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CORTE DI APPELLO DI CAMPOBASSO

 

No 345/2001 R. G.Lav.

 No .164/03Cron.

 

Sentenza n° 43/2003

 

*****

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

La CORTE DI APPELLO di CAMPOBASSO, in funzione di giudice del lavoro, in persona dei magistrati :

dott. Mario IAPAOLO -presidente

dott. Pasquale PENSA   -consigliere reI.  

dott. Riccardo ROSETTI -consigliere suppl.;

ha pronunciato, dando lettura del dispositivo all’udienza collegiale

del 5  febbraio 2003, la seguente

 

SENTENZA

 

nella

 

causa civile di 2°grado

 

per

 

CONTROVERSIA INDIVIDUALE DI LA VORO

 

iscritta al N. 3 4 5 R. G.Lav. - anno 2 O O 1 -,

 

avente ad oggetto: " appello avverso sentenza relativa ad impugnazione di provvedimento datoriale per asserita dequalificazione del personale dipendente, con contestuale domanda di risarcimento del danno correlato al demansionamento”

p r o m o s s a  d a

PRIOLO  Teresa,  GIANNOTTI  Angela,   PASQUALONE  Carlo,   FARINACCIO Carmela,  NIRO  Antonio,  FlLADELFI  Giorgio,  FANELLI   Michelina,   ZACCARO Stefania,  PETITTI  Antonio,  DE FORTUNA  Giuseppe,  RICCIARDI  Ascenzino, TRIVISONNO  Annamaria,  MICISCHIA  Maurizio,  PERRELLA  Valerina,  SANTELLA  Annamaria,  RUGGIERO  Michele,  CUTRONE  Giovanni,  SCOCCA  Antonio,   SIMONE   Fernando,  DI CRISCIO  Donato, DI RUTIGLlANO  Patrizia, RAPONE  Grazia,  VECERE  Giuseppe,  BAX  Gasperino,  DI STEFANO  Francesco, FIUCCI  Giancarlo,  PALLADINO  Francesco, SPINA Maria Cristina e PASQUALONE  Luisa, tutti selettivamente domiciliati in Campobasso alla via Cardarelli n.15, presso lo studio degli Avv.ti Vincenzo IACOVINO e Salvatore DI PARDO, dai quali sono, congiuntamente e disgiuntamente, rappresentati e difesi per mandato in calce all'atto di appello;                                                                                                                                                                                                   appellanti

 

 

contro

 

 

AZIENDA UNITA' SANITARIA LOCALE n.3 "MOLISE CENTRALE", con sede in Campobasso, in persona del suo Direttore Generale e legale rappresentante pro-tempore Dott. Michelangelo Bonomolo, elettivamente domiciliata in Campobasso alla via Gazzani n.9, presso lo studio dell' Avv. Filippo TETA, dal quale è rappresentata e difesa per mandato a margine della comparsa di costituzione nel giudizio di appello;

 

 

 

appellata

 

 

 

CONCLUSIONI DELLE PARTI:

 

- per gli appellanti: "Disattesa ogni diversa e contraria istanza ed

 

eccezione, in accoglimento del ricorso in appello ed in riforma integrale dell'impugnata sentenza : l) dichiararsi, previo accertamento, l’illegittimità e/o la nullità della direttiva del Direttore Generale della AUSL n.3 Centro Molise dell'8.2.1999 prot.998 dell'U.O. Gestione del Personale, avente ad oggetto: < mansioni tecnici di radiologia > nonché della conseguente disposizione di servizio n.l del 16 febbraio 1999 e di tutti gli atti preordinati, presupposti e comunque connessi; 2) per l'effetto, annullarsi e/o sospendersi la direttiva del Direttore Generale della AUSL n.3 Centro Molise dell'8.2.1999 prot.998 dell'U.O. Gestione del Personale, avente ad oggetto :<mansioni tecnici di radiologia > nonché della conseguente disposizione di servizio n.1 del 16 febbraio 1999 e di tutti gli atti preordinati, presupposti e comunque connessi; 3) conseguentemente dichiararsi il diritto dei ricorrenti ad essere adibiti alle mansioni della propria qualifica e/o categoria di appartenenza nel rispetto del contratto e della normativa vigenti; 4) condannarsi la AUSL n.3 Centro Molise al risarcimento dei danni derivanti ai ricorrenti dalla dequalificazione subita a causa delle illegittime determinazioni della P.A., da liquidarsi anche in via equitativa; 5) con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado del giudizio, da distrarsi in favore dei procuratori antistatari"

