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Introduzione ai "Complementi d'insegnamento" - Una nuova concezione di Dio - Di Tutto-Uno-Assoluto - I "fotogrammi" - L'eterno presente -

Il Cosmo - L'uomo e l'evoluzione -  Reincarnazione e karma - Creazione-percezione - Le varianti -   

IL MONDO  "INTERIORE"

 

(Complementi d'insegnamento)  

 

 

Introduzione ai "Complementi d'insegnamento"

 

Tentare la sintesi di un insegnamento etico-filosofico-spirituale svoltosi in un arco di ben trentasette anni sarebbe già di per sè compito arduo; tentare la sintesi di "questo" insegnamento, che rappresenta una summa e una fusione di tutte le sapienze e il loro stesso superamento, fino a giungere ad offrire una visione incredibilmente nitida e accessibile della realtà dell'uomo e di ciò che gli sta oltre - in sostanza di tutto quel sapere che da sempre andiamo cercando e indagando, ed è ora offerto così, come un dono inatteso della vita - sarebbe presunzione o addirittura arroganza se, chi scrive, non sapesse di stare proponendo in queste pagine solo se stesso, ovvero quel tanto che ha potuto afferrare sul confine estremo della sua mente, dove le parole sono insufficienti e i concetti sono bagliori non ancora compiuti, e non sapesse di tradurre, in sè e per sè, dentro i limiti del proprio vocabolario per la propria personale comprensione.

Ma anche ben sapendo e dichiarando questo, chi scrive non sarebbe qui a comporre parole tentando la difficile strada della semplicità, se non vi fosse chiamato da un'esigenza di servizio nei confronti dei lettori meno esperti e forse al loro primo incontro con maestri del Cerchio firenze 77.

A loro voglio dire che, lontane dall'essere neanche il tentativo di una sintesi, queste poche pagine che seguono sono appena un'ombra confusa, sicuramente insufficiente e inappagante, di quel dono splendido e indescrivibile che rappresenta l'insegnamento nella sua veste completa e perfetta. L'insufficienza, le lacune, le asperità che potranno di seguito incontrare, ancorchè superate poi brillantemente nelle esposizioni dei maestri, sono tutte e solo mie.

Ai lettori servano, queste pagine, come una traccia, un cartello segnaletico sulla strada che stanno imboccando; certi, è questa la promessa, che ben altro e proficuo viaggio intraprenderanno insieme ai maestri e alle loro verità.

 

 

Una nuova concezione di Dio

 

Siamo i figli dei secoli trascorsi, e in noi è genetica una determinata visione del mondo, della vita, della natura, di ciò che ci circonda e anche di ciò di cui niente veramente sappiamo, ovvero della divinità. Tutt'al più sentiamo, come una specie di esigenza interiore, di domanda insoddisfatta, che qualcosa c'è o deve esserci; ma cresciuti all'ombra delle chiese, luoghi di culto per i beati e giulivi soddisfatti e per gli infanti, o al cospetto delle cattedre, luoghi del potere di chi sa e dall'alto si concede, rimaniamo nei nostri dubbi, e l'incertezza ci accompagna fino alle tombe, presso le quali ci raccogliamo inquieti.

Ma sembra ora che "l'alba di un nuovo giorno" sia giunta. Ad illuminare le nebbie dei comuni mortali è una visione diversa, originale e matura del concetto di Dio e della Realtà.

Non più l'idea di un monarca talora condiscendente e talora severo, ma una concezione che risponda ragionevolmente alla mente razionale dell'uomo; perchè oggi, un uomo di media cultura della nostra civiltà, con i mezzi di cui dispone, ossia intelligenza e conoscenze, può finalmente credere a Dio senza fare alcuna affermazione di fede.

 

 

Di Tutto-Uno-Assoluto

 

Noi sperimentiamo quotidianamente nel nostro vivere la legge di "causa ed effetto" - tu tocchi una fiamma (causa) e ti bruci (effetto) - legge alla quale è legato qualsiasi evento di qualsivoglia natura, che sia fisica, emotiva o del pensiero. Niente nella nostra esperienza esula da questa legge suprema, e di qui il "determinismo", ovvero quella corrente di pensiero secondo la quale tutto ciò ce accade e che possiamo prendere in esame è determinato da qualcosa di precedente, in modo tale che tutto risulta legato e collegato da una rete ininterrotta di relazioni di causa-effetto, anche quando gli effetti si manifestino in tempi tanto successivi da non fare intravedere, e quindi conoscere, le cause che precedentemente li hanno determinati.

