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IL COLLETTIVO "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA" PRESENTA LA SUA RELAZIONE SULLA "BOZZA MARTINOTTI" DAL TITOLO:

 

 

  LA "BOZZA MARTINOTTI" E’ IL COMPLETAMENTO DELLA CONTRORIFORMA UNIVERSITARIA INAUGURATA DALLA "RUBERTI" NEL 1990 

  

 

ANALISI E CRITICA DEL GRUPPO DI STUDIO DEL MOVIMENTO DEGLI "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA" (1998)

 


 

INTRODUZIONE

 

Il Collettivo "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA" presenta la sua relazione sulla famigerata "bozza Martinotti" che, come dice l’intitolazione, rappresenta "il completamento della controriforma universitaria inaugurata dalla "Ruberti" nel 1990", e cioè dall’ex ministro socialista Ruberti (tuttora presente nel parlamento nelle liste dei DS) che approvò la l.341/90 giustattempo che il suo partito fosse travolto da Tangentopoli. Il Collettivo napoletano presenta qui l’analisi e la critica del gruppo di studio del movimento degli "Studenti di Giurisprudenza in Lotta", nato il 29 dicembre 1997 per contestare apertamente l’ultimo tassello di controriforma universitaria redatta dal "Gruppo di Lavoro" presieduto dal sociologo milanese Guido Martinotti, ma che annovera tra gli altri l’ex craxiano di ferro Luciano Benadusi (DS), Nicola Tranfaglia (capogruppo DS al comune di Torino) e Laura Balbo, attuale Ministro per le pari opportunità, ex "rivoluzionaria" pentita (ha militato in Lotta Continua e ha scritto per "il manifesto"), eletta nelle liste dei Verdi.

Nel rapporto finale presentato il 3 ottobre 1997 e dal titolo "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario", emerge sostanzialmente una concezione privatistica e aziendalistica dell’Università fondata sul "rapporto contrattuale" tra ateneo e studenti: con questo ultimo tassello, che porta a compimento il suo smantellamento, l’Università si assoggetta definitivamente al mercato del lavoro e all’Europa di Maastricht. La famigerata "bozza Martinotti", quindi, sovverte la concezione di Università come servizio sociale goduto direttamente da studenti e studentesse, nonché il suo aspetto pubblico e gratuito, cercando di comparare gli Atenei italiani ai sistemi americani e anglosassoni. La controriforma, appoggiata con forza dall’attuale ministro della Pubblica Istruzione, Berlinguer ex sessantottino pentito e ideologo, negli anni Settanta, della "distruzione della scuola borghese", è stata duramente contestata da studenti e studentesse partenopei il 4 febbraio 1998 all’aula "Coviello" della facoltà di Giurisprudenza. Martinotti non riuscì a replicare alle giuste proteste degli "Studenti di Giurisprudenza in Lotta", del Collettivo "Pigreco" di Fisica e dei Collettivi facenti capo agli "Studenti in Movimento": il sociologo milanese dovette abbandonare l’aula anzitempo con la bocca aperta e la coda fra le gambe.

Da quel giorno la bozza ha avuto un rallentamento nei suoi propositi di attuazione, visto il dilagare delle proteste in tutt’Italia, sfociate in maggio nelle occupazioni delle facoltà di Lettere e Filosofia e Scienze Politiche a Firenze. Prima della caduta del governo Prodi, il vassallo del ministro Berlinguer, Luciano Guerzoni, ha approvato due note di indirizzo (16 giugno e 16 ottobre 1998) che completerebbero definitivamente il quadro della "bozzaccia", adattandosi supinamente alle rigide direttive comunitarie. Attualmente l’operatività della controriforma Martinotti è stabile nella facoltà di Medicina e in via di sperimentazione nelle facoltà di Farmacia, Odontoiatria e Veterinaria.

