LA COMUNITA' NEI SECOLI

(cenni storici di Eno Bellis *)

 

UNA COMUNITA’ ANTICA

Sono piuttosto scarse ed incomplete notizie che si è riusciti a rintracciare, nella assai scarsa bibliografia che Colfrancui offre al ricercatore.

E’ ancora il verbale della visita pastorale che ci illumina. E’ la visita del Vescovo Francesco Trevisano compiuta il 14 novembre 1474.

In essa la nostra Chiesa è denominata «Sancti Petri de Collefrancuyo...»  «...Presbyter Petrus rector dictae ecclesiae...»

Il che ci lascia un po’ interdetti con questa dedicazione a S. Pietro e ci fa sospettare che possa trattarsi della diruta chiesiola di S. Pietro Rotto che sorgeva all’estrema periferia di Oderzo, appunto verso Colfrancui e che era affidata ad un reverendo Pietro. E’ una supposizione che esprimiamo visto che questa è l’unica occasione in cui la Chiesa di Colfrancui viene indicata come dedicata a S. Pietro.

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  Una notizia che ci viene fornita senza altre indicazioni, risale egualmente all’anno 1474 e ci dice, parlando della Chiesa di Colfrancui: «ecclesia minatur et indiget reparatione et instauratione...», il che facilmente si traduce: la Chiesa minaccia rovina ed ha bisogno di riparazione e restauro.

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  Procedendo cronologicamente, troviamo in data 18 agosto 1492, nei rogiti del notaio trevigiano Hieronimo Sugana, il testamento di Nicola de Federici di Oderzo.

Ivi si legge in un lascito: «...Item reliquit quartus sex frumenti ex affictu...».

Il che, tralsciando il latino poco ortodosso di quest’atto, vediamo come il testatore membro della nobile famiglia opitergina dei Federici, lasciava sei quarte di frumento di una sua proprietà di «Colfranculi», distretto di Portus Buffoleti, da usarsi per l’olio di certe lampade nella Chiesa di tale frazione. Il fondo dei Federici di cui si tratta era lavorato da Baptistam q. Joannis Boni.

Per curiosità, aggiungiamo che Niccolò de Federici aveva avuto sei figli dalla legittima consorte, nobildonna Maria (non meglio nel testamento indicata) e che i figli di cui sopra erano: Marco Antonio, Jo. Francesco, Paulo, Vincenzo, Federico studente di diritto, Lodovico, dottore in legge.

E se si osserva la data di quest’atto, si vede come il nobile Federici, vicino al nobile passo, poco si preoccupava di Cristoforo Colombo e del suo avventuroso viaggio alla scoperta dell’America.

 

DAGLI ARCHIVI STORICI

  Siamo nel 1543 e, da una visita pastorale compiuta  a Oderzo, troviamo citata fra le cappelle dipendenti: «S. Jacobi de Colfrancui».

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  Nelle ‘condizioni dell’estimo’ di Treviso (1) troviamo citate le rendite del ‘Beneficio di S. Giacomo di Colfrancui’ e della ‘Giesia di S.M. del Pallù’.

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  Fra le anonime notizie forniteci dulla nostra Chiesa, leggiamo: «La Chiesa è di stile romanico. Costruita nel 1600?».

Il quale punto di domanda ci sembra quanto mai appropriato, viste le notizie precedentemente riportate. La notizia prosegue precisando: «Nel 1926, fu restaurata e ampliata su disegno dell’arch. prof. Luigi Candiani di Treviso».

  Nel 1713, nell’archivio del Duomo di Oderzo, si legge. «S. Giacomo di Colfrancui: da molto tempo separato (da Oderzo) avendo i Sacramenti, Cimitero e Cappellano stipendiato...».

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  Nel 1732, nella relazione della Visita Pastorale del Vescovo Benedetto De Luca, si riferisce: «Nelle Ville sono citati fra gli Oratori: S. Giacomo di Colfrancui e, a Campagnola, l’Oratorio Dei Federici dedicato a S. Antonio».

Aggiungeremo che, da sempre, l’Oratorio di S. Antonio dipendeva appunto dalla Chiesa di Colfrancui.

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  Dai ‘Diari’ di don Giacomo Perrucchini, Cappellano nella Chiesa di S. Giuseppe di Oderzo: «Don Giacomo dà mano a rinnovare il Presepio e domanda consiglio al celebre Archietetto G. Segusini venuto a Oderzo per i restuari del Duomo..., vende la pila dell’acqua santa con piedistallo alla Chiesa di Colfrancui».

