CATERINA  BENINCASA

S.CATERINA DA SIENA

Caterina Benincasa nacque in una Siena ghibellina, figlia dei modesti artigiani. Dotata di un temperamento battagliero e mistico, Caterina era apparsa subito ai genitori come una bambina strana, difficile da guidare e quasi impossibile da domare. Questa Santa manifestò fin dalla più tenera età un misticismo ed una devozione alla fede cristiana veramente singolari. Al tempo in cui crebbe, la Chiesa si era momentaneamente trasferita in Francia e Roma era senza Papa (scisma d'occidente). A sei anni ebbe la sua prima visione nella chiesa di San Domenico e da quel momento iniziò a dedicare tutto il suo tempo alla preghiera, costringendosi a rigidi digiuni di nascosto dai suoi genitori. Dopo un periodo iniziale di avversione, il padre di Caterina lasciò che la sua figlia preferita seguisse la sua ispirazione. Giunse così il momento per questa giovanissima ragazza di scegliere a quale ordine appartenere, e decise di affidarsi alla regola domenicana. Così a soli quindici anni vestì l'abito delle Mantellate. La sua sete di perfezione era inestinguibile, la sua volontà indomabile. Unico conforto, in questo periodo, furono le frequenti apparizioni di Gesù. Caterina sentiva che Gesù non l'aveva chiamata a sé unicamente perché, nel silenzio di un chiostro, bruciasse la propria vita tra preghiere e pratiche ascetiche. Fuori del convento c'era il mondo rissoso degli uomini che parevano aver dimenticato Dio e che bisognava riconquistare alla fede; c'era la Chiesa di Cristo travagliata da lotte interne che non giovano; c'erano i luoghi santi da liberare dal giogo dei musulmani. Caterina, che aveva ripudiato la famiglia per non essere schiava degli affetti terreni, per amore di Gesù ritornò nel mondo per far sentire a tutti, alta e forte, la voce del suo sposo celeste.La via della santità non è facile. Quando Caterina uscì fuori dal suo riserbo e cominciò a parlare agli uomini circa quello che dovevano o non dovevano fare, le autorità ecclesiastiche iniziarono a preoccuparsi. Chi era quella ragazza quasi analfabeta, che si permetteva di dare consigli a chi ne sapeva tanto più di lei? Non si trattava forse di un’esal­tata, una fanatica priva del senso della responsabilità? Nel 1374, a Firenze, si riu­nì il Capitolo generale dei Domenicani per sotto­porre. a giudizio la figura e l’operato di Caterina.

Lo scontro tra i fautori e i nemici di Caterina fu lun­go e accanito, ma si risolse col trionfo più completo della Santa, alla quale pe­rò il « Capitolo » ritenne opportuno affiancare sta­bilmente un consigliere spirituale nella persona del dotto Raimondo da Capua. Da quel momento, a ogni modo, Caterina poté con maggiore libertà e autorità dedicarsi alla propria mis­sione, che era volta al con­seguimento di tre obbiet­tivi principali: 1) far ces­sare le lotte intestine che insanguinavano le città di Italia; 2) predicare la cro­ciata contro i musulmani per la liberazione dei Luo­ghi Santi; 3) convincere il papa ad abbandonare l'esilio di Avignone e ri­tornare a Roma.

Caterina non aveva ricevu­to da piccola alcuna istru­zione. Ma ora, per realiz­zare la sua triplice missio­ne, aveva bisogno di far giungere la sua parola do­vunque, di intervenire in tutte le dispute più impor­tanti del suo tempo. Come fare?

Ascoltando unicamente il proprio cuore, la Santa su­però ogni ostacolo, e nel modo più semplice: dettan­do lettere su lettere con le quali teneva testa a poten­ti e letterati, che rimane­vano sbalorditi e ammirati dal «fuoco interiore» che traspariva dai fogli che giungevano loro. Così Caterina, senza pro­porselo e senza nemmeno desiderarlo, conquistò un posto di rilievo anche nella letteratura italiana medio­evale. Le sue lettere, infat­ti, ancora oggi non si pos­sono leggere senza com­mozione; hanno ammirato­ri perfino tra gli studiosi che vedono in esse docu­menti importantissimi di carattere mistico-politico.

Per attuare la sua missio­ne, Caterina non si valse soltanto degli scritti: do­vunque le pareva necessa­rio interveniva anche di persona. Nel 1376, per esempio, si recò ad Avignone, dove, con la sua irruente elo­quenza, riuscì a convincere il papa della necessità di riportare a Roma la sede del pontificato. Ed ecco un altro dei tanti episodi che rivela la straordinaria effi­cacia dei suoi interventi.

Un giovane gentiluomo pe­rugino, Niccolò di Toldo, reo soltanto di avere criti­cato il senatore che regge­va la repubblica di Siena, fu processato e condannato a morte. Ritenendosi vittima di una grave ingiustizia, lo sven­turato cominciò a inveire contro il verdetto e rifiutò di ricevere i Sacramenti.Il caso destò infinita pietà tra gli abitanti della città, che invano si adope­rarono perché la condanna venisse revocata. Allora, non volendo che il giovane morisse disperato, si rivol­sero a Caterina, che in quel momento si trovava a Pisa. La Santa rispose subito al­l’appello: raggiunse Siena e andò a trovare nel carce­re il povero giovane. Dopo avere parlato con lei, Nic­colò divenne un altro: calmo, sereno, accet­tò di confessarsi e di comunicarsi, perdonò i suoi giudici, si disse pronto a subire il supplizio. Caterina lo accompagnò fin sul palco dell’esecuzione. Quando il boia fece cadere la sua mannaia, ella accolse pietosamente nelle proprie mani la testa mozza del condannato e la tenne stretta come quella di un martire, come quella di un’ennesima vittima delle fazioni contro le quali si batteva continuamente in nome dì Gesù.

Tutto ciò che Caterina fece, lo fece per amore: dal giorno della prima visione folgorante al giorno in cui ricevette le stimmate, il suo cuore bruciò d’una fiamma inestinguibile. Le «stimmate», che s’im­pressero nella sua carne a Pisa, nel 1375, non sono che un marchio, un simbo­lo dell’amore che la legava a Gesù, allo «Sposo cele­ste», cui anelava di ricongiungersi al più presto. Per questo, mentre percorreva l’Italia da un capo all’altro, mentre affrontava a viso aperto i governanti dell’e­poca, esortandoli a non versare sangue cristiano, appena poteva ritirarsi nel silenzio di una cella torna­va a essere la ragazza che rifiutava il mondo, che si sottoponeva a disagi incre­dibili pur di castigare il proprio corpo.

Santa dell'azione, accompagnò all'ascetismo una ferma volontà di vivere e di combattere nel mondo. Dedita senza posa alla cura degli appestati, fu una donna fortemente patriottica. È evidente che una vita così intensa e così aspra avrebbe facilmente logora­to anche il fisico più ro­busto. Ma a Caterina nes­suno poteva imporre nulla, nemmeno per il suo bene. Ella attraversò i tempi in cui visse come una stella cometa che si consuma nel suo splendore. E nel 1380, all’età di 33 anni, mentre si trovava a Roma, concluse il suo cammino terreno. Le sue ultime parole, rivolte a Gesù, furono: "Tu mi chiami, o Signore, o mio Amore. Eccomi... Io rimetto la mia anima nelle Tue mani". Caterina fu dichiarata san­ta nell’anno 1461 dal papa Pio XI.

 

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