Il nostro paese era colpito in pieno dalla crisi economica e continuava
l'emigrazione verso i paesi economicamente ricchi del nord Europa ; non era
ancora cominciato il flusso migratorio verso il nord Italia che avrà inizio
solo con il boom economico dei primi anni sessanta. Le anime che popolavano il
paese erano tante e diversi lavoratori facevano la fila quotidiana al locale
ufficio di collocamento. Nel nostro paese non c'erano molte autovetture.
Potevano contarsi nel palmo di una mano. Alcune , le giardinette, macchine
piccole ma assai comode, adatte al trasporto di persone e di materiali, erano
di proprietà di impresari agiati. Vi era ,quindi, quella del medico condotto e
un'insolita autovettura nera con l'abitacolo separata da una vetrata . Quest'ultima
era adibita ad autonoleggio e di proprietà di un intraprendente forestiero che
il giovedì doveva passare il tempo nella conciliatura per l'udienza dei
clienti morosi .
C'era un'auto più modesta :una topolino grigia ,di proprietà di un insegnante,
anche lui forestiero. Sembrava tenere il mezzo più per sfizio che per
servizio. Era spesso a secco di benzina e non poteva permettersi di
scorrazzare in lungo e in largo poiché con lo stipendio che percepiva a
malapena pagava la pensione in cui abitava ; il resto bastava per i viaggi da
e per il suo paese ,in occasione delle festività ed in chiusura dell'anno
scolastico. Vi erano, infine , due leoncini OM, a cassone fisso, adibiti al
trasporto di materiali dalla città per un timido commercio esercitato dagli
stessi proprietari. Ogni tanto questi mezzi servivano anche per il trasporto
di persone e a tale scopo erano così attrezzati: quattro panche di duro legno
di castagno locale disposte per la lunghezza del mezzo, due lateralmente con
le spalliere rivolte all'esterno e due all'interno con le spalliere
combacianti. Il tetto del mezzo era costituito da un telone logoro ed
improvvisato. Uno di questi veniva utilizzato per il trasporto della squadra
di calcio nelle sue trasferte verso località assai distanti in quanto Tonara
era l'unica squadra, in tutto il Mandrolisai, le Barbagie di Belvì e Seulo ed
il Sarcidano, che militasse in un regolare torneo di Divisione Calcistica .
Questo viaggio si ripeteva ciclicamente ogni quindici giorni. I trasporti di
persone venivano effettuati anche nei pellegrinaggi di fede , quali la Madonna
del Rimedio e la Sagra di Santa Croce ad Oristano e la Madonna di Bonacatu a
Bonarcado.
Il più grosso pellegrinaggio degli anni cinquanta trovò direzione Bultei,
piccolo centro della provincia di Sassari, allorché si sparse la voce che una
madonnina di gesso posta in una cappella alla periferia di quel centro
muovesse il capo. Il pellegrinaggio durò una quindicina di giorni e nessuna
persona appartenente alla locale azione cattolica si sottrasse
all'adempimento. Fra le quattro ruote citate non compare però l'autore
principale della nostra storia. Era questo, infatti, un vecchio trerrò; non si
sa se questo fosse il suo vero nome , chissà per quale motivo venisse chiamato
così. Certo è che al solo pensarci, per chi avesse conosciuto quell'autocarro,
la sua forma e il suo nome evocano qualcosa di teutonico. Era l'unico grosso
mezzo da trasporto di Tonara. Aveva un colore indefinito dovuto ,forse, alla
sua vetustà ,al suo lungo vivere all'aperto,all'essere un residuato bellico
scampato a chissà quale traversia o all'incuria . Non era ancora entrato in
vigore il "Codice della Strada", questo avverrà solo due anni dopo, per cui se
da parte dei preposti c'era controllo sui documenti del conducente non vi era
per il mezzo e tutte le sue parti. L'unico introito derivante dalle multe
stradali era dovuto dai conduttori di carri a buoi per le targhe gialle dei
loro veicoli, o poco leggibili o deformate, o per la mancata esibizione del
bollettino degli animali. In questa situazione veniva tartassato maggiormente
un carrettiere che non aveva appresso la lanterna a carburo per la
segnalazione notturna o il ciclista che aveva la bici senza fanalino piuttosto
che il proprietario di un automezzo che viaggiava a fari spenti. I copertoni
duravano anni ed anni e ogni qualvolta la macchina si fermava, se era una
bella giornata di sole, da questi sprizzava una luce accecante che proveniva
dal filo d'acciaio che formava l'intelaiatura degli stessi.
