Introduzione Il Cosmo - L'uomo e l'evoluzione - Reincarnazione e karma - Creazione-percezione - Le varianti - IL MONDO
"INTERIORE"
(Complementi d'insegnamento)
Introduzione
Tentare la sintesi di un insegnamento
etico-filosofico-spirituale svoltosi in un arco di ben trentasette anni sarebbe
già di per sè compito arduo; tentare la sintesi di "questo"
insegnamento, che rappresenta una summa e una fusione di tutte le sapienze e il
loro stesso superamento, fino a giungere ad offrire una visione incredibilmente
nitida e accessibile della realtà dell'uomo e di ciò che gli sta oltre - in
sostanza di tutto quel sapere che da sempre andiamo cercando e indagando, ed è ora offerto
così, come un dono inatteso della vita - sarebbe presunzione o
addirittura arroganza se, chi scrive, non sapesse di stare proponendo in queste
pagine solo se stesso, ovvero quel tanto che ha potuto afferrare sul confine
estremo della sua mente, dove le parole sono insufficienti e i concetti sono
bagliori non ancora compiuti, e non sapesse di tradurre, in sè e per sè, dentro
i limiti del proprio vocabolario per la propria personale comprensione. Ma anche ben sapendo e dichiarando questo, chi
scrive non sarebbe qui a comporre parole tentando la difficile strada della
semplicità, se non vi fosse chiamato da un'esigenza di servizio nei confronti
dei lettori meno esperti e forse al loro primo incontro con maestri del Cerchio
firenze 77. A loro voglio dire che, lontane dall'essere
neanche il tentativo di una sintesi, queste poche pagine che seguono sono
appena un'ombra confusa, sicuramente insufficiente e inappagante, di quel dono
splendido e indescrivibile che rappresenta l'insegnamento nella sua veste
completa e perfetta. L'insufficienza, le lacune, le asperità che potranno di
seguito incontrare, ancorchè superate poi brillantemente nelle esposizioni dei
maestri, sono tutte e solo mie. Ai lettori servano, queste pagine, come una
traccia, un cartello Una nuova concezione di Dio Siamo i figli dei secoli trascorsi, e in noi
è genetica una determinata visione del mondo, della vita, della natura, di ciò
che ci circonda e anche di ciò di cui niente veramente sappiamo, ovvero della
divinità. Tutt'al più sentiamo, come una specie di esigenza interiore, di
domanda insoddisfatta, che qualcosa c'è o deve esserci; ma cresciuti all'ombra
delle chiese, luoghi di culto per i beati e giulivi soddisfatti e per gli
infanti, o al cospetto delle cattedre, luoghi del potere di chi sa e dall'alto
si concede, rimaniamo nei nostri dubbi, e l'incertezza ci accompagna fino alle
tombe, presso le quali ci raccogliamo inquieti. Ma sembra ora che "l'alba di un nuovo
giorno" sia giunta. Ad illuminare le nebbie dei comuni mortali è una
visione diversa, originale e matura del concetto di Dio e della Realtà. Non
più l'idea di un monarca talora
condiscendente e talora severo, ma una concezione che risponda ragionevolmente
alla mente razionale dell'uomo; perchè oggi, un uomo di media cultura della
nostra civiltà, con i mezzi di cui dispone, ossia intelligenza e conoscenze, può
finalmente credere a Dio senza fare alcuna affermazione di fede. Di Tutto-Uno-Assoluto Noi sperimentiamo quotidianamente nel nostro
vivere la legge di "causa ed effetto" - tu tocchi una fiamma (causa)
e ti bruci (effetto) - legge alla quale è legato qualsiasi evento di qualsivoglia
natura, che sia fisica, emotiva o del pensiero. Niente nella nostra esperienza
esula da questa legge suprema, e di qui il "determinismo", ovvero
quella corrente di pensiero secondo la quale tutto ciò ce accade e che possiamo
prendere in esame è determinato da qualcosa di precedente, in modo tale che
tutto risulta legato e collegato da una rete ininterrotta di relazioni di
causa-effetto, anche quando gli effetti si manifestino in tempi tanto
successivi da non fare intravedere, e quindi conoscere, le cause che
precedentemente li hanno determinati. Una simile concezione della vita, quella
deterministica appunto, appena descritta, non solo non fa torto alla ragione,
in quanto è facilmente e costantemente riscontrabile da chiunque nella vita di
tutti i giorni, ma ha il pregio di abbandonare a se stessa tutta quella
categoria di cosiddette verità dogmatiche, rivelazioni, affermazioni
fideistiche e miracolistiche, che sono i pilastri d'argilla di molte concezioni
filosofico-teologiche. Non sapendo come spiegare dio, si riempie la testa dei
"semplici" di nebulose dichiarazioni, formule rituali e affascinanti
fiabe, condite con niente e profumate d'incensi. Il fascino dei templi e il
bisogno (unica cosa reale) di amore e di religiosità che alberga in ogni uomo,
fanno il resto.
