ALLA SUA REALIZZAZIONE IN SOLO 2 ANNI ....DALL'INTUIZIONE
Fu così che il Parroco del luogo, don Giuseppe , nel 1981, ebbe l'idea di innalzare un monumento marmoreo a tutti coloro, che sul monte avevano perduto la vita. Quindi fu dato incarico allo scultore Alberto Sparapani, di predisporre un bozzetto facente al caso; piacque il bozzetto presentato e il passaggio alla realizzazione fu automatico. Il monumento, di notevoli dimensioni, si staglia in uno scenario da leggenda, dal luglio 1983. L'artista ha immaginato di trascrivere su un libro ideale, la storia, nel tempo, di questa dura fatica su questi insidiosi monti, che danno pane, ma vogliono anche sudore, sangue e lacrime.
Questa storia di martirio fa capo a Cristo, testata d'angolo, il quale esalta il lavoro umano, come forza redentrice del mondo, attraverso il Suo martirio e il nostro lavoro quotidiano.
Sulle bianche pagine marmoree, scorre la storia di questo lavoro nel tempo in tutta la sua rudezza e magnificenza terribile.
Vediamo ora, attentamente, le parti che compongono il monumento. Domina, in disparte, ma intimamente unito al complesso marmoreo quale elemento sostanziale e unificante, la figura di Cristo, posta su un'irta rupe, rappresentato in moto ascensionale: ha le braccia volte all'alto e sembra al cielo librarsi.
La stilizzazione della rupe, del manto, del corpo, è fortemente accentuata e determina dei gioghi chiaroscurali di grande efficacia;il modellato è solido e plastico insieme:lavoro moderno e ardito.

Monumento al Cavatore

I l pittoricismo scultoreo è congeniale a questo artista che può narrare con semplicità e schiettezza quanto la fantasia gli va suggerendo) tutta l'intera storia di questa attività particolare, attraverso i tempi, e nella successiva evoluzione, non trascurando quel complesso di attività collaterali ad essa concernenti: il lavoro del fabbro, del meccanico, del portatore d'acqua, del buccinatore e via dicendo. In altre parole, ecco cosa si legge sulle bianche pagine: la storia dell'escavazione, della lavorazione, del trasporto dei marmi, nonché delle relative tecniche operative. E così, via via, si leggono, e l'antico modo di estrarre i marmi per mezzo di robusti cunei di legno, prima ficcati a forza con robuste mazze di ferro nelle fenditure dei massi e poi, abbondantemente bagnati e in continuità onde fare ingrossare il legno, che così gonfiato veniva ad esercitare una pressione enorme sui massi fino ad ottenere il distacco e poi servendosi di cunei di ferro; la successiva lavorazione del blocco per conferirgli forme più o meno regolari, per mezzo di ferri appositi: subbie, gradini, scalpelli; le attività collaterali di cui si è già fatto cenno: il fabbro che nel suo antro forgia i ferri da lavoro; lo scivolamento dei blocchi, dai piani superiori agli inferiori; il trasporto per mezzo di carri, trainati, in un primo tempo a forza di braccia, poi, per mezzo di lunghe file di buoi aggiogati.

A queste prime raffigurazioni fanno seguito tutte le altre, rappresentate dai nuovi modi, desunti dalla esperienza e dal tempo, di escavazione, di taglio, e di trasporto. Raffigurazioni, tutte eseguite a bassorilievo, con qualche accenno ad altorilievo in alcune parti, stilizzate, ma vivaci per giusti movimenti e giuste apposizioni di volumi e di scorci indovinati.
Le ampie superfici dell' Alpe che fa da sfondo, sono, qua e là animate, dai tagli del monte stesso, da alberelli sui greppi, da scenette quasi pastorali, da giochi chiaroscurali.
Tra tutte queste raffigurazioni, ve ne sono alcune veramente splendide per l'efficacia rappresentativa, i giochi delle masse, la solidità del modellato e l'atmosfera del luogo piena di serenità e di respiro.
Tale è la lavorazione dei blocchi da parte dei "quadratori", ossia coloro, che, a colpi di subbia e di mazzuolo, davano forma quadrata o di parallelepipedo ai mezzi informi.
Oggi, questa operazione quasi più non esiste, perché in gran parte sostituita dal filo elicoidale d'acciaio, che, unitamente a sabbia silicea e ad acqua, taglia in modo perfetto ed uniforme i massi.

Altra scena, di grande efficacia, è quella rappresentata, dai tre tipi di trasporto, succedutisi, nel tempo: il traino del pesante carro a forza di braccia; successivamente, in tempo posteriori, adoperando la forza ciclopica di file di buoi aggiogati (fino a trenta animali trainanti in alcuni casi particolari), ed infine, facendo uso della forza del vapore: la locomotiva, che prima della guerra s'inerpicava su per i monti.