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Alla metà del XVII secolo Prato aveva ormai superato le grosse crisi economiche e sociali culminate con il terribile "sacco" del 1512 e della recente epidemia di peste del 1631. Prato era un piccolo centro, nel 1671 contava 5425 abitanti, in cui l'attività di gran lunga prevalente era l'industria tessile, che proprio alla metà del Seicento conobbe un periodo di grande espansione. I rampolli dell'aristocrazia e della nascente classe imprenditoriale non avevano una scuola dove poter intraprendere qualche tipo di studio superiore alla semplice scuola di "abbaco" gestita dal comune. Il consiglio generale della città il 18 marzo 1656 deliberò a larghissima maggioranza di invitare a Prato i Padri della Compagnia di Gesù per affidar loro qualche chiesa e soprattutto la direzione delle scuole. Ormai i Gesuiti si erano già fatti grande fama di educatori e stavano aprendo collegi in mezza Europa. Vista la riluttanza che questi padri avevano di venire a Prato non avendo alcun possedimento da ereditare, il canonico Francesco di giuliano Fazzi, sacerdote pratese della badia di Santa Maria a Grignano, nel suo testamento del 29 novembre 1659 lasciò tutti i suoi averi al "venerabile collegio dei molto Reverendi Padri della Compagnia di Gesù, da erigersi …..nella Badia di Santa Maria a Grignano". L'idea però rimase un po' congelata perché c'era il terreno ma il patrimonio non era sufficiente a costruire e mantenere il collegio che occorreva, quando il padre Lorenzo Calvi, pratese e frate nell'Oratorio di San Filippo Neri a Firenze, ma persona influente a Prato e convinto assertore dell'idea di dare prestigio alla sua città, individuò nel pratese Canonico Francesco Cicognini dei Gesuiti il possibile solutore del problema. Fra il 1660 e il 1662 inviò al Cicognini a Roma una serie di lettere per spingerlo a fare testamento in favore del collegio che avrebbe dovuto essere costruito in Prato, prospettandogli la "gloria" che gli sarebbe derivata da un simile atto, la "salvezza" della sua anima e la "riconoscenza" perenne di tutti i suoi concittadini, che hanno assoluto bisogno di una scuola dei Padri Gesuiti, visto che i sacri rampolli delle nobili famiglie pratesi crescono senza timor di Dio. Il molto ricco Canonico, pressato da tali argomentazioni, ormai senza eredi diretti dopo la morte precoce dei due fratelli, quando il Fazzi aggiunse: "Sento che la S.V. è stata gravemente malata, questi sono avvisi del Signore acciò alla non procrastini quanto ha in anima[…..]"decide di accogliere i suggerimenti di Padre Calvi. Nel 1662 stesso stende un primo testamento, lasciando i quattro quinti dei suoi numerosi beni affinché "si eregga e fondi in Prato, mia patria, un collegio dei PP. della sempre venerabile Compagnia di Gesù". Molti pratesi però non vedevano di buon occhio la venuta a Prato dei padri e quindi sorsero grandi discussioni quando il Fazzi scisse di nuovo al Cicognini consigliandolo di lasciare la sua eredità in parti uguali ai Padri ed alla città per erigere il suddetto collegio per costringere i renitenti all'idea. Di lì a pochi mesi, il 30 novembre 1666 Francesco Cicognini muore e si scopre un secondo testamento in cui accoglieva una tale idea aggiungendo che se nel termine di tre anni, non si fosse inventariata tutta la sua proprietà per "impegnarla in fondare et erigere, costruire e mantenere in detta mia Patria un collegio di Padri di detta religione… et insieme in detto collegio erigere, costruire e mantenere un seminario unito ad esso sette giovani studenti pratesi che non abbiano meno di dodici anni compiuti né più di diciotto da eleggersi dalla detta città e comunità in suo Consiglio Generale per voti segreti ogn'anno nel giorno del quattro di ottobre, festività di San Francesco. Che nel termine di tre anni da cominciare dal giorno di mia morte, ambi li detti miei heredi abbino accettato la mia eredità, altrimenti […..] siano privi in tutto e per tutto della mia eredità [….] et in cambio loro nomino e voglio miei heredi e dichiaro li Padri della Religione e Congragazione Somasca del Collegio Clementino di Roma….". Il Cicognini, con le clausole del suo testamento, costringeva in pratica i Pratesi e i Gesuiti ad addivenire ad un rapido accordo se non volevano veder sfumare l'eredità. Solo così il 13 agosto 1692, finito l'inventario delle proprietà ed acquistato altro terreno limitrofo, si dette inizio ai lavori di innalzamento dell'edificio su progetto dell'architetto milanese Giovan Battista Arrigoni. Il patrimonio, dopo ampie divergenze con i padri gesuiti, venne stimato in 50.000 scudi che non erano sufficienti alla costruzione, visto anche che i preventivi di spesa erano stati notevolmente sottostimati, quando arrivò un grosso contributo finanziario dal ricco possidente Lorenzo di Pietro Niccolai, che morì il 6 ottobre 1698, lasciando la sua eredità, circa 10.000 scudi, per la costruzione del collegio. Nel frattempo, su spinta del Granduca, si era aperta il 12 febbraio 1699 la sede provvisoria di piazza Mercatale, detto "palazzitto" o"case nuove", però occorsero ancora quindici anni per vedere l'edificio, ancora incompleto in alcune parti, abilitato ad ospitare i convittori. Fu così che martedì, 29 ottobre 