LA COMUNITA' NEI SECOLI
(cenni storici di Eno Bellis *)
UNA
COMUNITA’ ANTICA
Sono piuttosto scarse ed incomplete notizie che si è riusciti a rintracciare, nella assai scarsa bibliografia che Colfrancui offre al ricercatore.
E’ ancora il verbale della visita pastorale che ci illumina. E’ la visita del Vescovo Francesco Trevisano compiuta il 14 novembre 1474.
In
essa la nostra Chiesa è denominata «Sancti Petri de Collefrancuyo...»
«...Presbyter Petrus
rector dictae ecclesiae...»
Il che ci lascia un po’ interdetti con questa dedicazione a S. Pietro e ci fa sospettare che possa trattarsi della diruta chiesiola di S. Pietro Rotto che sorgeva all’estrema periferia di Oderzo, appunto verso Colfrancui e che era affidata ad un reverendo Pietro. E’ una supposizione che esprimiamo visto che questa è l’unica occasione in cui la Chiesa di Colfrancui viene indicata come dedicata a S. Pietro.
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Ivi si legge in un lascito: «...Item reliquit quartus sex frumenti ex affictu...».
Il che, tralsciando il latino poco ortodosso di quest’atto, vediamo come il testatore membro della nobile famiglia opitergina dei Federici, lasciava sei quarte di frumento di una sua proprietà di «Colfranculi», distretto di Portus Buffoleti, da usarsi per l’olio di certe lampade nella Chiesa di tale frazione. Il fondo dei Federici di cui si tratta era lavorato da Baptistam q. Joannis Boni.
Per curiosità, aggiungiamo che Niccolò de Federici aveva avuto sei figli dalla legittima consorte, nobildonna Maria (non meglio nel testamento indicata) e che i figli di cui sopra erano: Marco Antonio, Jo. Francesco, Paulo, Vincenzo, Federico studente di diritto, Lodovico, dottore in legge.
E se si osserva la data di quest’atto, si vede come il nobile Federici, vicino al nobile passo, poco si preoccupava di Cristoforo Colombo e del suo avventuroso viaggio alla scoperta dell’America.
DAGLI ARCHIVI STORICI
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Il quale punto di domanda ci sembra quanto mai appropriato, viste le notizie precedentemente riportate. La notizia prosegue precisando: «Nel 1926, fu restaurata e ampliata su disegno dell’arch. prof. Luigi Candiani di Treviso».
Aggiungeremo che, da sempre, l’Oratorio di S. Antonio dipendeva appunto dalla Chiesa di Colfrancui.
La data è del 1847.
(1) Archivio di Stato di Treviso
Ma la pila era stata venduta già prima. Sotto la data del 1840, nel Libro di Amministrazione dello stesso Oratorio di S. Giuseppe, si trova scritto: «Scosse dal Fabricer Buso da Colfrancui al quale ho venduto la Pila col suo Piedistallo, che si trovava nell’Oratorio, Austriache Lire 14».
1870
Si restaura l’arcata del Presbiterio della Chiesa.
La Fabbriceria, essendo al verde, si fa anticipare dal Comune di Oderzo la somma occorrente, cioè ben lire 200, che dovranno essere restituite in 10 anni.
Ma è una restituzione che si dimostrerà di assai difficile realizzazione.
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Finiamo questa parte con un estratto della relazione della Visita Pastorale del 25 febbraio 1962. E’ Parroco don Aldo Rojer.
«Lo stato della Chiesa è discreto e dignitoso, non si impongono lavori di una certa mole. La prima spesa notevole sarà per l’organo. In questi due anni di Parrocato ho dato una tinta intonata e ben riuscita alla Chiesa, fatto l’impianto elettrico, comperati a Murano nuovi lampadari, tolta l’orchestra sovrastante la porta maggiore, costruita una scaletta esterna per l’accesso alla cella campanaria. Spesa complessiva: 570 mila lire. Tutto è stato pagato».
FRAMMENTI
DI STORIA
Colfrancui fu certo una viva e ricca periferia della romana città di Opitergio.
