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NON TUTTI SANNO O VOGLIONO SAPERE CHE:

Appello all'ambasciata Italiana di Oslo Ciao, siamo le vittime della strada e non ci è stata tolta la voce

 Inutile appello del presidente dell'ordine dei medici di Ferrara a difesa della vita sulle strade

 Scarso rispetto dei cittadini e pessima pubblicità da parte di chi dovrebbe dare l'esempio

Buche non segnalate * Una vittima su tre * Una famiglia su dieci * perdere un figlio conviene * Confronto di pena * Cosa succede dopo?

 KLICCA IL SONDAGGIO: Sicurezza Stradale: come ridurre il numero delle vittime e dei disabili.

 

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 Come mamma urlo al mondo l'ingiustizia: mio figlio era un uomo e non un animale.

Ecco la copia di una lettera che ci ha fatto pervenire un'anziana mamma, chiedendo di pubblicarla sul nostro sito. Il fatto denunciato riguarda l'uccisione del giovane Roberto Casalboni, a seguito di un incidente stradale verificatosi in Norvegia. La mamma di Roberto esprime forti perplessità sulla adeguatezza dei soccorsi, sull'imparzialità dei giudici e sul sostegno ricevuto dall'ambasciata Italiana in Norvegia:

Egregio Direttore Generale -(firma illeggibile) - Affari Esteri - Roma

Con riferimento alla lettera inviatami in data 18.10.2005 n. 304/411550, faccio presente quanto segue:

- la semplice risposta inviatami non ha tenuto conto della documentazione inviata al Ministro degli Esteri On. G. Fini, in data 12.07.2005 che dimostra chiaramente l'omissione dell'Ambasciata italiana a Oslo nella tutela dei diritti di un cittadino italiano all'estero.

- Mio figlio, cittadino italiano, aveva il diritto di essere difeso all'estero contro un processo, privo di prove legali che ha portato ad una sentenza ingiusta.

- Affermo che mi è stato impedito di fare l'Appello per un giudizio di II grado, con azione intimidatoria e con l'omissione dell'invio della documentazione relativa al processo.

Questo disinteresse mi è costato la causa d'Appello in cui i professionisti italiani (dottori legali, ingegneri ed avvocati internazionali), avrebbero potuto dimostrare la colpevolezza dell'accusato, la responsabilità del chirurgo, l'ingiustizia della sentenza.

Ora mi si dice che l'Ambasciata all'estero non interviene nei rapporti che si instaurano tra avvocato e cliente. Mi domando:

- perché l'Ambasciata Italiana non mi ha avvertito precedentemente di ciò, in modo che io potessi supportare l'azione processuale con un avvocato internazionale e con esperti italiani?

- perché l'Ambasciata Italiana ha risposto personalmente per intimidirmi e al contrario non ha risposto alle molteplici richieste di invio della documentazione relative al processo di I grado in tempo utile per l'Appello? (come risulta da documentazione già in vostro possesso).

- che cosa ha fatto l'avvocato italiano norvegese per difendere mio figlio e portare alla luce la verità ed ottenere Giustizia?

- perché si parla di una "causa perdente in partenza" per cui nessun avvocato ha voluto accettare la difesa?

SUPPONGO era "una palla che scottava" perché già si conosceva l'errore medico che ha determinato la morte di mio figlio e le falsità e l'irresponsabilità esistenti nell'iter processuale. Io sono una semplice cittadina e non sono all'altezza di illustri avvocati internazionali, ma sono all'altezza per capire che non ci si può lavare le mani dell'ingiusta morte di mio Figlio accampando ipotetiche giustificazioni basate sulla diversità di Giurisdizione o sulla non partecipazione dell'Ambasciata nel rapporto cliente- avvocato. Io ho sempre pagato le tasse all'Erario Italiano e penso di avere il diritto di essere tutelata anche all'estero nella richiesta della difesa di mio Figlio. Ora mi assicurate che l'Ambasciata Italiana a Oslo rimane a mia disposizione per ogni ulteriore approfondimento ed assistenza.

Non mi servono parole, ma fatti concreti!

Se pure in ritardo, l'Ambasciata Italiana si faccia carico della sua responsabilità omessa e faccia in modo di concordare con l'Ambasciata norvegese in Italia che è al corrente di tutto l'iter processuale, in modo da riaprire il processo o quanto meno di portare alla luce la Verità, confermata da illustri professionisti italiani.

 Delego quindi l'Avv. .... del foro di Roma a prendere visione di tutto l'iter processuale perché riesca con mezzi legali a ristabilire un equilibrio di responsabilità non solo personale, ma generale al fine di tutelare il cittadino italiano all'estero.

