parzialmente tratto da una scheda storica di Paola Foschi
Il convento femmìnile
di S. Mattia sorse come emanazione delle eremitesse di S. Maria
del Monte della Guardia fuori dalla città di Bologna, presso
la porta di Saragozza, all'incirca dove ora si trova l'arco Bonaccorsi,
da cui ha inizio il portico di S. Luca. Infatti nell'anno 1254
la priora di S. Maria, suor Balena, ricevette in eredità
da Emma, vedova di Canonico di Saragozza,
un terreno edificabile con una casa in quel luogo; altri terreni
acquisì la priora e il 18 novembre 1257 la parte muraria
dei avori per la costruzione della chiesa di S. Mattia era terminata.
Le monache erano soggette alla regola agostíniana della
congregazione dei canonici regolari di S. Marco di Mantova e vissero
in clausura nel convento, sempre soggetto alla casa madre del
Monte della Guardia, ma accostandosi alla regola di vita dei Predicatori
e pervenendo sotto la loro tutela. A partire dal 1294 le suore
ricostruirono la chiesa, che era divenuta la loro sede principale,
ma poco dopo la metà del XIV secolo il convento e la chiesa
subirono la distruzione, durante le lotte che videro i Visconti
cercare di impadronirsi di Bologna. Le suore trovarono rifugio
o presso parenti o in case in parte ereditate e in parte acquistate
presso la chiesa di S. Isaia. "In questi edifici, - afferma
A. Benati - adattati alla bell'e meglio alle esigenze della vita
claustrale, le monache ottennero nel 1374 dal legato e vicario
di Gregorio XI, di poter erigere, fuori dalla clausura, un oratorio
da dedicarsi, in ricordo del monastero distrutto, a S. Mattia,
nel quale far celebrare la messa a porte chiuse. Due anni dopo,
ottennero la facoltà di costruirvi accanto un campanile,
per segnalare le ore canoniche. ... Nella nuova residenza finirono
ovviamente per riunirsi tutte le suore del distrutto convento
di S. Mattia fuori dalle mura. Sicché, progressivamente,
andò quivi strutturandosi quel complesso monastico femminile
che, passato, nel 1496, all'Ordine dei domenicani, divenne uno
dei più prestigiosi della città".
Ancora a parere di A. Benati,
il secolo XVI fu, anche per i monasteri di S. Mattia e di S. Luca,
periodo di involuzione e rilassatezza", tanto che, pur entrate
sotto la cura perpetua dell'Ordine-tei Predicatori con conferma
del pontefice Giulio II il 27 novembre 1506, le suore del Monte
della Guardia corsero il pericolo, nel novembre 1573, di essere
costrette a lasciare il romitorio e ritirarsi tutte in S. Mattia.
Il pericolo fu sventato a prezzo di un ritorno alla vita claustrale
più rigorosa.
Intanto il complesso di S. Mattia si ingrandiva lungo la via S. Isaia in profondità: nel 1533 le suore compravano dai frati di S. Francesco un terreno ortivo con una casa in previsione di ampliare il convento: ma nella Pianta Vaticana è ancora evidente l'aspétto rriodesto'e la scarsa ampiezza del convento e della chiesa. Nel 1575 le suore prendevano infatti accordi con Giovanni e Francesco Terribilia, della famosa famiglia di architetti e capomastri costruttori, per la costruzione della loro nuova chiesa e nel 1576 chiedevano al Senato la concessione di "potere avanzare sulla via pubblica di Porta Pia colla facciata della loro chiesa che si vuole costruire", Jorne sintetizzava l'archivista Filippo Alfonso Fontana.
Tuttavia l'avanzamento della
facciata della chiesa restrinaeva l'ampiezza della strada di S.
Isaia, provocando proteste nella
cittadinanza, tanto che le suore dovettero richiedere l'intervento
dell'architetto Pietro Fiorini, che aggiustò il progetto
originario. Anzi, i lavori erano già cominciati e la chiesa
era in parte già costruita, quando il Fiorini intervenne
e, come egli stesso afferma, "così feci demolire la
faciata che era alta piedi quindeci et ridusi in squadro la chiesa
e drizai la strada con fare il portico senza demolire la chiesa
perché vi erano otto capele, e così vi sono ancora
otto capele in modo che il Reggimento e tutta la cità restò
satisfata dell'opera mia, alora era legato il cardinale Cessi
Pietro donato". Informa il Guidicini che si iniziò
a scavare le fondamenta del portico il 22 settembre 1581 e il
22 settembre 1583 le suore presentavano al Senato una richiesta
di compenso per il danno sofferto per la perdita del suolo subita
tirando indietro il portico e come aiuto per la loro fabbrica:
il Senato lo concesse con larghezza. Afferma ancora il Guidicini
che "li 15 gennaio 1599 questo convento contava 132 religiose,
di modo che abitavano in numero di sei od otto per stanza, perciò
fabbricarono un nuovo dormintorio, e avendo speso a tutto il giorno
suddetto per questa fabbrica scudi 2000, chiesero al Senato qualche
elemosina anche per poter costruire il parlatorio.