- per l'appellata AUSL: "1) Rigettarsi il ricorso in appello;

2)confermarsi integralmente la sentenza del Tribunale di Campobasso,

 

 

 

giudice del lavoro; 3) condannarsi i ricorrenti al pagamento di spese, diritti

 

ed onorari di questo grado di giudizio"

 

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Con ricorso presentato il 21 febbraio 2000 al giudice del lavoro del Tribunale di Campobasso , PRIOLO Teresa, GIANNOTTI  Angela, PASQUALONE Carlo FARINACCIO Carmela, NIRO Antonio, FILADELFI Giorgio, FANELLI Michelina, ZACCARO Stefania, PETITTI Antonio, DE FORTUNA Giuseppe, RICCIARDI Ascenzino, TRIVISONNO Annamaria, MICISCHIA Maurizio, PERRELLA Valerina, SANTELLA Annamaria, RUGGIERO Michele, CUTRONE Giovanni, SCOCCA Antonio, SIMONE Fernando, RUTIGLIANO Patrizia, RAPONE Grazia, DI CRISCIO Donato, VECERE Giuseppe, BAX Gasperino, DI STEFANO Francesco, FIUCCI Giancarlo, PALLADINO Francesco, SPINA Maria Cristina e PASQUALONE Luisa esposero che, dipendenti dell' A.U.S.L. n.3 Centro Molise addetti all'U.O. di Radiologia con la qualifica di "infermieri professionali -I.P ." (Farinaccio Carmela, Pasqualone Carlo e Pasqualone Luisa) e di "tecnici sanitari di radiologia medica- T.S.R.M." (tutti gli altri), erano stati adibiti, su ordine di servizio n. 1/99 del 16 febbraio 1999, emessa dal primario radiologo su direttiva del Direttore Generale della stessa A.U.S.L. n.998 dell'8 febbraio 1999, a compiti di accettazione dei pazienti e di archiviazione di dati .

Nell'evidenziare che tale assegnazione, adottata in violazione dell'art.8, punto 7, della legge 31 gennaio 1983, n.25 dell'art.56 della legge 29/1993 e succ. modif. e dei decreti ministeriali n. 739 del 14 settembre

 

1994 e n.746 del 26 settembre 1994, aveva comportato una loro dequalificazione per non essere i compiti svolti in base ad essa contemplati dal mansionario dei livelli di appartenenza, i ricorrenti chiesero che, evocata in giudizio l'A.U.S.L. N.3 CENTRO MOLISE, fosse disposta, previa declaratoria di illegittimità, l'annullamento e/o la sospensione della direttiva n.898 dell' 8 febbraio 1999, dell' ordine di servizio n.1 del 16 dello stesso mese e di tutti gli atti preordinati, presupposti e comunque preordinati nonché fosse dichiarato il loro diritto ad essere adibiti alle mansioni della propria qualifica, con contestuale condanna dell' Azienda convenuta al risarcimento dei danni correlati all'operata dequalificazione in loro pregiudizio e al pagamento di spese, diritti ed onorari di causa, da distrarre in favore dei procuratori antistatali.

Dopo che, ritualmente instauratasi la lite, l' AUSL N.3, nell'invocare il rigetto della domanda e la rifusione delle spese, aveva rivendicato la correttezza del proprio operato e la legittimità della direttiva impartita dal suo Direttore Generale sull'affermato presupposto della possibilità - asseritamente non esclusa dalle previsioni normative dell'art.8 della legge 31 gennaio 1983, n.25, e dell'art.56 del D.lgs. 29/1993 - di adibire i tecnici di radiologia e gli infermieri professionali a compiti di accettazione e di archiviazione, il Tribunale di Campobasso, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, espletata la fase istruttoria mediante l'acquisizione di varia documentazione prodotta dalle parti e l'assunzione di prova testimoniale, con sentenza n.454/2001 del 4 ottobre 2001, rigettò il ricorso, compensando interamente le spese del grado.