 

Una simile concezione della vita, quella deterministica appunto, appena descritta, non solo non fa torto alla ragione, in quanto è facilmente e costantemente riscontrabile da chiunque nella vita di tutti i giorni, ma ha il pregio di abbandonare a se stessa tutta quella categoria di cosiddette verità dogmatiche, rivelazioni, affermazioni fideistiche e miracolistiche, che sono i pilastri d'argilla di molte concezioni filosofico-teologiche. Non sapendo come spiegare dio, si riempie la testa dei "semplici" di nebulose dichiarazioni, formule rituali e affascinanti fiabe, condite con niente e profumate d'incensi. Il fascino dei templi e il bisogno (unica cosa reale) di amore e di religiosità che alberga in ogni uomo, fanno il resto.

 

Il problema è che qui "semplici" per i quali tutto questo è stato inventato e costruito in secoli di supposta religiosità - cui ha curiosamente corrisposto la crescita di un immenso potere clericale -, quei "semplici" non sono più tanto "semplici": sono sempre di più quelli tra di loro, che si pongono domande serie e desiderano risposte serie, che soddisfano la mente matura di cui oggi sono forniti.

 

Ed ecco che, a loro e a tutti noi, viene in aiuto la logica dei maestri:

"...Se tutto è determinato, se ad ogni effetto corrisponde una causa precedente, deve esistere una "prima causa" dalla quale tutto il resto procede; ossia tutto l'esistente, tutto ciò che è esistito, tutto ciò che esiste ed esisterà, legato da quella ininterrotta rete di relazioni di causa-effetto, deve avere una "prima causa" che l'ha determinato. E quella prima causa deve essere "increata", non determinata da alcunchè, altrimenti dovremmo spostare la nostra indagine fino a trovare il culmine, il punto alto, ciò che rappresenta l'inizio, e sarebbe quello "la prima causa increata".

 

Ora, affermare che la prima causa è increata corrisponde a porre questa prima causa fuori dal tempo e dallo spazio, e anche fuori dalla materia: è proprio la moderna fisica che ci spiega come tempo e spazio siano dimensioni relative vissute dall'uomo e legate alla materia.

Allora, per svolgere il nostro ragionamento, poniamo che questa prima causa debba necessariamente essere diversa da tutto quanto cade sotto la nostra attenzione nel mondo in cui noi viviamo" - che è il mondo della continua trasformazione, del mutabile, di tutto ciò che ha un inizio e una fine; il mondo, potremmo dire, del "finito" e del "transitorio". "...Se questo poniamo, possiamo supporre che il rapporto che esiste tra la prima causa e il causato, cioè l'esistente, non sia lo stesso rapporto che esiste tra una causa e il suo effetto nella realtà del nostro mondo. La stessa scienza, infatti, sostiene che causa-effetto, azione-reazione, quali vengono da noi colti, sono eventi spazio temporali; eventi, cioè, che appartengono a un dato tipo di realtà - la vostra -, ma che di tutt'altra natura deve essere il rapporto che lega questa realtà con ciò che l'ha determinata.

 

Questa prima causa, abbiamo detto, deve essere indipendente da tutto, increata, e di conseguenza fuori dal tempo e dallo spazio - dimensioni prettamente umane; deve quindi esistere da sempre, o per meglio dire eternamente...". E' importante qui capire che "eternità" non significa "tempo senza fine", ma più esattamente "non tempo", assenza di tempo, assenza di ciò che a noi dà la sensazione dello scorrere, del divenire, del mutare, del passare. La condizione che andiamo descrivendo non è nè di tempo perpetuo (ossia di un tempo che ha avuto un inizio per poi continuare senza fine) e nè perenne (che non si esaurisce mai): è proprio eterna, senza tempo.

 

"...Ciò che è eterno è anche immutabile: se, infatti, dovesse mutare vi sarebbe un cambiamento e quindi una successione tra com'era prima del cambiamento e com'è dopo, e perciò vi sarebbe un divenire, uno scorrere, un prima e un dopo, una qualche forma di tempo; allora, eterno e immutabile. Inoltre, ciò che dipende da qualcosa o da qualcuno è per definizione limitato e relativo a quel qualcosa o qualcuno, mentre ciò che è indipendente  è per definizione assoluto, non è limitato nè relativo ad alcunchè.

