Indice di questa pagina

Conseguenza logica del concetto di Eterno Presente  - Né caos, né caso  - Illusione del trascorrere (Esempio fotogrammi) - 

Esistenza oggettiva del Cosmo  - Situazioni parallele,  - Ogni fase è un "sentire" - Le mutazioni per il libero arbitrio  - 

La vita dell'individualità  - La storia individuale - Visione soggettiva del Cosmo  - Assenza di scelta nella vita macrocosmica

PARTE TERZA

L'INSEGNAMENTO FILOSOFICO

 

Premessa

 

Più che Dio ad aver fatto l'uomo a Sua immagine e somiglianza, è vero il contrario.

L'esistenza della Divinità è sempre stata un argomento che ha interessato l'uomo di ogni epoca. Tutti si sono domandati se Dio esiste: dal raffinato filosofo al selvaggio. Qualunque sia stata o sia la risposta certo è che nessuna idea in proposito è così soggettiva come quella della Divinità. Partendo dalla naturale intuizione di ognuno che qualcosa esiste oltre ciò che appare, si sono accumulate nei tempi quell'insieme di opinioni, ad uso e consumo dei popoli, chiamate religioni. Ciò che la filosofia può dirci sulla Divinità, pur contenuto sul filo della stretta logica, o è troppo estraneo al cosiddetto "creato" da risultare pura astrazione, o ne fa tanta parte da acquisirne la natura finita e mutevole.

L'idea che qualcosa esista oltre ciò che appare è il concetto della Divinità ridotto ai minimi termini; così, sfrondato da tutti gli apporti soggettivi, non può che trovare unanimità di adesioni anche presso i cosiddetti atei e la scienza positiva.

 

Per scoprire la vera natura di ciò che non fa parte della realtà della quale siamo a conoscenza, dobbiamo partire dal concetto base della Divinità, liberarci di tutte quelle sovrastrutture create per spiegare un mondo sconosciuto con la sola metrica di quello che ci è consueto.

Infatti, tanti secoli di pensiero religioso, filosofico e scientifico hanno dimostrato che le ipotesi sull'esistenza e sulla natura di Dio, formulate secondo la metrica umana, non sono capaci di conciliare la realtà di un mondo in continuo divenire con un'idea della Divinità che sia accettabile, che non abbia nulla, cioè, da doversi spiegare ricorrendo all'allegoria per renderla logica e quindi credibile.

Non interessandosi, perciò, di tutto quanto gli uomini nei tempi hanno sognato della Divinità, viene qui proposto il concetto di un Dio Assoluto, seguendo il quale si perviene alla scoperta che la Realtà che esiste oltre ciò che appare è del tutto diversa da quella che l'uomo suppone.

Forse perché la Verità non è supponibile, fino ad ora si è potuto credere in Dio solo per un atto di fede, mentre il concetto della Divinità è essenzialmente logico, anche se di una logica che va al di là della consuetudine umana.

 

Le comunicazioni che seguono hanno lo scopo di condurvi sulla linea di un nuovo orizzonte, per farvene conoscere la bellezza e la Verità, dal quale è finalmente comprensibile ciò che per l'uomo è sempre stato impenetrabile mistero.

Ogni concezione della vita non prettamente materialistica distingue l'uomo dal suo corpo fisico. Infatti se si ammette che alla morte del corpo l'"essere" sopravvive, una tale distinzione ne è logica conseguenza.

 

A ciò noi aggiungiamo che non si deve nemmeno identificare l'"essere" con la sua psiche, cioè col nucleo delle sue sensazioni e dei suoi pensieri, perché come il corpo fisico viene abbandonato alla fine di ogni incarnazione - e ciò porta a distinguere l'"essere" dal suo corpo - altrettanto è del nucleo delle sensazioni, o corpo astrale, e del nucleo dei pensieri, o corpo mentale.

L'"essere" è il pensatore, il percepiente. Per noi l'"essere" è la coscienza, intendendo con ciò molto più dell'autoconsapevolezza, più del sub-cosciente, più della coscienza morale. E' il nucleo del "sentire" acquisito nelle varie incarnazioni che non viene mai perduto ma vieppiù ampliato. Per noi l'"essere" non ha la coscienza, l'"essere" è coscienza, è "sentire".