I ritrovamenti archeologici risalenti a quel periodo e al precedente paleoveneto sono stati frequenti, anche se di pochi ci sono giunte notizie precise.
I reperti più antichi recuperati in quelle occasioni ci parlano di civiltà paleoveneta che fanno supporre in loco l’esistenza di un Santuario, ove certamente ci si dedicava allo studio del tempo e delle stagioni.
Nelle vecchie mappe, la località è indicata come «Le Mutere», il che fa facilmente supporre che di quelle collinette ne esistessero più di una.
Anche qui, la passione per distruggere quel che non si riesce a capire ha avuto la meglio.
E’ dei giorni nostri la scoperta di antiche palafitte, di un probabile ponte di legno, di una metropoli di epoca meno arcaica: il tutto in prossimità della Mutera.
Il tesoretto passò al museo di Oderzo e da qui, complice l’invasione austro-ungarica di Caporetto (1917-18) e non solo a suo carico, la raccolta sparì completamente.
Non ne rimane che il ricordo.
MONS. LUCIANI PARLA DI NOI
Storia
di Colfrancui
Questa
notizia è stata rilevata in seguito al discorso fatto dal nostro Vescovo nella
festa di San Tiziano, Patrono della Diocesi, di questo anno.
Da
notare che Colfrancui è sempre stata una porzione di Oderzo e quindi fa parte
della sua storia. Il Vescovo parla che Oderzo, culla della Diocesi, insieme ad
altre terre, è stata donata nel 963dall’imperatore Ottone I a Giovanni II,
vescovo di Belluno. Il diploma imperiale porta la data del 10 settembre 963 ed
è datato da Montefeltro, dove Ottone stava assediando nella Rocca di San Leo,
Berengario II d’Ivrea. Papa Lucio III nella Bolla «Quoties a nobis petitur»
del 18 ottobre 1185 conferma i diritti del Vescovo di Belluno, Gerardo De
Taccoli, donando il «Castello di Oderzo con la corte, le ville e le sue
campagne... il diritto di ordinazioni in plebe S. Joannis de Opitergio et
Cappelle Curtis Franconis».
Come
si comprende, non si parla di cappella ma di cappelle di Curtis Franconis.
Quindi Colfrancui, fin dal 963, aveva
più chiese che non dipendevano da Oderzo.
Sarà
interessante, appena possibile, fare indagini negli archivi per fare una vera
storia di Colfrancui.
ALTRE NOTIZIE ALLA RINFUSA
Gli uomini dei Comuni di Colfrancui, Fraine, Campagnola e Saccon di Molin chiedono l’erezione in parrocchiale della Chiesa di S. Giacomo di Colfrancui, con obbligatione della responsione delle minelle giusto il pratticato et consistono in formenti e vino senza pregiudizio deglli ordinarj quartesi fin d’ora corrisposti a Oderzo e Lutrano.
L’assemblea nomina deputati a presentare la petizione, Domenico Grando e Bortolo Nadaletto (1)
Da una relazione del decano del Duomo di Oderzo, Pasquale Padovani.
Il
Chiericato ha circa 9 campi ed è possesso al presente del R. et Ecc. Don
Antonio Sellari da Montagnana; Chiericato tenute da qual cava solamente 30
ducati in circa e paga decime e sussidio...».
NOTA STORICA
Fin dall’inizio, fu cappella dipendente dalla Pieve di Oderzo.
La cura d’anime è antica: infatti è nominata nella bolla di Papa Lucio III «Quoties a nobis petitur» del 18 ottobre 1185. Di Colfrancui si parla anche negli atti della visita pastorale del Vescovo Nicolò Nicolò Trevisan del 1474. La Chiesa, molto vecchia, in origine era a una sola navata: fu ampliata e restaurata nel 1926 su disegno dell’arch. Candiani di Treviso. Nonostante le ripetute istanze, nei secoli passati, da parte dei fedeli per ottenre l’erezione della Parrocchia, questa fu istituita soltanto il 20 dicembre 1947 dal Vescovo G. Zaffonato. In quest’occasione fu annesso a Colfrancui una parte del territorio di Lutrano.