La data è del 1847.

 

(1) Archivio di Stato di Treviso

   

Ma la pila era stata venduta già prima. Sotto la data del 1840, nel Libro di Amministrazione dello stesso Oratorio di S. Giuseppe, si trova scritto: «Scosse dal Fabricer Buso da Colfrancui al quale ho venduto la Pila col suo Piedistallo, che si trovava nell’Oratorio, Austriache Lire 14».

 

1870

Si restaura l’arcata del Presbiterio della Chiesa.

La Fabbriceria, essendo al verde, si fa anticipare dal Comune di Oderzo la somma occorrente, cioè ben lire 200, che dovranno essere restituite in 10 anni.

Ma è una restituzione che si dimostrerà di assai difficile realizzazione.

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 Finiamo questa parte con un estratto della relazione della Visita Pastorale del 25 febbraio 1962. E’ Parroco don Aldo Rojer.

 «Lo stato della Chiesa è discreto e dignitoso, non si impongono lavori di una certa mole. La prima spesa notevole sarà per l’organo. In questi due anni di Parrocato ho dato una tinta intonata e ben riuscita alla Chiesa, fatto l’impianto elettrico, comperati a Murano nuovi lampadari, tolta l’orchestra sovrastante la porta maggiore, costruita una scaletta esterna per l’accesso alla cella campanaria. Spesa complessiva: 570 mila lire. Tutto è stato pagato».

  

FRAMMENTI DI STORIA

 Colfrancui fu certo una viva e ricca periferia della romana città di Opitergio.

I ritrovamenti archeologici risalenti a quel periodo e al precedente paleoveneto sono stati frequenti, anche se di pochi ci sono giunte notizie precise.

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  Nel 1883, in località Campagnola (forse oggi conosciuta come stradone di S. Antonio), fu rinvenuto un frammento epigrafico (di metri 0,17 x 0,28), ove si legge in caratteri della fine della Repubblica: ATIUS MV - ETR0NIU - NIUS.

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  Ci sarebbe anche da parlare della famosa ‘mutera’, una non piccola mota di terreno più volte esplorata, anche se non a fondo.

I reperti più antichi recuperati in quelle occasioni ci parlano di civiltà paleoveneta che fanno supporre in loco l’esistenza di un Santuario, ove certamente ci si dedicava allo studio del tempo e delle stagioni.

Nelle vecchie mappe, la località è indicata come «Le Mutere», il che fa facilmente supporre che di quelle collinette ne esistessero più di una.

Anche qui, la passione per distruggere quel che non si riesce a capire ha avuto la meglio.

E’ dei giorni nostri la scoperta di antiche palafitte, di un probabile ponte di legno, di una metropoli di epoca meno arcaica: il tutto in prossimità della Mutera.

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  Si può accennare anche ad una notizia apparsa su ‘Notizie di scavi’ verso la fine del 1800, in cui si informava del ritrovamento di un «tesoretto» di circa 80 monete d’argento romane fra cui diverse di rare e rarissime.

Il tesoretto passò al museo di Oderzo e da qui, complice l’invasione austro-ungarica di Caporetto (1917-18) e non solo a suo carico, la raccolta sparì completamente.

Non ne rimane che il ricordo.

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MONS. LUCIANI PARLA DI NOI

  Nell’archivio parrocchiale, troviamo questo ritaglio ‘storico’ del Bollettino. Lo proponiamo così come l’abbiamo trovato, lasciando al lettore la cernita del vero dalle incongruenze.

 

Storia di Colfrancui

  Nei numeri passati del Bollettino parrocchiale si è parlato della vita organizzata della Parrocchia fin dal 1785 ed era stato promesso di indagare sugli anni precedenti. Ora si è venuti a conoscenza dell’esistenza di un centro religioso a Colfrancui nel 963, quindi oltre mille anni fa, chiamato «Cappelle Curtis Franconis», parola latina di Colfrancui.

Questa notizia è stata rilevata in seguito al discorso fatto dal nostro Vescovo nella festa di San Tiziano, Patrono della Diocesi, di questo anno.

