PSICOLOGIA DELLO SPORT
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INTRODUZIONE
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GLI OBIETTIVI
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GLI
STRUMENTI
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L'IDENTITÀ
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LA
MOTIVAZIONE
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LE ABILITA' MENTALI
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IL
LINGUAGGIO
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IL
SISTEMA
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IL TEMPO
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LA STORIA
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LE PROFEZIE
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IL RITO
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LA MEDITAZIONE
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L'IPNOSI
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OLTRE I LIMITI
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CONCLUSIONI
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INTRODUZIONE
E' perfettamente vero, come dicono i filosofi, che la
vita deve essere capita guardando indietro.
Ma essi dimenticano un altro ragionamento, e
cioè che deve essere vissuta guardando avanti.
Se all'inizio della sua storia la psicologia dello sport si era data come obiettivo quello
di studiare la personalità degli atleti, ricercando modelli cognitivi e comportamentali,
utili a differenziare le caratteristiche degli atleti dagli altri uomini,
(le differenze
sessuali nella pratica di uno sport, nonché ciò che distingueva le diverse specialità
tra loro),
sviluppando un ampio spazio all'interno della psicodiagnostica; oggi
l'obiettivo della psicologia dello sport risulta molto cambiato.
Ora il quesito più impellente posto dai tecnici e dagli atleti allo psicologo, come
spesso al fisiologo o al medico è:
"Come posso compiere prestazioni sempre più
eccellenti?".
In tale contesto la psicologia dello sport si è trovata a passare da
un livello teorico alla pratica,
divenendo in tal modo operativa.
Oggi ogni atleta sa quanto sia vero che il primo reale nemico da battere è il fantasma
della paura,
dell'insicurezza, della bassa stima di sé, prima ancora dell'avversario.
Lo scontro con l'avversario è episodico, un momento nella vita dell'atleta;
per tutto il
resto del tempo ciò che conta è una lineare e continua crescita fisica e mentale,
attraverso un lavoro che dura anni, per tutta la carriera agonistica dell'atleta.
Dunque essere operativi nell'ambito dello sport significa sviluppare un programma di
allenamento per la mente,
al pari dei programmi di allenamento fisico; ma ancor prima
significa lavorare su quegli elementi che costituiscono la base psicologica di un atleta,
e che gli permettono di utilizzare al meglio le proprie risorse, attraverso un opportuno
allenamento mentale.
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GLI OBIETTIVI
Il primo punto da fissare con l'atleta è la meta che
questi desidera raggiungere; per poter lavorare con un atleta è fondamentale fissare un
buon obiettivo che contenga determinate caratteristiche, questo cioè deve essere:
A) definito in positivo, descrivendo ciò che si desidera come qualcosa a cui tendere e
non da cui allontanarsi, in un esempio si potrebbe dire non "Voglio smettere di
essere ansioso ed agitato", bensì "Voglio imparare ad essere tranquillo e
determinato".
B) verificabile: l'imparare ad essere tranquillo e determinato, nell'esempio fatto, non è
verificabile fino a quando non si sarà riusciti a tradurre la tranquillità e la
determinazione in comportamenti ed atteggiamenti verificabili, in altre parole risponderà
alla domanda: "Come saprò di aver raggiunto il mio obiettivo, come lo sapranno gli
altri?"
C) specificato rispetto a:
- chi (quali sono le persone coinvolte nel mio obiettivo?)
- come (quali comportamenti produrranno il mio cambiamento?)
- quando (quali tempi scandiranno il passaggio dal mio stato presente a quello desiderato)
- dove (quali saranno i luoghi entro i quali produrrò il mio cambiamento?)
- perché (quali sono le motivazioni di cui dispongo per poter realizzare il mio
cambiamento?)
D)ecologico (l'obiettivo scelto dall'atleta sarà accettato dalle persone per lui
significative?Tale obiettivo gli procurerà dei vantaggi?)
Solo se ne varrà effettivamente la pena per la persona, sarà possibile raggiungere
l'obiettivo.
Una volta centrato l'obiettivo, è possibile procedere con l'atleta nella
costruzione di quelle caratteristiche della sua personalità indispensabili per lo
sviluppo della sua carriera.
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GLI STRUMENTI
Naturalmente, per poter lavorare sull'obiettivo
concordato occorre instaurare un buon rapporto con l'atleta.