 

Ora, siccome la coscienza acquisita non viene mai perduta, l'"essere", oltreché poterlo identificare con essa, lo si può visualizzare in una teoria, una serie di "sentire" che va dall'atomo del sentire al sentire massimo.

Taluno chiama l'"essere" spirito, ego, sé, ecc., ciò ha un'importanza relativa. Importante è capire che l'"essere" non subisce un processo di accrescimento perché è già completo in sé. Sicché l'evoluzione non deve intendersi come divenire, perché il progressivo rivelarsi di un sentire più ampio, di una coscienza più vasta, è in realtà l'affermazione dell'esistenza dei vari sentire, i quali sussistono nel non-tempo al di là dell'apparente sbocciare e trascorrere, così come una parola scritta è letta lettera dopo lettera, ma in sé è un insieme che ha un suo significato legato alla sequenza delle lettere che la compongono.

Il Cosmo, intendendo con questa parola l'ordine dei mondi fisico, psichico e della coscienza, cioè degli esseri, si può convenzionalmente considerare in due zone che non sono diverse ubicazioni di spazi, ma diversi stati d'essere.

 

La prima zona comprende il mondo della percezione a sua volta costituito dal piano fisico, dal piano astrale e dal piano mentale, ossia da quelle aree non spaziali in cui hanno vita i corpi fisici, i corpi astrali ed i corpi mentali degli esseri.

La seconda zona comprende il mondo del "sentire", della coscienza, degli esseri intesi nel modo prima precisato. La prima zona esiste in funzione della seconda, in altre parole le esperienze del piano fisico suscitatrici di sensazioni, emozioni, pensieri, e viceversa i desideri, le proprie convinzioni ideologiche o di pensiero in senso lato che indirizzano l'esperienza, hanno come ragione d'esistere quella di rivelare, suscitare i sentire, la coscienza, che costituiscono l'"essere".

Inoltre, questa zona che costituisce il mondo fenomenico e della percezione che appare in continuo movimento, trasformarsi e divenire, è in effetti in condizione d'immobilità.

 

Questo stato delle cose è logica conseguenza della natura assoluta di Dio in cui non può esservi accrescimento, sequenzialità, estraneità, ma tutto non può che essere contenuto in condizione di Eterno Presente. L'intera Manifestazione cosmica che comprende l'emanazione ed il riassorbimento del Cosmo, è nell'Assoluto un atto che non ha sequenza.

E' nostro sentito proposito illustrare tutto ciò in modo e con parole più semplici possibile per rendere accessibile un punto di vista estraneo alla dimensione umana, ma che disvela com' è strutturato il Cosmo, sì da far intravedere la Realtà che è oltre l'illusione.

 

 

Conseguenze logiche del concetto di Eterno Presente

 

Odo i vostri pensieri, odo quello che voi cercate d'indovinare: "Che cosa Kempis risponderà? Sarà dell'opinione di non parlare di determinati argomenti quando ancora non sia ben delineata in noi stessi una  giusta maturazione, oppure - fidando nella nostra facoltà e possibilità di seguirlo - si avventurerà per quei sentieri della Scienza divina nei quali ben poco sostegno è la logica, tenue guida la fede, ma solo la maturazione spirituale è sicura conduttrice?".

Che cosa è questa "maturazione spirituale", dal momento che lo Spirito, per Sua stessa Natura, è già maturo? Dal momento che lo Spirito, partecipe di Dio, non può né accrescersi né in qualche modo mutare? Che cosa è l'evoluzione per lo Spirito che non può evolvere? Che cosa è il futuro nell'Eterno Presente? Come è possibile parlare di cose così diverse?