Da notare che Colfrancui è sempre stata una porzione di Oderzo e quindi fa parte della sua storia. Il Vescovo parla che Oderzo, culla della Diocesi, insieme ad altre terre, è stata donata nel 963dall’imperatore Ottone I a Giovanni II, vescovo di Belluno. Il diploma imperiale porta la data del 10 settembre 963 ed è datato da Montefeltro, dove Ottone stava assediando nella Rocca di San Leo, Berengario II d’Ivrea. Papa Lucio III nella Bolla «Quoties a nobis petitur» del 18 ottobre 1185 conferma i diritti del Vescovo di Belluno, Gerardo De Taccoli, donando il «Castello di Oderzo con la corte, le ville e le sue campagne... il diritto di ordinazioni in plebe S. Joannis de Opitergio et Cappelle Curtis Franconis».

Come si comprende, non si parla di cappella ma di cappelle di Curtis Franconis. Quindi Colfrancui, fin dal 963,  aveva più chiese che non dipendevano da Oderzo.

Sarà interessante, appena possibile, fare indagini negli archivi per fare una vera storia di Colfrancui.

 

ALTRE NOTIZIE ALLA RINFUSA

  1677

Gli uomini dei Comuni di Colfrancui, Fraine, Campagnola e Saccon di Molin chiedono l’erezione in parrocchiale della Chiesa di S. Giacomo di Colfrancui, con obbligatione della responsione delle minelle giusto il pratticato et consistono in formenti e vino senza pregiudizio deglli ordinarj quartesi fin d’ora corrisposti a Oderzo e Lutrano.

L’assemblea nomina deputati a presentare la petizione, Domenico Grando e Bortolo Nadaletto (1)

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  1692

Da una relazione del decano del Duomo di Oderzo, Pasquale Padovani.

  «Chiesa S. Giacomo di Colfrancui, il Commun della quale à tempo immemorabile si elegge il Curato che nei tempi andati è stato sempre movibile, me il moderno è stato stabilito in vita, con Bolle cavate a Ceneda, e questo viene mantenuto dal Commun, che li contribuisce Biada e Vino, un tanto per casa, e questa Chiesa mantiene Tabernacolo e Fonte battesimale e la Cura d’Anime è indipendente dalla Collegiata il cui Curato al presente è Don Domenico Dario, che regge con buon frutto delle Anime.

Il Chiericato ha circa 9 campi ed è possesso al presente del R. et Ecc. Don Antonio Sellari da Montagnana; Chiericato tenute da qual cava solamente 30 ducati in circa e paga decime e sussidio...».

  La notizia che segue non ci porta alcun nuovo lume, ma è ufficiale e perciò la includiamo volentieri (1).

   

NOTA STORICA

Fin dall’inizio, fu cappella dipendente dalla Pieve di Oderzo.

La cura d’anime è antica: infatti è nominata nella bolla di Papa Lucio III «Quoties a nobis petitur» del 18 ottobre 1185. Di Colfrancui  si parla anche negli atti della visita pastorale del Vescovo Nicolò Nicolò Trevisan del 1474. La Chiesa, molto vecchia, in origine era a una sola navata: fu ampliata e restaurata nel 1926 su disegno dell’arch. Candiani di Treviso. Nonostante le ripetute istanze, nei secoli passati, da parte dei fedeli per ottenre l’erezione della Parrocchia, questa fu istituita soltanto il 20 dicembre 1947 dal Vescovo G. Zaffonato. In quest’occasione fu annesso a Colfrancui una parte del territorio di Lutrano.

 

IL CLERO

Si ebbe già occasione, qua e là, di nominare alcuni Pastori che governarono la Chiesa di Colfrancui.

Qui segnaliamo ancora qualche altro di questi Ecclesiastici, spiacenti di non essere in grado di fornire un elenco completo.

(1) Cfr. E. Bellis: note dai libri capitolari di San Giovanni Battista di Oderzo.

 

Il primo nome che ci capita a proposito lo ricaviamo da antichi documenti del Priorato di S. Martino di Oderzo. E’ del 1331 e cita: «Marco di Camino: rettore di S. Jacopo di Confranculo».

Facciamo un discreto salto e giungiamo al 1643 per citare un altro religioso che però non fa parte del Clero di S. Giacomo. Lo citiamo per curiosità e come indice della religiosità di quella popolazione.

Dunque, nel 1643 (8 novembre)«entra nella Congregazione dei Cappuccini di Oderzo e ivi diviene sacerdote il Padre Isidoro di Colfrancui. Morirà a Treviso nel 1682 (2)».

