Albert Schweitzer
(1875/1965) alsaziano, filosofo della religione, medico chirurgo,
musicista, teologo, pastore evangelico, Premio Nobel per la Pace nel
1954, riconosciuto “genio dell’umanità”, dedicò la sua
esistenza all’attività di “medico della giungla”;
periodicamente
si recava in Europa per tenere Concerti d’Organo grazie ai quali
raccoglieva i fondi per la sopravvivenza degli Ospedali da lui fondati
in Africa.
Pubblicò opere di Teologia, di Filosofia della religione, e di
Musica, che hanno raggiunto fama mondiale.
La sua filosofia è Biocentrista e Panteista:
“Dio è la forza che mantiene in vita tutto il creato”.
Il suo impegno in difesa della vita e della libertà di pensiero
è il manifesto di un’etica a trecentosessanta gradi, libera da
pericolose differenziazioni, fonti di ogni intolleranza razziale,
religiosa, specista: “….l’etica
del rispetto per la vita
trascura ogni differenza fra una vita superiore e una vita
inferiore,
fra una vita preziosa e una di minor valore, differenze che poi
portano a considerare prive di valore ora alcune specie di
insetti, ora
delle popolazioni primitive…..” .
Dell’etica informata al Rispetto per la Vita,
Schweitzer scrive: “E’ un’etica
che a tutti chiede di dedicare una
parte della propria vita al prossimo. In che modo e in qual
misura,
ogni singolo deve ricavarlo dai pensieri che sorgono in lui e dai
destini nei quali si muove la sua vita”.
Seguono stralci di scritti e di discorsi di Schweitzer, raccolti nel
suo Libro “RISPETTO PER LA VITA”.
“…… Ha lasciato in me un
segno profondo un episodio vissuto all’età di sette-otto anni.
Il mio compagno di scuola Heinrich Braesch ed io ci eravamo costruiti
delle fionde, usando delle strisce di gomma, con le quali potevamo
lanciare dei piccoli sassi.
Era primavera, tempo di Passione. La mattina di una domenica piena di
sole il mio compagno mi disse: ‘Vieni, andiamo sulla collina a caccia
di uccelli’.
Per me era una proposta orribile, ma non ebbi il coraggio di
controbattere per paura di essere deriso. Giungemmo nei pressi di un
albero spoglio dove gli uccelli, per nulla spaventati dalla nostra
presenza, cinguettavano dolcemente alla luce del mattino.
Rannicchiandosi come un indiano intento alla caccia, il mio amico mise
una pietruzza nel cuoio della sua fionda e tirò. Feci lo stesso,
sotto lo sguardo altero dell’amico, con la ferma intenzione di colpire
insieme a lui.
In quel medesimo istante cominciarono a suonare le campane della
chiesa, fra i raggi del sole ed il canto degli uccelli. Per me fu una
voce dal cielo. Gettai via la fionda, spaventai gli uccelli, in modo
che volassero via per sfuggire ai colpi della fionda del mio amico, e
corsi a casa.
E quando, in tempo di Passione, odo i rintocchi delle campane, ripenso
con commozione e riconoscenza alla campana che allora mi impresse
nel cuore il comandamento: ‘Non uccidere’.
Il Movimento per la protezione degli animali, sorto durante la mia
giovinezza, ebbe una grande influenza su di me. Finalmente c’era
qualcuno che osava sostenere in pubblico che la compassione per gli
animali è qualcosa di naturale, che fa parte della vera
umanità, e che non è necessario tener nascosti i propri
sentimenti di fronte a questa consapevolezza.
Ebbi l’impressione che una nuova luce si fosse accesa
nell’oscurità delle idee, e che sarebbe stata alimentata per
sempre.
……………………………
Durante uno dei primi anni del nuovo secolo mi dedicai ad una lunga
ricerca: volevo conoscere la posizione dei filosofi degli ultimi
decenni riguardo all’etica, ed annotare in modo particolare il loro
pensiero riguardo al nostro comportamento nei confronti del creato.
La maggior parte dei filosofi considerava secondario questo argomento;
pochi soltanto gli davano spazio. In alcune di queste opere gli autori
pensavano addirittura di doversi scusare per il fatto che si sentivano
in dovere di includere nella propria ricerca anche gli animali,
considerati di livello inferiore.
Tuttavia io ero convinto che anche l’etica filosofica dovesse prendere
in considerazione l’obbligo di un atteggiamento favorevole nei
confronti degli animali.