IL CLERO
Si ebbe già occasione, qua e là, di nominare alcuni Pastori che governarono la Chiesa di Colfrancui.
Qui segnaliamo ancora qualche altro di questi Ecclesiastici, spiacenti di non essere in grado di fornire un elenco completo.
(1) Cfr. E. Bellis: note dai libri capitolari di San Giovanni Battista di Oderzo.
Il primo nome che ci capita a proposito lo ricaviamo da antichi documenti del Priorato di S. Martino di Oderzo. E’ del 1331 e cita: «Marco di Camino: rettore di S. Jacopo di Confranculo».
Facciamo un discreto salto e giungiamo al 1643 per citare un altro religioso che però non fa parte del Clero di S. Giacomo. Lo citiamo per curiosità e come indice della religiosità di quella popolazione.
Dunque, nel 1643 (8 novembre)«entra nella Congregazione dei Cappuccini di Oderzo e ivi diviene sacerdote il Padre Isidoro di Colfrancui. Morirà a Treviso nel 1682 (2)».
Nel 1662, è, invece, Rettore a S. Giacomo di Colfrancui il M. R. Nicolò Pilonetti.
(1)
Bollettino Ecclesiastico - Stato personale - 1970.
(2) Dal Necrologo dei Frati Minori Cappuccini.
Fra il Clero nominato in occasione della Visita Pastorale del 4 giugno 1713, troviamo, non meglio identificati:
Lorenzo Comin - sta a Colfrancui in Ca’ Gradenigo
Giulio Bernardi - Cappellano a Colfrancui.
Il 5 settembre seguente viene eletto in sua sostituzione, Don Francesco Paolini, Cappellano di S. Polo (1).
Ma nell’Almanacco Trevigiano uscito nello stesso anno si legge: «Colfrancui Curazia vacante».
Cosa era successo a Don Carnielli? Forse la notizia era precedente al suo ingresso. Tanto è vero che, successivamente, nel 1832, lo stesso Vescovo ci informa che è Curato a Colfrancui sempre lo stesso Don Carnielli. E così per gli anni 1833 e 1834.
QUALCHE
CENNO DI TOPONOMASTICA
Nel 1622, fra i documenti di una lite del Parroco Don Pietro Viano contro un colono, Bortholoo Gaiotto, sfrattato dal campo del ‘Cortelin’, troviamo citato «Colle Francuis», giudice Giacomo Allegri e Andrea Antineri (5).
(1)
E. Bellis: note dai libri capitolari di S. Giovanni Battista di Oderzo
(2)
E. Bellis ibidem
(3)
Almanacco Diocesano
(4)
Dante Olivieri: Toponomastica Veneta
(5)
Archivio parrocchiale Duomo di Oderzo
Il termine ‘Corte’ era usato per «dinotare un aggragato di poderi costituenti una villa con Chiesa propria» (1).
«Comunello di Fraine, Parrocchia di Colfrancui, Comune di Camino, Cantone di Oderzo».
Nel 1673, la località era ancora sotto Portobuffolè.
Sempre sul nome di Colfrancui:
1295:
Còfracoi (3)
1337: Colfrancudo
1474: Collefrancuyo
1500: Col Francudo (4) da Francòni poi Francoi, quindi Francui
1543: S. Jacobi di Colfrancuii.
Contratto pergamenico di compravendita fra Hieronimo Amalteo e Taddeo Gradenigo:
«Il magnifico Taddeo Gradenigo abitante a Colfrancui acquista da Hieronimo Amalteo (medico, primo dei famosi fratelli Amalteo n.d.r.) 19 campi a Fossadelle ‘Loco dictor alla Bedoya a pra del bressan e 50 campi positis in villa Colis Franculeis agris Portus Buffoletis...».
Il tutto per il prezzo di 1800 ducati.
Fra i testi citati appare Battista Pascon.
Qualche località indicata nei vecchi testi:
secolo XVI: La Lia, Fontane del marescalco, la Franca, le Mar, le Fornase.
secolo XVII. Castelli sive Rive (5)
1337
«Benvenutum dictum Tonsum qui fuit de Colfrancudo (6)
Fraine: Silvestrin, Sartor, Ortolan, Modonese, Bob, Casonato, Uso, Frechonese, ecc.