Nel 1662, è, invece, Rettore a S. Giacomo di Colfrancui il M. R. Nicolò Pilonetti.

 

(1) Bollettino Ecclesiastico - Stato personale - 1970.

(2) Dal Necrologo dei Frati Minori Cappuccini.

 

Fra il Clero nominato in occasione della Visita Pastorale del 4 giugno 1713, troviamo, non meglio identificati:

Lorenzo Comin - sta a Colfrancui in Ca’ Gradenigo

Giulio Bernardi - Cappellano a Colfrancui.

  In una nota dei «Beneficiati mancanti al presente de’ possessi temporali» inviata a Venezia nel 1724, dal Podestà di Oderzo Marin Zorzi, troviamo citato: «Don Stefano Chiarini - Chiericato di S. Giacomo di Colfrancui».

  Nel 1739, il 25 agosto, muore Don Giacomo Sarcinelli, Cappellano di Colfrancui.

Il 5 settembre seguente viene eletto in sua sostituzione, Don Francesco Paolini, Cappellano di S. Polo (1).

  Nel 1785, Don Domenico Matteis, Curato di Colfrancui, è nominato a Codognè. Viene eletto Don Pompeo Ceccato, Mansionario della Collegiata di Oderzo (2).

  Nel 1821: Visita Pastorale (8 luglio) del Vescovo Gian Benedetto Falier - Camaldolese : è ancora citato come Curato Don Pompeo Checcato.

  1831: Visita Pastorale  (18 giugno) del Vescovo Bernardo Antonio Squarcina: è Curato Don Francesco Carnielli.

Ma nell’Almanacco Trevigiano uscito nello stesso anno si legge: «Colfrancui Curazia vacante».

Cosa era successo a Don Carnielli? Forse la notizia era precedente al suo ingresso. Tanto è vero che, successivamente, nel 1832, lo stesso Vescovo ci informa che è Curato a Colfrancui sempre lo stesso Don Carnielli. E così per gli anni 1833 e 1834.

  Da una relazione del Decano di Oderzo, sappiamo che, fino al 1839, era Curato a Colfrancui Don Francesco Rasador. In quell’anno si dice che Don Francesco era appena partito da quella sede.

  Nel 1848, troviamo invece Curato a Colfrancui, Don Antonio Garbelotto (3)

   

QUALCHE CENNO DI TOPONOMASTICA

  Il nome: secondo l’Olivieri, il nome di Colfrancui, deriva dal nome di persona germanica Franc.

  L’Autore cita il Curtis Franconis del 1185 e il Col Francuii del 1500 (4).

Nel 1622, fra i documenti di una lite del Parroco Don Pietro Viano contro un colono, Bortholoo Gaiotto, sfrattato dal campo del ‘Cortelin’, troviamo citato «Colle Francuis», giudice Giacomo Allegri e Andrea Antineri (5).

 

 

(1) E. Bellis: note dai libri capitolari di S. Giovanni Battista di Oderzo

(2) E. Bellis ibidem

(3) Almanacco Diocesano

(4) Dante Olivieri: Toponomastica Veneta

(5) Archivio parrocchiale Duomo di Oderzo

 

Il termine ‘Corte’ era usato per «dinotare un aggragato di poderi costituenti una villa con Chiesa propria»  (1).

  In un documento dei primi del 1800 (2), si legge:

«Comunello di Fraine, Parrocchia di Colfrancui, Comune di Camino, Cantone di Oderzo».

Nel 1673, la località era ancora sotto Portobuffolè.

Sempre sul nome di Colfrancui:

  1185: Curtis Franconis

1295: Còfracoi (3)

1337: Colfrancudo

1474: Collefrancuyo

1500: Col Francudo (4) da Francòni poi Francoi, quindi Francui

1543: S. Jacobi di Colfrancuii.

  1549

Contratto pergamenico di compravendita fra Hieronimo Amalteo e Taddeo Gradenigo:

«Il magnifico Taddeo Gradenigo abitante a Colfrancui acquista da Hieronimo Amalteo (medico, primo dei famosi fratelli Amalteo n.d.r.) 19 campi a Fossadelle ‘Loco dictor alla Bedoya a pra del bressan e 50 campi positis in villa Colis Franculeis agris Portus Buffoletis...».

Il tutto per il prezzo di 1800 ducati.

Fra i testi citati appare Battista Pascon.

