IL Commercio Equo e Solidale

Molti lavoratori del Sud del Mondo si svegliano al mattino con la preoccupazione di sopravvivere ancora un giorno alla miseria ed alla fame. In Pakistan, in India, in Nepal sono centinaia di migliaia i bambini che lavorano nell’industria dei tappeti, a volte fin dall’età di 5 anni. Analfabeti, per la maggior parte, lavorano in condizioni deplorevoli, quasi in schiavitù. Comprereste dei tappeti prodotti in queste condizioni? Ugualmente si dica per i lavoratori del settore tessile in Bangladesh, per i coltivatori di caffè del Guatemala, i raccoglitori di tè in Sri Lanka o gli operai delle piantagioni di banane in Honduras e Nicaragua; il loro salario è ridicolo, le loro condizioni di lavoro sono molto spesso avvilenti.

Il Commercio Equo e Solidale è un approccio alternativo al commercio convenzionale; esso promuove giustizia sociale ed economica, sviluppo sostenibile, rispetto per le persone e per l'ambiente, attraverso il commercio, l'educazione e l'azione politica. Il suo scopo è riequilibrare i rapporti con i paesi economicamente meno sviluppati, migliorando l'accesso al mercato e le condizioni di vita dei produttori svantaggiati, attraverso una più equa distribuzione dei guadagni. Il Commercio Equo e Solidale è una relazione paritaria fra tutti i soggetti coinvolti nella catena di commercializzazione: produttori, lavoratori, Botteghe del Mondo, importatori e consumatori.

Profondamente radicata nel territorio piacentino La Pecora Nera costituita nel 1991 come associazione culturale per la promozione del commercio equo e solidale da un gruppo di simpatizzanti dell’associazione Italia-Nicaragua, alla fine del 2000 è diventata anche cooperativa, scelta fatta per motivi di ordine tecnico. 

Il lavoro dei volontari è determinante in quanto unica forza disponibile per garantire l’apertura della bottega e lo svolgimento delle altre attività, per cui l’adesione di persone mosse dalle stesse motivazioni sono sempre ben accette.

Informare, organizzare eventi e sensibilizzare i piacentini dell’importanza del consumo responsabile  è l’obiettivo dell’associazione, mentre la cooperativa gestisce la bottega occupandosi della vendita di prodotti (artigianato e alimentare) provenienti dal circuito del commercio equo e solidale.

La Pecora Nera in breve è diventata per il territorio piacentino un solido punto di collegamento fra i suoi abitanti ed il mondo dell’associazionismo, punto di ritrovo, scambio o incontro tra piccoli gruppi locali (G.A.S., Emergency, coop. Placido Rizzotto, Lega Ambiente, PiacenzaRivista, Lumen, canile e tante altre realtà che si muovono nella provincia).

La cooperativa è socia del consorzio CTM altromercato, ciò però non significa che il punto vendita limiti la possibilità ad altri progetti o organizzazioni a lei affini di trovare uno sbocco sul mercato infatti una nota di orgoglio per la Pecora nera è  la collaborazione all’attività della cooperativa di donne “Telarés de Matagalpa“ di Matagalpa in Nicaragua, che si concretizza nella vendita di borse, marsupi, portachiavi ed altri articoli fatti a mano ed anche mediante il sostegno ad un progetto, ricreativo e di istruzione per i giovani di questo paese, chiamato “Rincòn de suenos“ ovvero l’angolo dei sogni.

L’attività dell’associazione è alquanto variegata, infatti oltre alla ormai consolidata presenza dei nostri banchetti informativi in molte feste eventi e manifestazioni su tutto il territorio provinciale di cui qui a Castell’Arquato presso la Festa di Rifondazione Comunista, dei DS e l’ultima la festa di S. Croce. Presso la bottega vengono organizzate in varie occasioni feste a tema (ad esempio prodotti o progetti del circuito del commercio equo) invitando a partecipare anche rappresentanze di altre associazioni con scopi attinenti, ma anche incontri di approfondimento, lettura di fiabe per i più piccoli, cineforum.

