Non è questo molto esteso perché forse la sua area non pareggia le 20 miglia.
Esso è quasi tutto montuoso, non pertanto non mancano de’ piccoli piani. La
montagna principale è la così detta Genna-de-Floris, la quale è una dipendenza
del Montargento, di cui può trovarsi la descrizione nell’articolo Sardegna.
Dalla sua giogaja scuopronsi tutte le regioni occidentali e lo sguardo
distendesi ne’ mari di ponente. In molti tratti la selva de’ ghiandiferi,
mescolati di altre specie, è folta, e si vedono alberi annosi e folti ; in
altri è rara e gli alberi di aspetto meschino. Le fonti si aprono a tutti i
passi per così dire, e alcune di una copia notevole. Le acque sono di tutta
bontà. Qui però devesi fare una eccezione , e sarebbe per l’acqua che bevesi
nel vicinato di Toneri, acqua che non è di cattivo gusto , ma che tuttavolta
si sente men buona di quella che bevesi negli altri rioni. Alla quale si
attribuisce certa deformità che patiscono molti di coloro che ne bevono e
specialmente le donne, e voglio dire il gozzo , che in alcune cresce al volume
d’un’arancia ordinaria, in altre anche più. Intanto questa supposizione viene
a confermarsi in quanto parecchie donne degli altri rioni , le quali
frequentano il rione di Toneri e vi stanziano per le loro faccende contraggono
per lo più la stessa deformità. Si è fatta osservazione sopra alcune donne di
Arasulè, le quali per matrimonio o per altro qualunque motivo avendo
trasferito il loro domicilio in Toneri indi a poco lasciaron vedere nel collo
un piccol nodo, che andò crescendo a poco a poco sino al sunnotato volume. Nel
territorio di Tonara si formano alcuni rivi, de’ quali uno discende nella
valle boreale, l’altro nella valle australe, il quale, come abbiam notato, ha
origine nel monte Sessini. il grosso selvaggiume vi è abbondante, e si trovano
cervi, cinghiali e mufloni. E’ pure abbondantissimo l’uccellame grosso e
gentile.
Nel censimento del 1846 si notarono in Tonara anime 2476 , distribuite in
famiglie 648 ed in case 472 (forse 572?).Il detto totale distinguevasi in uno
ed altro sesso secondoi diversi periodi dell’età nelle seguenti parziali;sotto
gli anni 5 maschi 145, femmine 159; sotto li 10 mas. 137, fem.134; sotto i 20
mas. 154, fem. 196; sotto i 30 mas 118,fem. 154; sotto i 40 mas. 131 , fem.
128; sotto i 50 mas.116 , fem. 138; sotto i 60 mas. 104 , fem. 117; sotto
70mas. 98 , fem. 118; sotto gli 80 mas. 81 , fem. 98 sotto i 90 mas. 76, fem.
30; sotto li 100 mas 27, fem. 17. Distinguevasi poi secondo le varie
condizioni domestiche il totale de’ maschi 1187, in scapoli 695, ammogliati
436, vedovi 58; il totale delle donne 1289 in zitelle 691, maritate 439,
vedove 159. I numeri medi del movimento della popolazione sono i seguenti;
nascite 95, morti 65, matrimoni 18. Molti vivono alla decrepitezza, e tra il
1830 e il 1852 morirono due più che secolari. Le malattie più frequenti sono i
dolori laterali per le quali molti muoiono nell’età più verde La popolazione è
pessimamente servita nel rispetto sanitario, perché non si hanno né medici, né
chirurghi di abilità. I flebotomi suppliscono, e sarebbe meno male che
mancassero anche questi. Nel vestiario i Tonaresi non hanno alcuna differenza
dai popoli vicini;se non che le donne usano per velo un taglio di panno nero
quadrilatero, non più lungo di metri 0,75. Esso è contornato di nastri di tal
colore secondo il gusto, stringesi con un gancetto sotto il mento, e con le
falde copre il petto. E se questa è la moda antica, provasi un’altra volta che
il Dante non scrisse storicamente, quando notò la nudità impudente del petto
delle donne toscane nella maniera delle barbaricine di Sardegna. Negli usi
sono simili agli altri sardi e massime a’ loro compaesani della Barbagia:
quindi vedi l’articolo Barbagia. Hanno gran passione per i balli e questi si
fanno all’armonia del canto, non potendosi che di rado avere uno zampognatore.