La psicologia non possiede
altro strumento che quello di operare sul livello organizzativo della mente dell'atleta,
agendo attraverso la comunicazione.
E' fondamentale incontrare l'atleta sul suo terreno, cogliendo gli elementi più
significativi dell'esperienza da lui-lei narrata, annotando tutto ciò che è possibile
osservare, ascoltare e percepire durante il colloquio.
La persona deve sentirsi rispettata
in ciò che lei considera importante, le sue credenze, le sue convinzioni sul mondo e
sulla vita.
Il primo passo da fare, dunque, è trovare il modo per sintonizzarsi con lui-lei,
utilizzando il più possibilmente il suo stesso linguaggio che rappresenta il modo
attraverso cui l'atleta si raffigura il mondo e lo connota di significati.
Solo in un momento successivo ci si adopererà a fornire una guida ragionata in direzione
di nuovi orizzonti,
incentivi e risorse utili all'atleta per raggiungere i propri
risultati.
La prima fase dell'incontro è tutta orientata a definire un terreno d'accordo e di intesa
con il mondo interiore dell'atleta.
Questo tipo di approccio non è solo retaggio dello psicologo dello sport, ma offre
un'utile base per uno sviluppo costruttivo del colloquio, sia in ambito clinico che
formativo.
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L'IDENTITÀ
E' molto più utile lavorare sull'identità dell'atleta,
più che su tecniche specifiche orientate a sviluppare particolari doti
più in ordine
quantitativo che qualitativo per l'atleta, partendo dall'ipotesi che l'identità personale
è costruita attivamente dal soggetto stesso.
A tale proposito è bene considerare cosa intendo per identità del soggetto;
livelli logici possono essere visti come una lista di
priorità attraverso cui l'individuo organizza la sua esperienza;
i livelli inferiori della lista possono andare ad
influenzare i livelli superiori, mentre questi ultimi, nel momento in cui vengono
modificati, porteranno sicuramente dei cambiamenti ai livelli inferiori.
I livelli logici dell'esperienza, partendo dal più basso e andando via via crescendo a
quello superiore, sono:
1)L' AMBIENTE, che costituisce il contesto entro il quale avviene l'esperienza del
soggetto.
2) I COMPORTAMENTI, che sono le azioni effettive operate dall'individuo all'interno di un
contesto.
3) LE CAPACITA', che costituiscono le abilità sviluppate dall'individuo che ha imparato
ad agire in modo adeguato all'ambiente esterno.
4) LE OPINIONI e LE CREDENZE, che sono le idee che si posseggono o ci si è fatti su se
stessi, gli altri e il mondo.
5) I VALORI e LE CONVINZIONI, che costituiscono ciò che veramente conta ed è importante
per la vita, la motivazione a fare ciò che si fa.
I primi tre livelli, ambiente, comportamenti e capacità sono essenzialmente legati al
mondo del saper fare, rispondono a domande sul "come, dove, quando" fare una
certa cosa;
gli ultimi due livelli sono legati al mondo del saper
essere, rispondono alle domande sul "perché" si deve fare una certa cosa.
E' chiaro che il livello dei perché è fondamentale per
la motivazione,
"Chi ha un perché abbastanza forte può sopportare
qualsiasi come".
Se possediamo una serie di ragioni forti per cambiare
possiamo modificare in pochi minuti ciò che non siamo
stati in grado di fare per anni.
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LA MOTIVAZIONE
Se si pensa all'impegno che si chiede ad un'atleta, il
miglioramento continuo e costante che deve riuscire a dare durante gli allenamenti, in un
ambiente spesso poco gratificante, in cui solo alcuni sport sono altamente riconosciuti e
premiati,
ci si spiega quanto sia fondamentale il perché che l'atleta si costruisce, che
costituisce la motivazione principale a continuare la sua carriera agonistica.
La motivazione è strettamente collegata alla direzione e all'intensità di un
comportamento, è dunque fondamentale nel momento
in cui l'atleta lavora sulla propria
costruzione fisica e psicologica.
La motivazione costituisce la chiave d'accesso ai
risultati, lavora attraverso i bisogni dell'atleta, gli stimoli positivi,
l'interesse e il
divertimento, la ricerca di affiliazione verso l'allenatore ed i compagni, il bisogno di
affermazione e di riuscita.
Risulta comunque complesso distinguere tra loro le
specifiche motivazioni, all'interno dello sviluppo psico-fisico dell'atleta,
essendo
queste strettamente legate ai bisogni di crescita, sviluppo e consolidamento delle
abilità apprese durante la propria crescita attraverso i modelli parentali, culturali e
sociali.
