"Elezioni Usa, democrazia del denaro"
Parla Edward Herman, politologo marxista americano: "Un paese di spettatori ora scopre la disuguaglianza"

PATRICIA LOMBROSO - NEW YORK
Il Manifesto, 19 Novembre 2000

"L'assurdo spettacolo al quale assistiamo più che l'elezione del presidente degli Stati Uniti sembra una tragedia americana degna di Arthur Miller. Dovremmo perlomeno avere un sistema di scrutinio elettorale efficiente e non apparire come una repubblica di banane. Ma non sono queste le vere ragioni della bancarotta del processo politico che è tutto fuorché democratico". E' con questo amaro commento che esordisce nell'intervista a il manifesto Edward Herman, politologo marxista americano alle prese con una riedizione del suo famoso libro Manifacturing Consent scritto con Noam Chomsky e The Global Media: i nuovi missionari del capitalismo globale . "I media hanno voluto inscenare una corsa precipitosa sui risultati per convincere la popolazione americana che esiste il pericolo di una crisi costituzionale - ci dice Herman -, un panico che la maggioranza della popolazione americana non condivide come mostrano i famosi 'sondaggi'. In questo sistema elettorale politico bloccato, quello che è stato messo a nudo è semmai l'abuso del voto degli americani, meccanismi e piccoli imbrogli di scrutinio nei seggi elettorali, l'ingranaggio tecnico del meccanismo elettorale non funzionante. Questo per l'americano medio vuol dire bancarotta del sistema elettorale e si riflette sul mandato di chi poi diventerà presidente. Oggi il cittadino americano si chiede dove sta la superpotenza americana". E continua: "La New economy, tutta la tecnologia più avanzata al mondo s'inceppa per inefficienza del meccanismo di scrutinio elettorale? Ora diventa irrilevante perfino chi alla fine vincerà, Gore o Bush non fa una differenza sostanziale. L'arbitrarietà di chi dovrà diventare presidente degli Stati Uniti rimane condizionata da un sistema elettorale bloccato da due partiti: quello democratico e quello repubblicano. Un Ralph Nader, con spessore intellettuale e valori decisamente superiori alla mediocrità di un Gore o Bush non ha trovato ascolto nei media".

Assistiamo dunque ad una pantomima della decantata democrazia americana?

Quello che emerge in questi giorni con una certa ovvietà sono solo gli aspetti più superficiali di questo sistema democratico. La verità è che il processo elettorale americano è in mano alle Corporation ed alle transnazionali Usa a livello globale. Le carenze tecniche del sistema elettorale americano non sono la vera debolezza del sistema americano. Solo la quantità di denaro è quello che conta per vincere un'elezione negli Stati uniti, solo chi può permettersi di essere sponsorizzato con miliardi di dollari delle corporations che dominano ogni settore della vita e sempre. Questo non è un sistema democratico, ma plutocratico. Quello che chiede la stragrande maggioranza della popolazione americana è un principio di uguaglianza, un leader politico che possa rappresentare la salvaguardia della sua social security. Perché malgrado il boom economico, sbandierato con la New economy, esiste in America una disuguaglianza sociale che sta continuamente crescendo. Di fatto, il 60% della popolazione vive non meglio né peggio di quanto fosse 20 anni fa malgrado l'espansione economica. La disparità fra l'1% di élite ed il resto della popolazione è quasi paradossale. Questa è la vera debolezza del sistema americano. Non le debolezze e le gravi mancanze dello scrutinio elettorale. Il cittadino medio americano, malgrado la New economy vive in un continuo stato di incertezza ed insicurezza per il proprio domani. La stragrande maggioranza della popolazione americana non trae beneficio dal boom di Wall Street come vogliono farci credere.

La popolazione aspetta e guarda, come ad una partita di baseball...

Sì, sono semplici spettatori. Ma ciò non vuol dire che stanno partecipando al processo politico. Stanno seduti in poltrona e conoscono un po' meglio le debolezze del sistema elettorale ma solo dal punto di vista degli aspetti più superficiali: la sciatteria del piccolo cabotaggio elettorale; i piccoli escamotage legalistici ai quali fanno ricorso Gore e Bush entrambi, più o meno, di proprietà delle Corporation. Come spettatori sono allertati. Ma ciò non si traduce in volontà di partecipazione e influenza nel determinare cambiamenti del processo elettorale politico americano. Non dobbiamo dimenticare che ha votato solo il 50% degli americani: non è prova di una vera partecipazione. Sono allertati, ma non sul fattore più allarmante: nessuno dei due leader, Gore o Bush, ha interesse reale a rappresentare e a salvaguardare quello che sono i loro interessi.

Per un pugno di voti né Gore democratico, né Bush repubblicano avranno un mandato per governare...

Sì, è come il gioco del lancio di una monetina rimasta dritta sull'orlo. Nessuno dei due candidati avrà un mandato da Presidente. Entrambi dovranno continuare a mantenere una posizione centrista e "moderata" anche se il termine assume un valore orwelliano. Entrambi non potranno provocare ulteriori orrori già prodotti dalla New economy.

I movimenti di contestazione come a Seattle, sono un segnale di svolta positiva per questa America?

Sono pessimista. Prima di un salto di qualità politica ed economica non solo per i milioni di cittadini americani, ma anche per i miliardi di persone nel resto del mondo costretti a pagare con esclusione e fame l'espansione delle transnazionali, non sono sufficienti i movimenti di resistenza di Seattle, o meglio la loro incidenza è minima perché è in gran parte costituita da esponenti della classe media americana e con scarsissima, o assai ambigua, partecipazione da parte dei lavoratori, dei contadini, delle donne delle classi povere di questo paese, dei diseredati che sono sconfitti ogni giorno.

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