 

Qualche località indicata nei vecchi testi:

secolo XVI: La Lia, Fontane del marescalco, la Franca, le Mar, le Fornase.

secolo XVII. Castelli sive Rive (5)

 

  ONOMASTICA

 

1337

«Benvenutum dictum Tonsum qui fuit de Colfrancudo (6)

  Fine 1600 o primi 1700 (dalla Colta Ducal a Portobuffolè) (7)

Fraine: Silvestrin, Sartor, Ortolan, Modonese, Bob, Casonato, Uso, Frechonese, ecc.

Colfrancui: Carniel, da Bara, Fasiol, Donadi, Tomasi, Franco, Ernesto, Gobbo, Cimetta, Pascon, Tamai, Ines, NN. HH. Gradenighi, Fabris, Momesso, Paludetto, Perissinotto, Martin, Marioto, Moro, Zemolo, Nadaletto, N.D. Contarina Contarini, Fregonese...

   

(1) Muratori

(2) Archivio Parrocchiale Duomo di Oderzo

(3) Documento del Priorato di S. Martino di Oderzo

(4) Dal Picotti, prof. A. Zamboni: Origini del Cristianesimo

(5) Da un atto del notaio Broccardo Lucheschi

(6) G.B. Verci - Storia della Marca Trevigiana - documenti

(7) Archivio Comunale di Portobuffolè: la colta ducal era la principale imposta della Repubblica Veneta

 

Dalle pergamene della Scuola di S. M. dei Battuti di Treviso (regesti di Francesco Pace):

 

1342

31 agosto (13/10 la Scuola dei Battuti loca per 5 anni a Giacomo da Saletto del fu Ongramo da Colfrancudo 25 ettari di terreno in più parti con casa in Saletto di Negrisia.

 

1430

Nominato Tolberto Ongrame da Colfrancui.

 

1546

Dalle condizioni dell’estimo di Treviso, troviamo:

«Beneficio di S. Giacono di Colfrancui ‘Giesia di S. M. del Pallù» e, fra i possidenti privati:

«Stephano del Corno, Alvise Sartor d. Civiero, Paris Parise, Bortholo Salvin, Madonna Laura, Alvise Thedesco, Madonna Marietta Mutona da Treviso, Zuan Fedrigo de Fedricis, Zorzi Utiner Thodesco da Venezia, Francesco Zappasordo, Piero Corner  q. Filippo Gasparo Belloni da Oderzo, Thomaso e Hieronimo fratelli Melchiori».

Erano tutti proprietari residenti in gran parte a Oderzo e altrove.

 

Dagli atti del notaio Nicolò Lucheschi di Oderzo:

1625

«Pellegrina di Ant. Superchi ux a Steffano Renaldi vende terra a Girolamo Bisson scorzari a Oderzo, sita a Roncadizzo di Colfrancui»

1628 ibidem

Citato un «Paulo Depentor di Colfrancui»

1628 (mercore 15 novembre)

«Bortolo q. Andrea Gaiotto di Colfrancui vende terra al M. Rev. Leonardo Doneletti (confessore dalle Monache di S. M. Maddalena) a Colfrancui loco detta area ‘Fossa dei talponi’».

Dagli atti del notaio Brocardo Lucheschi:

1635

«Gio Alvise Salamon di Gio Alvise vende terra a Colfrancui a Domenico Moschin dal Tempio, loco detto ‘alli Casali’ confine da due strada comune - cimitero di S. Giacomo di Colfrancui. Cortivo del Rev. Curato di detta villa».

1638

«Ascanio Renaldi di Stefano vende a Alvise Melchiori q. Alvise, suo suocero, terra a Colfrancui loco detto Navisego».

 

 

AUTORITA’

  Togliamo dall’estimo del secolo xvi, che abbiamo già citato, i soli nomi di autorità che siamo riusciti a trovare per Colfrancui. Ecco, allora, citati sotto Portobuffolè alcuni nominativi. Siamo nel 1547.

Il Mariga era una specie di Sindaco di un colmello, che rispondeva davanti al Podestà di Portobuffolè di quanto succedeva nel suo territorio.

Mariga, dunque, di Colfrancui era in quell’anno Jacometo Posseja. Nel suo ufficio era coadiuvato da alcuni consiglieri, allora chiamati ‘H. J.’, vale a dire uomini giurati che avevano principalmente la funzione di garanti.

