Mata Hari

 

In poche ore fa rivivere i culti sacri dei popoli asiatici.. La scritta, a grandi lettere rosse sullo sfondo giallo del manifesto, sormontava l’ingresso di un teatro parigino.

All’interno non c’era più un posto dispo­nibile. Sotto il raggio dei riflettori, la dan­zatrice aveva iniziato la parte più attesa e più audace del suo programma, con la quale sembrava ipnotizzare la platea. In realtà la sua esibizione, che puntualmente ogni sera si ripeteva a teatro esaurito, riusciva a dare un’illusione di Oriente quasi genuina.

Di sacro, per la verità, c’era ben poco, ma quanto a seduzione era difficile trovare in tutta Parigi uno spettacolo che potesse affa­scinare in egual modo l’eterogeneo pubblico che affollava la sala.

Il sipario calò lentamente in uno scrosciare di applausi. La danzatrice corse, rapida, verso il suo camerino; in un angolo oscuro del corridoio, un uomo l’attendeva. Le sbarrò il passo e l’abbracciò appassionata­mente. Un lungo bacio li unì e in quei pochi secondi una piccola capsula di metallo passò da lei a lui: conteneva un messaggio segreto. Poi l’uomo si allontanò rapidamente. La danzatrice, rivestitasi, si fece condurre al lussuoso hotel dove abitava sotto il nome di Mata Hari.

Fate entrare Mata Hari., disse una voce in tono autoritario. Il poliziotto si trasse di lato e la donna entrò nella stanza del ca­pitano Ladoux, capo del Servizio di con­trospionaggio francese. Pur essendo sulla quarantina, Mata Hari era ancora bellissima. Alta, flessuosa, indossava un abito di seta cinese a colori vivaci, che ne poneva in risalto le splendide forme. I magnifici capelli ondulati, gli occhi a mandorla, le labbra perfette facevano di lei una creatura terribilmente affascinante. Erano pochi gli uomini che sapevano resistere al potere di seduzione che Mata Hari possedeva e di cui ella si serviva come arma sottile sempre a suo favore. Tuttavia Ladoux non ne fu affatto impres­sionato. Comodamente seduto al suo ta­volo di lavoro, con un gesto invitò la donna ad accomodarsi. “Ho intenzione di allontanarvi dalla Fran­cia. Vi ritengo una mediocre ballerina, ma un’abile spia”, disse Ladoux gelidamente. “Che cosa ve lo fa supporre” rispose Mata Hari altrettanto gelida. “Non ho ancora le prove. Ma non dubito di averle tra breve, se seguitate a frequentare i Tedeschi. Siamo in guerra, non dimenticatelo, e mi spiacerebbe far fucilare, un giorno o l’altro, una così bella donna. Mi sono spiegato?” Cosi dicendo, il capitano Ladoux sorrise Sarcastico.

La donna si sentì perduta: sapeva che Ladoux non stava affatto scherzando e che qualcosa del suo pericoloso gioco doveva essere trapelato. Tuttavia con aria ironica disse: "Io sono olandese e quindi neutrale. Posso frequentare tutti i Tedeschi che voglio. Dopo tutto sono miei ammiratori".

“Non illudetevi di riuscire a ingannarmi, Vi farà sorvegliare notte e giorno e al primo passo falso sarete perduta”.

In effetti era fin dal 1905 che Mata Hari lavorava per lo spionaggio tedesco. A Berlino, negli uffici del Servizio Segreto, il dossier che la riguardava era classificato sotto la sigla H21 e l’incartamento era voluminoso: in esso si diceva che Marga­retha Zelle, nata a Leeuwarden (Olanda) il 7 agosto 1876, dipendeva direttamente dal Generale Von Kroon, capo del controspionaggio tedesco. Seguiva poi il suo curriculum vitae e il rapporto di tutta la sua attività spionistica.

Separata dal marito, un ufficiale olandese dell’esercito coloniale, era venuta a Parigi in cerca di fortuna. A quel tempo, si era agli inizi del ‘900, non erano molte le strade che si offrivano a una donna. Margaretha Zelle aveva però un punto a suo favore: la permanenza in Oriente le aveva permesso di imparare alcune dan­ze esotiche. Ciò le servì di spunto e le permise di creare il personaggio di Mata Hari, che in dialetto indostano significa uccel­lo dell’aurora. Ben presto la ballerina Mata Hari divenne famosa e cominciò a contare tra i suoi più ardenti ammiratori importanti personaggi della politica e della finanza francese.