Ciò sarebbe stato di aiuto agli amici del Movimento per la
protezione degli animali , al fine di giustificare la loro
attività dal punto di vista del pensiero.
……………………………..
La sera del terzo giorno,
al tramonto, ci trovavamo nei pressi del villaggio di Igendja, e
dovevamo costeggiare un isolotto, in quel tratto di fiume largo oltre
un chilometro.
Sopra un banco di sabbia, alla nostra sinistra, quattro ippopotami con
i loro piccoli si muovevano nella nostra stessa direzione.
In quel momento, nonostante la grande stanchezza e lo scoraggiamento,
mi venne in mente improvvisamente l’espressione “rispetto per la
vita”, che, per quanto io sappia, non avevo mai sentito né
letto.
Mi venne in mente che un’etica che prenda in considerazione soltanto il
nostro rapporto con altri esseri umani è un’etica incompiuta e
parziale, e perciò non può possedere una piena energia.
Soltanto l’etica del rispetto per la vita ha questa possibilità;
essa non ci mette in contatto solo con i nostri simili ma con tutte le
creature che si affacciano al nostro orizzonte, e ci dà il
compito di occuparci del loro destino, per evitare di recare loro
danno, anzi, di esser loro d’aiuto, per quanto ci sia possibile.
Compresi subito con chiarezza che quest’etica, elementare e completa,
possedeva una profondità totalmente diversa dall’etica che si
occupa soltanto del rapporto fra esseri umani, ed anche una
vivacità completamente diversa ed un’energia totalmente nuova.
Con l’etica del rispetto per la vita entriamo in un rapporto spirituale
con l’universo.
Penetra nel profondo di noi stessi e suscita in noi la volontà e
la capacità di creare una cultura spirituale, una cultura etica,
che ci spinge ad agire e a vivere in questo mondo ad un livello
più elevato che nel passato. L’etica del rispetto per la vita ci
trasforma, fa di noi persone nuove.
Incomprensibile e strano era per me quanto era avvenuto: il cammino
verso un’etica più profonda e più forte, che inutilmente
avevo cercato, mi si era rivelato come in un sogno.
……………………………………..
Fino ad oggi l’etica è stata parziale, perché concentrava
il proprio compito esclusivamente sui rapporti interumani.
E’ necessario invece estendere questo rapporto ad ogni forma di vita,
verso ogni essere vivente che faccia parte del nostro ambiente.
L’essere umano può chiamarsi un “essere etico” soltanto se
considera sacra la vita in sé stessa, sia la vita umana, sia
quella di ogni altra creatura.
Ha un fondamento razionale soltanto quell’etica che estende senza
limiti la responsabilità umana nei confronti di tutto ciò
che vive.
L’etica del rapporto interumano non ha una validità autonoma; va
piuttosto inserita in una comprensione complessiva della morale. Il
rispetto per la vita al quale noi esseri umani dobbiamo giungere
racchiude dunque in sé tutto ciò che è compreso
nei concetti di amore, dedizione, compassione, gioia ed anelito comune.
Dobbiamo liberarci da uno stile di vita amorfo, privo di riflessione.
Tutti però siamo soggetti a quel destino misterioso e orribile
che ci mette nelle condizioni di poter restare in vita soltanto a
scapito di altre vite e di renderci continuamente colpevoli
danneggiando e anche distruggendo la vita.
Come soggetti etici, cerchiamo costantemente, per quanto ci è
possibile, di eludere questa necessità. Desideriamo con tutto il
cuore mantenere un atteggiamento ricco di umanità e portare il
nostro aiuto a chi soffre.
Il rispetto per la vita che scaturisce da una volontà di vita
che ha imparato a pensare, è dunque un SI’ alla vita, che
diventa etica collettiva.
E’ necessario l’avvento di una nuova rinascita, molto più
profonda del Rinascimento per il quale siamo usciti dal Medioevo: una
grande rinascita, nella quale l’umanità riesca a superare la
meschinità di una realtà vissuta senza riflessione, per
muoversi verso un atteggiamento ispirato al rispetto per la vita.
Soltanto una cultura veramente etica può dare senso alla nostra
vita e preservarci dalla distruzione provocata da guerre orribili,
prive di senso.
Soltanto questa cultura può far sì che nel mondo si
instaurino condizioni di pace.