Questa presenza sempre più frequente agli eventi territoriali sottolinea una maggior sensibilità delle persone alla solidarietà, alla giustizia sociale ed ambientale. Infatti sempre più spesso oggi possiamo trovare questi prodotti presso supermercati (anche qui a Castell’Arquato) e negozi aggiungendo valore alla nostra spesa e dimostrando solidarietà attraverso i nostri consumi, che spesso a nostra insaputa alimentano un mercato sempre più spietato che si sviluppa nella sola ottica di una produzione a minori costi possibili a scapito di chi non ha la possibilità di dire basta.

A chi volesse approfondire questi temi o essere informato sulle iniziative promosse dall’associazione può consultare il sito internet www.lapecoranera.org o ancor meglio a visitare la Bottega del Mondo in via Calzolai 63 a Piacenza.

 

 

Daniela e Alessandro  

 


 Guerra giusta,preventiva,umanitaria…?

Sono passati 19 mesi dal giorno in cui George W.Bush dichiarò la fine delle maggiori operazioni del conflitto iracheno dichiarando di aver strappato una base al terrorismo e di poter consegnare il martoriato Iraq a un futuro di libertà e democrazia a “stelle e strisce” . Numerosi eventi si sono susseguiti da quel giorno: i “motivi” che avevano spinto gli USA ad invadere uno Stato sovrano(le famose armi di distruzione di massa e i sicuri legami tra il regime di Saddam Hussein e Al Qaeda) scatenando un conflitto illegale si sono rivelati in tutta la loro infondatezza e in tutto il mondo dopo la guerra in Iraq abbiamo visto un susseguirsi di sanguinosi attentati da Madrid a Istanbul. A gennaio vedremo le elezioni in questo paese e progressivamente i contingenti militari , il nostro compreso, lasceranno il paese dopo aver compiuto grandi sforzi per la libertà. Favole, storie divertenti a parer mio ma è esattamente ciò che possiamo leggere e sentire in ogni dove. Ogni giorno possiamo sentire nei telegiornali e leggere nei quotidiani di attacchi a danni delle forze della coalizione o della popolazione irachena e sono solo quelli che riusciamo a conoscere. Può essere concepibile riuscire a realizzare elezioni vere e rappresentative in un paese dilaniato da un tremendo conflitto e solo parzialmente controllato, in un paese umiliato dove i civili sono a rischio ogni giorno? Assolutamente no a meno che non si adotti il “sistema” afghano. Bush, riconfermato presidente degli USA lo scorso 2 novembre ha definito un successo le elezioni in Afghanistan che hanno visto trionfare il vassallo di Washington Karzai. Un vero successo ; infatti l’ autorità del presidente afgano si estende più o meno alla sola Kabul mentre quasi tutto il resto del paese è in mano ai signori della guerra e per la popolazione civile è cambiato ben poco. Ovviamente applicando tale sistema con una probabile vittoria dell’ altro vassallo di Washington, il premier ad interim Allawi anche l’ Iraq sarà un successo a gennaio, un trionfo per la libertà e la democrazia esportata con le bombe. L’ intrepido cowboy texano così ha salvato il mondo dal terrore, continuando la saggia dottrina della guerra preventiva (“Invadiamo un paese perché un giorno potrebbe minacciarci”). E l’ Italia? Qual’ è il ruolo del Bel Paese in questo complicato scenario di guerra? Per lungo tempo questo paese non è stato in guerra bensì in missione umanitaria, solo recentemente la motivazione della presenza di nostre truppe sul suolo iracheno si è chiarita. L’ Italia è un paese in guerra anche se si è voluto negarlo a lungo. L’ articolo 11 della Costituzione dove è finito?(domanda valida anche per  D’Alema per l’ intervento nella guerra “umanitaria” del Kosovo). La Costituzione Italiana dice espressamente all’ articolo 11 che il nostro paese ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: il presidente del Consiglio italiano non poteva certo perdere l’ occasione di mettersi all’ obbediente servizio di Bush (o di qualunque altro occupante dello studio ovale) ma come mai colui che dovrebbe vegliare sulle norme costituzionali, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi non dedica attenzione a questo tema? Sarà dura vedere il ritorno delle truppe italiane in patria subito dopo le elezioni di gennaio, in più oggi mentre scrivo, in data 20 dicembre è stato annunciato che le nostre truppe dovrebbero ritirarsi quando lo faranno quelle americane. Signor presidente, è forse troppo impegnato a fare da sponsor per il mercato delle armi italiano per far togliere l’ embargo delle armi alla Cina di oggi “cambiata” dai fatti di Piazza Tien An Men? Sì, pare proprio che sia così, quando ci sarebbero altri blocchi commerciali per beni più importanti e immanenti in paesi ben più disastrati.

