Nilde Iotti

 

Nata a Reggio Emilia, figlia di un deviatore delle Ferrovie, sindacalista socialista e perseguitato nel ventennio, fu iscritta ad una scuola cattolica privata poiché secondo il padre era meglio che stesse con i preti che con i fascisti. Religiosa, andava alle processioni con il vestito bianco delle figlie di Maria. Morto il padre nel 1934, la madre lavorò come una bestia da soma perché la figlia potesse studiare e diventare "qualcuno", come era nel sogno del marito. Nilde era l'ultima di quattro figli e l'unica sopravvissuta. E Nilde riuscì a studiare poiché, essendo bravissima, vinse borse di studio su borse di studio. A diciotto anni s'iscrisse alla facoltà di Lettere alla Cattolica di Milano. Ed è in questo periodo che s'affacciano i primi dubbi verso la fede cattolica che le sembrava assolutista e intollerante. Divenne laica. Per studiare, partiva tutte le mattine all'alba da Reggio per raggiungere Milano e rientrava a notte fonda, facendo gli ultimi cinque chilometri a piedi. L'uccisione di un amico ciabattino e il cadavere giacente sulla neve di un giovane, uccisi entrambi dai nazifascisti, la spinsero alla lotta antifascista. Fece la resistenza come portaordini. Nel 1946 si laureò e l'8 marzo tenne il suo primo comizio come dirigente comunista di Reggio. Dopo il referendum del 2 giugno fu mandata, ventiseienne, in Parlamento. Era una bella ragazza alta e slanciata, con i lunghi capelli neri, conobbe Togliatti, sposato e con un figlio più una "compagna" più o meno ufficiale di sempre, e si innamorarono a prima vista. Il loro amore non rimase segreto e provocò scandalo sia dentro sia fuori il Partito Comunista. Il 14 luglio 1948 Togliatti fu ferito in un attentato. A chi voleva impedirle di vederlo, poiché non era la moglie disse: "Mi spari pure, se crede, ma io passo". E non si scostò dal suo letto neppure quando arrivò la moglie ufficiale per quanto ripudiata. Fu considerata la prima donna italiana "liberata" dalla schiavitù delle convenzioni ipocrite. Con Togliatti adottò Marisa, figlia di un operaio ucciso dalla Celere; Nilde e Marisa erano accanto a lui, quando nell'agosto del 1964 spirò ucciso da un'emorragia cerebrale. In prima fila, dietro il feretro, c'era Nilde Jotti, la "vedova" ufficiale.

Nel 1968 è Vice presidente del Gruppo parlamentare comunista della Camera di cui era già stata Segretario. Nel 1972 viene eletta Vice presidente dell'Assemblea di Montecitorio, nel 1976 è stata presidente della commissione affari costituzionali. E' eletta Presidente della Camera dei Deputati, al primo scrutinio, il 20 giugno 1979, all'inizio dell'VIII legislatura, e riconfermata nel 1983. Nella fase conclusiva della IX legislatura, è stata chiamata dal Presidente della Repubblica (prima donna e prima comunista) a svolgere un mandato esplorativo per la soluzione della difficile crisi politica sfociata nelle elezioni anticipate. Rieletta il 2 luglio 1987 per la terza volta consecutiva Presidente della Camera dei Deputati. Il 10 marzo 1993 è stata eletta Presidente della Commissione parlamentare per le riforme istituzionali.

La politica l'aveva nel sangue, avrebbe raggiunto i vertici anche senza appoggi sentimentali. Queste sono le indicazioni del suo quadro natale, che riporto integralmente, redatto in epoca non sospetta: "È un soggetto duro, un macigno, agisce seguendo un programma organizzato per emergere, suggerito dall'intuito spiccato che si aggancia al rigore razionale e alla forza di decisione. È determinata, intelligente, autoritaria e autorevole grazie anche al carisma, al fascino personali, è diffidente quanto basta, spontanea quanto e quando serve. È una macchina, detesta la mediocrità, è programmata a fare il possibile e l'impossibile per arrivare ai vertici e restarci. Però, non mi stupirei se scrivesse poesie!".

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