…………
Mi è stato
contestato spesso che il mio messaggio fosse, in realtà, una
ripetizione del pensiero di Francesco d’Assisi (1182-1226).
Un’osservazione cui ero già arrivato da solo. Fin da quando ero
studente tenevo in grande stima Francesco d’Assisi, che consideravo il
più profondo dei santi.
Francesco ha annunciato come un messaggio celeste la fratellanza
dell’essere umano con tutte le creature. Per chi lo ascoltava era una
pia illusione; nessuno tentò di realizzarla sulla terra.
L’etica del rispetto per la vita, invece, vuol essere la realizzazione
elementare ma innegabile di un’esigenza profonda del pensiero umano.
…………
Durante un breve soggiorno
in Europa nel 1951, venne a trovarmi la signora Ella Krieser,
direttrice di una grande scuola nella città di Hannover, per
comunicarmi che nella sua scuola veniva insegnato il rispetto per la
vita.
Diceva che i bambini comprendevano molto bene questo insegnamento e
cercavano anche di attuarlo concretamente con il loro comportamento.
Sotto l’influenza di questo insegnamento si era verificato in loro un
cambiamento spirituale. Mantenni i contatti con questa direttrice;
durante un successivo soggiorno in Europa visitai la sua scuola ed ebbi
parecchie conversazioni con i ragazzi. Non avevano più nulla di
infantile: la consapevolezza, già alla loro età, di avere
il compito di comportarsi con bontà verso tutte le creature li
rendeva felici e seri.
Tutto ciò che posso sapere e sperimentare sulla diffusione e
l’influenza della dottrina del rispetto per la vita rafforza in me la
convinzione che essa rappresenta la verità elementare di cui
l’umanità ha bisogno per giungere ad una spiritualità
autentica e lasciarsi dirigere da essa.
Tutto questo acquista un significato particolare per la nostra
generazione. La mancanza di umanità è aumentata rispetto
alle generazioni precedenti. Noi infatti siamo venuti in possesso di
armi nucleari, e per noi la possibilità e la tentazione di
distruggere la vita supera ogni limite.
La fiducia appartiene alla sfera dello spirito ed è possibile
soltanto in una realtà spirituale. Una risposta al bisogno di
questa realtà spirituale è l’affermarsi del rispetto per
la vita tra le popolazioni del nostro tempo.”
(da “L’origine dell’idea
del rispetto per la vita ed il suo significato per la nostra cultura”)
“E’ bene mantenere e
promuovere la vita; è male ostacolare e distruggere la vita.
Noi siamo persone morali quando usciamo dal nostro attaccamento a noi
stessi e superiamo l’estraneità nei confronti degli altri esseri
viventi, per condividere la vita e la sofferenza con tutto ciò
che vive intorno a noi.
Siamo persone autenticamente umane soltanto se possediamo questa
caratteristica; essa determina in noi una moralità che, pur
evolvendosi continuamente, sarà duratura e servirà da
orientamento.
Il rispetto per la vita e la condivisione dell’esperienza della vita
degli altri esseri è una grande meta per il mondo. La natura non
conosce alcun rispetto per la vita: mille volte essa genera la vita
nella maniera più ricca di senso e mille volte la distrugge
nella maniera più insensata. Negli esseri viventi di ogni grado,
fino alla specie umana, è infusa una terribile incoscienza. Gli
esseri viventi possiedono soltanto la volontà di vita, ma non
hanno la capacità di condividere l’esperienza di vita di altri
esseri; soffrono ma non sanno compatire. La grande volontà di
vita che sostiene la natura è misteriosamente in dissidio con
sé stessa; gli esseri viventi vivono a scapito della vita di
altri esseri. La natura permette che vengano commesse le più
orribili atrocità. Attraverso l’istinto essa guida un certo tipo
di insetti ad aprire un foro, con il loro pungiglione, in altri insetti
per infilare le proprie uova nel loro corpo; la larva che si
svilupperà dall’uovo tormenterà l’insetto fino a farlo
morire.
La natura induce le formiche ad associarsi per aggredire un povero
piccolo essere ed inseguirlo finché non muoia. Osserva il ragno!
Com’è terribile l’arte che la natura gli ha insegnato!
La natura è bella e meravigliosa se osservata dall’esterno, ma
è raccapricciante leggere il suo diario. E la sua
atrocità è proprio priva di senso!