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LE ABILITA' MENTALI
Mettendo da parte il ruolo clinico dello psicologo, un
aspetto questo strettamente legato alla psicopatologia,
nel lavoro psicologico con
l'atleta si andranno a sviluppare abilità mentali specifiche;
un requisito essenziale a questo livello è la
conoscenza di sé che l'atleta deve possedere per arrivare a considerare
le sue forze e le
sue debolezze fino a sconfiggere queste ultime attraverso un pieno sviluppo personale.
Tra le abilità mentali più significative si possono
annotare l'abilità di immaginazione, di gestione dell'energia mentale,
di gestione dello
stress e l'abilità attentiva.
Vediamo ora come collegare assieme queste abilità; una
buona gestione dell'energia mentale permette di dominare lo stress e rilassarsi, solo
quando si è rilassati si è in grado di utilizzare al meglio l'immaginazione.
Mediante l'immaginazione l'atleta può migliorare la sua
concentrazione; questa, assieme all'attenzione verso ciò che si fa, permette poi di
puntare su specifiche mete.
Una meta concreta e realistica rafforza il comportamento
attivo, incrementando l'energia mentale,
che una volta liberata permetterà all'atleta un
ulteriore immaginazione dei propri sogni, mete e traguardi,
rendendoli sempre più
attuabili, sviluppando in tal modo ulteriormente le proprie abilità attentive.
Nel momento che lo stress è gestito in modo efficace,
l'atleta è più in grado di mettere a fuoco i propri obiettivi,
di concentrarsi,
soprattutto di utilizzare in modo specifico le potenzialità ideo-motorie della sua mente,
arricchendo la propria energia mentale e via di seguito, in un circolo a spirale che torna
su se stesso sempre più arricchito dell'esperienza precedente.
L'evoluzione agonistica dell'atleta trova in tal modo la
possibilità di svilupparsi, attraverso ogni singola abilità,
in piena armonia con la
vita stessa.
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IL LINGUAGGIO
La base di tutto l'intervento psicologico è il
linguaggio, nel suo utilizzo quotidiano non ci rendiamo conto dell'uso che facciamo delle
parole, del loro peso, del significato che con queste creiamo.
Il linguaggio porta con sé una grande funzione, se
apparentemente passa per essere descrittivo, in realtà è costruttivo.
I cronisti
sportivi spesso inciampano nella loro illusione descrittiva, dinnanzi ad una prestazione
si mettono nella condizione di dire com'è avvenuto un fatto, in realtà il fatto
risulterà da come lo descrivono: in apparenza "io dico com'è", in realtà
"è come lo dico!".
Ancora più forte risulta il linguaggio usato
dall'atleta nel suo dialogo interno;
i messaggi che questi manda a se stesso sono
fondamentali alla riuscita della sua prestazione.
La mente ha una grande abilità che può risultare un
forte limite, quella di orientarsi, spesso in modo inconsapevole,
in funzione dei propri
pensieri.
E' il "SISTEMA ATTIVANTE RETICOLARE" (SAR), in
particolare, che si interessa di mettere in collegamento la mente (i pensieri) con il
corpo (le abilità percettive) , orientando in tal modo l'attenzione del soggetto sulle
cose per lui più significative.
Ora, dinnanzi ad uno stesso stimolo posso reagire in
modo positivo (ottimistico) o negativo (pessimistico),
a seconda di come interpreto i
fatti, dal momento che il sistema percettivo è in grado di analizzare solo la quantità
di uno stimolo e non la qualità, che viene decisa, o infierita, dal sistema cognitivo .
E' dunque essenziale che l'atleta utilizzi una sorta di
"dieta mentale", in cui nutrirsi di parole orientate alla sua meta,
che gli
diano la giusta carica e gli permettano di essere ottimista, convinto e determinato verso
le sue risorse.
Il nostro vocabolario presenta una netta preponderanza
di parole a connotazione negativa nella descrizione delle emozioni.
La lingua inglese ad
esempio contiene circa un migliaio di parole per esprimere emozioni positive, mentre sono
ben duemila le parole che esprimono emozioni negative.
Si pensi a quanti vocaboli vengono usati da psichiatri e
psicologi per descrivere le varie forma di patologia mentale e quanto pochi vocaboli
vengano usati per descrivere gli stati di benessere.
