La trama della storia è ormai scritta. Il merito è ascrivibile ,in maniera determinante, al Prof.Giorgio Pellegrini e ai suoi collaboratori che sono riusciti a dipanare l’intricata matassa. Nel momento in cui ci si appresta a riempire gli ultimi tasselli mancanti della vicenda , a Tonara sembra sia scoppiata un’epidemia. Fino a ieri nessuno era a conoscenza dell’importanza del fatto e della sua rilevanza , oggi tutti si cimentano nel tentativo di contribuire ad arricchire i particolari . Partiamo con ordine. Riassume per noi il quotidiano L’Unione Sarda " Poco più di un mese fa (il tredici febbraio scorso) un articolo dello storico dell'arte sardo Giorgio Pellegrini ha portato alla luce una storia curiosa e affascinante. Quella di un pittore e incisore viennese, rifugiatosi a Capri nel primo Novecento sull'onda di una setta esoterica e poi approdato in Sardegna. Vi soggiornò dieci anni, non smise di lavorare, produsse opere di cui si era persa traccia. Dove visse? Come visse? Dove sono le sue incisioni? Pellegrini, attraverso la pagina della Cultura, chiese aiuto ai lettori. E di risposte ne sono arrivate molte, alcune delle quali eccezionalmente interessanti. Qualche tempo dopo queste osservazioni , nel nostro paese arriva una studentessa universitaria che indaga fra i paesani , prima stupiti e poi sempre più curiosi , per trovare elementi relativi ai fatti . Non conosciamo il contenuto della relazione della studentessa ma dagli sviluppi che la sua visita ha avuto possiamo affermare che abbia colto nel segno . Infatti a seguito delle nuove informazioni ,il Prof. Pellegrino ,con un nuovo intervento sull’Unione Sarda del 1 Aprile 2000 , pone fine alle più grandi incertezze del caso. " Chissà se Hans Paule amava il torrone. Interrogativo banale ma comunque plausibile, data la sede, finalmente individuata, del suo lungo confino in Sardegna: Tonara. Le preziose informazioni di due lettori dell'articolo dedicato al pittore austro-caprese, hanno confermato insomma l'ipotesi che indicava la Barbagia di Belvi come possibile area di residenza dell'internato. E così, sulla misteriosa stagione isolana dell'artista comincia a ricamarsi una trama reale. Sembra di vederlo, in quell'estate del 1915, scendere dal fumigante trenino di montagna, strappato all'azzurro della sua Capri per ritrovarsi immerso in un mare ombroso di verdi. Fendere quella selva lentamente, a cavallo, sino a raggiungere la bella Tonara, adagiata nella sua valle folta di castagni, sotto l'occhio vigile dell'alto Muggianeddu. Ad attenderlo in paese: Giovanni Tore, sindaco dal 1907 del Comune barbaricino (…) Sino alla fine della guerra, per quattro lunghi anni, Hans Paule vivrà lì, nella mansarda di casa Tore, affacciata su quei boschi infiniti che diventano subito regno e rifugio dell'artista: profumi intensi - legno, terra, muschio - muovono antiche nostalgie alpine, di altri monti e altre foreste di un'Austria quasi dimenticata. E Paule si abbandona a quell'abbraccio enorme di foresta, da cui trarrà ben presto il materiale stesso della sua arte: il legno di castagno, onnipresente e vera ricchezza di Tonara, robusto e leggero, tenero e pastoso, abituato da millenni al tormento del ferro di boscaioli e abili intagliatori. La mansarda di casa Tore si trasforma allora in studio e laboratorio xilografico, spazio misterioso, magico (…). (…) specie se il tempo lo permetteva, alla protezione delle pareti amiche di casa Tore, Paule alternava le lunghe, solitarie passeggiate nelle viscere dei boschi incantati di Arasulè, e oltre. Molto oltre, se è vero, come testimoniano ancora i racconti di Ester Tore al figlio Sergio, che non poche volte i carabinieri di Sorgono lo riportarono impettiti al sindaco imbarazzato. (…) In verità, a vedere le sue opere di quegli anni, sembra che Paule fosse più attratto dalle policromie smaglianti dei