Un bambino respira i bacilli della tubercolosi; il bambino cresce,
prospera, ma dentro di lui si annidano la sofferenza e una morte
prematura, perché questi esseri microscopici si moltiplicano nei
suoi organi più nobili.
Quante volte in Africa sono stato preso dall’orrore quando analizzavo
il sangue di qualche paziente affetto da malattia del sonno.
Perché quest’uomo sedeva con il viso sfigurato dal dolore e
gemeva: “Oh la mia testa! Oh la mia testa!”?
Perché doveva trascorrere lunghe notti piangendo e poi morire
miseramente?
Perché sotto al microscopio apparivano dei piccolissimi
corpuscoli, sottili e pallidi, lunghi da dieci a quaranta millesimi di
millimetro – oh, non tanti, spesso soltanto pochissimi, tanto che
talvolta era necessario cercare per ore per scoprirne uno solo!
Avviene lo stesso nella misteriosa frattura che si crea all’interno
della volontà di vita, poiché un essere vivente si
contrappone ad un altro essere vivente, producendo sofferenza e morte,
senza colpa né innocenza.
La natura insegna un terribile egoismo, interrotto soltanto da quel
breve lasso di tempo in cui, per istinto, gli esseri viventi sentono il
bisogno di dare il proprio amore ed il proprio aiuto alle creature che
loro stessi hanno generato. Che un animale ami i propri piccoli fino a
sacrificare la propria vita per loro, che quindi sia capace di
compassione, rende ancora più atroce il fatto che esso neghi la
sua compassione agli esseri che non abbiano lo stesso legame con lui.
Il mondo, consegnato ad un egoismo incosciente, è come una valle
immersa nell’oscurità; soltanto in alto, sulle cime, splende la
luce. Tutti devono vivere al buio, uno soltanto può alzarsi e
guardare la luce, l’essere umano. Questi può giungere alla
conoscenza del rispetto per la vita, e a fare un’esperienza comune
della vita e della compassione; può uscire dall’incoscienza in
cui langue il resto del creato.
E questa conoscenza è il grande evento nell’evoluzione
dell’essere. Con essa, nel mondo, appare la verità ed il bene;
la luce risplende al di sopra delle tenebre; viene raggiunto il
concetto più profondo della vita, la vita che è, nello
stesso tempo, vivere-con-gli-altri, dove ogni singola esistenza
percepisce l’urto dell’onda di tutto il creato; nella singola esistenza
la vita perviene alla coscienza di sé stessa, finisce
l’esistenza singola, e l’esistenza al di fuori di noi confluisce nel
nostro essere.
……………………………………………
Cammini per un sentiero in
un bosco: il sole risplende fra i rami degli alberi, gli uccelli
cantano, mille insetti ronzano felici nell’aria. Ma, anche se tu non ne
puoi niente, il tuo sentiero è un sentiero di morte. Qui una
formica è straziata perché tu la calpesti, là
stritoli un piccolo coleottero, e ancora un verme si contorce,
perché il tuo piede gli è passato sopra. Nel meraviglioso
cantico della vita entrano le note del dolore e della morte, che
provengono da te, colpevole innocente.
E così, nonostante tutto il bene che vorresti fare, percepisci
la tua terribile impotenza nel dare l’aiuto che vorresti. Poi si fa
sentire la voce del tentatore che ti dice: ‘Perché ti tormenti?
Non serve a niente. Lascia perdere, diventa indifferente, spensierato,
insensibile come gli altri.’
E si affaccia anche un’altra tentazione.
Compatire significa soffrire. Chi, anche per una volta sola, ha fatto
l’esperienza di vivere in sé stesso il dolore del mondo, non
può più godere la felicità come vorrebbe. Nei
momenti che gli recano gioia e contentezza, non è più in
grado di abbandonarsi, libero, alla felicità, perché
è sempre presente in lui il dolore condiviso con gli altri
esseri. Conserva in sé quello che ha visto.
In una compagnia allegra, d’improvviso egli diventa spiritualmente
assente. E, a questo punto, interviene di nuovo il tentatore e gli
dice: ‘Così non si può vivere! Bisogna avere la
capacità di non vedere quel che succede intorno a noi. Non
bisogna essere tanto sensibili. Rieducati alla necessaria
insensibilità, mettiti addosso una corazza, diventa spensierato
come gli altri, se vuoi vivere con intelligenza’.