 

 

 

Deduceva il primo giudice che, essendo consentito, ai sensi dell'art.56 del D.lgs. 29/1993, come sostituito dal D.lgs. 80/1998, adibire il pubblico dipendente a mansioni equivalenti a quelle proprie della qualifica di appartenenza, nella fattispecie non era ravvisabile alcuna dequalificazione, dal momento che, potendo essere i tecnici di radiologia e gli infermieri professionali impiegati, secondo la previsione dell'art.8, comma 2°, lett.m), della legge 25/1993, in attività di tenuta e di aggiornamento della registrazione dei trattamenti e del registro di carico e scarico del materiale radioattivo, legittimamente erano stati destinati a svolgere gli equivalenti compiti, di cui alla direttiva del Direttore Generale dell' AUSL N .3 dell' 8 febbraio 1999.

Avverso tale sentenza hanno proposto appello PRlOLO Teresa, GIANNOTTI Angela, PASOUALONE Carlo, FARINACCIO Carmela, NIRO Antonio, FILADELFI Giorgio, FANELLI Michelina, ZACCARO Stefania, PETITTI Antonio, DE FORTUNA Giuseppe, RICCIARDI Ascenzino, TRIVISONNO Annamaria, MICISCHIA Maurizio, PERRELLA Valerina, SANTELLA Annamaria. RUGGIERO Michele, CUTRONE Giovanni, SCOCCA Antonio, SIMONE Fernando, DI CRISCIO Donato, DI RUTIGLIANO Patrizia, RAPONE Grazia, VECERE Giuseppe, BAX Gasperino, DI STEFANO Francesco, FIUCCI Giancarlo, PALLADINO Francesco, SPINA Maria Cristina e PASQUALONE Luisa, articolando il gravame sulla base di due motivi e chiedendo, attraverso la riproduzione delle argomentazioni dedotte in prime cure, l’accoglimento, in riforma della pronuncia impugnata, delle istanze formulate in quella sede,

 

 

 

 

 

con vittoria di spese, diritti ed onorari del doppio grado del giudizio, da attribuire ai procuratori antistatari.

Disposta la comparizione delle parti mediante emissione del decreto presidenziale ex art. 435 c.p.c. -, l' A.U.S.L. N.3 Centro Molise ha contestato le prospettazioni della controparte e, nel ribadire la tesi difensiva esposta dinanzi al Tribunale, ha invocato il rigetto del gravarne e la rifusione delle spese del grado.

Quindi la causa, sulle conclusioni rassegnate nei termini in epigrafe trascritti, è stata, all’esito dell'odierna udienza di discussione, decisa nelle forme previste dall'art. 437 c.p.c..

 

MOTIVI DELLA DECISIONE

 

Gli appellanti hanno articolato il gravame attraverso due distinti motivi.

Con il primo motivo sono state lamentate la violazione e la falsa applicazione, da parte del giudice del lavoro del Tribunale, dell'art.12 delle disposizioni sulla legge in generale, dell'art.8 della legge 25/1993, dell'art.56 del D.Igs. 29/1993, dei decreti ministeriali n.739 del 14 settembre 1994 e n. 746 del 26 stesso mese nonché delle disposizioni della normazione collettiva di settore: l'anzidetto giudice, pervenendo -secondo l'assunto degli appellanti -ad un ' interpretazione delle disposizioni in tema di mansioni riservate ai tecnici di radiologia ed agli infermieri professionali non rispondente all'effettiva portata di esse. avrebbe a torto conferito legittimità ai provvedimenti con cui la parte datoriale aveva adibito gli stessi

 

 

 

 

appellanti a compiti con contenuti dequalificanti rispetto alle mansioni ad essi attribuite da specifiche nonne di legge e della contrattazione collettiva.

