneuma), come dimensione di energia, campo di percezione del divino.[3] Infatti nella prima Alleanza l’azione dello Spirito “rimaneva orientata verso la Creazione….appariva sempre come venuta da Dio e rivolta verso il mondo: eseguiva … la sua volontà, portava la sua parola…, irradiava sulla creazione”. Mentre nella nuova Alleanza “la sua opera è quella di orientare i cristiani a Dio , di suscitare in loro il dialogo con Lui. Non solo lo Spirito viene da Dio, ma ritorna a Dio, fa parlare a Dio”.[4]

Questo testo è tratto dalla terza parte del libro, che, a partire dalla distruzione di Gerusalemme, presenta inaspettatamente giudizi di salvezza. Già a una prima lettura si delinea questa struttura:

 

La casa d’Israele                                                                                                                    

                        Quando abitava il paese

                                                  Impurità – idolatria

                                                                              Dispersione tra le genti

                                                                                                          Profanazione   del Nome

                                                                                                          Santificazione del Nome

                                                                               Ricomposizione dalle genti

                                                   Purificazione – cuore nuovo, spirito nuovo

                        Abiterete la terra

Mio popolo

 

L’oracolo inizia con la rievocazione dello scenario di infedeltà ripetuto all’infinito dalla casa d’Israele in Canaan. Attraverso le rigide categorie linguistiche sacerdotali di purità-impurità, di santo–profano, si dice del fallimento, del non senso e della debolezza dell’uomo. Segue la disgregazione d’Israele come dispersione nei vari orizzonti della schiavitù. Qui Dio si scopre così strettamente legato al destino dell’uomo, così compagno di cammino e di disgrazia, da restare coinvolto anch’egli nella melma della deportazione. Questo Nome Santo (la sua essenza), disonorato davanti le genti – si ripete ben quattro volte – parlerebbe di un Dio impotente a salvare e perdente nella lotta. Ma a questo punto della parabola discendente in cui anche il Signore è sceso con l’uomo, quasi invischiato nella sua fragilità, il ciclo si inverte. Dio, come in una resurrezione, agisce per restaurare il suo nome, santificandolo davanti le genti. Sgorgante dalla gratuità più assoluta, l’immeritata salvezza sarà compiuta dal Signore stesso, perchè, se l’uomo può diventare infedele, egli… non può rinnegare se stesso (2Tim 2-13).

Ecco così accumularsi impetuosi i futuri di Dio per quattro lunghi versetti (vv 24-28): Vi prenderò…radunerò,… condurrò,..toglierò,… porrò,… come in un restauro della primitiva creazione.

Poiché indurirono il cuore come un diamante per non udire la legge e le parole che il Signore … rivolgeva loro mediante il suo spirito, per mezzo dei profeti del passato (Zc 7,12) sarà prima necessaria la eliminazione della sclerokardia con la radicale sostituzione del cuore (centro decisionale) che non ascolta con un cuore che ascolti (v. 26). Dopo sarà possibile l’effusione dello spirito, ormai destinato alla totalità del popolo, come principio operante e la santificazione (v. 23) e la particolare attitudine, ricevuta anch’essa in dono, a “vivere” la legge (v.27) come libera adesione interiore: “Questa sarà l’alleanza che io concluderò con la casa di Israele dopo quei giorni, dice il Signore: Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore. Allora io sarò il loro Dio ed essi il mio popolo” (Ger 31,33).

Nuova alleanza che giungerà a compimento nel mistero pasquale di Cristo e nel dono conseguente dello Spirito come invochiamo in una versione lucana del Pater: “Sia santificato il tuo nome, venga il tuo Spirito su di noi e ci purifichi” (Lc 11,2- 3), mentre Paolo ci ricorda: “voi siete una lettera di Cristo…, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori” (2Cor 3,3). Sarà la inabitazione dello Spirito, nel tempo della Chiesa, che si misura a partire da:”il Signore è lo Spirito e dove c’è lo Spirito del Signore c’è libertà” (2Cor 3,17).

In ultimo il ciclo si chiude con l’invito genesiaco “Abiterete la terra” e “voi sarete il mio popolo e io sarò il vostro Dio” a rilanciare tra l’escaton e la storia la sfida di una comunione possibile.



[1] Soltanto nel Trito-Isaia (63,10.11), in epoca postesilica, e in Sl 51,13 appare la dizione spirito santo.

[2] Voce ruah, spirito in Diz. Teol. dell’A.T., Marietti 1982.

[3] Così come  è carne, basar (gr. sarx), come dimensione di debolezza e creaturalità, campo di percezione dello spazio e del tempo. E’ anima, nefesh (gr. psichè), come dimensione di vitalità. E’ cuore, leb (gr. kardia), come dimensione razionale, campo di percezione del sé e degli altri.

[4] J. Guillet, Grands thèmes bibliques,  pp 179-180