Un bel giorno, stanche di vivere, due coperture impietosirono il padrone del
trerrò , riuscì a sostituirle dopo avervi lavorato e sudato per due intere
giornata con leve , mazze ed altro . A lavoro ultimato i due copertoni vennero
affidati alla pietà degli sconosciuti che in qualche modo se ne sarebbero
disfatti o serviti. I fortunati possessori pensarono di rivenderli in vari
modi. Contrattarono con i porcari, che ne volevano fare dei trogoli per i
maiali, ma, essendo il prezzo proposto troppo alto, non si arrivò alla
conclusione dell'affare. I calzolai li volevano per fare suole per scarpe da
lavoro e da campagna ,erano disposti all'acquisto della gomma libera
dall'intelaiatura d'acciaio, ma anche questo affare naufragò. Pensando sempre
di ricavare qualcosa che permettesse loro di acquistare mezza dozzina di
sigarette,che venivano vendute anche sfuse, ma questo desiderio restò per
sempre pio. Nascosero, perciò, il loro tesoro ,per parecchi giorni, in un
anfratto roccioso , distante dall'abitato e in una posizione che potessero
controllare a distanza. Fecero il giro dei tabacchini cercando di convincere i
gestori a far loro credito di qualche sigaretta che avrebbero pagato
successivamente a conclusione dell'affare. Ottennero solo dinieghi. L'unica
concessione fu quella di due zolfanelli da parte del tabaccaio più anziano
stanco di vederseli ogni giorno tra i piedi e con la saggia proposta che ove
avesse fallito il primo fiammifero fosse stato il secondo ad infiammare il
loro tesoro. Nella parte alta di "Su Toni", da dove si gode un bellissimo,
incomparabile e incommensurabile panorama di Tonara , dominante una delle
poche vallate verdi e ricche di vegetazione di tutta la Sardegna , c'era
allora un crepaccio, della larghezza di un metro, lunga circa sei o sette e
alta altrettanto in altezza. Per parecchi giorni questa profonda fenditura
nella roccia fu lo scrigno dei beni dei due nostri. La primavera si era
risvegliata da un po’ di tempo e con essa si svegliò il paese ,caduto in un
lungo letargo a causa di un inverno più duraturo e più freddo di quello
precedente. Un gruppo di bambini del rione di Toneri , che giocava "a bandi 'a
sorda", vide un filo di fumo che saliva nella piana di "Su Toni" e richiamò
l'attenzione di un negoziante, che in quel momento si godeva uno dei tanti
riposi quotidiani, dietro il bancone di vendita. Era costui un reduce di
guerra che aveva partecipato alle operazioni militari in Sicilia al tempo
dello sbarco alleato e si trovava di stanza a Misterbianco, in provincia di
Catania, e che continuava a chiamarlo Montebianco. In questo periodo in
continuazione aveva visto fumare l'Etna ed in precedenza era stato ,da
richiamato,a Napoli ed era attendato in mezzo a mille pericoli eruttivi alle
falde del Vesuvio.
Costui, nella sua saggezza ed esperienza, nel notare il fumo che saliva verso
il cielo esclamò "Est'unu vurcanu!… Est'unu vurcanu! " Nel sentire
l'espressione ,i ragazzini, a perdifiato, risalirono per Craccalasi e
raggiunsero velocemente la strada statale per poi unirsi in frotta ad altri
gruppi di ragazzi che in quella tarda mattinata domenicale giocava per strada.