 

Parliamo di Assoluto e di relativo. L'uno contiene l'altro, l'altro è emanazione dell'uno. Ciò che è nell'Assoluto e che non sia Assoluto - giacché l'Assoluto è Lui solo, ed E' Colui che E'- è relativo; ma ciò che non è Assoluto non può essere che diverso da Lui, in altre parole non possono esservi due Assoluti. Una logica valida per il relativo, non può essere altrettanto valida per l'Assoluto. Se noi per comprendere il relativo, giungiamo alla conclusione che il relativo ha un suo ciclo di vita che nasce e muore, non possiamo con lo stesso metro misurare l'Assoluto.

Così non possiamo parlare di "evoluzione", di teoria di "scorrere", quali noi siamo abituati a concepirli nel relativo, e con lo stesso metro a ricercarli e a ritrovarli nell'Assoluto.

 

Eppure il mondo del relativo è nell'Assoluto, eppure il relativo non è avulso dall'Assoluto, eppure il relativo non è un ente a sé stante dall'Assoluto. Non per nulla non abbiamo mai adoperato il termine "creazione", ma sempre "emanazione".

Tutto è nell'Assoluto. Un quadro, prima ancora che sulla tela, esiste molto spesso nella mente dell'artista, del pittore.

Eppure il pittore lo immagina in funzione di ciò che può realizzarsi, ed immagina  un quadro con ciò che ha a disposizione.

Se voi pensaste ad una materia ed il vostro pensiero fosse così intenso da renderla concreta, cioè da materializzarla, e pensaste anche a certe leggi le quali producessero la cristallizzazione di quella materia, ebbene la materia si cristallizzerebbe, voi avreste creato un mondo e le leggi secondo le quali questo mondo prenderebbe una forma. La successione della cristallizzazione avverrebbe in funzione delle leggi che voi stessi avreste stabilite. Ma ciò non avrebbe importanza: nell'intimo vostro, nel vostro pensiero, tutto sarebbe egualmente presente e pensato nello stesso istante; sia la costituzione della materia, che il ciclo secondo il quale questa materia giungerebbe ad una cristallizzazione.

 

Nell'Eterno Presente tutto è presente in un medesimo istante eterno. Ciò che questo Eterno Presente origina per sua stessa natura, ha invece un ciclo di nascita e di morte; ma questa nascita e questa morte, e tutto ciò che è compreso da questa nascita a questa morte, è egualmente presente nello stesso istante nell'Eterno Presente e quivi è perciò immutabile. Pur tuttavia non può non esistere questo ciclo di nascita e di morte, perché se non esistesse non vi sarebbe L'Eterno Presente. Questo ciclo di nascita e di morte non è che la conseguenza logica, e non temporale, dell'Eterno Presente.

Chi ha orecchi intenda.

                      * * *

 

Nell'idea esiste la forma ed esiste la facoltà che questa idea, si traduca in forma. Senza l'idea non può esistere la forma e senza la forma l'idea poggerebbe sul nulla e tale non sarebbe.

L'idea è quella che è, perché esiste la possibilità che questa divenga forma. Se non vi fosse il tradursi in forma dell'idea, l'idea non avrebbe luogo a compiersi e non esisterebbe né forma, né idea.   

                                                                                                                                                                                                          F. M.

 

Nè caos, né caso

 

Adesso affrontate un argomento che richiede ancora uno sforzo maggiore, ma pure non è al di fuori della vostra portata purché lo si affronti con semplicità.

Se noi pensassimo all'Eterno Presente come alla pagina di un libro nel quale è raccontata una storia misteriosa, bellissima, non saremmo forse molto lontani. Per capire il senso il lettore deve però scorrere tutta la pagina, è vero! Ma la pagina del libro comprende - nell'insieme delle parole, delle lettere, della punteggiatura e via dicendo - questa storia meravigliosa. L'Eterno Presente è oltre questo, perché comprende la storia nel suo svolgersi e comprende le leggi per le quali la storia si svolge come è descritta.

L'Eterno Presente, come la pagina del libro, è senza tempo; ogni parola è presente nello stesso attimo eterno, così possiamo dire. Ma pure un movimento per il lettore esiste. Certo dire "il lettore" non significa escludere che qualcuno abbia la capacità di leggere tutte contemporaneamente le lettere insieme e capire egualmente la storia senza dovere scorrere riga su riga.