 

Abbiamo quindi una prima causa eterna, immutabile, assoluta; e queste tre condizioni ci inducono ad affermare che non possa che essere "una". Essendo "una", 

occupa tutto quanto esiste ed è, di conseguenza, "illimitata"; se niente la limita, è "infinita"; e se è infinita, non vi è punto ove essa non sia: è "onnipresente"; ed essendo dovunque presente, è a contatto, a conoscenza di tutto quanto esiste: è "onnisciente". Se la prima causa è "eterna", "immutabile", "onnisciente", ecco che le riconosciamo tutti quei caratteri che sono da tutte le religioni e le filosofie attribuiti a Dio. Chiamiamo, quindi, questa prima causa Dio.

 

Ma possiamo spingerci oltre. Se infatti osserviamo quanto ordine, equilibrio e intelligenza vi sia nella vita naturale, non possiamo non supporre che lo stesso equilibrio, ordine e intelligenza vi siano in ciò che ne è stato la causa, ovvero che il causato (l'esistente) e la prima causa, dalla quale l'esistente procede, siano della stessa natura; e che, quindi, la prima causa abbia tratto da Sè, "emanato", tutto quanto esiste...".

 

L'infantile idea di una creazione dei mondi dal "nulla", pone il nulla (che è già di per sè un assurdo) fuori da Dio, il quale ne risulterebbe a priori mancante, e quindi incompleto, e quindi non assoluto, e via via fino a negare ogni Suo attributo. Solo una "emanazione da Se stesso" può fare salva la completezza di Dio; ma deve essere un'emanazione non staccata da Dio, che altrimenti ne risulterebbe privato, negando di nuovo il Suo carattere di assolutezza; quindi, una emanazione "da Sè in Sè": l'emanato, i mondi, gli esseri, tutto quanto esiste, deve essere e rimanere in Dio.       

 

"...Ma se così è, non si può certo pensare a un Dio completo della Sua emanazione - e in forza di questa, assoluto - e a un Dio privo di questa Sua emanazione: ecco che l'emanato non solo deve rimanere in Dio, ma deve esservi sempre stato; in una condizione, anch'esso, di eternità...".

Come si conciliano il tempo che noi vediamo scorrere, gli eventi che vediamo divenire e di cui siamo spettatori e protagonisti, e tutto ciò che compone l'emanato e che continuamente muta sotto i nostri occhi, con l'idea che tutto questo sia - "in realtà" - fuori del tempo, che non diventi, che non scorra, che sia eterno?

Se la prima causa e ciò che questa ha causato (l'emanato, i mondi, gli esseri, noi stessi) sono "la medesima Realtà" - e non potrebbe essere diversamente data l'assolutezza di Dio -, allora quelli che noi viviamo come scorrenti, come divenenti, non sono eventi oggettivi, ma sono forme di illusione, di apparenza. Sono il risultato di una visione che ci perviene dalle informazioni raccolte dai nostri sensi ed elaborate dalla nostra mente, ma che non corrispondono alla realtà di ciò che è. "...La Realtà è Ciò che E', e non ciò che i nostri sensi e la nostra mente ci fanno ritenere che sia...".

         

 

I "fotogrammi" - L'eterno presente    

 

Da questo assunto di partenza prende le mosse una serie di insegnamenti paralleli, volti a condurci per mano e con grande semplicità verso la comprensione di questa tesi che, a prima vista, appare così lontana dalla nostra esperienza.

 

Uno di questi insegnamenti è quello dei "fotogrammi"; ovvero la descrizione della vita degli esseri come una sequenza di situazioni, una successiva all'altra, fissate nel non-tempo in una condizione di "eterno presente", che l'uomo vive secondo quella apparente successione che lui interpreta come "divenire", ossia secondo la sequenza temporale che conosciamo: proprio come i fotogrammi della bobina di un film di cui noi siamo al tempo stesso proiettore, spettatore e protagonista. 

 

Visto il film, percepito dagli spettatori come una storia unitaria e in movimento - mentre si tratta, di fatto, di una successiva proiezione di frammenti immobili, di fotografie legate tra loro da un senso logico che gli spettatori gli attribuiscono -, i fotogrammi che compongono il film non sono annullati per il fatto di essere stati visionati, interpretati e in un certo senso "vissuti", dagli spettatori; ma esistono sempre e continuano a comporre la bobina, tanto che il film può esser riproiettato di nuovo. E allo stesso modo, terminata la nostra visione-interpretazione del film-vita (ognuno il suo), i fotogrammi che compongono la vita, da noi vissuti e per noi trascorsi, esistono ancora - così come noi li abbiamo visti, interpretati e sentiti scorrere - da sempre e per sempre in quella condizione di eternità che è propria della realtà. 