Il problema
è che qui "semplici" per i
quali tutto questo è stato inventato e costruito in secoli di supposta
religiosità - cui ha curiosamente corrisposto la crescita di un immenso potere
clericale -, quei "semplici" non sono più tanto "semplici":
sono sempre di più quelli tra di loro, che si pongono domande serie e
desiderano risposte serie, che soddisfano la mente matura di cui oggi sono
forniti.
Ed ecco che, a loro e a tutti noi, viene in
aiuto la logica dei maestri: "...Se tutto
è determinato, se ad ogni
effetto corrisponde una causa precedente, deve esistere una "prima
causa" dalla quale tutto il resto procede; ossia tutto l'esistente, tutto ciò
che è esistito, tutto ciò che esiste ed esisterà, legato da quella
ininterrotta rete di relazioni di causa-effetto, deve avere una "prima
causa" che l'ha determinato. E quella prima causa deve essere
"increata", non determinata da alcunchè, altrimenti dovremmo spostare
la nostra indagine fino a trovare il culmine, il punto alto, ciò che
rappresenta l'inizio, e sarebbe quello "la prima causa increata".
Ora, affermare che la prima causa
è increata
corrisponde a porre questa prima causa fuori dal tempo e dallo spazio, e anche
fuori dalla materia: è proprio la moderna fisica che ci spiega come tempo e
spazio siano dimensioni relative vissute dall'uomo e legate alla materia. Allora, per svolgere il nostro ragionamento,
poniamo che questa prima causa debba necessariamente essere diversa da tutto
quanto cade sotto la nostra attenzione nel mondo in cui noi viviamo" - che è
il mondo della continua trasformazione, del mutabile, di tutto ciò che ha un
inizio e una fine; il mondo, potremmo dire, del "finito" e del
"transitorio". "...Se questo poniamo, possiamo supporre che il
rapporto che esiste tra la
Questa prima causa, abbiamo detto, deve essere
indipendente da tutto, increata, e di conseguenza fuori dal tempo e dallo
spazio - dimensioni prettamente umane; deve quindi esistere da sempre, o per
meglio dire eternamente...". E' importante qui capire che
"eternità" non significa "tempo senza fine", ma più esattamente "non tempo", assenza di tempo, assenza di
ciò che a noi dà la sensazione dello scorrere, del divenire, del mutare, del passare. La
condizione che andiamo descrivendo non è nè di tempo perpetuo (ossia di un
tempo che ha avuto un inizio per poi continuare senza fine) e nè perenne (che
non si esaurisce mai): è proprio eterna, senza tempo.
"...Ciò che
è eterno è anche immutabile:
se, infatti, dovesse mutare vi sarebbe un cambiamento e quindi una successione
tra com'era prima del cambiamento e com'è dopo, e perciò vi sarebbe un
divenire, uno scorrere, un prima e un dopo, una qualche forma di tempo; allora,
eterno e immutabile. Inoltre, ciò che dipende da qualcosa o da qualcuno è per definizione
limitato e relativo a quel qualcosa o qualcuno, mentre ciò che è indipendente
è per definizione
assoluto, non è limitato nè relativo ad alcunchè.