Il rilievo merita consenso.

Ritiene la Corte che, nella prospettiva di stabilire se, a seguito della direttiva del Direttore Generale della AUSL N.5 Centro Molise n.998 dell'8 febbraio 1999 e del conseguente ordine di servizio del primario radiologo n.1 del 16 febbraio 1999 ed in relazione ai compiti attribuiti agli appellanti sulla base di tali atti, sia o meno derivata per i medesimi appellanti una dequalificazione, si debbano innanzitutto individuare le mansioni che i tecnici sanitari di radiologia medica e gli infermieri professionali sono tenuti a svolgere secondo le norme regolatrici del settore concernente quel personale.

Orbene tali nonne si rinvengono nella legge 31 gennaio 1983, n.25, e nei decreti ministeriali n.739 del 14 settembre 1994 (per gli infermieri professionali) e n. 746 del 26 stesso mese ( per i tecnici di radiologia ), laddove le mansioni delle anzidette figure professionali sono proposte in termini di attività che richiedono -come risulta peraltro ribadito dal C.C.N.L. di categoria 1998- 2001 - "conoscenze teoriche specialistiche di base, capacità tecniche elevate per 1 'espletamento delle attribuzioni, autonomia e responsabilità secondo metodologie defInite e precisi ambiti di intervento operativo proprio del profilo, eventuale coordinamento e controllo di altri operatori, con assunzione di responsabilità dei risultati conseguiti"

 

 

 

 

Secondo quanto è dato desumere dall' esame delle succitate disposizioni, i compiti del personale che ne occupa sono sostanzialmente connotati da caratteristiche di natura prettamente tecnica nell' ambito sanitario. con due sole eccezioni -peraltro riguardanti soltanto i tecnici sanitari di radiologia medica -, dettate dall'art.8, della legge 31 gennaio 1983, n.25, rispettivamente al punto 2), lett.m) -laddove è prevista per coloro che sono addetti al servizio di radioterapia, l’attività di "tenuta ed aggiornamento delle registrazioni dei trattamenti e del registro di carico e scarico del materiale radioattivo - , ed al punto 7) -laddove è stabilito che "i tecnici sanitari di radiologia medica che, con provvedimento del medico

autorizzato, siano stati allontanati, in via cautelativa temporanea o permanente, dalle zone controllate, perché affetti da patologia professionale specifica, sono adibiti, a richiesta, prioritariamente nell' ambito del settore radiologico, alle pratiche di accettazione del paziente, alla sua registrazione, all'archiviazione degli esami praticati, alla rilevazione periodica di dati statistici, nonché al carico e scarico del materiale ricevuto in dotazione".

A fronte dei compiti così attribuibili agli appellanti ( nelle rispettive loro qualità di tecnici di radiologia e di infermieri professionali ), gli stessi sono stati impiegati, in base ai provvedimenti impugnati e più sopra specificati, nella "accettazione" dei pazienti e nella "archiviazione" delle pratiche trattate dal reparto di radiologia.

Avuto riguardo al disposto dell'art.56 del D.lgs. 3 febbraio 1993, n.29 - così come sostituito dall'art.25 del D.lgs. 31 marzo 1998, n.80 -( in base al quale, a modifica della previsione contenuta nello stesso articolo nel

 

 

 

testo previgente, il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi ), l'indagine deve essere a questo punto diretta a riscontrare l’equivalenza o meno tra le mansioni attribuite con i menzionati provvedimenti e quelle che gli appellanti era tenuti a svolgere a norma di legge o della contrattazione collettiva.