Ecco i nomi: Lunardo Petrus, Battista Gaiotto, Maria Berti, Ceco de Domenico Zulian, Menego Marin, Bernardo de San Giacomo dei Berti.

Vogliamo citare fra le autorità anche le levatrici? Ebbene, nel 1732, figura come ‘comare’ di Colfrancui Agnese Donati.

 

ALTRE NOTIZIE SULLA CHIESA

 

1847

Don Giacono dà mano a rimuovere il Presepio di S. Giuseppe e domanda consiglio al celebre G. Segusini, venuto a Oderzo per i restauri del Duomo.

 

 

SULLA PARROCCHIA

 

La Parrocchia di Lutrano comprendeva anche una parte di territorio che si estendeva oltre il fiume Lia, presso la Chiesa Curata di Colfrancui, detta Saccon di Lia e Saccon di Molin (410 abitanti nel 1906) affidata di fatto al Curato di Colfrancui, per comodità della gente; in realtà dipendente da Lutrano per i matrimoni e il quartese.

 

Il 20 dicembre 1947, la Curazia di Colfrancui viene eretta in Parrocchia, e poco tempo prima, il 15 ottobre, erano stati regolati i confini fra Lutrano e Colfrancui.

Le famiglie Marson, Coledan, Tomasella e De Lazzari, su loro istanza, erano stati aggregati a Colfrancui. Il nuovo confine era stato stabilito lungo il fosso Taiada inferiore, per un tratto, e Taiada superiore, per il resto (1)

 

«Nulla si conosce quanto all’origine della Curazia e dell’erezione della Chiesa, se non la citazione nella Bolla di papa Lucio III nel 1185. Di valore è il quadro raprresentante S. Francesco, del Colombo di Venezia. Non senza merito sono due busti in marmo (il Redentore e la Madonna). Altri quadri sono: S. Giacomo del De Lorenzi ed un quadro della Madonna di Paoletti pure di Scuola Veneziana.

Curato: Don Emilio Girelli, nato a Bussolengo (Verona) il 3 febbraio 1873 insediato nel 1907. Oratorio pubblico: S. Antonio, proprietario Berti.

Sodalizio: Confraternita del SS., eretta nel 1877 (2)

 

L’affresco del soffitto dell’altare della Madonna è opera di Duilio Corompai di Venezia, donato dai Signori Nobb. Galvagna.

 

 

Ancora sulle spese pubbliche della Chiesa:

«Le sarei grato s’Ella mi potesse fare eseguire a mie spese, da un fotografo, la riproduzione fotografica (in due copie 18 x 24) del quadro riproducente S. Giacomo Apostolo, posto nella Sua Chiesa ad opera del pittore De Lorenzi Paolo.

 

 

POPOLAZIONE

 

 

Qualche cenno sull’argomento popolazione si è già fatto qua e là. Ora diamo qualche altro dato:

1739   abitanti di Comunione          270

            fanciulli e fanciulle             190

                                                  460 

 

1864    abitanti                              643

1914     anime                             1164

1915      anime                            1000

   

APPENDICE

 

Da una relazione citata 1770 e conservata nell’archivio del Duomo di Oderzo:
«C’è la Chiesa con Venerabile (Santissimo Sacramento) et usu oliorum sacramentorum, soggetta a questa Collegiata col titolo di S. Giacomo di Colfrancui, dove assiste il Signor D. Francesco Concini, Cappellano Curato».

 

1819

Si lavora per restauri al Ponte sul Lia

1870

Antonio Tomasin ottiene la licenza di aprire una privativa a Colfrancui. E’ forse la prima?

 

E con questa notizia, che profuma di sigari Virginia alla paglia e di buon tabacco Macedonia, chiudiamo la nostra assai breve e forse anche poco fruttuosa ricerca sulla Chiesa di Colfrancui.

Colfrancui, oggi, è un piccolo ma graziosissimo centro con una popolazione onesta e laboriosa, con associazioni sportive notissime ormai e che hanno diffuso col loro agire il nome amato di Colfrancui.

Con una Chiesa che racchiude secoli e secoli di storia e questo ne fa un centro di cultura romana che oggi aspira dovutamente a far ritornare la propria casa di Dio, degna delle sue origini e dell’amore che ancor oggi diffonde fra la sua popolazione.