Abbiamo quindi una prima causa eterna, immutabile, assoluta; e queste tre condizioni ci inducono ad affermare che non possa che essere "una". Essendo "una", occupa tutto quanto
esiste ed è, di conseguenza, "illimitata"; se niente la limita, è "infinita"; e se
è infinita, non vi è punto ove essa non sia: è "onnipresente"; ed essendo dovunque presente,
è a contatto, a
conoscenza di tutto quanto esiste: è "onnisciente". Se la prima causa
è "eterna", "immutabile", "onnisciente", ecco che
le riconosciamo tutti quei caratteri che sono da tutte le religioni e le
filosofie attribuiti a Dio. Chiamiamo, quindi, questa prima causa Dio.
Ma possiamo spingerci oltre. Se infatti
osserviamo quanto ordine, equilibrio e intelligenza vi sia nella vita naturale,
non possiamo non supporre che lo stesso equilibrio, ordine e intelligenza
L'infantile idea di una creazione dei mondi dal
"nulla", pone il nulla (che è già di per sè un assurdo) fuori da Dio,
il quale ne risulterebbe a priori mancante, e quindi incompleto, e quindi non
assoluto, e via via fino a negare ogni Suo attributo. Solo una "emanazione
da Se stesso" può fare salva la completezza di Dio; ma deve essere
un'emanazione non staccata da Dio, che altrimenti ne risulterebbe privato,
negando di nuovo il Suo carattere di assolutezza; quindi, una emanazione
"da Sè in Sè": l'emanato, i mondi, gli esseri, tutto quanto esiste,
deve essere e rimanere in Dio.
"...Ma se
così è, non si può certo pensare
a un Dio completo della Sua emanazione - e in forza di questa, assoluto - e a
un Dio privo di questa Sua emanazione: ecco che l'emanato non solo deve
rimanere in Dio, ma deve esservi sempre stato; in una condizione, anch'esso, di
eternità...". Come si conciliano il tempo che noi vediamo
scorrere, gli eventi che vediamo divenire e di cui siamo spettatori e
protagonisti, e tutto ciò che compone l'emanato e che continuamente muta sotto
i nostri occhi, con l'idea che tutto questo sia - "in realtà" - fuori
del tempo, che non diventi, che non scorra, che sia eterno? Se la prima causa e
ciò che questa ha causato
(l'emanato, i mondi, gli esseri, noi stessi) sono "la medesima Realtà" - e non potrebbe essere diversamente data l'assolutezza di Dio -,
allora quelli che noi viviamo come scorrenti, come divenenti, non sono eventi
oggettivi, ma sono forme di illusione, di apparenza. Sono il risultato di una
visione che ci perviene dalle informazioni raccolte dai nostri sensi ed
elaborate dalla nostra mente, ma che non corrispondono alla realtà di ciò che è.
I "fotogrammi" - L'eterno presente Da questo assunto di partenza prende le mosse
una serie di insegnamenti paralleli, volti a condurci per mano e con grande
Uno di questi insegnamenti è quello dei "fotogrammi"; ovvero la descrizione della vita degli esseri come una sequenza di situazioni, una successiva all'altra, fissate nel non-tempo in una condizione di "eterno presente", che l'uomo vive secondo quella apparente successione che lui interpreta come "divenire", ossia secondo la sequenza temporale che conosciamo: proprio come i fotogrammi della bobina di un film di cui noi siamo al tempo stesso proiettore, spettatore e protagonista.
Visto il film, percepito dagli spettatori come una storia unitaria e in movimento - mentre si tratta, di fatto, di una successiva proiezione di frammenti immobili, di fotografie legate tra loro da un senso logico che gli spettatori gli attribuiscono -, i fotogrammi che compongono il film non sono annullati per il fatto di essere stati visionati, interpretati e in un certo senso "vissuti", dagli spettatori; ma esistono sempre e continuano a comporre la bobina, tanto che il film può esser riproiettato di nuovo. E allo stesso modo, terminata la nostra visione-interpretazione del film-vita (ognuno il suo), i fotogrammi che compongono la vita, da noi vissuti e per noi trascorsi, esistono ancora - così come noi li abbiamo visti, interpretati e sentiti scorrere - da sempre e per sempre in quella condizione di eternità che è propria della realtà.
