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OPUSCOLO INFORMATIVO SULLE CONTRORIFORME UNIVERSITARIE DAL 1989 AL 1999 A CURA DEL COLLETTIVO "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA"

 

  • LEGGE 168/1989 ("MURST");
  • "PROGRAMMA ERASMUS";
  • "COMETT";
  • LEGGE 341/1990 ("RUBERTI");
  • LA "MINILAUREA";
  • LEGGE 28/1980 E DPR N.382/1980 ("DOTTORATO DI RICERCA");
  • IL "SENATO DEGLI STUDENTI";
  • LEGGE N.537/93;
  • LEGGE N.127/97, ART.17, COMMI 113 E 114 ("SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE");
  • LEGGE N.397/98 (ACCESSO AL CONCORSO DI "UDITORE GIUDIZIARIO");
  • LA "BOZZA MARTINOTTI";
  • LA PROPOSTA DI LEGGE "FOLENA";
  • IL DISEGNO DI LEGGE "MIRONE";
  • LE NOTE DI INDIRIZZO DELLA "BOZZA MARTINOTTI";
  • SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE N.383/98 ("NUMERO CHIUSO").

 

PREMESSA

Il presente opuscolo è stato realizzato dal Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta", nato il 29 dicembre 1997 nel fuoco della lotta studentesca contro la famigerata "bozza Martinotti" culminata il 4 febbraio 1998 con la contestazione al sociologo milanese da parte degli studenti e le studentesse napoletani, per informare universitari e universitarie sulle principali controriforme universitarie che hanno portato allo smantellamento graduale, nel giro di circa dieci anni, dell’Università pubblica e gratuita e del diritto allo studio. Alla concezione, quindi dell’Università come servizio sociale goduto dal popolo si è andata a sostituire quella della privatizzazione dell’istruzione pubblica con diversi progetti e leggi inaugurate dal PSI di Craxi che fece in tempo, prima di essere travolto da Tangentopoli, grazie al suo servo Ruberti, a dare ai privati di turno la gestione dell’Università ponendo la base alla sua progressiva aziendalizzazione. Con la Ruberti e l’istituzione del "Murst" si avviava un processo di privatizzazione dell’Università pubblica senza precedenti nella storia d’Italia e che vede l’approvazione incondizionata di tutti i partiti istituzionali. Questo processo veniva quasi completato grazie all’avvento del governo Berlusconi che introduceva definitivamente la fasciazione nelle tasse universitarie (cioè la divisione in fasce a secondo del reddito familiare del singolo studente o studentessa). Un passo non indifferente verso il completamento della controriforma universitaria "Ruberti" è stata anche la "bozza Martinotti" che perfeziona e affina ulteriormente l’autonomia didattica e finanziaria, instaurando la contrattualizzazione studente-ateneo: in sintesi lo studente si trasforma in "cliente", diventando di fatto un lavoratore a costo zero subordinato al volere del mercato del lavoro e dell’Europa di Maastricht. È indispensabile, quindi, lottare per un’Università pubblica, gratuita e governata dagli studenti per controbattere queste scandalose riforme e ponendo in primo piano la centralità studentesca, rilanciando la partecipazione universitaria di studenti e studentesse, secondo gli insegnamenti della "Pantera" del 1990. Per dirla con gli universitari di Palermo del ’90 in lotta contro la "Ruberti" "siamo arrivati ad un punto dove bisogna combattere tutto ciò che le istituzioni universitarie difendono e difendere tutto ciò che le istituzioni universitarie combattono". Invitiamo quindi tutti gli studenti e le studentesse che si trovano sulle nostre posizioni a prendere coscienza e organizzarsi attorno al Colletivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta", affinché un giorno lo studente possa essere il vero "padrone" dell’Università.

 

Napoli, 19/3/99

 

COLLETTIVO "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA"

 

 


 

LA LEGGE N.168/1989: IL "MURST".