Io sono una nullità di fronte alle Vostre alte cariche statali, ma Vi prego di riflettere, umanamente parlando: Che cosa fareste Voi al mio posto?

Come madre si può accettare la Morte di un Figlio, se pur con immenso dolore. Non si può accettare la falsità, irresponsabilità, l'ingiustizia esistente nel processo relativo, chiuso frettolosamente senza alcuna richiesta di prove legali. Spero di non dovere combattere contro il cd. "muro di gomma", perché nonostante tutto, credo ancora che esistano rappresentanti statali onesti e responsabili.

Grazie per l'attenzione. Rimini, lì 24.10.2005.  Stella Ines ved. Casalboni (madre di Roberto)

Gli interventi e le pubblicazioni riguardanti il caso sono consultabili alla pagina http://www.bmwri.org/Robertocasalboni.htm

 Chi dovesse incappare o è già incappato nella triste disavventura di avere un incidente a causa di buche sulle strade mal segnalate o non segnalate affatto sappia che con sentenza n° 2963 del 29 Marzo 1999 la terza sezione civile della Cassazione ha rigettato il ricorso del Comune di Desio (MI) che, appunto, si rifiutava di riconoscere le proprie responsabilità verso un utente incappato in una di queste buche. Sulla cronaca di Rimini del quotidiano Il Resto del Carlino del 29/5/2004 si legge che il direttore dell'AMIA è stato condannato a sei mesi per omicidio colposo, nonostante l'assicurazione della società avesse già provveduto a risarcire i familiari della vittima. Il caso riguarda il decesso di P.B. Mentre si trovava alla guida del proprio ciclomotore, la ruota anteriore si trovò davanti uno scalino dell'asfalto a causa di un rattoppo sull'asfalto che aveva lasciato un repentino dislivello. La conseguente caduta provocò il decesso (avvenuto dopo circa 15 giorni dall'incidente). L'AMIA aveva precedentemente segnalato la necessità di un intervento straordinario per la messa in sicurezza, ma l'intervento non fu mai eseguito. Secondo il Giudice, il direttore dell'AMIA sarebbe stato obbligato a controllare che la manutenzione ordinaria non provocasse situazioni di pericolo e per questo motivo ha emesso una decisione di condanna per omicidio colposo. Con altra sentenza n. 13974/2005 la Corte di Cassazione stigmatizza l'apodittica convinzione che nel centro cittadino la velocità particolarmente moderata consenta comunque l'avvistamento di una buca, non evidenziando il fatto che comunque l'utente della strada faccia proprio affidamento sulle buone condizioni del manto stradale proprio perchè si trova in un centro cittadino e non in un luogo disagevole. Inoltre la Corte ha contestato la motivazione del giudice di prime cure in quanto non ha tenuto conto delle risultanze probatorie acquisite agli atti di causa, alla cui disamina il Giudice non può sottrarsi... diversamente opinando risulterebbe impossibile il "controllo logico" della decisione.

 Una vittima della strada su tre perde la vita per colpa delle condizioni stradali. Eppure nelle statistiche ufficiali questo tipo di responsabilità non viene quasi mai rilevata. Eppure la polizia giudiziaria e gli stessi magistrati ignorano quasi sempre questo fatto. C'è da chiedersi se le statistiche ammuffite (vengono rese note dopo qualche anno) che vengono sbandierate ai quattro venti danno sufficienti garanzie di credibilità ed utilità o se esista realmente la volontà di far conoscere la reale situazione. Al link "Oltre le apparenze" di questo sito altri dettagli su questo "misterioso" argomento.

 Se non ci saranno correttivi una famiglia italiana su dieci avrà un morto od un disabile grave all'interno delle mura domestiche per colpa della strada. La statistica ha il principale scopo di proiettare nel futuro, con rigore matematico, un modello di realtà che si basa su quanto è successo nel passato. Insomma il numero di morti, disabili e feriti che la strada ha prodotto ogni anno non riguarda solo le famiglie che hanno sofferto queste esperienze in passato (gli altri), ma ci consente di conoscere in anticipo ciò che succederà in futuro a tutte le nostre famiglie, se non ci saranno correttivi. Si può fare molto di più che darsi una "toccatina".