Prima di ogni altra considerazione, è bene evidenziare che, qualora il prestatore di lavoro denunci la violazione dell'art. 2103 cod. civ., affermando di avere sofferto una dequalificazione professionale, il vaglio giudiziale deve essere finalizzato ad accertare se, mediante lo svolgimento delle mansioni affidate al lavoratore, siano o meno rimaste impediti la piena utilizzazione e l'ulteriore arricchimento della professionalità acquisita nella fase pregressa del rapporto, non senza tenere presente che non ogni modifica quantitativa delle mansioni, con riduzione delle stesse, si traduce

automaticamente in una dequalificazione professionale, che deve invece comportare una sottrazione di mansioni tale -per natura, portata ed incidenza sui poteri del lavoratore e sulla sua collocazione nell'ambito aziendale -da comportare un abbassamento del globale livello delle sue prestazioni del lavoratore con una sottoutilizzazione delle capacità dallo stesso acquisite e un consequenziale impoverimento della sua professionalità ( Cass. sez.Lavoro, 4.8.2000 n. 10284, Pernigotti S.p.A. c.Raviolo; Cass.sez. Lavoro, 19  maggio 2001, n6856, Xerox S.p.A. c.Picardi ).

 

 

Sotto tale profilo non può essere revocato in dubbio che l'impiego degli appellanti nell'attività di accettazione dei pazienti e di archiviazione delle pratiche del reparti di radiologia abbia per essi comportato un ' evidente dequalificazione.

Innanzitutto non è ravvisabile alcuna equivalenza di mansioni, dal momento che, se è pur vero che, come si è visto in precedenza, i tecnici di radiologia, se addetti al servizio di radioterapia, possono essere anche utilizzati nella "tenuta e nell' aggiornamento delle registrazione dei trattamenti e del registro di carico e scarico del materiale radioattivo" nonché nella "accettazione del paziente" e nella "archiviazione degli esami praticati", è altrettanto vero che quest'ultima evenienza si verifica esclusivamente quando si renda necessario allontanare il lavoratore, in via cautelativa, dalle zone controllate perché portatore di patologia professionale specifica e vi sia apposita richiesta dell'interessato in tal senso ( e non è certamente il caso in esame, atteso che i tecnici di radiologia appellanti erano stati dislocati, senza che lo avessero chiesto, all'espletamento dell'attività dagli stessi contestata, sol perché vi era carenza di personale amministrativo da adibire in tale attività ), mentre non è sicuramente equiparabile l'accettazione dei pazienti e l'archiviazione di pratiche alla "tenuta di registri", e ciò per la semplice constatazione che colui che cura le annotazioni di registrazione fa cosa ben diversa e di maggiore impegno rispetto all'archiviazione delle pratiche concernenti gli esami radiologici effettuati nel reparto e non deve affatto interessarsi

 

 

 

 

 

 

 

dell' accettazione dei pazienti, che implica, peraltro, un contatto con il pubblico, che la "tenuta di registri" non richiede minimamente.

Per gli infem1ieri professionali, poi, mancando del tutto una previsione normativa che li obblighi alla tenuta di registri ( la semplice annotazione della presenza dei pazienti nel reparto, contrariamente a quanto ha ritenuto di argomentare il primo giudice, non consente nemmeno di individuare una loro attività equivalente a quella della "tenuta dei registri" prevista per i tecnici di radiologia ), non è dato assolutamente affermare che le mansioni ad essi demandate contemplino anche la loro utilizzazione in compiti di accettazione e di archiviazione.

Ne è condivisibile l'argomento addotto dalla AUSL -mediante il richiamo della previsione contenuta nel punto 7) dell'art.8 della legge 25/1993- per affermare la possibilità dell'impiego dei tecnici di radiologia in attività di accettazione dei pazienti e di archiviazione delle pratiche, non avendo la stessa AUSL considerato che un impiego del genere è soltanto attribuibile -come si desume chiaramente dalla lettera della disposizione richiamata -ai "tecnici di radiologia medica addetti ai servizi di medicina nucleare" e non anche -coro ' è invece rilevabile nel caso in esame -ai "tecnici sanitari di radiologia medica" non addetti a tali servizi.