 

Noi semplicemente abbiamo spostato la nostra consapevolezza sul nastro di quei fotogrammi fino a percorrerlo tutto; e in quei fotogrammi, che rappresentano ognuno di noi immerso nel suo mondo, ci siamo "sentiti" divenenti; in quei fotogrammi, e secondo quella modalità "scorrente", identificandoci.

Il tema dei fotogrammi e dell'eterno presente, qui appena accennato, viene più avanti meglio focalizzato e, nell'insegnamento, esaurientemente approfondito e puntualizzato.

 

                   

Il Cosmo

 

Tutte le pellicole, tutte le bobine, tutti i film dell'esistente, in ogni tempo e in ogni luogo, rappresentano la "manifestazione" e compongono ciò che viene definito un "Cosmo". Ovvero il Cosmo è l'insieme sia della parte apparente (quella che l'uomo vive come realtà fisica), sia della parte reale della manifestazione. Bisogna qui sottolineare che, parlando di "manifestazione", parliamo di coscienza, anche quando questa coscienza prende l'aspetto dei mondi e degli esseri che noi conosciamo; e quindi il Cosmo non è un luogo fisico o materiale, ma piuttosto uno stato di coscienza, un insieme di coscienza che prende vari aspetti, financo ad apparire in certe sue "fasi" come sostanza fisica e materiale: gli universi che noi conosciamo sono "espressioni", modalità attraverso le quali un certo grado di coscienza si esprime. Cosmo, quindi, non inteso come spazio, come luogo, ma come coscienza.

 

Si rende necessario introdurre alcuni elementi per spiegare quale sia la struttura di un "individuo" e di ciò che lo fa vivere e, nel nostro caso, sentire uomo.

Abbiamo descritto Dio come Assoluto, e al tempo stesso contenente in Sè tutto quanto esiste; ed è logico che sia così, non potendo mancare nulla in Lui, pena la Sua incompletezza. Se del resto non vi fosse la manifestazione degli innumerevoli Cosmi e dei relativi mondi ed esseri ch eli abitano, oltre ad essere privo di questa manifestazione, in Lui non vi sarebbe quel pulsare vitale che è rappresentato proprio dalla vita di tutto quanto esiste, e ch eè la natura cosiddetta "esteriore" di Dio: il quale non è un perfetto meccanismo, ma un organismo pulsante e onniabbracciante.

La natura di Dio si "manifesta" appunto attraverso le manifestazioni dei Cosmi, che avviene tramite l'emanazione degli stessi da Sè in Sè. Come accade tutto questo? E' necessario un piccolo sforzo per cercare di immaginare la successione più come uno svolgimento logico, o matematico, che non come uno svolgersi in senso temporale, o di qualcosa che "diventa".

 

Immaginiamo di porre sopra un tavolo rotondo tante pedine anch'esse rotonde: una al centro del tavolo e le altre disposte in modo ordinato intorno a questo centro a comporre tanti cerchi concentrici tutti a contatto tra di loro; ogni cerchio è formato da pedine di uguale grandezza e le pedine disposte sul tavolo sono via via

più piccole mano a mano che il cerchio che compongono si allontana dalla pedina di centro; questo fino a coprire tutta la superficie del tavolo. Quindi le pedine più piccole formeranno il cerchio più ampio, e al tempo stesso quello più lontano dal centro del tavolo che coinciderà con il suo perimetro, ovvero con il confine estremo della manifestazione.

 

Guardando con un colpo d'occhio questo insieme, anche se siamo costretti ad usare espressioni come: ".i.b1:;dal centro del Cosmo si dipartono...", dal centro del Cosmo procedono.....", non dovremmo immaginare qualcosa che muta, che appare, che diventa, ma dovremmo cercare di seguire lo sviluppo geometrico di quella successione logica che descrive un Cosmo, e anche se ci serviamo di una immagine spaziale per cercare di comprendere, bisogna sempre ricordare che non parliamo di spazio e di materia, ma di coscienza.

 

Il primo "atto" (primo in senso logico, non temporale) della manifestazione di un Cosmo è una specie di centro ideale, di pietra cubica, intorno alla quale va "dipanandosi" e "formandosi" tutta la teoria del Cosmo. E', quello, il punto più vicino a Dio (non in senso spaziale, ma di coscienza) che si possa concepire; ed è il punto che informa di divinità tutto il Cosmo, e che al tempo stesso lo caratterizza secondo certe peculiarità, secondo un modulo fondamentale necessario allo sviluppo di quel Cosmo e solo di quello.

