IL BORGO ANTICO di VELVA
La caratteristica del borgo è quella di essere rimasto inalterato nel tempo, mentre nei paesi dei dintorni, l’uomo ha modificato stradine, carruggi, facciate delle case, ecc. Paesino rurale, nel nostro entroterra, sorto prima dell’anno mille con tanti carruggi poveri e spogli dove l’uomo si muoveva per svolgere la sua attività agricola. S’incontrano piazzette e aie, usate, una volta,per la trebbiatura e per togliere al granoturco le blattee e mettere le pannocchie al sole.
Si attraversano piazze e portici dove gli abitanti si incontravano per parlare dei loro problemi, del tempo, della semina per divertirsi e riposarsi. Abbiamo osservato cantine che contengono le grosse botti di un tempo, dove l’uomo lavorava e conservava i prodotti della terra per l’inverno. Velva era il primo paesino che incontrava il viandante proveniente da Sestri Levante che seguiva la strada di fondo valle diretto all’Alta Val di Vara. Qui la gente si fermava, faceva riposare i cavalli, mangiava nell’osteria della signora “Marin” e poi rifocillata riprendeva il viaggio. Velva era un paese rurale, ma non povero, c’erano possidenti terrieri che avevano grandi case e davano lavoro a diverse famiglie; erano i “manenti”, mezzadri, che pagavano i proprietari con una parte dei prodotti ricavati dal loro lavoro.In una di queste case padronali c’era una cappelletta privata e un prete veniva apposta a celebrare la messa per quella famiglia. Queste case non sono affrescate ma si differenziano dalle altre perché sono più ampie, più alte, con grandi portoni sormontati da un’inferriata in ferro lavorato. Al centro del paese si vede un antico forno pubblico che, quando veniva acceso, tutte le donne del paese venivano a cuocere il pane per risparmiare legna.

STRUMENTI E ATTREZZI NEL MUSEO DELLA CIVILTÀ CONTADINA

LA CHIESA DI VELVA

La chiesa di Velva anticamente era di stile romanico, da oltre 150 anni la sua struttura architettonica è stata modificata, il tetto è a volta ed è in stile barocco. Le opere di maggior valore sono due: la “Madonna del Caravaggio” (la ragazza ai suoi piedi è Santa Giovannina) scolpita dal Maragliano nel 1722; l’Immacolata Concezione, in restauro. Un tempo si trovava, in una nicchia sull’altare, nell’oratorio attiguo alla chiesa, perché esisteva la confraternita dell’immacolata, ormai sciolta, pertanto la statua è stata trasferita in chiesa. Le statue sono in legno di cirmolo, cedro del libano. Una parte della statua dell’Immacolata è intagliata in un pezzo di melo, la sua commissione è costata 400 lire, una lira al giorno: 400 giorni di lavoro. I quadri: uno raffigurante S.Martino che dona metà del suo mantello ai poveri è opera del pittore Passano del ‘700; la Madonna del Rosario e l’Ascensione appartengono alla scuola genovese. Nella chiesa c’è un organo di notevole pregio, gli affreschi sulla volta sono del prof.Aluffo e Corio. Il piazzale è a mosaico “risseu”. La chiesa era l’orgoglio degli abitanti, costruita con lavoro di volontariato, i lavori che la gente non era in grado di fare, venivano commissionati e pagati con autotassazione, offrivano i prodotti dei loro lavori che vendevano all’incanto, all’asta, al miglior offerente. Nell’oratorio, sede un tempo della Confraternita dell’Immacolata, vi è una raccolta di oggetti, segni della vita della comunità di un tempo, con i quali svolgevano i lavori agricoli e altri invece usati tra le mura domestiche. Con questa visita abbiamo osservato le bellezze artistiche contenute nella chiesa e pensato all’amore e alla fatica che hanno sopportato per poterle realizzare. Gli utensili e gli attrezzi rurali sono le testimonianze del faticoso lavoro che si svolgeva nei campi e nei boschi per poter sopravvivere