La professione principale è quella de’ pastori; vengono poi li agricoltori, i
quali sono in minor numero e per lo più sogliono praticare qualche mestiere
per occuparsi in quei mesi, ne’ quali non si può state sui campi. Oltre i
mestieri comuni agli altri paesi noterò quello che è particolare a molti
tonaresi , che faticano per asciare i tronchi e segarli , e poi smerciano
nelle altre contrade in tavole, travicelli, e dogarelle. L’opera assidua alle
donne è la filatura e la tessitura , e con la loro diligenza procurano alle
famiglie un lucro talvolta notevole da tessuti, che vendono a rigattieri
gavoesi, o cillonari, vedi art. Barbagia. La scuola elementare vi fu aperta
prossimamente alla parrocchia, poco dopo l’editto delli 23 giugno 1824, e
qualche volta fu frequentata da più di 80 fanciulli. Poi questo numero è
andato in diminuzione, come andata stancandosi la vigilanza del parroco e la
cura del maestro. Le persone che in tutto il paese sanno leggere e scrivere
forse non sorpassano i 65.
Credono i tonaresi che il loro territorio sia più atto alla cultura degli
alberi, che a quella de’ cereali e molti vorrebbero che fosse così, perché non
si dovrebbe faticare sull ‘aratro, e sulla vanga, e forse non desidererebbero
più che pane di castagne o di ghiande, delle quali si nutrivano i loro
maggiori. Contrariamente a codesta loro asserzione, il territorio di Tonara è
buono pure alle viti, e se fosse meglio coltivato produrrebbe maggior copia di
cereali. La quantità ordinaria che si semina annualmente da’ tonaresi è di
circa 700 starelli di grano, di 500 d’orzo, e di circa 70 starelli di legumi.
La fruttificazione comune è del 7 per uno. L’orticoltura si restringe a pochi
articoli, tra’ quali sono principali le zucche e i cavoli. Non sappiamo se la
cultura delle patate siasi estesa , se quella della meliga fu introdotta. La
vite vegeta con molto vigore , ma sopravvenendo il freddo prima che i frutti
siano ben maturati, i tonaresi non sanno far altro per conservare i vini, che
mescolarlo con sapa. Da questo si può intendere quanto essi sono ignoranti
nell’arte di manipolare le uve. Siccome resta molto vino alla consumazione,
non potendosi il superfluo vendere, però se ne brucia una notevole quantità
per acquavite,la quale spesso riesce buona, e quasi basta alla provvista della
popolazione, cioè degli uomini che vanno in campagna. Degli alberi fruttiferi
la specie più comune è il castagno e vedonsi lunghissimi tratti dove questi
piani fanno foltissimo bosco. Il numero de’ ceppi forse sorpassa i 200mila,
Lungo i fiumi e i ruscelli trovansi in gran numero i noci. Nelle vigne si
coltivano i nocciuoli, i ciliegi, i peri, i susini, i peschi, i meli di
diverse varietà. Le prime tre specie si trovano pure insieme co’ noci fuor
delle vigne. Dopo le vigne sono poco estese le terre chiuse, nelle quali non
vedesi altro che i castagni e gli alberi che abbiamo indicato colti nelle
vigne. Egli è però vero che in qualche parte sgombra si semina. In che ragione
stia l’area chiusa alla superficie intera territoriale non abbiamo avuto dati
per computarlo.
Il bestiame manso numera gioghi 80, cavalli 170, majali 216. Il bestiame rude
consiste in pecore 14.000, capre 7.000, vacche 1.250, porci 1.600. I pecorai
ed i caprai vanno a svernare in luoghi più miti, perché discendono dal paese
ne’ primi di novembre, e non vi risalgono che a’ primi di maggio, quando i
nuovi pascoli sono in piena vegetazione. Le altre specie restano nel paese. I
formaggi sono di mediocre bontà, e i più comuni o bianchi che poi si smerciano
in Napoli, salati nelle cantine. L’aumento delle gabelle poste nelle dogane di
Napoli sopra questo prodotto, avea immiserito la condizione de’ pastori.
Mentre in altri tempi un pecorajo reduce dalle maremme, portava quanto era
sufficiente, e altro ancora, per provvedere per tutto l’anno a’ bisogni della
famiglia; poi il frutto che si ebbe nella stagione invernale bastò appena per
pagare i pascoli. Nel trattato però del 1846 la tariffa delle dogane
napolitane fu ribassata, ed i pastori se ne avvantaggiarono. Il prodotto delle
vacche e de’ porci è nello smercio degli stessi capi o de’ feti, per il lavoro
o il macello. Sono in Tonara e nette sue regioni molti alveari, che danno un
profitto notevole a’ proprietari. Il numero può stimarsi di circa 2000.
Abbiamo notato tutti gli articoli che i tonaresi mettono in commercio,
castagne, noci ed altre frutta, tavole e travicelli, tessuti, prodotti
pastorali, formaggi, capi vivi, pelli, cuoi e lane , miele e cera; or
converrebbe dare la cifra totale del guadagno; ma qui pure mancano i dati, e
appena si può presentare come verisimile il totale di lire 110 mila.
I tonaresi sono sottoposti alla giurisdizione dell’arcivescovo di Oristano, e
sono curati nelle cose dell’anima da un rettore assistito da tre preti, che in
altro tempo giunsero sino a sette. La chiesa parrocchiale ha per titolare e
patrono l’Arcangelo s. Gabriele , chiesa non ben capace se poi intervenissero
molti anche dai tre rioni inferiori, poco adorna, e poveramente provveduta.