La storia c'è, è vero? Ma il lettore deve, ad un certo momento, iniziare dalla prima parola per giungere all'ultima.

Se L'Eterno Presente non ha tempo, l'Assoluto che comprende il Tutto e di cui L'Eterno Presente è condizione di "esistere" e di "sentire" - L'Uno-Assoluto - non ha quindi successione né logica né cronologica né di tempo, è vero? Come esiste il tempo? Da che punto comincia a nascere? Può esservi "qualcosa" che pur essendo esistente nell'Eterno Presente, prenda poi cognizione di esso? Meditate, figli. Tante sono le domande, ma tutte hanno una risposta.

                                                                                                                                                                                                                 DALI

 

 

Perché noi abbiamo bisogno di parlare dell'Eterno Presente? Forse - lo dico senza offesa di alcuno - per la vostra mentalità e la necessità di esservi utili in questo nostro insegnamento non v'era nessun bisogno di parlare dell'Eterno Presente. Parlando di Dio potevamo fermarci al concetto dell'Assoluto senza approfondire, senza portare in campo il concetto dell'Eterno Presente; avremmo reso più piana la comprensione, avremmo evitato molte complicazioni, molte amarezze, forse, a taluno. 

Voi sareste stati appagati dal concetto della manifestazione e del riassorbimento che - badate bene - non è per nulla superato dall'Eterno Presente; che lo completa, che, se non si sente la necessità di conoscere altro, è di per sé esauriente. Ciò avrebbe comportato minore spreco di fatica da parte nostra e vostra. Ma il quadro generale, la Realtà che andiamo annunciandovi, avrebbe - anch'essa - avuto il suo tallone di Achille.

Avrebbe avuto il suo lato debole e sarebbe stata allo stesso livello degli altri sistemi filosofici, delle altre teologie che possono spiegare molte cose, ma che in fondo hanno un lato ed un punto, un quesito che non viene risolto. Anzi, che molte volte è in contraddizione con le premesse fondamentali.

Per questo motivo, trascinandovi forse vostro malgrado in campi del pensiero e più oltre, forse dell'intuito, che non vi sono consueti - o che non sono consueti alla maggior parte di voi - abbiamo voluto mostrarvi ciò che fa di questo insegnamento un insieme di Verità che sopravanzano, ripeto ancora, le filosofie più complesse e più complete, le teologie più filosofiche e più ragionate.

 

Fino a qualche anno fa la scienza non spiegava neppure con ipotesi le origini dell'Universo; ma la voce ufficiosa dei suoi figli diceva: "L'Universo può essere frutto del caso". Questo, oggi, non è più neppure pensato né ipotizzato, perché le ricerche di laboratorio, le esperienze della scienza, hanno inequivocabilmente dimostrato che tutto è regolato da un ordine immenso; che l'infinitamente piccolo è contenuto costituito ed esistente su leggi fondamentali in un ordine perfetto; che l'infinitamente grande è egualmente regolato da una perfezione matematica. In questo quadro di perfezione non v'è posto per il "caso". La creazione intesa come risultato di fortuite circostanze, anche se per assurda ipotesi realizzabile, sarebbe di sua stessa natura tanto cad—ca, effimera, da esistere solo per giungere al proprio disfacimento, conseguenza della sua origine fortuita. Niente "caso", quindi, né tanto meno "caos". Come parlare di "caos" in un quadro ove l'ordine regna sovrano? E che l'ordine regni sovrano non v'è dubbio. 

 

Ogni uomo di scienza - visto che voi credete solo alla scienza - ve ne farà verace testimonianza.

In questo ordine delle materie, l'uomo solo appare il "gran disordinato", perché nel suo modo di agire, nella sua storia, non osserviamo quell'ordine che, invece, tanto abbondantemente è dimostrato nel creato. E' dunque possibile che in un quadro così ordinato di materie, l'uomo - figlio della materia, prodotto di un corpo nel quale l'ordine è ingenerato e in cui il disordine è anomalia - possa degenerare e regnare nel disordine? O piuttosto non è vero che questo apparente disordine non sia che l'attuazione pratica di un ordine che va al di là di ciò che appare? 