 

(1) Dalle relazioni di mons.  A.  Maschietto

(2) Dallo stato personale della Diocesi di Ceneda, 1915

 

 

 

* Eno Bellis, il gigante mite

        

 

 

Oderzo è la capitale di uno Stato Orientale, che non esiste sulla carta geografica. Capitale avita della diocesi, resa eccellente dal vescovo Tiziano (610-632 circa), nato ad Eraclea. Più avanti nel tempo, Ceneda è succeduta a Oderzo come sede vescovile, che ora si chiama di Vittorio Veneto. In epoca romana c’era la mitica Opitergium, città opulenta e strategica, seconda – nel Nord Est – soltanto ad Aquileia, che venne rasa al suolo da Attila, re degli Unni.

Oderzo è da sempre la prima città dell’Agro Opitergino, città pulsante e contadina, i portici veneziani, il Duomo maestoso e gentile, il Museo Civico con i tanti reperti archeologici.

E’ il profilo che Ferruccio Mazzariol, scrittore, saggista, poeta ed editore nato a Ponte di Piave nel 1939, dedica alla nostra città.

Dal ‘Paese dei Gelsi’, giunto all’ottava edizione riveduta ed ampliata (appena stampata dall’editrice Santi Quaranta di Treviso), proponiamo la figura di un amico caro al Dialogo, Eno Bellis che fu, con mons. Paride Artico e Bepi Vizzotto, uno dei fondatori della testata.

***

Fondamentalmente placida, ma con una sua radice asprigna e corazzata, Oderzo attende che la storia passi più avanti.

L’ha ‘cantata’, schiettamente, uno storico amabile e a me carissimo: Eno Bellis, che negli anni cinquanta veniva al boteghin come rappresentante della ditta “Bianchi” di Oderzo per venderci quaderni, stilografiche, pennini, matite, e naturalmente bellissimi album da disegno.

Il signor Eno, alto, gigantesco, pacifico, i baffoni alla Giovannino Guareschi, ma non così ispidi, bensì distinti e curati, giungeva da noi in Graseghella su una Topolino bianca.

Parlava un veneto splendido, dove si sentiva le acque gentili delle sorgive, la luce dei pittori vedutisti veneziani, lo scroscio attenuato del Montegan, le sfumature della tolleranza veneta e della carità cristiana. Metteva subito rispetto, ma non incuteva soggezione. Si avvertiva che era di una pasta buona, anzi buonissima: si sedeva maestoso, senza irrompere; anzi con il suo tratto gentile metteva a proprio agio e poi cominciava a raccontare di Oderzo-Opitergium, dimenticando i quaderni e le penne.

Lo ascoltavamo silenziosi, io in ginocchio sulla carega di legno per vederlo meglio, Maria Teresa a bocca spalancata, Bernardina con lo sguardo incantato, picolissima. Papà Virgilio interloquiva raramente, animandosi a qualche ricordo; seguiva, spesso in silenzio da discepolo a maestro, nonostante fosse più anziano.

Qualche anno dopo Eno Bellis abbandonò il mestiere di rappresentante e si diede totalmente alle sue ricerche, sorretto dalla devozione di una moglie impareggiabile. E non lo vedemmo più al boteghin, ma io lo vedevo, quando andavo alla biblioteca civica di Treviso, scartabellare libri e libroni e riempire minuziosamente schede e schedine.

Egli ha scritto, su Oderzo, una storia minuetto, ma a suo modo colossale; una storia a stralci e soprassalti, a soffietto. Bella, anzi bellissima, vitale e simpatica, con continui ritorni e digressioni, in cui gli storici di alto coturno (e di poca umanità) disdegnano rispecchiarsi. E io tengo, come un tesoro, i libri che mi volle regalare con dediche ariose dalla scrittura nitida ed ampia.

Oderzo, la nostra grande e magnifica città, con l’Arcangelo che nelle notti di luna svolge ad Oriente dall’altra cuspide del campanile per parlare agli sloveni, ai croati e agli istriani, ha avuto il suo storico mite e dolcissimo; egli l’ha ritratta, la nostra capitale, come un pittore impressionisti e cromatico.

Mi piacerebbe che gli si dedicasse una statua, là vicino al Toresin, o nella Piazza Grande; con questo nome l’ha voluta ribattezzare alcuni anni fa l’allora sindaco di Oderzo Giuseppe Covre, ‘sfrattando’ Vittorio Emanuele II cui la piazza era dedicata fin dal 1867.