 

Questo centro detto "Logos" (o primo alito di Dio) è l'imprinting del Cosmo, ed anche il punto di confine e di unione tra il Cosmo e Dio, unione e confine non fisici, quanto di comprensione e immedesimazione: chi, al termine del suo percorso evolutivo, raggiunge quel punto - destino di tutti gli esseri - è uno con l'Assoluto.

 

Ricordo ancora che ciò che stiamo descrivendo è una sorta di rappresentazione virtuale; i termini "unione" e "confine" possono far pensare a qualcosa che si sia separato da Dio e che a Lui ritorni, e che vi sia un altrove da Dio; ma niente e nessuno si allontana e tanto meno separa da Dio: la manifestazione è da Dio in Dio; è il pulsare stesso di uno dei molteplici e innumerevoli aspetti di Dio.

 

Il Logos, la nostra pedina al centro del tavolo, è della stessa natura "interna" di Dio, ovvero è spirito; ed è uno per ogni Cosmo. Si dice che dall'uno, cioè dal Logos, nella successione della manifestazione, procede come prima cosa la "Legge", ovvero l'intelaiatura che funge proprio da struttura di tutto il Cosmo, e rappresenta  l'aspetto duale del Cosmo (quella stessa dualità che ci accompagna durante tutto il nostro vivere).

 

Abbiamo detto che le nostre pedine non sono disposte in disordine sul tavolo, ma con un ordine preciso, seguendo un certo disegno e una certa gradualità, fino a coprire tutta la superficie del tavolo: immaginiamo che vi sia proprio tutta un'orditura di fili disposti a raggiera che, partendo dal centro ideale, raggiungano il confine del tavolo dividendolo in spicchi, spicchi che obbligano a una precisa e ordinata disposizione le pedine che ogni spicchio contiene in sè; immaginiamo inoltre che le pedine siano attraversate, nel senso delle circonferenze che compongono, da altri fili che le mantengono nel loro esatto ordine di grandezza e che formano una trama di circonferenze che si intesse sull'orditura dei fili a  raggiera, così da creare proprio il tessuto vitale del Cosmo nel quale le pedine si "adagiano" secondo un ordine esatto e perfetto.

 

Quei fili, che compongono trama e orditura del Cosmo, e che sono disposti come li abbiamo descritti in virtù della indicazione originaria del Logos, sono la Legge e il suo dispiegarsi fino a comporre l'invisibile telaio che dispone tutte le pedine. Ora che abbiamo visualizzato questa intelaiatura che ordina e collega tutte le pedine, proviamo a cancellarla: le pedine rimangono dove sono, ognuna al suo esatto posto, perchè la Legge non è qualcosa che sta sopra alle pedine, ma le pedine hanno la Legge in sè, ovvero possono esistere e manifestare se stesso solo secondo l'esatta modalità che deriva dall'imprinting che a tutto il Cosmo viene dal Logos.

 

Possiamo affermare che le pedine, con l'esatta disposizione che hanno e che non potrebbe essere diversa da quella che è, sono l'entrinsecazione stessa della Legge e del principio che informa la Legge: ogni pedina è sia Legge che principio originario; nè potrebbe essere diversamente, essendo ogni pedina della stessa natura di ciò che l'ha emanata da Sè in Sè, emanando Logos e Legge. Ancora un passo. Dopo aver tolto i fili della Legge che hanno disposto con ordine le pedine sul tavolo, e che ne hanno disegnato la struttura e i confini, ed aver posto il principio originario in ogni pedina, togliamo il tavolo. Il Cosmo infatti non è qualcosa d'altro dalle pedine che lo compongono, ma è appunto l'insieme delle pedine; è costituito da tutte le pedine che in lui sono presenti. E cosa sono le pedine? Coscienza, gradi sempre più ampi di coscienza.

 

Nella successione dell'emanazione la fase ulteriore, dopo la Legge, è la manifestazione concreta di quei principi che ordinano il Cosmo; manifestazione concreta che avviene attraverso le energie e le materie, con le loro forme e con le trame a cui queste forme danno vita.

Per riassumere quanto fino qui detto, la coscienza assoluta-Dio si fraziona "virtualmente" nei vari logos, ognuno dei quali dà vita a un Cosmo totalmente composto da "frammenti di coscienza" di varia e molteplice ampiezza, a partire dall'atomo di coscienza; Cosmo che, nella sua completezza, rappresenta la massima e ultima ampiezza di coscienza - la coscienza cosmica - prima dell'identificazione nell'unica coscienza assoluta.

