Emma  Bonino

Insegnavo lingue in un liceo e aspettavo che il fidanzato di turno mi sposasse. Ero, però, una ragazza irrequieta: amavo l'idea di farmi una famiglia, ma temevo la routine. E cosi, me ne andai. Da allora, di emozioni forti Emma Bonino ne ha avute anche troppe: prima la militanza radicale con Marco Pannella. Poi le battaglie contro la pena di morte, la fame e le guerre nel mondo, per la legalizzazione dell'aborto e la depenalizzazione della droga. Nell'80 la nomina a segretario del Partito radicale, e, nel 1994, l'elezione a eurodeputato nelle liste del Polo delle Libertà.

A poco meno di 50 anni, la Bonino, commissaria del Consiglio d'Europa, torinese di Bra, ha un curriculum politico da Guinness dei primati. In continua ascesa: una giuria presieduta dall'ex capo della Comunità Europea Jack Delors l'ha eletta "Donna Europea dell'anno". Motivo del premio? L'aver dimostrato che le istituzioni dell'Europa unita non sono una macchina burocratica senz'anima. L'impegno e la tenacia l'hanno portata su e giù dagli elicotteri, con il giubbotto antiproiettile tra le macerie della Bosnia in fiamme. Il segreto di tanta perseveranza? Il rigore. Fare il commissario europeo non è proprio come lavorare in banca. Soprattutto, non è obbligatorio: se uno accetta, deve farlo al meglio. Alla vita "normale", Emma Bonino ha preferito il rischio. Volando ininterrottamente da un capo all'altro del mondo, ha strigliato Capi di Stato e generali. Un giorno se la prende con Bill Clinton. Un altro con Fidel Castro. Non un attimo di pace.

Rimpiange mai quel focolare di provincia? Mai. Non ho alcun rimpianto. Se non quello di non fare abbastanza, quando partecipo alle missioni di pace in Somalia, in Ruanda, nella ex Jugoslavia. Il peso della stanchezza svanisce se penso a come la dignità e i diritti umani vengono calpestati. Soprattutto quelli dei bambini. C'è ancora tanto da fare, conclude. E garantisce che non si mai tirerà indietro.

 

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