Entro l’abitato sono altre quattro chiese, due nel rione di Arasulè, una
intitolata dalla S. Croce,che è oratorio della confraternita dello stesso
nome, ove tengonsi i sacramenti del viatico e dell’olio santo per comodo del
clero e del popolo componente quel rione; l’altra dedicata a s. Antonio di
Padova, la quale resta in piccola distanza fuori del rione stesso. Le altre
due sono prossime ai due rioni inferiori: quella di S. Leonardo in poca
distanza da Taleseri, e quella di S.Sebastiano martire a pochi passi dal rione
di Ilalà. Eravi sino al 1820 un’altra chiesa filiale detta di s. Anastasia, la
quale fu poi profanata e distrutta, perché era mancata la sua dote, I tonaresi
credono che quella sia stata la più antica parrocchia de! comune. Le feste
principali che si celebrano in Tonara sono tre, e a queste concorre gran
quantità di gente dai vicini paesi. La prima per S. Antonio di Padova ricorre
addì 13 giugno. La festa dura due giorni, e la piazza delh chiesa prende
l’aspetto d’un mercato. Dopo i vespri della festa si corre il palio; ma
bisogna dire che i premi sono meschini, consistendo essi in alcune decine di
palmi di velluto nero o azzurro. La seconda è festa votiva per S. Sebastiano,
e cade nella domenica immediata alle feste di S. Antonio, onorata essa pure da
molto concorso di forestieri; ma senza fiera e corsa. La terza è pure votiva
in onore dell’Arcangelo Gabriele, e si celebra nel primo d’agosto. Questa è
una delle feste che dicono de corriolu, nelle quali gli ospiti non solo sono
trattati con tutta cortesia e lautezza, ma nel partirsi sono regalati d’un
brano di carne (corriolu) per portarlo alla famiglia. Manca ancora il
camposanto e i defunti sono sotterrati intorno alla chiesa parrocchiale,
dentro il cortile.
Appartenente alla parrocchia di Tonara, nel territorio di Sorgono, a circa due
ore verso ponente, trovasi la chiesa rurale dell’apostolo S. Giacomo, il
maggiore. Occorrendo la festa a’ 25 luglio , il clero di Tonara vi si porta e
funziona. Ragione di questo fatto si è che questa era la parrocchia di un
paese appellato Spasulè, deserta da circa 120 anni,e che gli ultimi abitatori
del medesimo,essendosi ricoverati in Tonara,riconobbero per loro parroco il
rettore di Tonara, il quale da quel tempo cominciò a intitolarsi anche rettore
di Spasulè, per la giurisdizione canonicamente confertagli su quella
parrocchia. Gli emigrati di Spasulè avendo seco portalo i loro diritti nel
nuovo domicilio, e lasciatili a’ tonaresi, questi avrebbero dovuto avere la
proprietà de’ territori di Spasulè, come erasi fatto in simili casi in molti
altri luoghi; ma quei di Samugheo, di Sorgono e di Atzara, quando videro
deserto Spasulè, invasero quel territorio e sel divisero, togliendosi ciascuno
la parte che meglio gli accomodava. I tonaresi sentendosi inferiori contro i
tre popoli collegati, si astennero dalla violenza, che sarebbe tornata
inutile, anzi dannosa, e tentarono le vie legali per vendicare i loro diritti.
La lite, come si dee supporre, per la conosciuta natura degli avvocati, fu
tratta in lungo, poi quando la causa parea matura, allora, non si sa né come
né perché , sì cessò dalle instanze. Sospettasi che i tre paesi persuasi di
esser obbligati a rimettere a’ tonaresi le terre di Spasulè, abbiano corrotto
quelli che nel paese avevano maggiore influenza. Restano poi dentro i termini
veri di Tonara in vari punti tali vestigia , che provano avervi abitato altre
tribù. Non è però rimasta alcuna notizia né del nome delle popolazioni, nè del
tempo in cui furono abbandonate, nè di altro accidente, per cui sieno cadute,
A ponente del paese a circa un quarto d’ora nel luogo detto Petras-lobadas,
scavando si sono trovati veri oggetti di archeologia, e diverse monete. Ad
ostro a circa mezz’ora nella regione detta Santu Leo sono vestigie di antiche
mura. Alla stessa parte, a mezz’ora da Ilalà, nel luogo detto Su Mamui,
vedonsi altri inidizii, a’ quali i tonaresi danno il nome di Bidda intra
errios (villa tra’ rivi). E finalmente alta parte di maestrale, nel luogo
detto Mattalè, in distanza di tre quarti d’ora, si osservano altre indicazioni
di antica abitazione. Non si può notare in questo territorio nessun nuraghe.