Colfrancui: Carniel, da Bara, Fasiol, Donadi, Tomasi, Franco, Ernesto, Gobbo, Cimetta, Pascon, Tamai, Ines, NN. HH. Gradenighi, Fabris, Momesso, Paludetto, Perissinotto, Martin, Marioto, Moro, Zemolo, Nadaletto, N.D. Contarina Contarini, Fregonese...
(1)
Muratori
(2)
Archivio Parrocchiale Duomo di Oderzo
(3)
Documento del Priorato di S. Martino di Oderzo
(4)
Dal Picotti, prof. A. Zamboni: Origini del Cristianesimo
(5)
Da un atto del notaio Broccardo Lucheschi
(6)
G.B. Verci - Storia della Marca Trevigiana - documenti
(7)
Archivio Comunale di Portobuffolè: la colta ducal era la principale imposta
della Repubblica Veneta
Dalle pergamene della Scuola di S. M. dei Battuti di Treviso (regesti di Francesco Pace):
1342
31 agosto (13/10 la Scuola dei Battuti loca per 5 anni a Giacomo da Saletto del fu Ongramo da Colfrancudo 25 ettari di terreno in più parti con casa in Saletto di Negrisia.
1430
Nominato Tolberto Ongrame da Colfrancui.
1546
Dalle condizioni dell’estimo di Treviso, troviamo:
«Beneficio di S. Giacono di Colfrancui ‘Giesia di S. M. del Pallù» e, fra i possidenti privati:
«Stephano del Corno, Alvise Sartor d. Civiero, Paris Parise, Bortholo Salvin, Madonna Laura, Alvise Thedesco, Madonna Marietta Mutona da Treviso, Zuan Fedrigo de Fedricis, Zorzi Utiner Thodesco da Venezia, Francesco Zappasordo, Piero Corner q. Filippo Gasparo Belloni da Oderzo, Thomaso e Hieronimo fratelli Melchiori».
Erano tutti proprietari residenti in gran parte a Oderzo e altrove.
Dagli atti del notaio Nicolò Lucheschi di Oderzo:
1625
«Pellegrina di Ant. Superchi ux a Steffano Renaldi vende terra a Girolamo Bisson scorzari a Oderzo, sita a Roncadizzo di Colfrancui»
1628 ibidem
Citato un «Paulo Depentor di Colfrancui»
1628 (mercore 15 novembre)
«Bortolo q. Andrea Gaiotto di Colfrancui vende terra al M. Rev. Leonardo Doneletti (confessore dalle Monache di S. M. Maddalena) a Colfrancui loco detta area ‘Fossa dei talponi’».
Dagli atti del notaio Brocardo Lucheschi:
1635
«Gio Alvise Salamon di Gio Alvise vende terra a Colfrancui a Domenico Moschin dal Tempio, loco detto ‘alli Casali’ confine da due strada comune - cimitero di S. Giacomo di Colfrancui. Cortivo del Rev. Curato di detta villa».
1638
«Ascanio Renaldi di Stefano vende a Alvise Melchiori q. Alvise, suo suocero, terra a Colfrancui loco detto Navisego».
AUTORITA’
Il Mariga era una specie di Sindaco di un colmello, che rispondeva davanti al Podestà di Portobuffolè di quanto succedeva nel suo territorio.
Mariga, dunque, di Colfrancui era in quell’anno Jacometo Posseja. Nel suo ufficio era coadiuvato da alcuni consiglieri, allora chiamati ‘H. J.’, vale a dire uomini giurati che avevano principalmente la funzione di garanti.
Ecco i nomi: Lunardo Petrus, Battista Gaiotto, Maria Berti, Ceco de Domenico Zulian, Menego Marin, Bernardo de San Giacomo dei Berti.
Vogliamo citare fra le autorità anche le levatrici? Ebbene, nel 1732, figura come ‘comare’ di Colfrancui Agnese Donati.