La veduta di Bologna di Filippo de'Gnudi
disegnata e stampata nel 1702 mostra il nuovo aspetto del convento,
ma il Guidicini aggiunge che "il gran casamento con portico
presso il convento, fatto nuovo di pianta, fu finito nell'agosto
del 1758". Tuttavia, non molto tempo dopo, a seguito dell'occupazione
francese e delle leggi eversive del patrimonio religioso, il convento
di S, Mattia e l'annesso eremo di S. Maria del Monte della Guardia
fu soppresso, il I' febbraio 1799, e le religiose furono costrette
ad abbandonare le loro sedi. Il convento, meno la chiesa e la
sagrestia, di S. Mattia fu acquistato il 13 maggio di quell'anno
da tal Vincenzo Galli (con atto a rogito di Antonio Aldini), mentre
alcuni ambienti presso la sagrestia da Giuseppe Naldi il 22 aprile
1799. Al tempo del Guidicini, quando ancora non dovevano essere
intervenute grosse modifiche alla consistenza del complesso, l'orto
annesso misurava tornature 2 e tavole 80. Successivamente, con
la restaurazione, l'edificio tornò ad essere convento quale
sede delle Eremitesse di Santa Maria del Monte della Guardia presso
Porta di Saragozza.
Anche il Catasto Pontificio
o Gregoriano, degli anni '30 dell'800, registra ancora una situazione
vicina a quella della soppressione e comunque precedente alle
modifiche subite dagli edifici quando divennero edifici pubblici
occupati da scuole.
Il complesso immobiliare passò di mano e fu infine acquistato
dal Comune di Bologna con Rogito Dott. Carlo Cicognari in data
31.1.1925 n. 14719 Fascicolo 2703/7815 (pag. 301-379) registrato
il 12.2.1925 N. 3812 Vol. 368. Nota voltura n. 1268 (520/1925)
19 Maggio 1927. Allegato a questo Rogito vi è la delibera
16.2.1924 della Giunta Municipale relativa all'acquisto dei civici
dal 16 al 28 di Sant'Isaia che recita testualmente: " premesso:
-che fino dal 1° Ottobre 1916 il Comune teneva in affitto,
ad uso scuole elementari, parte dell'immobile distinto coi numeri
dal 16 al 28 di Via A.Costa, 4 di Via Frassinago e 5 di Via Cà
Selvatica, di proprietà dei figli nascituri del Sig. Dante
Vignoli fu Filippo;
-che in seguito all'acquisto di detto immobile da parte della
Società del Rinnovamento Edilizio con Rogito Dr. Cicognari
del 15.12.1919, il Comune, data l'impossibilità di trovare
in quei pressi altri locali ugualmente adatti ad uso scuole, aveva
ritenuto opportuno e conveniente far pratiche coi nuovi proprietari
dell'immobile per ottenerne la parziale cessione."
Il precedente rogito del 15.12.1919
n. 12090 Dr. Cicognari, a cui fa riferimento
l'atto di acquisto del Comune recita: " un corpo di fabbricati
ad uso civile abitazione, scuole, botteghe ecc. . Que
sta compravendita vuolsi fatta e rispettivamente
accettata col trasferimento nella Società compratrice di
tutte le ragioni, azioni e diritti che ai venditori appartengono
sugli immobili alienati, loro aderenze, sovrastanze e pertinenze,
usi, infissi, seminfissi e servitù attive e passive se
e come vi esistono".
La destinazione a scuola è anteriore all'acquisto da parte del Comune dell'immobile, ed addirittura precedente al 1884 anno in cui viene donato il Museo Bombicci alla società degli insegnanti che aveva sede proprio in Via Sant'Isaia 16.
Il vasto orto, che giungeva fino a via Ca' Selvatica, fu occupato a partire dal 1963 per la costruzione delle Scuole "E. Sirani": durante i lavori furono ritrovati importanti reperti relativi ad una villa suburbana romana del I secolo a.C.
il corridoio-deposito lungo l'ala est locale ex-laboratorio sito al piano terreno dell'ala ovest (ex-Guinizzelli)
Riferimenti bibliografici
A. Benati, La chiesa del Monte della
Guardia: da romitorio a monastero (secoli XII-XVIII), ipja
Madonna di San Luca in Bologna, a cura di M. Fanti e G. Roversi,
Bologna 199-3 ), pp. 49-67
G. Guidicini, Cose notabili della città di Bologna, II, Bologna 1869, pp. 299-302
G. Zarri, I monasteri femminili a Bologna tra il XIII e il XVII secolo, in "Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna-, n. s., XXIV (1973), pp. l33-224, pp. 209-210
C. De Angelis, Costruire a Bologna. Suolo pubblico e trasformazioni edilizie nei secoli XVI-X1X, in Bologna ornata. Le trasformazioni urbane della città tra il Cinquecento e l'Ottocento, a cura di C. De Angelis e G. Roversi, I, Bologna 1994, pp. 115-123, a p. 120
F. Bergonzoni, Bologna. Via Cà Selvatica. Edificio romano, in "Notizie degli Scavi di Antichità", s. VIII, vol. XIX, 1965, Supplemento, pp. 59-68
S. Gelíchi-J.; Ortalli, Lo scavo
nell'area cortilizia delle Scuole Medie Guinizelli in via S. Isaia,
in Archeologia medievale a Bologna. Gli scavi nel Convento di
San Domenico, a cura di S. Gelichi e R. Merlo, Bologna 1987, pp.
50-57