 

Questi vari gradi di coscienza, detti "sentire" (le nostre pedine), si manifestano nel "mondo della percezione" (quello di cui noi facciamo quotidiana esperienza) attraverso vari corpi o "veicoli", atti proprio a manifestare  questi diversi gradi di sentire - la successiva grandezza delle pedine via via che si avvicinano al centro ideale - e, con il loro manifestarli e viverli, costituire ulteriore coscienza.

 

                       

L'uomo e l'evoluzione

 

Per quanto riguarda l'uomo, e quindi una certa gamma di sentire, di ampiezza di coscienza (per usare il nostro esempio potremmo immaginare un certo numero di quelle circonferenze composte dalle pedine del Cosmo così rappresentato), la manifestazione avviene con la costituzione di tre corpi saldati tra di loro in un unico complesso che permette l'espressione di quella particolare esperienza che è la  "vita umana", e sono: il corpo mentale, preposto al pensiero dell'uomo; il corpo astrale, preposto alle sue emozioni; il corpo fisico, preposto a tradurre in atti gli impulsi che gli pervengono dagli altri corpi e ad alimentare le attività degli altri suoi corpi con le informazioni che derivano dalla sua particolare struttura sensoriale: i cinque sensi di cui l'uomo è fornito.

 

Ma la parte "sostanziale" di ogni uomo non risiede in quei tre corpi, che pure sono quelli attraverso i quali l'uomo sperimenta in concreto la vita, ma risiede nel cosiddetto "corpo akasico", ovvero della coscienza; in quella coscienza che manifesta se stessa nel divenire attraverso quei tre corpi, detti "grossolani", e che proprio attraverso l'esperienza unitaria dei tre corpi "amplia" se stessa, per manifestare successivamente, in altra veste, con altri corpi, il sentire più ampio così costituito; il quale contiene in sè, per ampiezza, il sentire precedente. 

 

Ecco perchè nel nostro esempio le pedine, a mano a mano che si avvicinano al centro del Cosmo, meta ideale del loro viaggio, sono più grandi: rappresentano un sentire sempre più ampio; ma non è che la pedina precedente "diventi" quella seguente, crescendo; quella precedente è e rimane quella precedente; quella seguente è e rimane quella seguente: sono due sentire di ampiezza diversa che manifestano se stessi nei mondi dell'apparenza attraverso forme ed esperienze diverse, ma collegate tra di loro dalla perfetta logica - che poi è la legge intrinseca ai sentire stessi - che regola tutta la manifestazione cosmica. Tutti i sentire che compongono la manifestazione cosmica e che manifestano se stessi nel divenire, sono viventi e pulsanti da sempre e per sempre in quella condizione che abbiamo chiamato di eterno presente, pur venendo percepiti in successione temporale dagli esseri che, potendo solo così percepirli, li ritengono via via trascorsi e non più esistenti.

 

Questa modalità rappresenta una fase (quella umana) del più complesso processo evolutivo che ogni individuo compie dall'atomo di sentire fino alla coscienza cosmica e, più oltre, all'identificazione con la coscienza assoluta. L'esistenza di ogni uomo è legata per la legge di causa-effetto ad una "successiva" esistenza nella quale si manifesta il sentire che si è andato costituendo tramite l'esperienza della vita precedente: quindi, il sentire per ampiezza immediatamente successivo all'altro; il quale si manifesterà in uno spazio-tempo non necessariamente subito susseguente all'epoca e al luogo vissuti dall'individuo legato al sentire precedente; ma in quell'epoca e quel luogo più adatti alla manifestazione di quel nuovo sentire, pregni perciò dell'ambiente e delle necessarie esperienze, funzionali alla sua evoluzione, e comunque sempre legate all'aspetto karmico della legge di causa-effetto; tale processo è detto "reincarnazione".

 

 

Reincarnazione e karma

 

Ma cosa si reincarna, o meglio cosa si esprime attraverso una "successiva" incarnazione? Non certo l'io, ossia ciò che ogni uomo sperimenta e conosce come personalità, carattere, attributi, memorie, conoscenze e quant'altro a noi pare essere sostanziale nella nostra vita: ciò che a noi sembra essere sostanziale, ciò con cui noi ci identifichiamo, a cominciare dal nostro corpo e dal ruolo che incarniamo, è l'apparenza e non la sostanza. La sostanza è quel succo, quel concentrato della nostra esistenza che va ad arricchire la coscienza, che prepara la manifestazione di un sentire più ampio attraverso un altro essere umano con un suo io, una sua personalità, con i suoi corpi fisico, astrale e mentale. 