 

 

Compito degli studenti e studentesse degli Atenei napoletani e italiani è respingere questa controriforma universitaria e le sue note di indirizzo, lottare per un’Università pubblica e gratuita. Ciò potrà avvenire solo tramite una forte mobilitazione, perseguendo l’obiettivo strategico, per il quale è nato il Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta", del governo degli studenti e delle studentesse fondato sui criteri dell’Assemblea generale e della democrazia diretta, con l’abolizione degli organi collegiali, fonte di carrierismo nei partiti istituzionali per i rappresentanti-burattini di turno. Gli studenti e le studentesse che si trovano sulle nostre posizioni hanno il dovere politico, giuridico e morale di combattere le ingiuste controriforme universitarie; unendosi e organizzandosi attorno al Collettivo "Studenti i Giurisprudenza in Lotta" si potrà compiere quel gran balzo in avanti per la costruzione di un movimento studentesco e universitario nazionale e lottare contro tutto ciò che di reazionario le istituzioni universitarie difendono e difendere tutto ciò che di progressista e democratico le istituzioni universitarie combattono.

 

Napoli, 4/6/99

 

COLLETTIVO "STUDENTI DI GIURISPRUDENZA IN LOTTA"

 


 

 ORIGINI E SCOPI DELLA "BOZZA MARTINOTTI".

 

Con l’introduzione della legge n.168/1989 (che istituisce il "MURST", il "Ministero per L’Università e la ricerca scientifica e tecnologica) e della legge n.341/1990, meglio conosciuta come la "Ruberti" (che istituisce di fatto l’ "Autonomia finanziaria e contabile") si avvia un processo di trasformazione dell’Università che di fatto consiste nello smantellamento delle caratteristiche di "pubblica" e "gratuita". L’Università non è più un servizio sociale goduto da studenti e studentesse e può essere finanziata, nelle sue attività e nei propri istituti, anche con i "contributi" dei privati o con sponsorizzazioni. Da quelle due leggi in poi si sono susseguite una serie di normative di stampo privatistico e aziendalistico che hanno colpito indiscriminatamente il diritto allo studio; ultimo tassello di completamento della "Ruberti" è proprio la "bozza Martinotti".

Per "bozza Martinotti" si intende il rapporto finale del Gruppo di lavoro presieduto da Guido Martinotti, dell’Università di Milano, che il 3 ottobre 1997 ha reso noto il proprio elaborato su "Autonomia didattica e innovazione dei corsi di studio a livello universitario e post-universitario". La concezione antistudentesca e neoliberista della controriforma rappresenta, come vedremo, un colpo mortale alle conquiste avutasi nel ’68, nel’77 e nel ’90.

 

PUNTI FONDAMENTALI DELLA CONTRORIFORMA.

 

L’idea centrale della bozza è quella di far trovare concreta e più larga applicazione alla cosiddetta "autonomia" degli Atenei, già sancita da legge passate e resa ancora più concreta con la "Bassanini bis" (e cioè, della legge 127/97, l’art.17, comma 95 sui Diplomi universitari, delle Lauree e delle Scuole di Specializzazione, ribadito poi nei commi 113 e 114). Martinotti, nella Presentazione alla bozza, indica la necessità di delineare "i criteri minimi generali ai quali devono attenersi gli Atenei, liberi peraltro di estendere la propria azione al di là di questi confini e di fare tutto ciò che non è espressamente regolato". Ecco dunque definito il concetto di "autonomia": per renderla operativa è opportuno introdurre il cosiddetto principio di contrattualità, "cioè la trasformazione dell’attuale meccanismo di iscrizione in cui studentesse e studenti sono poco più che passivi soggetti di imposta, in un accordo trasparente mediante il quale entrambi i contraenti si obbligano a una serie di prestazioni in cui i contenuti in termini di obblighi e diritti sono trasparenti e verificabili da entrambe le parti". Per rendere tutto ciò operativo Martinotti e compari avanzano l’idea dell’introduzione dei crediti, per "sostituire progressivamente la rigidità dell’organizzazione per corsi semestrali o annuali e a sostenere la flessibilità educativa e didattica del modello illustrato al secondo punto"; e continuano affermando che "la crescente importanza dei corsi di specializzazione implica una maggiore iterazione tra università e ambiti istituzionali e/o professionali esterni (Scuola, Magistratura, Ordini Professionali dell’area giuridica, etc.), anche per quanto riguarda la mobilità delle risorse umane". E il Gruppo di lavoro sostanzialmente conclude che "l’autonomia e la flessibilità porteranno inevitabilmente a una differenziazione competitiva tra gli Atenei" , in considerazione del rapporto, tra gli altri, con il mondo delle imprese. Insomma un pseudo "miglioramento" figlio, come affermano Martinotti e soci di una "strategia a mosaico" espressa in un testo che fin dall’inizio - come affermò il Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" nel dibattito pubblico del 13 aprile dal titolo "Il futuro lavorativo dei laureati in Giurisprudenza" - "appare incomprensibile, a causa del suo linguaggio di tipo nozionistico, infarcito di frasi accattivanti e di alcune parole che ritornano in continuazione: "flessibilità", "competitività", "mobilità", "autonomia", "innovazione", "trasparenza". Si cerca di spacciare la controriforma con un positivo "cambiamento" che rovescerebbe il vecchio "approccio dall’alto" per istaurarne "uno maggiormente basato sulle iniziative dal "basso". Eppure, fin dalla trattazione della "Ruberti", dovrebbe apparire chiaro a chi legge questa "bozzaccia" che l’autonomia vuol dire né più né meno svendita dell’università ai privati anche perché, legandola sempre di più al "territorio" in nome del principio del federalismo in ogni settore e puntando alla cosiddetta "differenziazione competitiva" tra gli atenei, si finisce col "costringere" le singole università a cercarsi i finanziamenti dell’industria e delle aziende private: ecco spiegata la preoccupazione del Gruppo di Lavoro di ricercare un rapporto con il mondo delle imprese. Perciò affermiamo che la bozza si conforma perfettamente alle esigenze del marcato del lavoro, caratterizzato da una estrema parcellizzazione e precarietà delle figure professionali che fa dell’occupazione e delle mansioni fisse una pallida chimera. Quello che serve alle aziende (ne è un esempio le borse di lavoro o i lavori parasubordinati, sponsorizzati dall’Udu e da Tempi Moderni) è la piena disponibilità di soggetti pronti all’inserimento nell’organizzazione produttiva e all’aggiornamento continuo (o come precisa Martinotti, "long-life learning"). Con l’autonomia didattica gli atenei saranno "liberi" di vendersi al miglior offerente sul "mercato" e dovranno in cambio garantire adeguati servigi; e la filosofia di queste ultime parole Martinotti e compari la identificano nella frase: "è permesso tutto ciò che non è vietato" alle università "autonome".

