I livelli 5 volte più alti del casello
sull'autostrada A1
Malpensa, inquinato il bosco Unesco: pagano Sea e
ministero
Condannati a 5 milioni di indennizzo. Colpa degli
scarichi degli aerei in decollo
Ci sono più idrocarburi nel bosco secolare, patrimonio dell'Unesco, che nei
terreni a fianco del casello più trafficato dell'autostrada A1. Cinque volte
di più. Per effetto dei gas inquinanti rilasciati dagli aerei in decollo
dall'aeroporto di «Malpensa 2000» sul vicino bosco, dove ora un albero su tre è
malato e dovrebbe essere abbattuto, e dove 15 anni non basteranno a ripristinare
l'area dichiarata «riserva della biosfera» dall'Unesco (529 al mondo).
Per questo il Tribunale civile di Milano ha condannato il ministero dei
Trasporti e la Sea (la spa controllata dal Comune che gestisce Linate e
Malpensa) a indennizzare con 5 milioni di euro (tra capitale e interessi) la
proprietà dei 210 ettari della tenuta «Cascina 3 Pini» tra Somma Lombardo e
Vizzola Ticino. Tutto interna al Parco del Ticino, e confinante con le piste
operative dal 1998 pur in assenza della «Valutazione di impatto ambientale » e
con superamento dei parametri previsti dall'approvato piano regolatore generale
dell'aeroporto, la tenuta comprende, oltre al bosco di 174 ettari, anche aree a
uso agricolo e alcune residenze anni '30. La proprietà puntava a valorizzare
l'oasi naturalistica, ma sia l'oasi sia il valore commerciale della zona
(stimato già nel 1992 in più di 14 miliardi di lire) sono stati pressoché
azzerati — hanno lamentato gli avvocati della società Gianluca Gariboldi e Bruno
Gattai — «dall'intollerabilità delle immissioni prodotte da Malpensa 2000». Il
giudice della decima sezione, Bianca La Monica, ha affidato una consulenza
tecnica d'ufficio al professor Pierluigi Genevini per verificare la quantità di
idrocarburi presenti nel bosco, sugli alberi, nei terreni agricoli.
E questo confronto con i suoli agrari a fianco del casello Milano-Sud
dell'autostrada A1, scelto apposta perché uno dei più importanti nodi del
traffico automobilistico, ha avuto un esito choc: le dieci «trappole passive»,
sorta di gabbie che con pastiglie di carbone attivo «catturano» gli agenti
inquinanti che precipitano su esse, hanno mostrato che «la concentrazione di
idrocarburi totali sui campioni prelevati al casello autostradale era nettamente
inferiore a quella registrata sui suoli» del bosco, al punto che il picco più
elevato nel bosco è risultato quasi triplo del picco rilevato a fianco
dell'autostrada a Melegnano. Conferma «la correlazione tra l'inquinamento e il
passaggio degli aerei» in decollo («una media di 148 al giorno») il fatto che
l'inquinamento risulti minore in zone vegetali interessate solo dall'atterraggio
degli aerei anziché dal decollo; e in alcuni terreni seminativi posizionati 15
metri più in basso del bosco, in un punto che vede passare la rotta degli aerei
«prima sul bosco e poi sui terreni agricoli: poiché l'aereo decollando si alza
man mano di quota, genera così una maggiore dispersione di incombusti e quindi
una minore ricaduta per unità di superficie» sui terreni agricoli. «In base ai
dati del consulente tecnico», dunque, «è accertato» che il bosco, «che per
posizione ambientale e assenza di traffico veicolare dovrebbe essere
caratterizzato da concentrazioni di idrocarburi pressoché nulle, presenta»
invece «valori elevati, addirittura pari a 4-5 volte quelli rilevati a lato del
casello autostradale ».
La conseguenza è che, diversamente ad esempio dal bosco della riserva «La
Fagiana» che è più lontano da Malpensa e quindi «in buon se non eccellente stato
vegetativo», nella «Cascina 3 Pini» gli alberi e le piante «praticamente sani
(classe 1) sono scarsamente rappresentati», mentre nella "popolazione" verde
«sono maggiormente rappresentati» gli alberi «che mostrano danno compreso tra il
50% e il 75% (classe 3), e quelli con danno fra il 75% e il 99% (classe 4)».
Rimediare, a detta del perito del giudice, non sarà semplice: «rilevantissimi»
sarebbero «i costi per l'abbattimento delle piante danneggiate, pari al 30% del
patrimonio boschivo »; e «nemmeno 15 anni sarebbero sufficienti a garantirne il
ripristino se l'apporto di gas inquinanti non dovesse cessare».
Luigi Ferrarella
(tratto da "Corriere della Sera" del
16 ottobre 2008)