E cosa pensare dell’ opinione pubblica? Noi italiani siamo stati tra i più strenui oppositori a tale conflitto. Io personalmente ero a Roma il 15 febbraio 2003, ero tra quei 110 milioni di persone che hanno manifestato contro un atto di ciò che non ho paura a definire guerra terrorista, senza motivazioni valide se non il caro oro nero. C’ erano 110 milioni di ingenui, di sognatori, di visionari nelle principali città mondiali quel giorno? Ed erano così anche le altre persone che hanno continuato a manifestare per un mondo diverso, dove i conflitti armati non vengano visti come soluzioni di controversie, ma solo come generatori di altre gravi complicazioni? Un vicepremier, ora ministro degli Esteri in un proclama di fascista memoria con i giovani del suo partito aveva definito Ponzio Pilato il primo pacifista della storia. Verissimo signor ministro, del resto l’ ispiratore delle sue idee era famoso per il suo amore per violenza e conflitti anche se quasi dimenticavo che lei ha rigettato il fascismo in tutto e per tutto . Del resto ha ragione: bombardare civili innocenti , devastare e umiliare un paese sovrano sono i migliori metodi per garantire la pace a noi e alle generazioni future….

Perché la comunità internazionale non promuove sforzi validi per una definitiva soluzione del conflitto israelo-palestinese?! Molti hanno definito la morte di Arafat una occasione per vedere finalmente la pace e uno stato palestinese. Perché nessuno si è mai realmente applicato nella soluzione della somma questione , la base per poter risolvere qualsiasi altra questione nel complicato scenario mediorientale. Ora potremo vedere se, dato che per tutti l’ ostacolo era l’ uomo che nonostante tutte le critiche possibili ha fatto porre gli occhi del mondo sul suo popolo umiliato, se ora senza quest’ uomo vi sarà un reale e forte impegno da parte di tutta la comunità internazionale e sforzi di maggiore volontà da parte israeliana per arrivare alla pace e alla Palestina come stato…….Oppure vedremo se Arafat era una buona scusa. Di certo ora gli Usa e Israele non possono nascondersi dietro l’ “inadeguatezza” di Arafat come leader, vedremo la soluzione o no? Al voto di gennaio e a ciò che seguirà l’ardua risposta e soprattutto il leader favorito Abu Mazen in caso di vittoria riuscirà a tenere a bada le frange estremiste? Noi vogliamo senza sconti la soluzione di questo conflitto che vede scorrere sangue innocente da decenni nell’ indifferenza globale, soluzione che passa per l’ accordo tra le due fazioni (fine delle uccisioni mirate israeliane, abbattimento del Muro e fine degli attacchi delle fazioni estremiste) e con una vera collaborazione internazionale. In caso contrario, con il Muro, un muro in una terra che deve avere la pace possiamo continuare a vedere questo nuovo apartheid. Noi in ogni caso non ci fermeremo, continueremo a non fare distinzione alle etichette che vengono date a questi conflitti, continueremo a promuovere la pace come vera soluzione e a promuovere alternative valide e nuove alle usuali barbarie.

Per una volta, sotto un aspetto non siamo sovversivi o rivoluzionari ma ironicamente “conservatori”.