ALTRE NOTIZIE SULLA CHIESA
1847
Don Giacono dà mano a rimuovere il Presepio di S. Giuseppe e domanda consiglio al celebre G. Segusini, venuto a Oderzo per i restauri del Duomo.
SULLA PARROCCHIA
La Parrocchia di Lutrano comprendeva anche una parte di territorio che si estendeva oltre il fiume Lia, presso la Chiesa Curata di Colfrancui, detta Saccon di Lia e Saccon di Molin (410 abitanti nel 1906) affidata di fatto al Curato di Colfrancui, per comodità della gente; in realtà dipendente da Lutrano per i matrimoni e il quartese.
Il 20 dicembre 1947, la Curazia di Colfrancui viene eretta in Parrocchia, e poco tempo prima, il 15 ottobre, erano stati regolati i confini fra Lutrano e Colfrancui.
Le famiglie Marson, Coledan, Tomasella e De Lazzari, su loro istanza, erano stati aggregati a Colfrancui. Il nuovo confine era stato stabilito lungo il fosso Taiada inferiore, per un tratto, e Taiada superiore, per il resto (1)
«Nulla si conosce quanto all’origine della Curazia e dell’erezione della Chiesa, se non la citazione nella Bolla di papa Lucio III nel 1185. Di valore è il quadro raprresentante S. Francesco, del Colombo di Venezia. Non senza merito sono due busti in marmo (il Redentore e la Madonna). Altri quadri sono: S. Giacomo del De Lorenzi ed un quadro della Madonna di Paoletti pure di Scuola Veneziana.
Curato: Don Emilio Girelli, nato a Bussolengo (Verona) il 3 febbraio 1873 insediato nel 1907. Oratorio pubblico: S. Antonio, proprietario Berti.
Sodalizio: Confraternita del SS., eretta nel 1877 (2)
L’affresco del soffitto dell’altare della Madonna è opera di Duilio Corompai di Venezia, donato dai Signori Nobb. Galvagna.
Ancora sulle spese pubbliche della Chiesa:
«Le sarei grato s’Ella mi potesse fare eseguire a mie spese, da un fotografo, la riproduzione fotografica (in due copie 18 x 24) del quadro riproducente S. Giacomo Apostolo, posto nella Sua Chiesa ad opera del pittore De Lorenzi Paolo.
POPOLAZIONE
Qualche cenno sull’argomento popolazione si è già fatto qua e là. Ora diamo qualche altro dato:
1739 abitanti di Comunione 270
fanciulli e fanciulle 190
460
1864 abitanti 643
1914 anime 1164
1915 anime 1000
APPENDICE
Da
una relazione citata 1770 e conservata nell’archivio del Duomo di Oderzo:
«C’è la Chiesa con Venerabile (Santissimo Sacramento) et usu oliorum
sacramentorum, soggetta a questa Collegiata col titolo di S. Giacomo di
Colfrancui, dove assiste il Signor D. Francesco Concini, Cappellano Curato».
1819
Si lavora per restauri al Ponte sul Lia
1870
Antonio Tomasin ottiene la licenza di aprire una privativa a Colfrancui. E’ forse la prima?
E con questa notizia, che profuma di sigari Virginia alla paglia e di buon tabacco Macedonia, chiudiamo la nostra assai breve e forse anche poco fruttuosa ricerca sulla Chiesa di Colfrancui.
Colfrancui, oggi, è un piccolo ma graziosissimo centro con una popolazione onesta e laboriosa, con associazioni sportive notissime ormai e che hanno diffuso col loro agire il nome amato di Colfrancui.
Con una Chiesa che racchiude secoli e secoli di storia e questo ne fa un centro di cultura romana che oggi aspira dovutamente a far ritornare la propria casa di Dio, degna delle sue origini e dell’amore che ancor oggi diffonde fra la sua popolazione.
(1)
Dalle relazioni di mons. A.