 Il danno patrimoniale sofferto per la perdita di un figlio è più che compensato da quanto si andrà a risparmiare per non dovere più sostenere costi di mantenimento (vitto, vestiario, scuola...). Con questa motivazione, i legali di una compagnia di assicurazione si sono opposti alla richiesta di pagamento del danno patrimoniale sofferto dai genitori per la morte del figlio, in seguito ad omicidio stradale. Al di là della "coerenza" del motivo di opposizione della compagnia assicuratrice, quello che maggiormente sconcerta è l'inserimento di quel "più", quasi a volere significare che i genitori hanno "usufruito" di un beneficio patrimoniale (da rimborsare al responsabile?).

 Per l'omicidio stradale di un tredicenne, il responsabile ha patteggiato la pena di 4 mesi di reclusione, naturalmente col beneficio della sospensione condizionale. Lo stesso Tribunale nelle settimane successive ha inflitto la pena di otto mesi di reclusione ad un camionista svizzero, rinviato a giudizio per aver offerto 50mila lire agli agenti che gli stavano contestando una contravvenzione al Codice della strada ed ha condannato a quattro mesi di reclusione un sacerdote di 83 anni, reo di aver spostato un altare ritenuto di interesse artistico. Gli organi di stampa hanno totalmente ignorato la sentenza riguardante l'omicidio stradale del tredicenne, ma hanno dato ampio risalto alle sentenze che riguardavano il camionista ed il sacerdote. Il dopo incidente non interessa, ma la "giustizia" e "l'informazione" stanno assumendo orientamenti inquietanti.

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 Cosa succede dopo un grave incidente stradale? Purtroppo le vittime della strada ed i loro familiari costituiscono una categoria vulnerabile altamente esposta a fenomeni di sciacallaggio ed ad alcune forme di violenza. Qualcuno potrebbe pensare che si tratta di esagerazioni, ma gli esiti di un questionario distribuito da sedici organizzazioni Europee a circa 10.000 famiglie forniscono un quadro della situazione veramente allarmante. L'iniziativa è stata realizzata dalla FEVR (Federazione Europea Vittime Strada) in collaborazione con la Commissione dell'Unione Europea. :

Metodologia: E' stato utilizzato un questionario anonimo composto da 56 domande, suddivise in otto settori. Tuttavia, poiché ogni caso è unico, e una formulazione preventiva troppo rigida avrebbe potuto trascurare questioni importanti, è stata aggiunta ad ogni sezione una richiesta aperta di considerazioni e commenti. Per i fini che potrebbero interessare i lavori di questa giornata dedicata al danno punitivo, vi segnalerò solo una parte di queste elaborazioni statistiche.

Risultati: Delle 1364 risposte, il 59% proviene da parenti di morti per incidenti stradali, il 41% da parenti di vittime rese invalide o dagli stessi invalidi. Il margine di errore è +/- 5%. Nella presentazione dei dati la distinzione tra i due tipi di vittime sarà fatta quando si renderà necessaria.

Una larga maggioranza (il 91% delle famiglie dei morti, e il 78% di quelle degli invalidi) lamenta di non essere stata sufficientemente informata sui propri diritti.

Nonostante i giovani siano le vittime più frequenti di incidenti stradali, solo il 10% delle famiglie è stato contattato per la donazione di organi, a dispetto della scarsità di donatori così spesso pubblicizzata. La maggiore insoddisfazione viene espressa nei confronti dei processi penali: l'89% delle famiglie dei morti e il 68% di quelle degli invalidi ritengono di non aver ottenuto giustizia. Inoltre, quasi il 70% non ha sentito il proprio caso trattato in maniera appropriata, seria, rispettosa. Emerge una diffusa insoddisfazione nei confronti delle compagnie di assicurazione. Circa l'80% delle famiglie non è soddisfatto né dei propri rapporti con le assicurazioni, né del risarcimento da loro offerto. Una schiacciante maggioranza (il 95%) desidererebbe un avvocato di parte civile a rappresentare le vittime e le loro famiglie immediatamente dopo l'incidente.

Le vittime soffrono poi di questi sintomi: problemi di sonno 49%; cefalee 55%; incubi notturni 41%; problemi generali di salute 58%. Non si nota un calo significativo dopo tre anni, indice di una sofferenza psicologica di lunga durata, se non permanente. Una larga percentuale dei parenti delle vittime, morte e disabili, così come gli stessi disabili, soffre di disordini psicologici. La situazione peggiore è quella dei parenti dei morti. Nei primi tre anni, il 72% ha perso interesse per le attività quotidiane, come l'attività professionale, il lavoro di casa, la cucina o gli studi; il 70% lamenta perdita nelle capacità di guida, il 49% perdita di fiducia in se stesso, il 46% ha attacchi d'ansia, il 37% ha sperimentato propositi suicidi, il 64% soffre di depressione, il 27% di fobie, il 35% di disordini alimentari, il 78% prova rabbia e il 71% risentimento. Dopo tre anni, queste manifestazioni decrescono in media solo del 10%. In particolare il pensiero del suicidio cala solo dal 37% al 26%, lasciando una grande percentuale di soggetti in angoscia estrema. Con l'eccezione dell'aspirazione al suicidio, i parenti degli invalidi presentano un quadro simile a quello dei parenti dei morti.

