Le montagne sono ricoperte da folti boschi di carpino e da maestose e secolari faggete. Abitata sin da tempi remoti, la vallata, infestata da briganti ed attraversata da un'importante ramificazione della Salaria che raggiungeva la vicina Amiternum e Corfinium, fu dotata dai Romani di un complesso sistema di "avvistamenti" e di una guarnigione militare che ebbe stanza proprio in quel "forte" di cui rimangono ruderi e iscrizioni nei pressi della Stazione Ferroviaria di Sella di Corno. Appartenne al Ducato di Spoleto ed all'Abbazia di Farfa. La revisione delle amministrazioni locali voluta da Federico II di Svevia, il forte degrado economico e l'insicurezza fisica, convinse gli abitanti a rifugiarsi nei più sicuri castelli di Antrodoco e dell'Aquila alla cui fondazione il castello di Corno partecipò. Nella nuova città dell'Aquila, al pari di altri castelli, Corno ebbe un suo quartiere ed una sua chiesa e per qualche tempo conservò l'autonomia amministrativa. Distrutta da uno dei frequenti terremoti della zona, la chiesa di S. Maria di Corno in l'Aquila, venne una prima volta riedificata e successivamente scomparve del tutto. Il territorio fu parte integrante del Comune dell'Aquila e da questo accanitamente e puntigliosamente difeso dalle continue contestazioni degli Antrodocani, finché nel 1750, approfittando di una grave crisi amministrativa del comune aquilano, gli Antrodocani se lo annessero definitivamente. Posto al confine tra le regioni Lazio e Abruzzo, a 23 km da l'Aquila e a 35 km da Rieti, può essere facilmente raggiunto da Roma sia percorrendo la via Salaria fino ad Antrodoco, sia percorrendo l'autostrada Roma-l'Aquila. |