Una persona sana, che sta bene, è una persona che sta
bene e basta, non esistono particolari modi per descrivere lo stato di benessere.
Culturalmente siamo plasmati dal nostro linguaggio, le
parole modellano le nostre convinzioni,
influenzano i nostri stati d'animo e dirigono le
nostre azioni.
L'atleta, come tutte le altre persone, va aiutato a
comprendere il proprio linguaggio, a porsi le domande corrette,
ad entrare nel significato
che dà alle cose, per far luce sulle opinioni, le credenze e le convinzioni che lo
orientano nelle scelte,
che lo limitano nei risultati, fino a fornirgli una chiarezza di
intenti e volontà.
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IL SISTEMA
Un utile modo di considerare l'atleta è quello di
vederlo proiettato all'interno del suo sistema di riferimento, prendendo in considerazione
il contesto, l'ambiente sociale in cui vive (società sportiva, team tecnico, amicizie,
famiglia), per valutare nel sistema di appartenenza quale ruolo gioca, come si trova
inserito, quali risposte sta dando, come reagisce alle richieste, implicite od esplicite,
delle persone di riferimento.
E' sorprendente come molte risposte ad eventuali
difficoltà, verso la realizzazione di certi progetti, vadano ricercate nella famiglia,
o
nel sistema di riferimento, piuttosto che nel singolo individuo.
Spesso si riscontrano tra i genitori degli atteggiamenti
di svalutazione diretta allo sport intrapreso dal loro figlio,
messaggi ambigui o
un'incongruenza tra i messaggi dei due genitori.
Al contrario, spesso è possibile rilevare una grande
intesa con il proprio partner affettivo, associata ad una grande volontà di riuscita, nel
realizzare il proprio obiettivo.
La famiglia d'origine e/o acquisita, costituisce uno dei
pilastri di sostegno per un atleta, se viene a mancare il suo appoggio il rischio è
quello che la situazione entri in stallo, si creino dubbi sulla motivazione e si abbia un
crollo di rendimento.
Spesso sono la società sportiva, i compagni,
l'allenatore a sostituire la partecipazione e l'affetto della famiglia;
è sorprendente vedere come i nuovi legami affettivi
siano in grado di restituire l'identità a ragazzi altrimenti confusi e sbandati.
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IL TEMPO
Il senso del tempo è l'elemento costitutivo della vita
di un atleta che continuamente si trova a misurarsi con il tempo,
è quindi utile metterlo
in grado di gestirlo e programmarlo.
L'organizzazione del lavoro va dosata in tutte le
attività che compongono la vita di un soggetto.
Non è possibile immaginare una giornata totalmente
orientata agli impegni, la scuola, gli allenamenti, il lavoro,
la famiglia senza lasciare
altro spazio alla persona.
Facendo così si rischia di impoverire gli altri aspetti
della vita e di inimicarsi una parte dell'atleta più orientata al divertimento,
allo
svago e alla creatività.
Spesso ci si trova dinanzi dei ragazzi super impegnati,
completamente assorbiti dalla loro quotidianità, dalle loro abitudini,
senza più la
forza di affermare in prima persona cosa desiderano veramente.
Esiste uno sviluppo fisiologico nella vita mentale di
ogni individuo, che richiede un'attenzione particolare se si perde di vista il senso delle
proporzioni e del tempo si rischia di creare degli automi che, ben presto, abbandoneranno
lo sport considerandolo un impegno troppo oneroso, che chiede tanto e dà poco.
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LA STORIA
Un atleta ha bisogno di pensare, sognare e costruire la
propria storia, se non si immagina nel futuro,
se non si lascia condurre dai suoi sogni e
non si sente protagonista della sua storia, presto abbandonerà l'idea ed i propri ideali.
Costa molto essere protagonisti in un mondo che, troppo
spesso, ci abitua alla passività;
costa molto ed è difficile motivare un individuo a
conquistarsi il proprio valore, attraverso la costruzione della propria persona.
E' più semplice offrire dei surrogati legati più
all'immagine che non alla sostanza, che non offrire degli spazi entro cui una persona,
rappresentando se stessa, è in grado di realizzarsi.
Gli Americani sono un popolo di pionieri che si sono
conquistati il loro territorio, che hanno sempre esaltato le doti umane
come forza e
coraggio, e continuano tutt'oggi a farlo promuovendo l'impegno nello sport,
tenendo in
alta considerazione chi si impegna attraverso questo nella vita.