Circa il 50% dei parenti delle vittime, e le vittime stesse, dichiara di aver consumato per lunghi periodi maggiori quantità di sostanze psicotrope (tranquillanti, sonniferi, tabacco, alcool, droghe) rispetto a prima dell'incidente. Dopo la tragedia il 49% delle famiglie dei morti, il 47% di quelle dei disabili è stata soggetta a profondi mutamenti familiari. Far progetti per il futuro sembra impossibile al 68% dei parenti dei morti durante i primi tre anni. Dopo questo periodo, il 59% resta nello stesso stato. Per i parenti dei disabili le prospettive sono lievemente migliori. Come in altri casi, i disabili stessi sono meno pessimisti.

La capacità di godere la vita come prima dell'incidente scompare tragicamente per il 91% dei parenti dei morti per i primi tre anni. Dopo, la perdita persiste per lunghi periodi per l'84% di loro. Per molti, sarà permanente. Le prospettive per i primi tre anni non sono così tristi per i parenti dei disabili al 68%, per i disabili stessi al 69%. Talvolta dopo questo periodo non c'è cambiamento per i parenti, ma c'è un 15% di guarigione per gli stessi disabili. Circa il 60% dei parenti dei morti, l'80% dei parenti dei disabili e il 70% dei disabili che hanno cambiato occupazione, l'hanno fatto perché costretti dalle circostanze. Tra coloro che hanno perduto il lavoro il 65%, 33% e 33% rispettivamente l'hanno fatto per ragioni psicologiche; gli altri, per ragioni fisiche.

CONCLUSIONI : La sofferenza evidenziata da questa ricerca mostra una proporzione sempre crescente nelle nostre società di vite devastate a causa della violenza sulle strade. Ciò che difficilmente si riconosce da chi di dovere, incluso il sistema giudiziario, è che quanti sono privati di una persona cara o resi invalidi da un incidente stradale sono spesso colpiti in modo permanente, come le famiglie delle vittime di altri tipi di violenza e di strage.

 Dopo avere sofferto la perdita di un caro amico, alcuni ragazzi hanno costituito associazioni che si occupano di sicurezza stradale. Purtroppo l'indifferenza o l'avversione manifestata da alcuni responsabili istituzionali, ha disincentivato l'entusiasmo e la voglia di fare dei ragazzi. Alcuni di questi sodalizi giovanili si stanno pertanto disgregando (verosimilmente per meschine valutazioni di immagine delle istituzioni più direttamente interessate). Tra gli obiettivi primari del CNOSS c'è proprio il sostegno a questi organismi giovanili.

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 Ciao, siamo le vittime della strada e Domenica 21/11/2004 in tutta Europa è stata celebrata una giornata dedicata a noi. Purtroppo in alcune aree geografiche la ricorrenza è stata ignorata, facendo cadere nel vuoto gli appelli dei nostri familiari.

Per noi è stata una giornata molto impegnativa, perchè abbiamo dovuto accogliere tantissime nuove vittime della strada. Erano sorprese, ma soprattutto preoccupate per il dolore straziante in cui erano sprofondati familiari ed amici.

Alcuni personaggi pubblici hanno colto la palla al balzo e si sono sostituiti ai nostri cari per autocelebrare i propri meriti sulla sicurezza stradale. Per motivi facilmente intuibili, è imprudente comportarsi in questo modo.

Anche se siamo in tanti, non ci facciamo troppe illusioni, perchè la maggior parte della gente si è assuefatta all'ignobile strage che si consuma quotidianamente sulle strade. Per fare sentire la nostra voce e per scuotere le coscienze usiamo diversi canali, ma soprattutto ci affidiamo ai nostri cari. Siamo assieme a loro quando sono costretti a sopportare umiliazioni ed indifferenza nelle aule dei tribunali, nelle iniziative di sensibilizzazione e nel loro vivere quotidiano.

Solo un ingenuo può pensare che ci sia stata tolta la voce. Non serve tapparsi le orecchie, perchè noi siamo negli occhi di chi vi guarda e nell'aria che respirate.

