Antrodoco è un posto severo incassato tra le alte montagne fra Umbria, Lazio e  Abruzzo. Di lì si passa in treno per raggiungere l'Aquila: da Roma, con un lungo giro, attraverso Orte, Terni, Rieti. Tre ore e 16 minuti su una linea inaugurata il  23 ottobre 1883. Un solo binario non elettrificato, appena lasciamo Terni sfioriamo la cascata delle Marmore, il lago di Piediluco, le sorgenti del Peschiera. E' un paesaggio di acqua e di fonti. La stazione Antrodoco - Borgo Velino sta fra il fiume e la via Salaria; tra il campanile romanico di S. Maria extra moenia e un ninfeo di epoca imperiale: Vespasiano amava questi luoghi, e ci morì anche, alle vicine terme di Cotilia, nel 79 d.c., lo stesso anno di Pompei. La valle è stretta, e fra poco si biforcherà in due gole che i Romani scavarono (i segni si vedono ancora) per far posto alle vie Salaria e Sabina. Qui, nel 1799, i Sanfedisti uccisero 4.000 soldati francesi; nel 1821 i patrioti napoletani di Guglielmo Pepe furono sconfitti dagli Austriaci, inviati ad abbattere la Costituzione. Ne uccide più la gola.....sarà per questo che il treno, passato Antrodoco (Vicus Interocrea dei Romani) fa un grande giro su un ponte di ferro e molte gallerie in curva datate 1883 evita le gole e si tiene sempre in tunnel e viadotti. Siete in una terra di frontiera: tre regioni, due Stati ("Lu Regno" cioè le Due Sicilie e lo Stato Pontificio) e due mari; il Tirreno e l'Adriatico: i bacini del Velino e del Tronto distano pochi chilometri, ma si gettano in opposti mari. Un cuore d'Italia, di pietra e acque scoscese, di strade faticosamente intagliate e di trenini che non superano i 50 km/h. Con una cucina piena di sapori, con grandi salumi e "'matriciana", la pasta al sugo originale di Amatrice. Terre gelose della loro funzione di passaggio, pagata a caro prezzo con i bombardamenti dell'ultima guerra. Anche la stazione fu colpita: l'attuale è stata rifatta subito dopo, ma il fabbricato merci e il deposito locomotive sono più antichi, e si vede. C'è anche un grande edificio del dopolavoro: i ferrovieri sono una forte aristocrazia operaia. Forse dal deposito farà capolino un'automotrice Fiat Ain 668 bianca e celeste, con un bello spazzaneve giallo e nero davanti: ma qui, fino a poco tempo fa, eravamo nel regno del vapore. Affacciatevi al binario 1: ci sono ancora due pompe di rifornimento acqua, in ghisa, originali dell'inizio secolo. Non sono infrequenti, ma raramente le troverete in questo stato di conservazione: perfette, con la stella d'Italia a cinque punte sul contrappeso, la martinicca per orientare il getto sul serbatoio della locomotiva, il lampione per segnalare al macchinista il punto esatto dove fermarsi. E poi c'è anche una bella scritta Antrodoco - Borgo Velino in bianco: avvicinatevi, è fatta tutta di bulloni, pazientemente saldati: esempio tipico di quel kitsch ferroviario da capo stazione solitario, da lunghi pomeriggi invernali, con grande disponibilità di metallo e saldatura, che ha prodotto tante fontanelle con lo spruzzo, tanti monumenti ai caduti (con binario contorto), tante aiuole recintate. Ricordi di un tempo che fu, quando Antrodoco non era che una stazione di posta in riva al torrente, e ci volevano quattr'ore di vaporiera per andare a Roma.

La stazione di Antrodoco nei primi del novecento

Locomotiva a vapore gruppo 740