Matilde di Canossa

 

Poche donne hanno avuto, nella storia italiana, un ruolo importante quanto quello di Matilde di Canossa, che per quarant'anni resse uno Stato che si estendeva su buona parte dell'Italia settentrionale e centrale, e che partecipò da protagonista alla lotta tra l'Impero e la Chiesa. Fatta prigioniera dall'imperatore Enrico III, insieme alla madre, restò fortemente impressionata dall'esperienza che ne fece un'assidua sostenitrice del Papato. Amava portare lussuose vesti di broccato e velluto, ma con la stessa dignità sapeva indossare l'armatura. Si dilettava in pittura e letteratura, ma sapeva anche risolvere con abilità problemi di politica e strategia militare. La sua naturale grazia femminile lasciava posto, nel momento del pericolo, a un'irruenza e au valore pari a quello di un abile capitano. A soli sedici anni, saputo che un gruppo di cospiratori marciava contro verso Roma contro il papa, decise di affrontarlo e lo vinse in battaglia. La fama dell'amazzone-guerriera si diffuse presto in tutta Europa e molti sovrani aspiravano alla sua mano. Di tutti i pretendenti, solo uno era gradito e fedele al papa, Goffredo di Lorene, e proprio lui le fu richiesto di sposare. Ma Goffredo era gobbo e deforme, mentre Matilda era bella e giovane e avrebbe desiderato uno sposo ben diverso. Fu un duro colpo per la fanciulla, che tuttavia per seguire il desiderio del papa chinò il capo, piena di sottomissione e disse "per il bene della Chiesa sposerò uno storpio!"

Come prevedibile, fu un'unione infelice che terminò di fatto ben presto, quando nel 1076 Goffredo fu assassinato nel corso di una oscura congiura. Nello stesso anno entrò in pieno possesso dei domini del padre, divenne la più importante alleata di Papa Gregorio VII, che era fermamente intenzionato a dichiarare la superiorità del potere divino su tutti i poteri terreni, compreso l'Impero.
Matilde, che nonostante i digiuni mistici e le veglie, era una donna bella e decisa ebbe una parte fondamentale nei rapporti tra Papa Gregorio VII e il giovane imperatore Enrico IV, suo cugino. L'imperatore, che tramava contro il Papato, si fingeva alleato di Matilde e di Gregorio VII finché, alla mezzanotte del Natale del 1075, fece rapire il pontefice mentre celebrava la messa nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. Arrestato e malmenato, il Papa venne condotto in Germania, ed Enrico IV svelò la sua vera natura. E' a questo punto che il ruolo della contessa di Canossa divenne fondamentale. Lanciata la scomunica del Papa contro Enrico IV, quest'ultimo si rese conto del potere della Chiesa e sapendo di non poter andare contro il suo popolo, si preparò a quello che è diventato un simbolo di sottomissione: l'umiliazione di Canossa.

Enrico IV era figlio di colui che uccise suo padre e i suoi fratelli, eppure Matilde, per risparmiare all'Europa lutti e stragi, offrì la sua rocca di Canossa per l'incontro tra imperatore e pontefice. Era il mese di gennaio del 1077. Nell'alba livida, in mezzo alla neve alta e alla tormenta, Enrico IV, senza scorta, scalzo, vestito unicamente di un saio da monaco in segno di penitenza, si inginocchiò sul terreno gelato per implorare perdono. Tre giorni e tre notti durò il tormento e l'umiliazione del sovrano, che digiuno e mezzo assiderato venne finalmente accolto dal papa. Quando fu al suo cospetto Matilde si prostrò di fronte al pontefice e lo supplicò "Padre Santo, perdonalo, per misericordia !"

Nonostante l'imperatore fosse in realtà in mala fede, ottenne il perdono grazie a quella potente e decisa donna che era Matilde. Negli anni successivi, però, Enrico IV si scagliò nuovamente contro i Papato e Matilde continuò a schierarsi dalla parte di Gregorio VII, difendendo eroicamente il baluardo di Canossa che sbarrava la strada per Roma alle truppe imperiali. Rimasta senza denaro per pagare i soldati, Matilde fece fondere tutti gli oggetti d'oro e di argento che si trovavano nel castello. Fu una guerra lunga e sfibrante, Matilde ne uscì vittoriosa, ma la sua resistenza era ormai allo stremo. Tuttavia, quando giunse la notizia di una ribellione nei suoi possedimenti di Mantova, non esitò ad attaccare la città. Aveva quasi settant'anni. Malgrado l'età ebbe la forza di guidare personalmente le proprie truppe all'assalto dei mantovani che infine dovettero arrendersi.

Finì la sua vita con la donazione di tutti i suoi possedimenti allo Stato pontificio. Morì nel 1125 amata e venerata da tutti, e fu sepolta nell'abbazia di San Benedetto a Mantova. Nel 1635 le sue spoglie furono spostate a San Pietro in Vaticano, e poste insieme a quelle degli apostoli e dei martiri della fede. Entrò nella storia e nella leggenda come nessuna donna prima di lei. Oggi riposa nella tomba scolpita dal Bernini ed è detta "onore e gloria d'Italia".

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