Maschietto
(2) Dallo stato personale della Diocesi di Ceneda, 1915
* Eno Bellis, il gigante mite
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Oderzo è la capitale di uno Stato Orientale, che non esiste sulla carta geografica. Capitale avita della diocesi, resa eccellente dal vescovo Tiziano (610-632 circa), nato ad Eraclea. Più avanti nel tempo, Ceneda è succeduta a Oderzo come sede vescovile, che ora si chiama di Vittorio Veneto. In epoca romana c’era la mitica Opitergium, città opulenta e strategica, seconda – nel Nord Est – soltanto ad Aquileia, che venne rasa al suolo da Attila, re degli Unni.
Oderzo è da sempre la prima città dell’Agro Opitergino, città pulsante e contadina, i portici veneziani, il Duomo maestoso e gentile, il Museo Civico con i tanti reperti archeologici.
E’ il profilo che Ferruccio Mazzariol, scrittore, saggista, poeta ed editore nato a Ponte di Piave nel 1939, dedica alla nostra città.
Dal ‘Paese dei Gelsi’, giunto all’ottava edizione riveduta ed ampliata (appena stampata dall’editrice Santi Quaranta di Treviso), proponiamo la figura di un amico caro al Dialogo, Eno Bellis che fu, con mons. Paride Artico e Bepi Vizzotto, uno dei fondatori della testata.
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Fondamentalmente placida, ma con una sua radice asprigna e corazzata, Oderzo attende che la storia passi più avanti.
L’ha ‘cantata’, schiettamente, uno storico amabile e a me carissimo: Eno Bellis, che negli anni cinquanta veniva al boteghin come rappresentante della ditta “Bianchi” di Oderzo per venderci quaderni, stilografiche, pennini, matite, e naturalmente bellissimi album da disegno.
Il signor Eno, alto, gigantesco, pacifico, i baffoni alla Giovannino Guareschi, ma non così ispidi, bensì distinti e curati, giungeva da noi in Graseghella su una Topolino bianca.
Parlava un veneto splendido, dove si sentiva le acque gentili delle sorgive, la luce dei pittori vedutisti veneziani, lo scroscio attenuato del Montegan, le sfumature della tolleranza veneta e della carità cristiana. Metteva subito rispetto, ma non incuteva soggezione. Si avvertiva che era di una pasta buona, anzi buonissima: si sedeva maestoso, senza irrompere; anzi con il suo tratto gentile metteva a proprio agio e poi cominciava a raccontare di Oderzo-Opitergium, dimenticando i quaderni e le penne.
Lo ascoltavamo silenziosi, io in ginocchio sulla carega di legno per vederlo meglio, Maria Teresa a bocca spalancata, Bernardina con lo sguardo incantato, picolissima. Papà Virgilio interloquiva raramente, animandosi a qualche ricordo; seguiva, spesso in silenzio da discepolo a maestro, nonostante fosse più anziano.
Qualche anno dopo Eno Bellis abbandonò il mestiere di rappresentante e si diede totalmente alle sue ricerche, sorretto dalla devozione di una moglie impareggiabile. E non lo vedemmo più al boteghin, ma io lo vedevo, quando andavo alla biblioteca civica di Treviso, scartabellare libri e libroni e riempire minuziosamente schede e schedine.
Egli ha scritto, su Oderzo, una storia minuetto, ma a suo modo colossale; una storia a stralci e soprassalti, a soffietto. Bella, anzi bellissima, vitale e simpatica, con continui ritorni e digressioni, in cui gli storici di alto coturno (e di poca umanità) disdegnano rispecchiarsi. E io tengo, come un tesoro, i libri che mi volle regalare con dediche ariose dalla scrittura nitida ed ampia.
Oderzo, la nostra grande e magnifica città, con l’Arcangelo che nelle notti di luna svolge ad Oriente dall’altra cuspide del campanile per parlare agli sloveni, ai croati e agli istriani, ha avuto il suo storico mite e dolcissimo; egli l’ha ritratta, la nostra capitale, come un pittore impressionisti e cromatico.
Mi piacerebbe che gli si dedicasse una statua, là vicino al Toresin, o nella Piazza Grande; con questo nome l’ha voluta ribattezzare alcuni anni fa l’allora sindaco di Oderzo Giuseppe Covre, ‘sfrattando’ Vittorio Emanuele II cui la piazza era dedicata fin dal 1867.