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INTERVENTO DI BIAGIO ALLA IV SESSIONE, "POSSIBILI SINERGIE PER UNA RAPPRESENTANZA STUDENTESCA" - TRIESTE, 12 NOVEMBRE 2000.

Studenti e studentesse, colleghi e colleghe, sono Biagio Caracciolo, responsabile della delegazione del Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" qui a Trieste. Prima di guardare alle possibilità di successo di una rappresentanza studentesca internazionalmente coordinata, bisogna interrogarsi sull'efficienza di una rappresentanza studentesca a livello nazionale. Certo andrebbero valutate in primis le varie situazioni ateneo per ateneo, facoltà per facoltà, ma ritengo che sostanzialmente l'esperienza in un'Università come la "Federico II" di Napoli possa essere più che utile a sviluppare una riflessione sull'argomento. Ebbene, la rappresentanza studentesca si è rilevata, così come concepita, un mezzo inadeguato, uno strumento pressoché inutile, una voce inascoltata per far valere ciò che sia la sua funzione principale: ovvero tutelare gli interessi degli studenti; una colossale farsa ordita dai maestri-burattinai del potere-istituzione, per far credere agli studenti di essere salvaguardati e rappresentati democraticamente quando, in realtà, all'interno del sistema universitario, le strutture di rappresentanza contano assolutamente nulla e, mi duole dirlo, eccettuato pochi casi non fanno nulla per contare qualcosa. Certo, bisogna ammettere in tutto ciò la responsabilità di coloro che gestiscono i poteri istituzionali, che mai hanno voluto che un reale potere decisionale potesse essere affidato agli studenti o a chi per loro, che mai si sono occupati efficacemente di risolvere i tanti problemi e i molti mali che affliggono l'Università italiana e che, ancora peggio, ne hanno fatto un luogo di mercificazione dell'individuo e della cultura, una fucina degli interessi delle classi più ricche, un luogo dove poter creare tanti piccoli ingranaggi da inserire nel supremo e complesso organismo del potere. La nuova controriforma Zecchino in atto è la comprova di ciò che vi sto dicendo ma non voglio divagare troppo, è già stato detto dai miei compagni parecchio sull'argomento negli interventi precedenti. Fatto sta comunque che si tende di più a considerare l'Università dal punto di vista del mercato del lavoro e non in relazione alle esigenze culturali e di formazione dei suoi maggiori fruitori, gli studenti. Gli studenti! Che sempre più sono considerati non come il fulcro, non come il cuore, non come la ragion d'essere dell'istituzione università ma come una scomoda appendice da relegare ai margini e da zittire ogni qualvolta cerca di far sentire la sua voce. Ricordino i docenti-baroni che il loro compito è quello di educare e formare i ragazzi, non quello di far valere i propri interessi personali e consolidare le proprie beghe di potere. A questo punto l'analisi va spostata a coloro che dovrebbero rappresentare gli studenti negli organi collegiali: dovrebbero, sì, perché nella realtà tutto fanno fuorché essere rappresentativi degli interessi degli studenti. Basta guardare ai dati elettorali delle ultime elezioni del CNSU alla "Federico II" di Napoli: sono state raggiunte punte di astensionismo del 95%. E questo non perché gli studenti siano astensionisti di principio o perché come vuol far credere qualcuno i giovani sono disinteressati alle loro problematiche ma perché effettivamente andare a votare per questi organi collegiali, per questa rappresentanza studentesca, serve a ben poco. Oltre che per i motivi poco innanzi espressi ci rende conto dei risultati pressoché nulli raggiunti dalle rappresentanze studentesche, le quali non sono in grado di coinvolgere attivamente gli studenti, di farli partecipi delle istanze e dei problemi che li riguardano, di fare in modo che diano voce alla rivendicazione dei loro diritti. I rappresentanti agiscono in completo isolamento con il loro elettorato, benché minimo, e questo perché molti di loro si disinteressano del loro compito essenziale, per abbracciare fini troppo loschi per essere rilevati agli occhi degli studenti elettori; come agevolare la propria carriera universitaria, come conservare il potere di dialogare e di accordarsi sottobanco con i professori; come fare esperienza e acquistare popolarità e consensi per lanciarsi nel mondo della politica di Partito. Ebbene sì: l'Università sta diventando sempre di più una bottega dove forgiare la partitocrazia istituzionale del futuro. In una situazione tale di immobilità e di intrallazzo chi è in buona fede o abbandona o si lascia andare al lassismo ingiustificato. Bisogna infatti cercare un maggiore coinvolgimento degli studenti, organizzarsi con loro per poter portare proposte politiche concrete, bisogna darsi da fare per rimodellare il concetto stesso di università. L'Università deve essere un luogo di formazione ma anche di aggregazione sociale, un luogo dove lo studente può vivere appieno il rapporto con gli altri, può ricrearsi, può dare spazio alle sue idee. La rappresentanza studentesca eletta però dagli studenti in assemblee democratiche deve essere il traino di tutto ciò il fattore aggregante, per la rivendicazione e le proposte degli studenti. Solo scendendo dal piedistallo e abbracciando le problematiche degli studenti, proponendo con loro concrete idee per il miglioramento e la funzionalità dell'Università, solo così si potrà avere un reale cambiamento in un'Università degli studenti, non dei docenti-baroni e dei politici. Bisogna smascherare questo sistema, cominciando a smascherare coloro che sono in mala fede o che perseguono fini non istituzionalmente corretti. Bisogna darsi da fare, cari rappresentanti, con proposte reali che catalizzino il coinvolgimento degli studenti in quello che sia il rinnovamento dell'Università, di tutti, per tutti e alla portata di tutti, un'Università, non ci stancheremo mai di dirlo, dove lo studente deve dare voce ai suoi pensieri. Ben vengano le iniziative legate all'informatica e alla tecnologia, ma cerchiamo di risolvere prima i problemi che sono alla base di tutto; per questo è presto per parlare di una rappresentanza studentesca internazionalmente coordinata, nonché di un'Università internazionale, almeno fino a che non sia realmente capito cosa bisogna fare per migliorare la situazione e per dare allo studente la possibilità di affrontare le cosiddette sfide del futuro.