In questa veloce corsa non mancarono ,tuttavia , di comunicare alle persone
incontrate il nuovo evento, fenomeno questo conosciuto solo nei libri
scolastici o dalla reale e diretta conoscenza di pochi sulla quale
fantasticavano in molti. In un battibaleno, la notizia fece il giro del paese
e mentre il fumo nero ed intenso saliva sempre più in alto molte più persone
accorrevano al luogo dell'accaduto. Nessuno, forse per timore reverenziale o
forse per paura vera, osava avvicinarsi al luogo di nascita del nuovo
fenomeno. Alla paura dei tanti si mischiava la gioia di pochi affaristi che
progettavano la nascita di nuove attività. Per la prima volta in molti
sentirono parlare di "acque termali e delle Acquae Neapolitane di Sardara che
traevano origine da Napoli e provenivano fino a noi riscaldate dalle
profondità del Vesuvio." Ma era proprio un vulcano o era lo scherzo di qualche
buontempone?. Si ebbe la certezza che fosse un vulcano dall'oracolo in loco di
un insegnante siciliano, uno dei tanti presenti nelle scuole dell'isola. Tutto
serio, chiese il silenzio e domandò ai presenti più anziani, in special modo a
quelli che coltivavano i vigneti, che odore sentissero in quell'acrità di
fumo.
La risposta fu una sola: "zolfo". Chiarì che la produzione maggiore di zolfo
era e restava in Sicilia e che in quell'isola c'è il monte Etna che fuma allo
stesso modo e nel contempo invitava i presenti ad allontanarsi il più
possibile perché il vulcano avrebbe potuto eruttare lapilli. Che mai erano
questi lapilli?. Spiegò il professore che erano delle pietre incandescenti
sputate dal vulcano. Nel sentir questo i carzinargios pensarono bene di
sfruttare questa nuova attività . Calcolarono che avrebbero risparmiato
energie , azzerato le spese per l'estrazione delle pietre calcaree e del
fasciame, ed avuto la calce pronta a breve distanza dalle loro fornaci grazie
a questo grande fuoco che li aiutava. Per lo spavento o in quanto il fenomeno
veniva considerato un bene del buon Dio , le donne, che erano arrivate col
rosario , che tenevano sempre in tasca, iniziano le loro preghiere con il
Gloria.In un punto più distante, ragazze e ragazzi dell'azione cattolica
intonano il Salve Regina , canto che inondò tutta la vallata ed arrivò su in
alto e fin oltre la vetta di Muggianeddu. A questi si unì il coro dei cani che
custodivano le greggi nella circostante campagna ,poiché erano stati
disturbati da quell'insolito quanto strano vociare. Le volpi ,che da sempre
hanno le loro tane negli anfratti rocciosi di "Su Toni", svegliate di
soprassalto ed impaurite scavano più in profondità le loro tane ed i corvi
,che alloggiano nei buchi di quelle rocce, scappano velocemente e con i loro
strilli infernali ne allontanano anche tutti gli altri uccelli. Richiamato da
tanto rumore ed in compagnia di due carabinieri , arriva il comandante della
locale caserma. Costui ,uomo serio e tutto d'un pezzo, proveniente da una
stazione della benemerita del nord Italia e quindi abituato a certi odori
caratteristici di quelle zone industriali,cerca subito di individuare i
responsabili del misfatto. Un Appuntato che lo segue, ottimo conoscitore dei
buontemponi di Tonara, sentita tra il pubblico la sentenza dell'oracolo, cerca
di convincere il Maresciallo a non proseguire nell'indagine poiché stava
cadendo in errore. Arriva provvidenziale l'intervento del tabaccaio degli
zolfanelli e quello degli altri tabaccai, memori della mancata contrattazione
coi due ragazzi, che pone fine alla querelle. D'incanto non si odono più ne
canti ne urla, stizzosamente le pie donne ripongono nelle tasche i rosari,
tacciono i corvi e si ode il canto melodioso delle cinciallegre. Crolla così
il sogno delle acque minerali e dei tanti che in un battibaleno avevano
sognato di acquistare un autovettura per le loro gite e un mezzo pesante per
effettuare i trasporti verso altre località da quella che poi sarebbe divenuta
una località ricca a guisa di quelle del nord Italia. Tutti rientrano mesti
alle loro case e nessuno osa parlare più dell'accaduto.