Noi semplicemente abbiamo spostato la
nostra consapevolezza sul nastro di quei fotogrammi fino a percorrerlo tutto; e
in quei fotogrammi, che rappresentano ognuno di noi immerso nel suo mondo, ci
siamo "sentiti" divenenti; in quei fotogrammi, e secondo quella
modalità "scorrente", identificandoci. Il tema dei fotogrammi e dell'eterno presente,
qui appena accennato, viene più avanti meglio focalizzato e, nell'insegnamento,
esaurientemente approfondito e puntualizzato.
Il Cosmo Tutte le pellicole, tutte le bobine, tutti i
film dell'esistente, in ogni tempo e in ogni luogo, rappresentano la
"manifestazione" e compongono ciò che viene definito un
"Cosmo". Ovvero il Cosmo è l'insieme sia della parte apparente
(quella che l'uomo vive come
Si rende necessario introdurre alcuni elementi
per spiegare quale sia la struttura di un "individuo" e di ciò che lo
fa vivere e, nel nostro caso, sentire uomo. Abbiamo descritto Dio come Assoluto, e al tempo
stesso contenente in Sè tutto quanto esiste; ed è logico che sia così, non potendo
mancare nulla in Lui, pena la Sua incompletezza. Se del resto non vi fosse la
manifestazione degli innumerevoli Cosmi e dei relativi mondi ed esseri ch eli
abitano, oltre ad essere privo di questa manifestazione, in Lui non vi sarebbe
quel pulsare vitale che è rappresentato proprio dalla vita di tutto quanto
esiste, e ch eè la natura cosiddetta "esteriore" di Dio: il quale non
è un perfetto meccanismo, ma un organismo pulsante e onniabbracciante. La natura di Dio si "manifesta"
appunto attraverso le manifestazioni dei Cosmi, che avviene tramite
l'emanazione degli stessi da Sè in Sè. Come accade tutto questo? E' necessario
un piccolo sforzo per cercare di immaginare la successione più come uno
svolgimento logico, o matematico, che non come uno svolgersi in senso
temporale, o di qualcosa che "diventa".
Immaginiamo di porre sopra un tavolo rotondo
tante pedine anch'esse rotonde: una al centro del tavolo e le
altre disposte in modo ordinato intorno a questo centro a comporre tanti cerchi
concentrici tutti a contatto tra di loro; ogni cerchio è formato da pedine di
uguale grandezza e le pedine disposte sul tavolo sono via via più
piccole mano a mano che il cerchio che
compongono si allontana dalla pedina di centro; questo fino a coprire tutta la
superficie del tavolo. Quindi le pedine più piccole formeranno il cerchio più ampio, e al tempo stesso quello
più lontano dal centro del tavolo che coinciderà con il suo perimetro, ovvero con il confine estremo della
manifestazione.
Guardando con un colpo d'occhio questo insieme,
anche se
Il primo "atto" (primo in senso
logico, non temporale) della manifestazione di un Cosmo è una specie di centro
ideale, di pietra cubica, intorno alla quale va "dipanandosi" e
"formandosi" tutta la teoria del Cosmo. E', quello, il punto più vicino a Dio (non in senso spaziale, ma di coscienza) che si possa concepire;
ed è il punto che informa di divinità tutto il Cosmo, e che al tempo stesso lo
caratterizza secondo certe peculiarità, secondo un modulo fondamentale necessario
allo sviluppo di quel Cosmo e solo di quello.
Questo centro detto "Logos" (o primo
alito di Dio) è l'imprinting del Cosmo, ed anche il punto di confine e di
unione tra il Cosmo e Dio, unione e confine non fisici, quanto di comprensione
e immedesimazione: chi, al termine del suo percorso evolutivo, raggiunge quel
punto - destino di tutti gli esseri - è uno con l'Assoluto.