 

Certo che in questo quadro ove è ordine, la vita dell'uomo, per quanto disordinata possa apparire, trova un suo giusto posto solo se questo disordine s'interpreta in funzione di un ordine più grande che dall'uomo stesso non può essere colto; che va al di là di ciò che l'uomo, con gli occhi ed i sensi del suo corpo fisico, può cogliere; che trascende ciò che l'uomo può umanamente congetturate. E di questo ordine noi, da molti dei vostri anni, andiamo parlando: di un ordine che solo un Dio può avere stabilito. Dico "avere stabilito" perché in questo momento ragiono come un uomo che non conosca niente dell'Assoluto, che non sia convinto dell'esistenza di Dio, ma che nello stesso tempo sia disposto a credervi, o ad accettare un'ipotesi che si sostenga sulla logica e che dia una spiegazione, per quanto difficile ma plausibile.

Se dunque questo ordine è stabilito da un Ente supremo, occorre che questo Ente sia Eterno, cioè non perituro. Occorre che questo Ente sia "completo". Che cosa vuol dire? Che non manchi di niente. Ecco perché vi abbiamo parlato del concetto dell'Eterno Presente.

 

Dio, nel cui seno si manifestassero e riassorbissero i Cosmi nei quali avessero vita individui come voi, sarebbe un Dio che spiegherebbe molte domande, che appagherebbe molti interrogativi, ma che avrebbe il Suo tallone d'Achille; che non sarebbe né completo né assoluto, se a Lui non si unisse il concetto dell'Eterno Presente, dell'immutabilità. Perché se un Dio deve esistere, deve esistere un Dio-Assoluto, e se un Dio deve esistere Assoluto, non può che essere Completo ed Immutabile. Ma per essere Completo ed Immutabile, niente può accrescersi a Lui stesso, niente può essere elemento che a Lui si aggiunga, che in Lui sia prodotto di una trasformazione. Tutto deve esservi in Lui. Ecco dunque perché Egli Esiste, E', in un Eterno Presente.

Il Suo "sentire" - che è un "sentire assoluto" - è un "sentire" che esiste nell'Eterno Presente.

"Meditate!". Ciò significa per voi applicarvi, rafforzare il richiamo di questi concetti ad essere compresi; significa assimilare queste Verità. Ma per questa assimilazione dovete rendervi consapevoli delle due dimensioni che non trovano accostamento: la dimensione del tempo con ciò che è senza tempo, che hanno un unico canale di collegamento attraverso al quale ciò che è nel tempo ha un senso e non diviene inutile farneticare di un Ente supremo ammalato di fantasie, ma essenziale "sentire" di un Tutto-Uno-Assoluto.

 

Illusione del trascorrere

 

Quante riunioni fa vi abbiamo parlato dell'esempio della bobina cinematografica?. Parve allora che tutto quello che si poteva dire fosse espresso con quell'esempio; eppure oggi, servendoci dello stesso esempio, aggiungiamo un'altra visione, più vasta e più precisa. Non è dunque questa "contraddizione", ma approfondimento; non "nuova invenzione", ma ulteriore esplicazione. Così quando - come voi questa sera avete ricordato - noi vi diciamo: "un Cosmo ha un inizio ed un termine", illustriamo un concetto: il concetto del relativo, della Manifestazione che ha un inizio ed una fine, che è chiusa quindi da precisi limiti; pur tuttavia dal concetto che vogliamo ulteriormente spiegarvi, voi vedrete che questo inizio e questa fine hanno un significato più profondo, ma non diverso da quello che fino a qui voi avete inteso. Dicendo solamente: "un Cosmo ha un inizio e un termine, un suo ciclo di vita", voi potreste pensare che la Manifestazione di un Cosmo nascesse, così, come un fungo in mezzo al non  Manifestato, e come un fungo cessasse il suo ciclo di vita al termine del riassorbimento. Così in effetti, fino a poco tempo fa, avete creduto. Ma questa non è tutta la  Verità.