Questo essere umano è legato alla nostra esperienza di vita solo per quella trama di cause da noi mosse che si potranno tradurre per lui in effetti utili alla comprensione di ciò che noi non avevamo capito e che, per questo, ci hanno portato a muovere quelle cause che lui subirà, karmicamente, come effetti che, favorendone appunto la comprensione, prepareranno la successiva manifestazione di un sentire più ampio, di una più ampia coscienza, in un ininterrotto cammino di ampliamento. 

 

Potrebbe apparire come una ingiustizia che certe creature si trovino a subire pesanti effetti di cause a loro sconosciute e mosse in tempi remoti da altre  creature, se non fosse che le due e più creature legate da questa legge e da questi eventi appartengono in realtà ad un unico essere, di una medesima natura, ossia coscienza, che manifesta se stesso secondo una successione logica di sentire sempre più ampi, e che, dalla parte del divenire, sta percorrendo con vari e molteplici abiti un cammino evolutivo che lo conduce alla massima comprensione, ossia all'espressione della massima coscienza.

 

La coscienza, quindi, in questo processo di sempre più ampia manifestazione di sè attraverso, ogni volta, un corpo akasico che risulta accresciuto dalle esperienze esistenziali degli individui, funge da legame tra una incarnazione e l'altra, riassumendo in sè il succo delle esperienze di più individui. 

Visto nel suo manifestarsi in successione temporale, ogni individuo ha il suo corpo akasico - ovvero manifesta una certa ampiezza di coscienza, che è il perfetto prodotto di esperienze esistenziali precedenti - per esprimere, nel divenire, quella esperienza evolutiva calibrata in sè e al contempo indispensabile alla manifestazione del sentire successivo. 

Visto secondo la successiva manifestazione di vari individui, si coglie il legame che li unisce, come un filo lega le tante perle di un'unica collana: le perle sono gli individui, ovvero i singoli sentire via via più ampi che si manifestano in successione; il filo è la trama karmica che li unisce in virtù della legge di causa ed effetto; la collana nel suo insieme è la "individualità".

 

Una efficace immagine orientale descrive i legami karmici delle esistenze come una fune fatta di molti fili intrecciati tra di loro. E infatti non è detto che certe cause, mosse da un individuo in una vita, ricadano come effetti sull'individuo che manifesta la vita immediatamente successiva; ricadranno in quelle esistenze

successive nelle quali gli individui che le manifestano sono pronti a farsene carico, ossia esprimono un grado di coscienza tale da sopportare adeguatamente il peso dell'esperienza che si trovano a vivere e da poterla comprendere per trarne il massimo profitto, in senso di crescita spirituale. Questo perchè la funzione primaria del karma doloroso è quella di favorire e donare comprensione, di sbloccare l'individuo da una situazione di stallo, di chiusura in sè.

 

Spesso questa comprensione giunge all'individuo dopo il trapasso del suo corpo fisico - quella esperienza comunemente conosciuta come morte, decesso; esperienza con la quale l'uomo sposta la propria consapevolezza dalla dimensione fisica a quella astrale, intraprendendo un percorso, quello del dopo morte, ampiamente descritto nei vari libri del Cerchio Firenze 77 e a cui si fa cenno anche nella prima parte di questo volume.

 

                                

Creazione-percezione

 

Da quanto detto emerge con chiarezza che gli eventi di cui siamo testimoni non sono oggettivi, ma sono piuttosto, come abbiamo già accennato, il risultato di una visione che ci perviene dalle informazioni raccolte dai nostri sensi ed elaborate dalla nostra mente; eppure queste informazioni, pur non corrispondendo alla realtà di ciò che è, hanno il potere di costruire per noi un mondo e di permetterci di viverlo credendolo reale a tutti gli effetti.

 

Questo meccanismo, detto della "creazione-percezione" è uno dei temi più affascinanti dell'insegnamento e ad esso è dedicato un intero capitolo in questa parte del libro, nel quale Franáois affronta ripetutamente ed estesamente il tema reiterando l'enunciazione dei suoi punti essenziali, quasi a volerli fissare indelebilmente a più riprese in chi lo segue, per poi proporre ogni volta una sfumatura inaspettata, che aggiunge chiarezza e materia di ulteriore riflessione.

Il meccanismo di creazione-percezione, come gli altri aspetti più su descritti, fa parte di quella modalità del "sentire" attinente all'essere uomo, una condizione anch'essa ineluttabile, quasi un destino.