Non va neanche trascurato che, secondo quanto è rimasto ampiamente accertato in corso di causa anche sulla scorta delle deposizioni rese dai testi escussi, gli appellanti sono stati addetti alla accettazione dei pazienti ed all'archiviazione delle pratiche in relazione alla carenza, nell'ambito della AUSL N.5 Centro Molise, di personale amministrativo da

 

 

 

 

 

utilizzare in tale attività di sua specifica competenza, cosicché, anche sotto tale punto di vista, è apparsa evidente la dequalificazione subita dai medesimi appellanti, atteso che anno finito per svolgere mansioni demandate, in base al CCNL 1998 -2001, ai lavoratori inclusi nella "categoria B" ( vai quanto dire i coadiutori amministrativi) e, quindi, in un livello professionale inferiore a quello ( "categoria C" ) appartenenza di loro.

Sulla scorta delle osservazioni che precedono, a nulla rilevando che l' assegnazione degli appellanti all' accettazione ed alla archiviazione sia stata o meno di natura temporanea e provvisoria ( assunto sostenuto dall' Azienda appellata, senza che sia stata peraltro supportata dal seppur minimo elemento di prova ), l'utilizzazione dei predetti nei compiti loro assegnati con la direttiva del Direttore Generale dalla AUSL n.898 dell'8 febbraio 1999 e con l'ordine di servizio del primario radiologo n.1 del 16 febbraio 1999 ha comportato la dequalificazione denunciata, con l’effetto che, stante il diritto dei medesimi appellanti ad essere adibiti allo svolgimento delle mansioni della propria qualifica, i menzionati atti, attesa la loro illegittimità, vanno dichiarati inefficaci.

Con il secondo motivo, lamentando la violazione e la falsa applicazione, da parte del primo giudice, del disposto degli artt. 2087, 2043, 1175 e 1375 cod. civ., è stato sostenuto che lo stesso giudice avrebbe dovuto riconoscere il diritto degli istanti al risarcimento del danno -da liquidare in via equitativa -, avendo l' operata dequalificazione determinato per essi un pregiudizio correlato alla lesione del principio di libera esplicazione della

 

 

 

personalità del lavoratore nel luogo di lavoro, con incidenza sulla vita professionale e di relazione.

Siffatta impostazione, così come proposta, non può avere favorevole seguito.

E' opportuno premettere che il lavoratore che invochi ( ancorché sotto il profilo del pregiudizio alla vita di relazione o del cosiddetto danno biologico) il ristoro del danno patito a causa della sofferta dequalificazione è tenuto a provare l'esistenza di tale danno, quale presupposto indispensabile per una sua valutazione equitativa, considerato che tale danno non rappresenta una conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo -integrante, per il lavoratore, un demansionamento -e che non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta del datore di lavoro, stante la necessità, per lo stesso lavoratore, di fornirne la prova -in base alla regola generale dell'art. 2697 cod. civ. -del danno subìto ( Cass. sez.Lavoro, 18.4.1996 n.3686, Dalicco

c.R.A.I.; Cass.sez.Lavoro 11.8.1998 n.7905, Flarnmiac. INPS ).

Così stando le cose, essendosi gli appellanti limitati a prospettare un danno alla loro vita professionale e di relazione, al di fuori, però, di qualsiasi allegazione sull'effettiva esistenza di esso (non sembra che si possa comunque affermare -com'è stato invece fatto nell'atto di gravame - che, pur nella riscontrata dequalificazione, la AUSL sia incorsa negli addebiti di mancanza di correttezza e di buona fede nell’esecuzione del contratto oppure di omessa adozione di misure a tutela dell’integrità morale dei tecnici di radiologia e degli infermieri professionali, tenuto in ciò conto

 

 

 

 

 

 

 

che la decisione di adibire gli uni e gli altri nei compiti di accettazione dei pazienti e di archiviazione delle pratiche, benché censurabile per non essere state in tale modo rispettate le attribuzioni proprie della categoria professionale di appartenenza degli interessati, è stata in effetti dettata non già per deliberata determinazione di venir meno ai doveri di buona fede e di lealtà contrattuale, bensì dall'esigenza di assicurare la regolarità di un servizio, che la carenza di personale amministrativo, all'epoca riscontrabile nell'ambito dell' azienda sanitaria, avrebbe altrimenti compromesso irrimediabilmente con negativi riflessi sull'utenza, così come l' espletamento di quei compiti non avrebbe mai potuto causare un attentato all'integrità psico-fisica dei lavoratori, non potendosi assolutamente ritenere che effetti del genere possano derivare a coloro che, in una sede di lavoro ( qual è il reparto di radiologia ), curino l'archiviazione delle pratiche oppure intrattengano rapporti con il pubblico, ricevendo le richieste dei pazienti interessati a determinati accertamenti.