Ricordo ancora che
ciò che stiamo descrivendo è una sorta di rappresentazione virtuale; i termini "unione" e
"confine" possono far pensare a qualcosa che si sia separato da Dio e
che a Lui ritorni, e che vi sia un altrove da Dio; ma niente e nessuno si
allontana e
Il Logos, la nostra pedina al centro del tavolo,
è della stessa natura "interna" di Dio, ovvero è spirito; ed è uno
per ogni Cosmo. Si dice che dall'uno, cioè dal Logos, nella successione della
manifestazione, procede come prima cosa la "Legge", ovvero
l'intelaiatura che funge proprio da struttura di tutto il Cosmo, e
rappresenta l'aspetto duale del Cosmo
(quella stessa dualità che ci
Abbiamo detto che le nostre pedine non sono
disposte in disordine sul tavolo, ma con un ordine preciso, seguendo un certo
disegno e una certa gradualità, fino a coprire tutta la superficie del tavolo:
immaginiamo che vi sia proprio tutta un'orditura di fili disposti a raggiera
che, partendo dal centro ideale, raggiungano il confine del tavolo dividendolo
in spicchi, spicchi che obbligano a una precisa e ordinata disposizione le
pedine che ogni spicchio contiene in sè; immaginiamo inoltre che le pedine
siano attraversate, nel senso delle circonferenze che compongono, da altri fili
che le mantengono nel loro esatto ordine di grandezza e che formano una trama
di circonferenze che si intesse sull'orditura dei fili a raggiera, così da creare proprio il tessuto
vitale del Cosmo nel quale le pedine si "adagiano" secondo un ordine
esatto e perfetto.
Quei fili, che compongono trama e orditura del
Cosmo, e che
Possiamo affermare che le pedine, con l'esatta
disposizione che hanno e che non potrebbe essere diversa da quella che è, sono
l'entrinsecazione stessa della Legge e del principio che informa la Legge: ogni
pedina è sia Legge che principio originario; nè potrebbe essere diversamente,
essendo ogni pedina della stessa natura di ciò che l'ha emanata da Sè in Sè,
emanando Logos e Legge. Ancora un passo. Dopo aver tolto i fili della Legge che
hanno disposto con ordine le pedine sul tavolo, e che ne hanno disegnato la
struttura e i confini, ed aver posto il principio originario in ogni pedina,
togliamo il tavolo. Il Cosmo infatti non è qualcosa d'altro dalle pedine che lo
compongono, ma è appunto l'insieme delle pedine; è costituito da tutte le
pedine che in lui sono presenti. E cosa sono le pedine? Coscienza, gradi sempre più
ampi di coscienza.
Nella successione dell'emanazione la fase
ulteriore, dopo la Legge, è la manifestazione concreta di quei principi che
ordinano il Cosmo; manifestazione concreta che avviene attraverso le energie e
le materie, con le loro forme e con le trame a cui queste forme danno vita. Per riassumere quanto fino qui detto, la
coscienza assoluta-Dio si fraziona "virtualmente" nei vari logos,
ognuno dei quali dà vita a un Cosmo totalmente composto da "frammenti di
coscienza" di varia e molteplice ampiezza, a partire dall'atomo di
coscienza; Cosmo che, nella sua completezza, rappresenta la massima e ultima
ampiezza di coscienza - la coscienza cosmica - prima dell'identificazione
nell'unica coscienza assoluta.
Questi vari gradi di coscienza, detti
"sentire" (le nostre pedine), si manifestano nel "mondo della
percezione" (quello di cui noi facciamo quotidiana esperienza) attraverso
vari corpi o "veicoli", atti proprio a manifestare questi diversi gradi di sentire - la
successiva grandezza delle pedine via via che si avvicinano al centro ideale -
e, con il loro manifestarli e viverli, costituire ulteriore coscienza.
L'uomo e l'evoluzione Per quanto riguarda l'uomo, e quindi una certa
gamma di sentire, di ampiezza di coscienza (per usare il nostro esempio
potremmo immaginare un certo numero di quelle circonferenze composte dalle
pedine del Cosmo così rappresentato), la manifestazione avviene con la
costituzione di tre corpi saldati tra di loro in un unico complesso che
permette l'espressione di quella particolare esperienza che è la "vita umana", e sono: il corpo
mentale, preposto al pensiero dell'uomo; il corpo astrale, preposto alle sue
emozioni; il corpo fisico, preposto a tradurre in atti gli impulsi che gli
Ma la parte "sostanziale" di ogni uomo non risiede in quei tre corpi, che pure sono quelli attraverso i quali l'uomo sperimenta in concreto la vita, ma risiede nel cosiddetto "corpo akasico", ovvero della coscienza; in quella coscienza che manifesta se stessa nel divenire attraverso quei tre corpi, detti "grossolani", e che proprio attraverso l'esperienza unitaria dei tre corpi "amplia" se stessa, per manifestare successivamente, in altra veste, con altri corpi, il sentire più ampio così costituito; il quale contiene in sè, per ampiezza, il sentire precedente.