Siamo legati ai veri valori della Costituzione e della nostra repubblica, costituzione scritta da coloro che avevano visto fino a che punto poteva arrivare la crudeltà umana e che avevano toccato con mano gli orrori della guerra.

La Costituzione nacque anche da noi e noi continueremo ad onorarla sempre, in particolare il suo undicesimo articolo a costo di mobilitarci e scendere nelle piazze ogni giorno.

                                                                                                               ANGELO  

 

 


 

                                           CERVELLI  FRITTI  PER CENA

Da quando la consideriamo di nostro insindacabile possesso la terra non ha più alcun significato all’infuori di quello economico speculativo. La conseguenza di questa perdita, che per alcuni è  gran guadagno, è che i luoghi in cui viviamo si stanno trasformando in asettici contenitori non adatti  a esseri vivi ma solo a macchine organiche. L’illusione di attingere a più numerosi e ampi spazi, che i veloci mezzi di trasporto, percorrendo grandi distanze in poco tempo, si sta rivelando nella sua completa inconsistenza. I nostri spostamenti a grande velocità ci nascondono tutto o quasi del territorio attraversato; la nostra vita apparentemente più libera in realtà scorre su precisi e coercitivi binari asfaltati. L’apparenza di sempre nuove e più grandi “costruzioni” nasconde la realtà di spazi vitali e sociali che si assottigliano occultando che è il cemento a riempire le valli, non lo spirito umano costruttivo. Questo è l’ambito della nuova superficialità d’azione, presunta onnipotente.

La questione singolare è che questa struttura sociale che ora non può che dichiararsi fallimentare, ci fa credere alla promessa che tutto andrà bene in futuro a patto però, che venga testardamente potenziata, che gli vengano immolate altre risorse, costruite nuove strade, che continui a crescere. Così non può andare. Se crescere si deve (in senso economico) voglio che mi si dica fino a quanto perché le risorse non sono infinite e quindi un “fino a quanto” ci deve essere. Se nessuno metterà ben in chiaro questo punto io mi riservo di pensare ad uno sviluppo diverso che sia un poco più connesso con la realtà e eviti le catastrofi prodotte da un pensiero insensato. Qualcuno si è dimenticato che nella valle bisogna abitare. La riflessione sul cosa significhi abitare dovrebbe essere logica e dovuta ma, si preferisce disperdere tutte le nostre energie nell’inutile e frenetico erigere monumenti ad una insensata produttività. Produttività della quale stiamo ancora aspettando i vantaggi promessi poiché fino ad ora solo le briciole sono arrivate. La parola “abitare” non può essere solamente intesa nel senso di risiedere fisicamente in una dimora o in un luogo ma al suo interno sta anche il significato di appartenenza fisica esistenziale spirituale ad un luogo, ad un mondo; quest’ultimo significato è, contrariamente a quanto possa apparire, non più astratto del primo e bisognerebbe che si riflettesse sulla sua concretezza.

Non si può fare a meno di notare che i luoghi che ci circondano non ci appartengono più: sono solo una cornice, uno sfondo muto che sta dietro alle nostre vite. I nostri stati mentali sono ormai talmente condizionati dalle conquiste tecnologiche che indirizzano il nostro agire e hanno invaso la quotidianità tanto da non farcene rendere conto. In questo contesto il costruire (non solo in senso edile) si presenta come totalmente irrazionale o appartenente ad una razionalità che ha smarrito ogni contatto con la realtà umana. La soluzione è semplice: bisogna cambiare rotta, spogliarci del vestito ormai troppo ingombrante che ci impedisce nei movimenti e ritornare a sentire ciò di cui abbiamo bisogno senza la paura di mettere in discussione quelli che ci sembravano i capisaldi del quotidiano. Non so se apparirà qualcosa di nuovo ma qualcosa di vero potrebbe fare capolino e magari bastare a riparare un cortocircuito del pensiero che sta friggendo i cervelli della Val d’Arda e dell’Italia.

                                                                                                          GIAMPAOLO