La legge n.168 del 1989 istituisce di fatto il "MURST", il "Ministero per l’Università e la ricerca scientifica e tecnologica", che elabora il piano di sviluppo dell’Università sulla base di criteri di definiti per legge e provvede alla ripartizione degli stanziamenti ad essa destinati. Col "MURST" comincia quel processo di privatizzazione degli atenei che è stato accennato nella Premessa. L’art.6 della legge prevede per l’Università l’autonomia didattica, scientifica, organizzativa e finanziaria con la libertà degli atenei di darsi anche statuti autonomi con semplice decreto del Rettore. Con il "MURST", quindi, i privati partecipano in tutti i settori universitari (didattico, ricerca, servizi) con la stipula di convenzioni, contratti, la creazione di consorzi, nonché attraverso l’elargizione di "contributi". Gli studenti e le studentesse della "Pantera" contestarono tutti i punti della legge 168 e, in particolare, proposero l’immediato ritiro dell’art.16 che concepiva gli statuti deliberati da quella trappola del "senato accademico", organismo antistudentesco cui accenneremo fra poco.

 

IL "PROGRAMMA ERASMUS".

Il "Programma Erasmus" offre agli studenti e alle studentesse due "possibilità": partecipare a un "progetto interuniversitario di cooperazione" o partire individualmente, nell’ambito di un accordo privato con un professore straniero. Nel primo caso i progetti, che riguardano anche i docenti, prevedono lo scambio fra due o più Università di alcuni studenti del medesimo corso di laurea, sulla base di un piano di studi stabilito in precedenza fra gli insegnanti responsabili. Nell’ambito del "progetto interuniversitario di cooperazione" tutto è nelle mani dei docenti: a loro spetta prendere contatti con colleghi o istituti all’estero, stabilire un comune piano di studi, presentare il progetto per ottenere i finanziamenti. Allo studente spetta il ruolo di spettatore passivo, poiché non può far altro che segnalare la propria disponibilità al docente stesso o agli uffici competenti dei vari atenei. Questi fantomatici progetti presentati dai docenti vengono selezionati a Bruxelles dall’"Erasmus Bureau" e quelli approvati ricevono un finanziamento. Sarà, poi, il Ministero della Pubblica Istruzione a decidere l’ammontare di ogni borsa per gli studenti, e cioè: circa 540mila lire come quota fissa per il viaggio e poco più di 300mila lire al mese per il mantenimento: con una cifra simile è assolutamente impossibile vivere e studiare all’estero. La situazione peggiora se si decide di partire individualmente: abbiamo, in questo caso, la figura del "free-mover", cioè uno studente che si sostituisce all’Università e organizza in modo autonomo ogni fase dello scambio. Insomma, tempo e danaro in più; e le cifre di mobilità studentesca in Europa varia dall’1% al 5% nell’ultimo decennio.

 

IL "COMETT".

Il "Comett" ("Community Action Programme for Education and Training for Technology") è un programma comunitario di formazione ed educazione per la tecnologia. L’obiettivo principale del "Comett" è selezionare e formare personale altamente qualificato per le imprese che entrano in contatto con gli Atenei e creano i "Cfui", i "Consorzi di formazione università-imprese" che operano su base regionale, nazionale o internazionale. I Consorzi elaborano quindi progetti che prevedono di utilizzare studenti universitari per un periodo di lavoro che varia da un minimo di 6 a un massimo di 12 mesi. Gli studenti prescelti dai docenti per avviare questa "esperienza" lavorativa ricevono un contributo per coprire le spese (viaggio, mantenimento all’estero, eventuale corso di lingua). Importante caratteristica, tutt’altro che positiva, riguarda il fatto che gli esami fondamentali non possono essere sostenuti nel periodo di permanenza all’estero. Il meccanismo appare complesso e il risultato degli ultimi anni ben poco confortante: solo il 9-10% degli studenti universitari italiani e europei hanno partecipato al "Comett".

 

LA LEGGE N.341/1990: LA "RIFORMA RUBERTI (PSI)".

La legge n.341/1990, conosciuta come la "riforma Ruberti" dal ministro socialista che la propose in quell’anno, è la legge che istituisce l’ "autonomia finanziaria e contabile". Gli Atenei potrebbero finanziare le proprie attività e i propri istituti anche con i "contributi" dei privati o con sponsorizzazioni. A ciò si aggiunge la possibilità fin da subito da parte degli Atenei di applicare direttamente e, soprattutto, "autonomamente" i nuovi statuti. Si passa alla seconda parte della "Ruberti" e cioè la "riforma degli ordinamenti didattici" che affianca alla laurea due titoli: la "minilaurea" e il "dottorato di ricerca". Così Ruberti spiegò la riforma su "La Repubblica" dell’11 ottobre 1988: "Il prodotto-laureato non è costruito a misura delle esigenze del mondo del lavoro. Innanzitutto perché sforniamo un solo prodotto, il laureato appunto. Quasi dovunque, fuori d’Italia, esistono tre livelli di formazione, tre diversi titoli di studio". Sì: di serie A, B e C..... Passiamo in rassegna ora la "minilaurea" e il "dottorato di ricerca".