 

I PRINCIPI ORGANIZZATIVI DELLA "BOZZA": LA NUOVA ORGANIZZAZIONE.

 

Come ha efficacemente spiegato l’ "Opuscolo informativo sulle controriforme universitarie dal 1989 al 1999", presentato dal Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" al dibattito pubblico del 13 aprile e redatto il 19 marzo 1999, "dall’anno 1999-2000, secondo le rigide direttive dell’Europa d Maastricht e al servizio del mercato del lavoro, entrerà in vigore la cosiddetta "autonomia didattica" che consiste nel rafforzamento della correlazione tra ricerca e didattica universitaria; riduzione della durata dei corsi; costante monitoraggio della qualità didattica; curricola che facilitano il costante adeguamento all’offerta formativa ai processi sociali ed economici; introduzione di un sistema generalizzato di criteri didattici. Due gli obiettivi della bozza: l’armonizzazione dei corsi di studio nel contesto europeo, così da avere riconoscimento internazionale dei titoli di studio e piena mobilità dei laureati in ambito comunitario. Con l’autonomia le sedi universitarie, come fossero aziende sul mercato, dovranno contendersi gli studenti in base alla qualità delle offerte formative: per essere competitivi gli atenei daranno il via libera ai contratti con i privati, non escluso il corpo docente, con la scusa del miglior funzionamento dei servizi e delle attività didattiche". Su questi "principi" inaccettabili la "riforma" non assegna alcun potere reale agli studenti e alle studentesse e quindi ne perpetua la subalternità alle gerarchie accademiche.