Ecco
perchè nel nostro esempio le pedine, a mano a mano che
si avvicinano al centro del Cosmo, meta ideale del loro viaggio, sono più grandi: rappresentano un sentire sempre
più ampio; ma non è che la pedina
precedente "diventi" quella seguente, crescendo; quella precedente è e rimane quella precedente; quella seguente
è e rimane quella seguente: sono
due sentire di ampiezza diversa che manifestano se stessi nei mondi
dell'apparenza attraverso forme ed esperienze diverse, ma collegate tra di loro
dalla perfetta logica - che poi è la legge intrinseca ai sentire stessi - che
regola tutta la manifestazione cosmica. Tutti i sentire che compongono la
manifestazione cosmica e che manifestano se stessi nel divenire, sono viventi e
pulsanti da sempre e per sempre in quella condizione che abbiamo chiamato di
eterno presente, pur
Questa
modalità rappresenta una fase (quella
umana) del più complesso processo evolutivo che ogni individuo compie
dall'atomo di sentire fino alla coscienza cosmica e, più oltre,
all'identificazione con la coscienza assoluta. L'esistenza di ogni uomo è legata Reincarnazione e karma Ma cosa si reincarna, o meglio cosa si esprime
attraverso Questo essere
Potrebbe apparire come una ingiustizia che certe creature si
trovino a subire pesanti effetti di cause a loro sconosciute e mosse in tempi
remoti da altre creature, se non fosse
che le due e più creature legate da questa legge e da questi eventi
appartengono in realtà ad un unico essere, di una medesima natura, ossia
coscienza, che manifesta se stesso secondo una successione logica di sentire
sempre più ampi, e che, dalla parte del divenire, sta percorrendo con vari e
molteplici abiti un cammino evolutivo
La coscienza, quindi, in questo processo di sempre più ampia manifestazione di sè attraverso, ogni volta, un corpo akasico che risulta accresciuto dalle esperienze esistenziali degli individui, funge da legame tra una incarnazione e l'altra, riassumendo in sè il succo delle esperienze di più individui. Visto nel suo manifestarsi in successione
temporale, ogni individuo ha il suo corpo akasico - ovvero manifesta una certa
ampiezza di coscienza, che è il perfetto prodotto di esperienze esistenziali
precedenti - per esprimere, nel divenire, quella esperienza evolutiva calibrata
in sè e al contempo Visto secondo la successiva manifestazione di vari individui, si
coglie il legame che li unisce, come un filo lega le tante perle di un'unica
collana: le perle sono gli individui, ovvero i singoli sentire via via più ampi
che si manifestano in successione; il filo è la trama karmica che li unisce in
virtù della legge di causa ed effetto; la collana nel suo insieme è la
"individualità".
Una efficace immagine orientale descrive i
legami karmici successive nelle quali gli individui che le
manifestano sono pronti a farsene carico, ossia esprimono un grado di coscienza
tale da sopportare adeguatamente il peso dell'esperienza che si trovano a
vivere e da poterla comprendere per trarne il massimo profitto, in senso di
crescita spirituale. Questo perchè la funzione primaria del karma doloroso è quella di favorire e donare comprensione, di sbloccare l'individuo da una
situazione di stallo, di chiusura in sè.
Spesso questa comprensione giunge all'individuo
dopo il trapasso del suo corpo fisico - quella esperienza comunemente
conosciuta come morte, decesso; esperienza con la quale l'uomo sposta la
propria consapevolezza dalla dimensione fisica a quella astrale,
Creazione-percezione Da quanto detto emerge con chiarezza che gli
eventi di cui siamo testimoni non sono oggettivi, ma sono piuttosto, come abbiamo già accennato, il risultato di una visione che ci perviene dalle
Questo meccanismo, detto della "creazione-percezione"
è uno dei temi più affascinanti dell'insegnamento e ad esso è dedicato un
intero capitolo in questa parte del libro, nel quale Franáois affronta
ripetutamente ed estesamente il tema reiterando l'enunciazione dei suoi punti
essenziali, quasi a volerli fissare indelebilmente a più riprese in chi lo
segue, per poi proporre ogni volta una sfumatura inaspettata, che aggiunge
chiarezza e materia di ulteriore riflessione. Il meccanismo di creazione-percezione, come gli
altri aspetti più su descritti, fa parte di quella modalità del
"sentire" attinente all'essere uomo, una condizione anch'essa
ineluttabile, quasi un destino.