 

LA "MINILAUREA" e IL "DOTTORATO DI RICERCA".

La "minilaurea" o "laurea corta" si consegue in due-tre anni di corso e costituisce una sorta di "laurea di serie C", un ghetto per gli studenti più poveri; la minilaurea si lega a doppio filo con la formazione tecnico-professionale che dovrebbe perfezionare la preparazione avviata negli istituti professionali. Il "dottorato di ricerca", istituito con la legge n.28/1980 e "perfezionato" con il DPR n.382/1980, crea un elite di superspecializzati cui saranno di fatto riservati i posti-chiave nel campo delle disciplina tecnico-scientifiche (ricerca pubblica e ricerca privata). Nell’articolo 68 viene così definito "E’ istituito il dottorato di ricerca quale titolo accademico valutabile unicamente nell’ambito della ricerca scientifica". Le norma principali per conseguirlo sono: superare un esame di ammissione consistente in una prova scritta e in un colloquio; frequenza dei corsi la cui durata non può essere inferiore ai tre anni accademici; al termine del corso dimostrare di aver conseguito "risultati di rilevante valore scientifico documentati da una dissertazione finale scritta o da un lavoro grafico". Inoltre è prevista, come ulteriore rafforzamento della baronia universitaria la possibilità di concedere punti di favore totalmente arbitrari permettendo sempre ai "soliti noti" e di scavalcare in graduatoria persone che, pur avendo avuto un voto più alto di ammissione, vengono penalizzate per fare posto sempre alle stesse "famiglie baronali". La selezione imposta dalla legge sul dottorato di ricerca ha portato solo 1700 tra il 1983 (anno dell’entrata in vigore) e il 1989 e conseguire questo "ambito" titolo.

 

IL "SENATO DEGLI STUDENTI".

Il Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" fin da quando era "movimento" ha contestato la concezione degli "organi collegiali universitari" introdotta nel 1974 per frenare il dilagante movimento studentesco sorto nel ’68. Un ricettacolo di carrierismo, delegittimato completamente dal popolo studentesco: a Giurisprudenza non si è raggiunto nemmeno il 10% dei votanti complessivi nelle ultime elezioni di facoltà. La "Ruberti" creò nel 1990 il cosiddetto "Senato degli Studenti", una vera e propria trappola antistudentesca che consiste nella delega in bianco data a un manipolo di carrieristi che avrà solo "funzioni consultive", cioè limitarsi a esprimere pareri e nient’affatto vincolanti. Di questi "pareri" potranno tranquillamente infischiarsene i privati o i baroni di turno.

 

LA LEGGE N.537/93.

La legge n.537/93 entrerà in vigore ufficialmente sotto il governo Berlusconi. Consiste nella divisione in fasce (il "Coordinamento dei Collettivi Universitari Napoletani" ha efficacemente parlato di "fascistizzazione") delle tasse universitarie. Ogni studente contribuisce alla copertura dei costi dei servizi attraverso il pagamento, a favore dell’Università, di tasse e contributi: rientrano qui la tassa-tangente della Regione di 120mila lire e la seconda tassa da pagare entro marzo. Ogni ateneo fissa l’importo della tassa di iscrizione in base al reddito, alle condizioni familiari e al merito dello studente.

 

LA LEGGE 127/97, ART.17, COMMI 113 E 114: LE "SCUOLE DI SPECIALIZZAZIONE". IL DLGS N.397/98.