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LE PROFEZIE
In un lavoro costante di programmazione nel futuro,
orientati dagli obiettivi, impegnati costantemente alla progettazione di se stessi, è
poca cosa ciò che ci si può permettere di lasciare al caso.
Sono molti i momenti dedicati ad anticipare ciò che
succederà nell'immediato futuro, è dunque utile costruirsi delle "profezie"
vincenti, e dare così spazio a idee e pensieri orientati al futuro nel modo in cui
desideriamo vederlo realizzato.
Il nostro comportamento, infatti, risulta continuamente
orientato e guidato dal modo in cui anticipiamo gli eventi che seguiranno.
Il mito di un grande atleta precede quasi sempre
quest'ultimo, alimentando ciò che viene detto su di lui, anche quando in realtà l'atleta
stesso non è in grado di soddisfare le attese;
differenti sono le aspettative direttamente fornite
dall'interessato, più ancora che un giudizio espresso dall'esterno,
queste sono in grado
di dimostrarsi vere, dal momento che è l'atleta stesso a descriverle ed alimentarle
attraverso i suoi pensieri, orientando in tal modo l'intero apparato precettivo.
E' dunque fondamentale lavorare sulle aspettative e sul
modo di affrontare le conseguenze della propria attività nel futuro, prefiggendosi nei
dettagli ciò che si desidera raggiungere.
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IL RITO
L'atleta ha essenzialmente bisogno di costruirsi uno
stato mentale (un preciso equilibrio psico-fisico di pensieri e sensazioni),
che gli
permetta, durante tutta la prestazione, e in particolare nei momenti più significativi,
di avere la massima concentrazione, determinazione, e prontezza di esecuzione; uno stato
d'allerta in cui tutto attorno a lui si ferma, dove il tempo ha un'altra dimensione, dove
il controllo è totale e l'atleta sviluppa quelle che io definisco le doti dell'
"essere",
non più un individuo capace di eseguire e sviluppare l'azione, ma in
grado di trasformarsi nell'azione stessa.
"Io sono la corsa!" dice il maratoneta, dove
l'identità stessa dell'atleta si confonde con il gesto atletico,
così afferma lo
slalomista: "Mi sento un tutt'uno con il mondo esterno, il mio corpo, le mie gambe,
gli sci e la neve divengono una cosa unica e non posso che svolgere tutto nel migliore dei
modi".
Questo è un momento "magico", il momento in
cui si cambia la percezione del soggetto che sviluppa l'azione.
Solo nell'istante in cui
l'arciere si sente un tutt'uno col proprio arco, ed è in completa armonia con se stesso,
può percepire quando scoccare la freccia, sicuro che questa raggiungerà il bersaglio.
Il rito è una pratica fondamentale e personale
attraverso cui l'atleta, dando un significato preciso alle sue azioni
(riscaldamento,
allunghi, balzi, ricognizione etc.), arriva ad essere in grado di creare quel giusto
clima, attorno a sé,
che lo rende in grado di accedere a tutte le sue risorse interiori,
in modo sinergico, favorendo
la giusta sincronia d'attivazione tra i suoi muscoli agonisti
e quelli antagonisti.
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LA MEDITAZIONE
Di contro al rito si pone l'abitudine, l'altra faccia
dell'allenamento, un momento utile ma delicato allo stesso tempo:
utile per il fatto che permette di superare facilmente
tutto ciò che tecnicamente è stato appreso dall'atleta;
ma che risulta dannosa nel momento in cui viene persa
completamente l'attenzione su ciò che si fa,
svolgendo l'intera attività in modo
routinario ed automatico.
Nel momento che uno stimolo spinge una persona a dare
una risposta, questa si trova come guidata da un meccanismo automatico di
stimolo-risposta, si pensi a quando si ha prurito e ci si gratta, o si fa lo spelling del
proprio cognome
essendo incorsi molte volte nella sua storpiatura;
il soggetto in questo caso non è presente a se stesso,
non media l'azione, interponendosi tra stimolo ed azione col proprio pensiero.
Tale momento di riflessione è ciò che gli orientali
descrivono in modo esteso con il termine meditazione,
un analisi di ciò che mi perturba e
l'azione che mi sento chiamato a sviluppare, e decidere eventualmente sul da farsi.