Nei giorni scorsi ci siamo sentiti offesi per il messaggio riportato su un poster esposto a Rimini, all'interno della Fiera Internazionale della Sicurezza Stradale. Siamo stati definiti "pirla", con l'apparente intento di indurre gli utenti della strada ad una maggiore prudenza. Sul poster era scritto: "220 cv, 230 km/h, da 0 a 100 in 5,7 - poi la foto di una macchina semidistrutta - e sotto: modello 4 pirla in meno". Attraverso alcuni nostri genitori abbiamo insistentemente richiesto la rimozione di quei posters, ma solo dopo una accesa protesta di fronte al padiglione interessato i manifesti sono stati tolti.

Non dovrebbero più ripetersi simili episodi, poichè offendono la nostra memoria e procurano dolore ai nostri cari. Per questo motivo è stato segnalato l'accaduto a numerosi giornali ed emittenti televisive, però in pochi hanno prestato attenzione. Siamo un po' delusi, perchè è stato dimostrato maggiore interesse per altri argomenti, ma non è stata una nostra scelta.

Vi sbagliate se pensate che non siamo in grado di dialogare, perchè murati in un loculo, sotterrati o cremati. C'è sempre qualcuno che ci porta fiori o che ci ricorda con affetto. Dovete sapere che riceviamo molte comunicazioni, perchè chi si rivolge a noi, anche solo con un pensiero, sa che riceverà attenzione e risposte.

Non ci è stata tolta la voce, ma c'è chi ha orecchie, cuore e mente foderati con spesse fette di mortadella. Spesso non ci si pensa, ma ogni azione individuale può influenzare la vita di altre persone, anche se assume la forma di inerzia od indifferenza. Ponzio Pilato docet.

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 Ecco una delle tante denunce rimaste lettera morta, a dispetto del valore della vita:

 

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 Lo scorso 25 Luglio, dopo aver visto un servizio giornalistico che, nella sua beata ignoranza, testimoniava uno dei più comuni e deprecabili cattivi esempi, scrivevo a Pisanu (via email e tramite "la mia Auto" e pochi altri) per denunciare il fatto e chiedere, in rispetto dei Cittadini, che dichiarasse quanti "punti" venivano tolti appunto per infrazione all'art. 143 (uso corsie; non è chiaro se andrebbero tolti anche per la generica "posizione sulla carreggiata").
Le edizioni TG1 del 1° Dicembre hanno mostrato la colonna di 50 auto nuove in transito verso Napoli. Più chiara risposta, il Ministro poteva dare. Dal servizio di 7 secondi, anche se non testimoniano l'intero viaggio, si possono ricavare delle impressioni preoccupanti.
Le 8 auto viste, marciavano a circa 43 Km/h SULLA CORSIA CENTRALE; ripeto in 7 sec e senza la visione del contesto, sono poco rappresentativi, ma la corsia dx era libera ed a quella velocità si dovrebbe occupare più che
mai la 1ª (VEICOLO LENTO è quello non in grado di superare i 50 Km/h e quindi
non può tenere la velocità minima di 60 sulla 2ª) e riesce difficile pensare vi fosse qualcun'altro a meno di 43 Km/h.
Inoltre, le 7 auto osservate, occupavano uno spazio di 82,3 m. ed osservavano una distanza di SICUREZZA media di 9 m. (massima 11) tra di loro, mentre 3 di queste ne occupavano 24 con una distanza di solo 7,3 m.
Già 9-11 m. sono notevolmente inferiori agli almeno 13 necessari, ma ancor più trattandosi di una colonna di 50 auto, con 100 Agenti presumibilmente senza cintura. Sarebbe stato comunque più razionale e rispettoso per gli Utenti, scaglionare il corteo. Al di la di tutto è ancor più grave che questi sfregi alle REGOLE e benefit, vengano poi divulgati attraverso il più importante servizio d'informazione:
7 sec. che valgono montagne d'INCIVILTÀ e lutti.
Altro classico cattivo esempio è stato dato nel servizio da Avezzano, dove un CC teneva accesi i fendinebbia assieme agli anabbaglianti, altra infrazione che non viene percepita come anomalia ma molto incompetentemente imitata.
Un'idea di questa situazione me la sono fatta, mentre mi riesce difficile comprendere perché questo aspetto non viene considerato dalle tante Associazioni e mi preoccupa, perché nella scala delle priorità, lo vedo molto su.
Distinti saluti
Francesco De Matteis

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