Non fu certo per caso che il Servizio Segreto tedesco si interessò a lei: alla fitta rete spionistica che la Germania stava allora tessendo in tutta l’Europa occorreva proprio un agente segreto introdotto nel vivo della vita politica e militare della Francia. Fu cosi che Mata Hlari divenne H21. Nel frattempo gli avvenimenti in Europa precipitavano: l’estate del 1914 vide milioni di uomini mobilitati per lo scoppio della prima guerra mondiale.

Spregiudicata, avida di danaro e d’avven­tura, audace e coraggiosa, esperta nel simulare e dotata di eccezionale sangue freddo, Mata Hari possedeva indubbiamente molti dei requisiti che sono necessari a una spia di classe. Ecco perché quando si vide sul punto d’es­sere scoperta, Mata Hari decise di osare fino al limite del possibile.

Pochi giorni dopo il colloquio con Ladoux, ella tornò negli uffici del Deuxième Bureau e chiese di essere ricevuta dal ca­po del Servizio Segreto francese. Aveva una proposta da fargli ed era certa che Ladoux l’avrebbe ascoltata. Potrei fare la spia per la Francia! Il mio prestigio in Germania è grande. Sono amica perfino del principe ereditario...

L’uomo non mostrò alcuna meraviglia: in fondo si era aspettato qualcosa di simile e doveva ammettere che Mata Hari gli sarebbe stata più utile così che chiusa in carcere. Quindi accettò la sua proposta. “Va bene, d’accordo”, le rispose, “ma se tradirete la Francia, per voi ci sarà il plotone di esecuzione”. Mata Hari si limitò a rispondere con calma assoluta: “Intesi!”. In realtà la sua decisione era un’altra: con quel patto avrebbe allontanato i sospetti dei Francesi, pur seguitando a servire i Tedeschi. Un doppio gioco assai pericoloso.

Il controspionaggio francese decise di met­terla alla prova. Come primo incarico le fornì notizie militari perché le facesse pervenire ai patrioti belgi. Ella avrebbe dovuto imbarcarsi in Spagna su una nave neutrale, raggiungere l’Inghilterra e di qui l’Olanda e il Belgio.

Ma non appena giunse in Spagna, Mata Hari prese contatto con l’Ambasciata tede­sca di Madrid e si incontrò col generale Von Kroon a cui vendette i segreti che aveva avuto dai Francesi. Troppo sicura di sé, non previde che il controspionaggio francese era in grado d’intercettare tutte le comu­nicazioni dell’ambasciata tedesca in Spagna. Infatti quando dalla Spagna i Tedeschi trasmisero a Berlino i segreti venduti da Mata Hari, i Francesi intercettarono il messaggio. La trappola contro Mata Hari era dunque scattata. Il controspionaggio francese ave­va le prove per incriminarla. Pochi giorni dopo il suo ritorno a Parigi, essa fu ar­restata sotto l’accusa di spionaggio a  favore della Germania.

Per dieci mesi, dal gennaio all’ottobre 1917, Mata Hari subì una dura prigionia e i continui interrogatori di un processo per alto tradimento. Ma i suoi nervi non cedettero. Di fronte ai vari capi di accusa e alla prova costituita dai 15.000 franchi ricevuti da Von Kroon negò sempre. Tuttavia il tribunale di guerra la dichiarò colpevole e la condannò a morte. Quando il verdetto venne pronunciato, Mata Hari ascoltò impassibile la condanna e riuscì perfino a sorridere ai giudici. Il suo difen­sore, l’avvocato Clunet, innamorato di lei, si recò dal presidente della Repubblica francese e gettandosi ai suoi piedi implorò la grazia per Mata Hari. Ma tutto fu vano.

All’alba del 15 ottobre 1917, Mata Hari ricevette in cella la notizia di prepararsi ormai a morire.

Ancora una volta dette prova di grande sangue freddo: “State sicuri che saprò morire senza paura”, esclamò, ”Farò quella che si dice una bella morte!”. Si vestì con il suo abito più elegante e si truccò con cura. Infilò i guanti e si mise un vez­zoso cappellino. Prima di varcare la soglia della cella un ufficiale le chiese se avesse qualche rivelazione da fare. "Nessuna", rispose seccamente, “ma anche se ne avessi, ormai sarebbe troppo tardi!”.

Sul luogo dell’esecuzione, rifiutò la benda sugli occhi e davanti ai fucili spianati contro di lei salutò graziosamente con la mano il proprio avvocato. Subito dopo, una raffica di fucileria l’abbatteva.

Il suo corpo, che nessuno reclamò, chiuso in una rozza cassa d’abete fu sepolto alla periferia di Parigi e la pratica riguardante H21 fu archiviata. Tutto questo però non impedì che Mata Hari alimentasse fino ai giorni nostri, decine di romanzate vicende e ispirasse con la sua vita misteriosa e avventurosa un’intera letteratura spionistica.

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