costumi tradizionali che dai fantasmi della foresta. Un pittore di Capri, che ha avuto modo di leggere l'articolo pubblicato il 13 febbraio sull'Unione, ci scrive di due piccoli quadri dell'austriaco in suo possesso, dei quali ha finalmente capito l'ambientazione: dai costumi rappresentati aveva sempre pensato a un soggetto... russo. Interpretazione affatto plausibile, data l'affinità cromatica e primitivista delle scelte formali di Paule con certa figurazione di una Gonciarova o di un Larionov, vicina peraltro anche quella a comuni modelli espressionisti. Matrice linguistica, quest'ultima, evidente in un'altra xilografia del nostro, di cui cortesemente ci invia copia un altro nipote di Giovanni Tore, figlio di Attilio, il fratello maggiore di Ester. Il lettore, di cui rispettiamo la volontà di non apparire, è in possesso di una matrice originale in castagno, intagliata da Hans Paule, in cui si riconosce la figura di una filatrice. Il soggetto è lo stesso della già citata cromoxilografia di proprietà della Società bonifiche sarde di Arborea, ma la tavola, oltre ad essere priva del monogramma dell'autore, presenta alcune caratteristiche che non consentono di considerarla madre di quella stampa, si tratta molto probabilmente di una pregevolissima matrice intermedia. Risalta comunque la perfetta essenzialità del segno di Paule, il contrasto deciso di vuoti e di pieni - bianchi e neri sulla carta - a fissare l'asciutta sobrietà del costume muliebre: eleganza barbarica che si riflette, brillante, nell'austero equilibrio compositivo dell'immagine. Un'altra opera si aggiunge così al brevissimo repertorio dei lavori di Hans Paule presenti in Sardegna, di cui al momento si ha notizia. E gli altri? (…si sa della ) commossa dipartita dell'ospite alla fine della guerra. (…) Se dobbiamo prestar fede al già citato articolo di Edwin Cerio, dalla fine della guerra Hans Paule si trattiene per altri sei anni in Sardegna - sino al 1924 - e viene persino "accolto amorevolmente da una banda di malandrini": certo è che non ritorna più a Tonara a ritirare le sue cose. Rientrato a Capri continuerà a dipingere e a produrre splendide xilografie sino alla morte, avvenuta nel 1951. (…)
E il mistero continua. Come e dove ha trascorso Hans Paule, non più costretto al domicilio coatto, quegli altri sei lunghi anni in Sardegna? Che fine hanno fatto i suoi averi (…) La ricerca continua. Ma viene da chiedersi se la risposta a tutti i nostri quesiti non sia forse nel senso ineluttabile di quelle famose rime, del cantore tonarese Peppino Mereu, dedicate, ai primi del secolo scorso, all'amico Nanni Sulis, leggendario medico condotto. "Nanneddu meu / su mund'est gai, / et sicut erat / non torrat mai " Che il nostro autore abitasse presso la famiglia Tore o sia transitato anche nei " pizziggedos" (sotto tetto) di altre – i Sulis e altri – è di secondaria importanza . L’aspetto fondamentale è he ci è stato restituito un compaesano acquisito che si è guadagnato tanti onori mentre la memoria collettiva ne aveva perso la coscienza ( se mai posseduta ). E di questo si deve dare merito al ricercatore . Possiamo tentare altre considerazioni tristi : triste situazione è quando opere d’arte vengono tenute chiuse nelle proprie cassepanche togliendole alla vista della gente e degli studiosi . O peggio quando esse vengono buttate perché non ritenute valevoli . Consuetudine questa cui , a Tonara , siamo avvezzi considerata la sorte riservata ai dipinti della chiesa di Sant’Antonio o ad altri oggetti d'arte creati o transitati in questi luoghi. Pensiamo ,anche , ai tanti oggetti , di uso comune, che vengono buttati dai privati e dagli Istituti pubblici , non esclusa la Chiesa . Eppure anche questi permetterebbero di mantenere viva la cultura di un periodo che , comunque , ci è appartenuta e che è servita a caratterizzarci come comunità