La domanda di ristoro del danno non può, pertanto, che essere rigettata.

Tutto ciò premesso, l' appello va accolto limitatamente alla denunciata dequalificazione, cosicché, in riforma della sentenza gravata, affeffi1ata l'illegittimità degli atti impugnati direttiva dei Direttore Generale della AUSL n.5 Centro Molise n.898 dell'8 febbraio 1999 ed ordine di servizio del primario radiologo n.1 del 16 febbraio stesso anno ), deve essere dichiarata la loro inefficacia, con contestuale riconoscimento del

 

 

 

 

 

 

 

diritto degli appellanti a svolgere le mansioni proprie della loro categoria di appartenenza.

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La particolarità della controversia, l'indubbia complessità delle questioni dibattute, le non poche difficoltà interpretative proposte dalle norme sottese alla soluzione di tali questioni ed il parziale accoglimento delle istanze formulate dai ricorrenti rendono conforme a giustizia, nella correlata presenza di "giusti motivi" ex art. 92 cpv. c.p.c., far luogo alla totale compensazione delle spese del doppio grado del giudizio.

P. Q. M.

La Corte di Appello di Campobasso

in funzione di giudice del lavoro

Sentiti i procuratori costituiti e definitivamente pronunciando sull'APPELLO proposto, avverso la sentenza n.454/2001 del Tribunale di CAMPOBASSO, in composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, in data 4 ottobre 2001 e con ricorso qui depositato l '8 novembre 2001, da PRIOLO Teresa, GIANNOTTI Angela, PASQUALONE Carlo, FARINACCIO Carmela, NIRO Antonio, FlLADELFI Giorgio, FANELLI Michelina, ZACCARO Stefania, PETITTI Antonio, DE FORTUNA Giuseppe, RlCCIARDI Ascenzino, TRIVISONNO Annamaria, MICISCHIA Maurizio, PERRELLA Valerina, SANTELLA Annamaria, RUGGIERO Michele, CUTRONE Giovanni, SCOCCA Antonio, SIMONE Fernando, DI CRISCIO Donato, DI RUTIGLIANO Patrizia, RAPONE Grazia, VECERE Giuseppe, BAX Gasperino, DI

 

 

 

 

 

STEFANO Francesco, FIUCCI Giancarlo, PALLADINO Francesco, SPINA Maria Cristina e PASQUALONE Luisa nei confronti della AZIENDA UNITA' SANITARIA LOCALE n.3 "MOLISE CENTRALE", con sede in Campobasso, in persona del suo Direttore Generale e legale rappresentante pro-tempore, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, così provvede :

1.      accoglie, nei termini specificati nella parte motiva l’appello come sopra proposto e, per l’effetto, rigettata la domanda di risarcimento del danno – formulata dai ricorrenti in prime cure e ribadita in questa sede – ed in riforma della sentenza impugnata, ritenuta ed affermata l’illegittimità della direttiva del Direttore Generale della AUSL n. 5 Centro Molise n.898 dell’8 febbraio 1999 e dell’ordine di servizio del primario radiologo n.1 del 16 febbraio stesso anno, dichiara l’inefficacia di tali atti, stante il diritto degli appellanti a svolgere le mansioni proprie della categoria di rispettiva appartenenza e non quelle loro attribuite con gli anzidetti atti;

2.    dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Così deciso in Campobasso il5 febbraio 2003

     DEPOSITATA IN CANCELLERIA

 

IN DATA 10/02/03

Campobasso.

 

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