La legge 127/97 (detta la "Bassanini") sul decentramento amministrativo porta in grembo e precisamente all’art.17, commi 113 e 114, l’istituzione delle "scuole di specializzazione" a numero chiuso, a pagamento e a numero programmato (gli studenti lo scorso anno la hanno chiamata la "Bassanini 2"). La legge assegnava al governo un’ampia delega per modificare la disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, sulla base di due principi fondamentali: semplificazioni delle modalità di svolgimento del concorso ed introduzione graduale, come condizione per l’ammissione ad esso, dell’obbligo di conseguire un diploma biennale esclusivamente presso scuole di specializzazione istituite nelle università, sedi delle facoltà di Giurisprudenza. Il governo Prodi ha successivamente emanato un decreto legislativo (17 novembre 1997, n.398), con il quale si stabilisce che il numero di laureati da ammettere deve aggirarsi attorno al 10% di tutti laureati in giurisprudenza dell’anno accademico precedente e che ad essa si accede mediante concorso per titoli ed esame. La votazione è espressa in sessantesimi; ai fini della formazione della graduatoria, si tiene conto del punteggio di laurea e del curriculum degli studi, valutato per un massimo di dieci punti. Gravi saranno le conseguenze per chi non riuscirà ad accedervi: l’art.6 recita, infatti che "al concorso per uditore giudiziario sono ammessi, relativamente agli iscritti alla facoltà di Giurisprudenza a decorrere dall’anno accademico 1998-99, i laureati in Giurisprudenza in possesso del diploma in specializzazione". Tutti gli altri potranno sostenere soltanto una prova preliminare, ovviamente anch’essa a numero chiuso, che consentirà l’accesso al concorso vero e proprio soltanto se "le domande di partecipazione presentate dai diplomati saranno inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il concorso è bandito". Questo nuovo sistema è destinato a dispiegare i propri effetti anche sulle altre professioni legali: la cosiddetta "Bassanini 2"; nell’art.17, comma 114, prevede che "anche in deroga alle vigenti disposizioni relative all’accesso alle professioni di avvocato e notaio, il diploma di specializzazione (....) costituisce titolo valutabile ai fini del compimento del relativo periodo di pratica". Una corsia preferenziale, insomma, per i pochi capaci di accedervi e di sostenere i costi elevati, privilegiati rispetto a tutti quelli che, esclusi, dovranno continuare a subire lo sfruttamento degli studi professionali.

 

LA "BOZZA MARTINOTTI".

Il gruppo di studio del movimento degli "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" ha elaborato una interessante relazione sulla bozza di commissione governativa che vedeva tra i promotori il sociologo milanese Martinotti. Invitiamo studenti e studentesse a leggere, quindi, questa relazione-critica messa a punto dal Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta". Qui facciamo degli accenni generali alla bozza, il completamento della controriforma universitaria inaugurata, come abbiamo visto, dal "MURST" e dalla "riforma Ruberti". Dall’anno 1999-2000, secondo le rigide direttive comunitarie dell’Europa di Maastricht e al servizio del mercato del lavoro, entrerà in vigore la cosiddetta "autonomia didattica" che consiste nel rafforzamento della correlazione tra ricerca e didattica universitaria; riduzione della durata dei corsi; costante monitoraggio della qualità didattica; curricula che facilitano il costante adeguamento dell’offerta formativa ai processi sociali ed economici; introduzione di un sistema generalizzato di crediti didattici. Due gli obiettivi principali della bozza: l’armonizzazione dei corsi di studio nel contesto europeo, così da avere riconoscimento internazionale dei titoli di studio e la piena mobilità dei laureati in ambito comunitario. Con l’autonomia le sedi universitarie, come fossero aziende sul mercato, dovranno contendersi gli studenti in base alla qualità delle offerte formative: per essere competitivi gli atenei daranno via libera ai contratti con i privati, non escluso il corpo docente, con la scusa del miglior funzionamento dei servizi e delle attività didattiche. La "Martinotti" introduce la valutazione europea dei crediti formativi che si non baserà soltanto sul numero di ore di lezioni seguite, ma sul lavoro complessivo dello studente. Il superamento di ciascun anno farà conseguire allo studente 60 anni e, per arrivare alla laurea, occorrerà accumularne tra 240 e 360. In poche oltre ad essere impoverita la preparazione culturale degli universitari, gli studenti e le studentesse si trasformano in "utenti" o meglio dire "clienti".

 

LA PROPOSTA DI LEGGE "FOLENA (PDS)".

E’ il disegno di legge più grave riguardo l’accesso agli esami di avvocato, magistrato e notaio da quando è stata varata la "Bassanini 2". È stato proposto dall’ex responsabile giustizia del PDS, Folena, e firmato, tra gli altri, anche dall’avvocato Siniscalchi, che militante del MSI negli anni ’80, oggi si trova nella coalizione di centro-sinistra. Vengono istituite le famigerate "Scuole Nazionali di Giustizia" che serviranno sostanzialmente a selezionare i neolaureati e le neolaureate in Giurisprudenza. E senza mezzi termini il DDL "Folena" indica come termine di selezione il voto di laurea di 102/110: chi riesce a conseguire da questo voto in su potrà avere accesso ai concorsi di procuratore legale e uditore giudiziario, altrimenti si è condannati a vita a tentare concorsi nella pubblica amministrazione. L’anno scorso è stato fermato per via delle lotte studentesche che divampavano soprattutto nel Sud Italia e anche grazie alla caduta della Bicamerale; quest’anno è stata depositata nuovamente in Parlamento e può essere discussa da un momento all’altro.

