Agatha Christie

C’era una volta una timida ragazza inglese che sognava di fare l’in­fermiera. Sposò un bell’ufficiale, venne tradita, ne ricavò un crollo di nervi con fuga misteriosa sotto falso nome; e molto tempo libero. Scelse poi un nuovo marito, archeologo e di dieci anni più giovane, e niente le piaceva come accompagnarlo agli scavi in oriente e fare cola­zione nel deserto con due salsicce arrostite. Nominata Dame del­l’impero britannico dalla regina Elisabetta per il prestigio dato al giallo classico, morì nel 1976. Famosa e verosimilmente felice, sempre così timida che sfuggiva le interviste e rifiutava di parlare in pubblico anche quando era l’ospite d’onore.

Gli ingredienti di Agatha Christie sono casalinghi, decisamente anni Trenta e così ricorrenti da prefigurare il serial: rispettabili famiglie inglesi e colonnelli di ritorno dalle colonie, ville di campagna con porte-finestre aperte su giardini di rose, un vicariato, un emporio, spesso il maniero nobiliare che incombe sul villaggio, protettivo o minaccioso. Si uccide nel bosco, sugli scogli, preferibilmente in biblioteca; si usa ogni mezzo, primeggiano i veleni. Ci si ricatta molto. Assassini e malfattori non sono mai vagabondi sconclusionati o stranieri di passaggio, ma bravi parrocchiani acquattati nel cuore della comunità. A restaurare l’ordine, il cosmopolita monsieur Poirot o la prediletta miss Marple, che considera il mondo una versione gigante del suo paesello e fa del pettegolezzo una performance investigativa.

Quando dall’America della depressione e della guerra irrompono i polizieschi d’azione alla Chandler e gli splendidi thriller visionari di Cornell Woolrich, molti pensano che il loro ritmo tachicardico spazzerà via il tempo lentissimo di Dame Agatha, dove c'è sempre posto per una tazza di tè e una chiacchiera biforcuta; che i killer seriali e sociali venuti da lontano cancellerano le sue serpi in seno. Invece la fortuna dei suoi romanzi continua (dagli esordi al ‘76 saranno tre­cento milioni le copie vendute in tutto il mondo, con ricavi da multi­nazionale); ancora oggi proliferano le imitazioni, mentre gli editori ristampano un titolo dopo l’altro per la gioia delle manager ansiose.

Il suo segreto è non aver mai dimenticato che chi vive in una realtà ogni giorno più veloce ha bisogno di potersene allontanare, che per un’ora di vacanza la migliore prescrizione sono le fiabe e le fiabe, come i miti, si dipanano piano piano, e fra i cattivi ci sono padri madri figli nonnine, gli emissari del male fra le mura di casa. Poco importa allora se, diversamente dalle altre regine del giallo tradi­zionale, Agatha scrive senza curarsi troppo della qualità letteraria, tan­tomeno dello spessore dei personaggi. Alla grande intrattenitrice non interessa illustrare i sommovimenti dell’anima, le basta raccontare una bella storia. Del resto, chi vorrebbe essere informato in dettaglio sul carattere di Cenerentola o del Gatto con gli stivali?

 

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