LA MOSTRA

 

 

 
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LA MOSTRA
PALAZZO TE
I GONZAGA
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A Mantova, negli appartamenti di Vincenzo Gonzaga, all’interno del palazzo ducale, viene esposta una raffinata selezione di opere di Correggio, Andrea del Sarto e Mantegna.
Fino all’8 dicembre 2002 sarà possibile ammirare capolavori quali il ritratto di Tiziano del Louvre, la toilette di Venere di Guido Rene e l’assemblea degli Dei di Rubens.
I Gonzaga vivevano nel lusso, come testimoniano i fastosi palazzi, classicamente ritmati dalle pitture di Giulio Romano o dagli affreschi del Mantegna, che con la Camera picta segnerà la storia dell’arte.
Vi era una galleria che raggruppava molti e straordinari dipinti. Dopo la morte del duca Ferdinando, Carlo I Stuart acquistò numerosi quadri e statue, ed è poi dal saccheggio dei Lanzichenecchi, che oggi evoca la mostra: La Celeste Galleria.
Il palazzo Te è stato costruito da Giulio Romano per gli “ozi“ di Ferdinando II.
I Gonzaga erano spropositatamente ricchi e la loro passione per l’arte era un modo per continuare a colloquiare con il resto d’Europa. All’interno della mostra, sono esposti duecento oggetti, tra cui rari codici musicali, gioielli, cristalli di rocca, armi, bronzetti, testimoni della raffinatezza e della spensieratezza di questa corte. Oltre ai Tiziano, ai Rubens, ai Guido Reni, sono tornati a Mantova, grazie a questa rassegna, il Ritratto di Erasmo di Quentyn Metsys, il Ritratto di Ferdinando Gonzaga un giovane d’età, sempre di Rubens, l’enorme Allegoria della Carità della Giustizia del Baglione che per Mantova ha lasciato Kensigton Palace, ed oltre al Cristo morto di Brera anche un monocromo di Andrea Mantegna.
La mostra della collezione Gonzaga è una specie di consacrazione di un metodo di studio nella storia del collezionismo. Al di là dell’apprezzamento delle singole opere c’è l’interesse straordinario di poter dire: “quest’opera che è oggi a Londra o a Vienna fu nel palazzo ducale di Mantova”. Non è stato sempre così, ma fu così al tempo dei Gonzaga e in sommo grado.
Poco dopo la metà del Quattrocento lavorò per loro uno dei più grandi artisti di tutti i tempi, Andrea Mantegna.
Prima che Freud spiegasse come il sogno sia la realizzazione del desiderio, Mantegna lo aveva fatto nella pittura e la Camera degli Sposi, nel castello di San Giorgio, fu la realizzazione di un desiderio, quella della nobile casata che si affaccia sulla soglia della storia.
Con un insegnamento del genere i Gonzaga dovevano diventare cultori d’arte e, dopo la presenza di quella grandissima donna che fu Isabella D’Este, una che di arte se ne intendeva sul serio, questo destino si avverò. Il palazzo Ducale divenne una città dentro la città e questa venne ingigantita attraverso un profluvio di opera d’arte.
Successivamente arrivò Rubens a Mantova e il fascino della sua persona e l’eccezionale competenza fece sì che nascesse con lui una figura diversa di artista nell’ambito della corte. Diplomatico di formazione e di carriera, Rubens diventò il consigliere e il maestro supremo, l’intenditore che sa comprare le opere e l’autore che dimostra la supremazia dello stile naturalistico, nutrito di invenzioni, di sapienza, di sbalorditiva disinvoltura. Restò negli annali il suo acquisto della Marta della Vergine del Caravaggio per la corte di Mantova. Sappiamo, ma sempre con notevole margine di incertezza, come la collezione fosse dislocata in Palazzo Ducale.
La mostra è a Palazzo Te perché non è più possibile ricostruire sul serio la collocazione e ogni sito originario.
Si rivedono i Rubens, le meraviglie di Domenico Fetti, le opere di Giovanni Baglione e Fra Semplice da Verona.
Sono coloro che videro con i propri occhi la grandezza sconfinata dei Gonzaga e che fornirono a questa casata dipinti eccelsi.


                                                                                                                              

 


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