 

IL DISEGNO DI LEGGE SULL’AVVOCATURA "MIRONE (RINNOVAMENTO ITALIANO)".

Anche questo provvedimento è stato fermato l’anno scorso dalla lotta dei praticanti avvocati in tutto il territorio nazionale. A Napoli il culmine della protesta si raggiunse con l’assemblea, al saloncino dei Busti a Castelcapuano, dei praticanti e giovani avvocati conto la "Mirone", cui furono invitati anche gli studenti e le studentesse del movimento "Studenti di Giurisprudenza in Lotta". Il DDL Mirone è altamente discriminatorio nei confronti di praticanti e studenti, vittime prossime se dovesse passare la proposta di legge. In pratica non vi saranno diverse sede dove svolgere l’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, ma una sede unica a Roma per tutti gli aspiranti avvocati (e questo va in palese contrasto con il tanto decantato principio del decentramento amministrativo introdotto dalla già citata legge n.127/97). Il DDL, introduce all’art.4, comma 2, il divieto ai candidati di portare nella sede degli esami "libri, opuscoli, scritti e appunti di qualsiasi genere" e l’aumento da due a tre anni di praticantato per gli aspiranti avvocati, nel rispetto delle rigide direttive comunitarie.

LE TRE NOTE DI INDIRIZZO DELLA "BOZZA MARTINOTTI".

Sono le ultime pseudo-riforme che ha emanato tra settembre e ottobre il governo Prodi. Infatti il sottosegretario Luciano Guerzoni (area PDS), in fretta e furia, quasi a prevedere l’imminente caduta del governo, ha firmato le prime note di indirizzo che non sono altro che un ulteriore completamento della "Martinotti" e che non si distaccano di un millimetro nel contenuto dalla famigerata "bozza". In sintesi vengono definiti i cosiddetti "decreti d’area" (area sanitaria; area scientifica e scientifico-tecnologica; area umanistica; area delle scienza giuridiche, economiche politiche e sociali; area dell’ingegneria e architettura). I decreti indicheranno i contenuti minimi qualificanti dei singoli curricula e lasceranno ampia libertà agli atenei di determinare gli altri contenuti concordandoli (e questo è il "piatto forte"!) con gli studenti, con le regioni e con le parti sociali. La "bozza Martinotti" sarà operativa, si dice, solo con la terza nota d’indirizzo che ancora deve essere approvata dal governo attuale, quello D’Alema. La paura è che, come è stato in passato ad esempio con l’aumento delle tasse o con l’introduzione della tassa-tangente della Regione, il governo approvi la terza nota di indirizzo con un "decreto balneare" e cioè nei mesi compresi tra Giugno e Agosto, con la conseguente doccia fredda che si dovranno sorbire gli studenti e le studentesse al ritorno dalle vacanze.

 

SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE N.383/98 SUL "NUMERO CHIUSO".

E’ l’ultima delle sentenze più vergognose e inquietanti contro il diritto allo studio. La Corte Costituzionale, riunitasi per decidere in merito alla sentenza del TAR (Tribunale Amministrativo Regionale) del Lazio, che "sanava", dopo il ricorso di migliaia di loro, la condizione di studenti e di studentesse in tutt’Italia contro il numero chiuso perché illegittimo a livello Costituzionale, emetteva una sentenza di riabilitazione del numero chiuso, conformandosi supinamente alle rigide direttive europee. I vertici della Federico II e della Seconda Università degli Studi di Napoli (SUN) ricorrevano, quindi, al Consiglio di Stato, forti della sentenza n.383/98: con una sentenza, ancora più vergognosa di quella Corte Costituzionale, a favore dei vertici ricorsisti dell’Università veniva riabilitato, poche settimane fa, il "numero chiuso". Di conseguenza gli studenti e le studentesse immatricolatisi in questo anno accademico rischiano di perdere l’anno e, nel particolare, coloro che sono iscritti alle facoltà di Medicina, Farmacia, Odontoiatria e Veterinaria, in supino ossequio delle rigide direttive europee