Alla base di tutto, afferma il Gruppo di Lavoro "vi è il principio di contrattualità che dovrebbe sostituire il rapporto quasi-fiscale della passiva "iscrizione" a una università. Nel momento in cui intraprende un corso di studio studentesse e studenti definiscono contrattualmente - cioè in base a un "accordo bilaterale con prestazioni corrispettive" - con il singolo Ateneo le condizioni di svolgimento degli studi". Con il "sistema dei crediti formativi" che rappresenta "non un puro e semplice cambio di etichetta, ma un principio estremamente importante" per la banda antistudentesca Martinotti, abbiamo la conferma che la controriforma si fonda su di una concezione meritocratica, selettiva, efficientista che tende a mantenere sotto velato ricatto il giovane se vuole ottenere la più alta valutazione oltre a quella che gli deriva dall’esito dei vari esami dati. Con la cosiddetta "laurea a punti" sarà soddisfatta la rivendicazione di aziende e imprenditori, tanto che Martinotti e soci fanno esplicito riferimento al famigerato "patto sociale" del ’96 concluso tra governi, aziende e sindacati. Lo studente si trasforma quindi in un quasi lavoratore, in un cliente-utente che deve usufruire dei servizi deve pagare un corrispettivo. La similitudine che potrebbe emergere ingannevolmente dalla bozza per la quale lo studente diventa un operaio è facilmente smentita dal fatto che nell’Università non vi sono nè rapporti di produzione né approccio con i mezzi di produzione come in fabbrica ma, la massimo produzione intellettuale, che è ben altra cosa. Con la "eliminazione dello status e della idea di studente "fuori corso", che va sostituita con diverse forma concordate e regolate di studentesse e studenti a tempo parziale" , la concezione della "pluralità delle offerte" espressa nella "bozzaccia" porta alla fine di una concezione di stabilità retributiva e apre un’autostrada alla precarietà e alla disoccupazione. Inoltre la "graduale sostituzione" del valore legale del titolo di studio, a vantaggio di "un sistema di certificazioni a posteriori o accreditamento basato su tre criteri, i cui requisiti comuni siano effettivamente minimi" prende pieno campo grazie all’introduzione delle Scuole di Specializzazione per l’insegnamento e per le professioni legali, numero chiuso e con unica sede regionale, che di fatto andranno a ridurre la possibilità di iscriversi a determinate facoltà e a sostituire i concorsi su scala nazionale a certe professioni. Stesse considerazioni vanno estese ai Diplomi universitari, lauree, scuole di specializzazione o dottorati; in aggiunta, "potranno essere previsti (...) il "certificato unitario di base" (cub) e "un livello post-diploma e post-laurea". I titoli di studio così ristrutturati, non faranno che certificare il marchio della "differenza competitiva" fra i vari atenei e le varie facoltà, e quindi tra studenti di serie A, B e C e così via, ampliando le discriminazioni tra i superselezionati destinati ai posti di comando del sistema attuale e i meno qualificati destinati ai "piani bassi" della scala sociale. E chi finanzia tutto questo? Ma gli studenti e le studentesse e le loro famiglie: "Si tratta di utilizzare anche in questo campo il principio di contrattualità, che deve informare i rapporti tra singolo ateneo e soggetti che concorrono al suo finanziamento" (!).

Con "Le principali linee di intervento. La proposta del Gruppo di Lavoro" si vanno a tracciare le linee (tecniche) di una possibile legge sulla "autonomia didattica". Da notare soltanto la concezione dei crediti che, secondo l’ETCS ("Euopean Credit Trasfer System"), "sono valori numerici (tra 1 e 60) associati alle unità di corso per descrivere il carico di lavoro richiesto a studentesse e studenti per completarle. Essi devono riflettere la quantità di lavoro totale che ciascuna unità di corso richiede in relazione alla quantità totale di lavoro necessaria nell’istituzione per completare un anno accademico di studio, comprese le lezioni, il lavoro sperimentale e pratico, i seminari, i tutorial, gli elaborati, i tirocini, gli stages, lo studio individuale, le tesi, gli esami e le altre attività di valutazione. I crediti in altre parole si basano totale degli studenti e non si limitano a valutare unicamente le ore di didattica impartita". E quando poi si va a trattare dei sistemi di crediti e formazione permanente, Martinotti paragona gli universitari a dei rincretiniti e rimbambiti affermando che "in ogni settore professionale il "capitale" di istruzione accumulato dal singolo durante il processo formativo, è un bene rapidamente deperibile con l’usura e il trascorrere del tempo. I crediti accumulati da un individuo e distinti a questo riguardo in crediti didattici e crediti formativi e/o professionali, potrebbero rappresentare una misura del capitale disponibile ad indicare, di volta in volta, gli aggiustamenti necessari". Dalla bozza, quindi, emergono dati ed elementi che, come affermò il Collettivo "Studenti di Giurisprudenza in Lotta" al dibattito pubblico del 13 aprile, "portano ad un progressivo svilimento della formazione e della didattica ed un impoverimento della preparazione culturale degli universitari".