Le varianti Ma se l`individuo nel suo vivere
è così "predeterminato", e se il suo apparente scorrere, o se vogliamo,
più correttamente, il suo cogliere in successione la sequenza di fotogrammi che lo
rappresentano, è tutto fissato in una sorta di palpitante immobilità
nell'eterno presente, dove sta la libertà ed anche la responsabilità dell'uomo?
Qui si apre un altro grande capitolo
dell`insegnamento che è quello sulle "varianti": ovvero la rara,
quanto concreta, possibilità di operare una scelta reale nella trama perfetta
dell'esistente, laddove il logico svolgimento a incastro di tutte le varie
trame degli esseri e degli eventi preveda, come una equazione matematica a più svolgimenti per un medesimo risultato, la
possibilità di una o più soluzioni
alternative, rappresentate dallo svolgersi di eventi diversi tra di loro -
nell'illusione della percezione e del divenire -, ma dello stesso peso e valenza sul piano del
sentire, e quindi di quell'arricchimento della coscienza che dalle differenti,
ma equivalenti, esperienze esistenziali viene a prodursi.
Il fatto che l'uomo, credendo di scegliere
continuamente nel suo vivere, non sappia mai quando la scelta sia reale, o
quando ciò che crede di scegliere sia invece determinato da qualcosa d'altro di
cui non è consapevole, fa salvi da una parte il suo senso di responsabilità, e
dall'altra la sua libertà che, si badi bene, non è mai assoluta; Tutto
è ordine e perfezione nel Cosmo. Niente vi
accade a caso; tutto trova la sua spiegazione, se inserito nel quadro che ci
offre questa compiuta visione della Realtà.
In questo quadro, l'esperienza della "vita
da uomo", ancorchè essere quella alla quale noi più teniamo, è solo uno
dei tanti aspetti, e certo non il principale, anche se ad esso viene dedicata
la gran parte dell'insegnamento dei maestri. * * * Questi pochi cenni, alquanto insufficienti e
lacunosi, voglio ripeterlo, servano
solo di stimolo e come traccia per chi si avvicina per la prima volta ai maestri
del Cerchio Firenze 77. Per costoro aggiungo che alcuni aspetti della materia
che, compiutamente esposta dai maestri, compone questo grande insegnamento,
sono stati altrove enunciati; potrei citare la filosofia classica greca e poi
Spencer, Schopenhauer, per l'idea complessiva della vita e Kant per la sua
concezione dell'universale soggettivo; Michelstaedter per il particolare
rapporto tra divenire ed essere, ovvero la "persuasione e la
rettorica", ma vengono subito in mente tutta una
Ma una costruzione cosmogonica come
l'insegnamento dei Non credo che
potrà mai esistere mente umana
capace di esprimere "tanto", nè di esprimere questo "tanto"
in tale modo, così che possa, questo "tanto", diventare a noi
accessibile e dalle nostre menti umane contenibile.
A coloro, invece, che sono
più esperti nella
conoscenza di questo dono immenso e meraviglioso, occasione di
desiderio e ricerca per migliaia di individui nei secoli trascorsi, ricordo, se
ce ne fosse bisogno, e non lo credo, lo straordinario talento, che in ognuno di
noi alberga, di avere incontrato questo "tanto", che rappresenta, oltre
a ciò che è in sè, un punto di partenza verso l'uomo nuovo che ci attende e che, sublime paradosso,
già è,
proprio in virtù di ciò che noi oggi siamo. La grande fratellanza
è già realizzata: solo la
nostra mente deve ancora raggiungerla, solo un abito mentale non ce ne rende
consapevoli, ma è già tutto qui e ora, non di là da venire. Ciò
che è non deve aspettare i secoli per
essere.
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