In questo momento meditativo io posso cambiare l'azione,
decidere di non agire, o interporre un tempo tra lo stimolo e l'azione, arrivo a possedere
un controllo assoluto attraverso la mia semplice presenza.
Essere presenti permette di decidere, di scegliere, è
una qualità fondamentale per l'uomo, è il momento in cui l' io veramente esiste e ne è
pienamente consapevole.
Personalmente ritengo che la pratica dello sport, per
ciò che richiede al soggetto che la esercita, possa essere considerata per l'uomo
occidentale un momento di meditazione, al pari di molte forme meditative espresse dagli
orientali.
In particolare poi nel momento in cui l'atleta arriva a
considerarsi un tutt'uno con l'azione, si è dinnanzi ad un fenomeno molto simile
all'illuminazione, solo protratta nel tempo, descritta nei modi più inconsueti e svariati
dalla pratica dello Zen.
Lascio al lettore lo spazio per valutare tale
considerazione; lo sport è un rito costruito attraverso il proprio corpo,
portato avanti
per un tempo sufficientemente lungo da permettere di identificarsi completamente in ciò
che si fa.
Molte tecniche meditative sono azioni ripetute per un
lungo tempo, fino ad essere in grado di calarsi completamente
in ciò che si fa;
per questa ragione mi sento di appoggiare l'idea che lo
sport, sia quello professionistico che quello dilettantistico,
rappresenta un intenso
momento meditativo per la mente.
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L'IPNOSI
E' a questo livello di sport come meditazione che il
lavoro dello psicologo risulta più attinente, dal momento che, l'atleta sviluppando doti
strettamente collegate al lavoro mentale, entra in uno stato di trance, uno stato di
coscienza alterato,
differente da quello legato alla routine quotidiana, in cui l' io
esercita delle capacità e delle doti oltre ai limiti della propria coscienza.
Questo stato mentale è quello che si desidera
raggiungere e mantenere quando ci si trova a lavorare con un atleta;
la parte difficile
del lavoro, infatti, non è tanto raggiungere ogni tanto un tale livello, quanto mantenere
ed attivare questo stato mentale, ottimale per la prestazione, tutte le volte che se ne ha
bisogno.
Entrano in gioco, durante la trance, un insieme di
energie che l'atleta deve essere in grado di gestire per tutta la durata della
prestazione, solo attraverso una precisa modulazione dell'allenamento mentale è garantita
la tenuta;
altrimenti l'atleta è costretto ad accontentarsi di
risultati casuali e sporadici.
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OLTRE I LIMITI
E' il lavoro sulla presenza che si intende sviluppare
all'interno della psicologia dello sport; la forte presenza richiesta all'atleta durante
le sue prestazioni, l'espressione dei suoi pensieri, gli permette di sviluppare dei
fenomeni di fusione tra azione e consapevolezza, portandolo a convergere la propria
attenzione su un limitato campo di stimoli,
dandogli chiarezza di esecuzione del gesto
atletico e padronanza sul proprio ambiente.
A questo punto si è di fronte al controllo di un unico
flusso di energia, un espressione completamente libera
dagli ostacoli cognitivi, che
scorre fluida dalla mente al corpo.
Una pratica costante e continua dell'allenamento
mentale, permette un più facile accesso alle dalle proprie risorse interne
(anche al di
la dell'ordinaria percezione dello spazio e del tempo, e dei propri limiti fisiologici,
come molti atleti sono stati in grado di dimostrare), come ad una sorgente inesauribile di
energia.
Una fusione tra le tecnologie mentali e quelle fisiche
permetterà, ad atleti e squadre del futuro,
di superare quei limiti che oggi sono ancora
troppo legati a certe credenze.
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CONCLUSIONI
Siamo quello che pensiamo. Tutto ciò che siamo nasce
con i nostri pensieri...Noi creiamo il nostro mondo.
In realtà il grosso limite e la prima opportunità che dimora in ognuno di noi è proprio
costituita dai pensieri, questi sono ciò che possiamo conoscere, e coi quali ci dobbiamo
misurare.
Permettere all'atleta di esprimere il proprio stile e le
proprie abilità nel modo migliore, aprire così la strada a nuovi traguardi,
dove l'uomo
mette costantemente a prova se stesso, in una danza continua che rappresenta la vita;
questo è ciò che penso di portare avanti
nell'ambito dello sport,
questo è ciò che ritengo esprima la psicologia nell'ambito
dello sport.
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