1715 i convittori poterono traslocare nella sede definitiva e il sogno del Fazi, del Calvi, del Cicognini del Niccolai e di moltissimi altri pratesi si avverò. I primi sette pratesi accolti gratuitamente nel collegio furono: Francesco Buonamici, Niccolò del Grande, Giuseppe Vavassori, Lorenzo Bindi, Vincenzo Maria Rinaldi, Francesco Guizzelmi e Diacinto Maria Gatti, mentre l'8 marzo 1699 venne accolto il primo convittore pagante, Giovanni Gaetano Giorgi ed il 29 aprile 1699 fu accolto il secondo, Anton Gaetano Ruggeri. Nel 1701 arrivò il primo convittore non italiano, Pietro Paolo Moreno Olivares da Cadice. La tranquilla ed accogliente vita interna dei convittori e dei padri Gesuiti, dopo 74 anni, fu bruscamente interrotta dalla bolla "Dominus ac redemptor noster" del 21 luglio 1773 con cui il papa Clemente XIV decretava lo scioglimento della Compagnia di Gesù e un mese dopo (28 agosto 1773) il Granduca Pietro Leopoldo cacciò i Gesuiti dal suo stato e quindi anche dal Cicognini. Il rettorato e l'insegnamento passò ai sacerdoti diocesani. Il 26 gennaio 1775 il governo granducale, entrato in possesso della antica abbazia di San Bartolomeo alle Sacca, dei Benedettini e situata poco fuori le mura a nord di Prato, ne fece dono al collegio per aumentarne la dotazione immobiliare e soprattutto perché diventasse la residenza per le vacanze autunnali dei convittori. Su editto del Granduca nel 1814 il Cicognini diventò "Imperial Regio Collegio Cicognini". ![]() Gabriele D'annunzio alunno al cicognini Il complesso, anticamente sede di un monastero, fu venduto nel 1676 ai Gesuiti affinché vi realizzassero, grazie al lascito del canonico pratese Francesco Cicognini, un collegio. Nel 1882, divenuto Convitto Nazionale, vi compirono gli studi, tra gli altri, Gabriele d'Annunzio e Curzio Malaparte. Il progetto è del gesuita milanese Giovan Battista Origoni, che segue i modelli dei grandi istituti lombardi, fu parzialmente modificato in epoche successive. L'atrio e il portale monumentale furono commissionati nel 1793, dopo la laicizzazione del collegio operata dal granduca Pietro Leopoldo, all'architetto pratese Giuseppe Valentini (1752-1833), interprete principale a Prato del programma granducale di riforme. Tra gli ambienti più belli all'interno del Collegio figurano la settecentesca cappella dei collegiali e il Refettorio affrescato (1753). I dipinti di storie sacre sulle pareti sono opera del pratese Giacinto Fabbroni (1712-1783), mentre la volta fu ridecorata nella seconda metà dell'Ottocento. ![]() Gabriele D'annunzio Con decreto granducale del 12 dicembre 1854 al "Cicognini" venne data la qualifica di "pubblico liceo" e furono ammessi alle sue scuole dei pratesi come alunni esterni. Con R.D. n: 541 del 23 ottobre 1862 venne approvato il nuovo ordinamento del "Real Collegio Convitto Cicognini che stabiliva il suo adeguamento alle norme stabilite per i convitti nazionali, istituiti con legge del 13 novembre 1859. Con R.D.del 29 luglio 1882 il Cicognini ebbe la conversione a Convitto Nazionale, mantenendo tuttavia sostanzialmente in esso il quadro amministrativo e scolastico del 1862. Vi venivano mantenyti un liceo, un ginnasio ed una scuola tecnica "in servizio dei convittori, come degli alunni esterni". Il Cicognini andava ormai secolarizzandosi definitivamente, infatti degli insegnanti-preti ne era rimesti solo uno, il canonico Onorato Bambini, ma conservava sempre quell'impronta clericale che gli derivava dalle linee originarie. Nel 1899 furono ammesse al Cicognini le prime alunne, naturalmente esterne, fu proprio in questo ultimo anno del secolo che fu data vita ad una serie di festeggiamenti per la ricorrenza del secondo centenario dell'apertura del collegio; mentre quella del primo centenario non era stata ricordata. Durante la guerra mondiale 1915-1918 l'edificio ospitò un ospedale militare , che fu chiuso nel febbraio 1919 ed i locali furono riconsegnati al collegio il 13 giugno dello stesso anno. Molti furono i Cicogniniani caduti in questa guerra sui vari campi di battaglia.
Nel 1926 vengono ammessi alunni esterni come semiconvittori. Durante la seconda guerra mondiale il Convitto Cicognini subì anche un bombardamento aereo. La sera del 29 luglio 1944, verso le ore 22 e 30, un aereo in ricognizione notturna, dopo aver lanciato alcuni bengala, come aveva fatto anche altre volte, per motivi, solo noti al pilota, lasciò cadere una sola bomba, che cadde nel cortile interno. Essa centrò lo spazio fra i campi da tennis del piazzale e la vecchia palestra. Venne così sventrata la facciata della palestra stessa e della sovrastante infermeria. Ci fu purtroppo anche una vittima. La signora Antonietta Carbone, di soli quarantasette anni e madre di diversi figli, la quale abitando nei pressi del Collegio, come altri della zona, usava frequentare il rifugio antiaereo allestito nelle cantine del Convitto. Negli anni 1980 su legge governativa i convittori non indossano più la bella divisa. Nel 1993 furono fatti i festeggiamenti per la ricorrenza del terzo centenario dell'istituzione, quindi fu deciso da alcuni ex convittori, intervenuti per l'occasione, di dar vita alla nostra "Associazione di ex Convittori Cicognini".
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