Respingi le tentazioni convincendoti che per te è una
necessità interiore condividere l’esperienza di vita degli altri
esseri viventi ed averne compassione.
Di fronte all’immensità delle esigenze, tutto quello che potrai
fare sarà sempre soltanto una goccia, mentre servirebbe un
fiume; eppure, il poco che potrai fare darà senso e valore alla
tua vita.
Il poco che puoi fare può essere molto se, in qualsiasi parte
della terra, riuscirai a sollevare dalla sofferenza, dal dolore e dalla
paura un essere vivente, sia che si tratti di un essere umano sia di
qualunque altra creatura.
Partecipando alla sofferenza, hai contemporaneamente la capacità
di condividere la gioia degli altri.
Se diventi insensibile alla compassione, perdi nello stesso tempo anche
la possibilità di partecipare alla felicità di un altro
essere vivente: la compartecipazione alla gioia che si manifesta
intorno a noi, accanto al bene che noi stessi possiamo fare, è
l’unica felicità che ci rende sopportabile la vita.
Perciò io vi dico: non permettete che vi si renda insensibili,
rimanete desti!
Si tratta della vostra anima!”
(da “Il rispetto per la
vita” prima esposizione pubblica – sermone tenuto nella Chiesa di San
Nicola a Strasburgo il 23 febbraio 1919)
“Io mi rallegro per i
nuovi farmaci contro la malattia del sonno che mi permettono di
mantenere in vita i miei pazienti, mentre prima dovevo assistere a
scene strazianti. Però ogni volta che, guardando al microscopio,
vedo davanti a me gli esseri che causano la malattia del sonno, non
posso fare a meno di riflettere sul fatto che devo distruggere queste
vite per salvarne delle altre.
Compro dagli indigeni un’aquila di mare, che hanno catturato su un
banco di sabbia, per salvarla dalle loro mani crudeli. Ora però
devo decidere se la lascio morire di fame o se ogni giorno uccido un
certo numero di pesci per mantenerla in vita. Scelgo l’ultima
soluzione. Ma ogni giorno trovo insostenibile il fatto che, per mia
responsabilità, queste vite vengano sacrificate in nome di
un’altra vita.
Quando avverrà che l’opinione pubblica non sopporti più
gli spettacoli popolari che consistono nel maltrattamento di animali?
Poiché, insieme a tutto il creato, l’essere umano deve
sottostare alla legge dell’autoscissione della volontà di vita,
egli viene via via a trovarsi nella situazione di poter mantenere la
propria vita, come ogni altra vita, a scapito di altre. Se è
mosso dall’etica del rispetto per la vita, danneggerà e
distruggerà la vita soltanto per necessità, alla quale
non può sottrarsi, ma mai per noncuranza. Se è una
persona libera, cercherà tutte le possibili occasioni per
gustare la beatitudine di dare il suo aiuto alla vita, di allontanare
dalla vita il dolore e la distruzione.
……………………………………………….
Alla domanda se sono
pessimista oppure ottimista, rispondo che la mia conoscenza è
pessimista, mentre la mia volontà e la mia speranza sono
ottimiste.
Sono pessimista in quanto vivo in tutta la sua pesantezza il nonsenso
degli avvenimenti che succedono nel mondo. Soltanto in rarissimi
momenti sono stato veramente contento della mia esistenza. Non potevo
far altro che condividere tutto il dolore che vedevo intorno a me, non
solo il dolore degli esseri umani, ma anche quello del creato. Non ho
mai tentato di sottrarmi a questa com-passione. Mi sembrava ovvio che
tutti dovessimo portare insieme il peso del dolore che c’è nel
mondo.
Anche se mi sono occupato del problema della povertà nel mondo,
non mi sono mai perduto a scervellarmi su questo, ma ho sempre pensato
che ciascuno di noi può contribuire a far cessare un po’ di
quella miseria.
Così, molto gradualmente, mi sono convinto che l’unica cosa che
possiamo comprendere riguardo a questo problema è che dobbiamo
camminare per la nostra strada pronti a portare salvezza.
Poiché ho fiducia nella forza della verità e dello
spirito, credo nel futuro dell’umanità. L’accettazione etica del
mondo e della vita contiene una volontà ottimista ed una
speranza che non può svanire.
Per questo essa non teme di guardare in faccia, così
com’è, questa triste realtà.”
(da “Retrospettiva e
prospettiva”)