 

  

Le varianti

 

Ma se l`individuo nel suo vivere è così "predeterminato", e se il suo apparente scorrere, o se vogliamo, più correttamente, il suo cogliere in successione la sequenza di fotogrammi che lo rappresentano, è tutto fissato in una sorta di palpitante immobilità nell'eterno presente, dove sta la libertà ed anche la responsabilità dell'uomo?

 

Qui si apre un altro grande capitolo dell`insegnamento che è quello sulle "varianti": ovvero la rara, quanto concreta, possibilità di operare una scelta reale nella trama perfetta dell'esistente, laddove il logico svolgimento a incastro di tutte le varie trame degli esseri e degli eventi preveda, come una equazione matematica a più svolgimenti per un medesimo risultato, la possibilità di una o più soluzioni alternative, rappresentate dallo svolgersi di eventi diversi tra di loro - nell'illusione della percezione e del divenire -,

ma dello stesso peso e valenza sul piano del sentire, e quindi di quell'arricchimento della coscienza che dalle differenti, ma equivalenti, esperienze esistenziali viene a prodursi.

 

Il fatto che l'uomo, credendo di scegliere continuamente nel suo vivere, non sappia mai quando la scelta sia reale, o quando ciò che crede di scegliere sia invece determinato da qualcosa d'altro di cui non è consapevole, fa salvi da una parte il suo senso di responsabilità, e dall'altra la sua libertà che, si badi bene, non è mai assoluta; ma, quando vi sia una variante, essa libertà è sempre relativa ad una precisa rosa di possibilità, e solo a quella.

Tutto è ordine e perfezione nel Cosmo. Niente vi accade a caso; tutto trova la sua spiegazione, se inserito nel quadro che ci offre questa compiuta visione della Realtà.

 

In questo quadro, l'esperienza della "vita da uomo", ancorchè essere quella alla quale noi più teniamo, è solo uno dei tanti aspetti, e certo non il principale, anche se ad esso viene dedicata la gran parte dell'insegnamento dei maestri.

 

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Questi pochi cenni, alquanto insufficienti e lacunosi,  voglio ripeterlo, servano solo di stimolo e come traccia per chi si avvicina per la prima volta ai maestri del Cerchio Firenze 77. Per costoro aggiungo che alcuni aspetti della materia che, compiutamente esposta dai maestri, compone questo grande insegnamento, sono stati altrove enunciati; potrei citare la filosofia classica greca e poi Spencer, Schopenhauer, per l'idea complessiva della vita e Kant per la sua concezione dell'universale soggettivo; Michelstaedter per il particolare rapporto tra divenire ed essere, ovvero la "persuasione e la rettorica", ma vengono subito in mente tutta una sequenza di pensatori, non ultimo Severino, in certe sue intuizioni; e poi la filosofia orientale e certe correnti della fisica di frontiera che suffragano una visione del mondo come apparenza; in fondo si può affermare che tutta la ricerca dell'uomo - la quale forse trova la sua forma più alta, ed anche più vicina al confine con la "realtà", nella grande espressione poetica - è pervasa dalla presenza insistente di frammenti di verità, come una sorta di tremito, di fermento che prepara una umanità più matura.

 

Ma una costruzione cosmogonica come l'insegnamento dei maestri del Cerchio Firenze 77, di tale ampiezza e semplicità, così esauriente e completa in sè, appare essere, oggi, la summa di tutti gli sforzi precedentemente compiuti da grandi uomini, e al tempo stesso appare appartenere - al di là delle modalità esteriori con la quale si è manifestata a noi - più che a grandi menti più che grandi pensatori, alla sostanza stessa di ciò che vuole descrivere.

Non credo che potrà mai esistere mente umana capace di esprimere "tanto", nè di esprimere questo "tanto" in tale modo, così che possa, questo "tanto", diventare a noi accessibile e dalle nostre menti umane contenibile.

 

A coloro, invece, che sono più esperti nella conoscenza di questo dono immenso e meraviglioso, occasione di desiderio e ricerca per migliaia di individui nei secoli trascorsi, ricordo, se ce ne fosse bisogno, e non lo credo, lo straordinario talento, che in ognuno di noi alberga, di avere incontrato questo "tanto", che rappresenta, oltre a ciò che è in sè, un punto di partenza verso l'uomo nuovo

che ci attende e che, sublime paradosso, già è, proprio in virtù di ciò che noi oggi siamo.

La grande fratellanza è già realizzata: solo la nostra mente deve ancora raggiungerla, solo un abito mentale non ce ne rende consapevoli, ma è già tutto qui e ora, non di là da venire.

Ciò che è non deve aspettare i secoli per essere.

 

 

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