 

In questa Manifestazione cosmica voi sapete che esistono i microcosmi, manifestazioni di vita microcosmica che sono legate ad individualità ed a queste fanno capo. Sono piccoli Cosmi.

Ma mentre i piccoli Cosmi fanno capo alle individualità, il grande Cosmo non fa capo ad una vita individuale. Strano, tutto è analogo. Sarebbe stato più semplice vedere anche una sorta di vita individuale del Cosmo inteso nel suo insieme. Ma questa non c'è. Perché?

 

Un Cosmo ha un suo tempo. Qualcuno di noi disse che se un'individualità fosse legata al ciclo di vita di una favilla che può fuoruscire dalla combustione di qualche cosa, misurerebbe quel tempo che per l'osservatore è di frazioni di secondo - in una durata assai lunga. Ed in effetti per l'uomo stesso il trascorrere del tempo, è detto e risaputo, è sensazione relativa. Ciò che si misura, si misura con un termine di confronto basato sul muoversi dei corpi celesti; ma il senso del trascorrere del tempo nell'intimo dell'uomo, pur agganciandosi al moto dei corpi celesti, all'alternarsi della luce e dell'ombra, ha un senso, un sapore, un significato, un  "sentire" del tutto diversi; tanto che  un'ora può diventare un'eternità, e l'intera durata di un giorno sembrare un istante, allorché l'uomo si desta e confronta il suo intimo trascorrere del tempo con l'alternarsi della luce e dell'oscurità.

 

Ecco dunque che il trascorrere del tempo è cosa del tutto individuale.  E voi direte: "Ma esiste una realtà al di fuori dell'individuo: infatti misuriamo il trascorrere del tempo non solo dall'alternarsi della luce e dell'oscurità, ma dal modificarsi di ciò che sta attorno a noi; dalle piante che, da semi, germogliano, diventano vite adulte, fioriscono, danno frutti e muoiono. Questo è un trascorrere in senso ben preciso". 

Certo, nessuno può negare ciò. Ma se questo ciclo, questo trascorrere fosse cinematografato e rivisto poi in senso inverso, come se così fosse il ciclo naturale, cioè le piante avessero questo ciclo di vita inverso, chi in questo ambiente vivesse sarebbe convinto che quello è il ciclo di vita della pianta. Eppure la pianta ha un suo ciclo di vita perché è una manifestazione di vita che è legata ad una vita microcosmica, ad un'individualità. 

Che cosa vuol dire tutto questo farneticare? Vuol dire che tutto quanto sta attorno a noi, gli alberi che crescono, gli animali che nascono invecchiano muoiono, i nostri veicoli fisici con il loro ciclo di vita, è visto così da noi non perché in Realtà sia così, ma perché noi seguiamo un convenzionale passaggio da fase a fase. 

Supponiamo che un Cosmo sia una bobina cinematografica in cui vi sia rappresentata una scena: in una stanza vuota entra una persona e sceglie un oggetto che vi si trova. Questo fatto, nella bobina cinematografica, è rappresentato da un insieme di fotogrammi, ciascuno dei quali contiene una "situazione". 

 

Voi sapete che nella proiezione di un film il senso del trascorrere dell'azione scaturisce dalla permanenza delle immagini sulla retina del vostro occhio. Scorre il film, ma l'obiettivo e lo schermo sono fermi; il succedersi delle immagini sullo schermo crea nello spettatore l'illusione del movimento. La macchina da proiezione è quale la conoscete perché in quel modo si ha la possibilità pratica di realizzare meccanicamente il principio. Ma se vi fosse un altro mezzo, secondo il quale voi riuscite a vedere, spostando l'occhio, una dopo l'altra le immagini fotografiche, egualmente avreste la sensazione del movimento, pur restando immobile la pellicola. Tornando al nostro esempio, voi indifferentemente potreste vedere l'azione svolgersi in un senso o nell'altro. La stanza, da vuota, conterrebbe poi una persona che sceglierebbe un oggetto, o viceversa: secondo il senso seguito dai vostri occhi nel guardare i fotogrammi. Esiste un modulo convenzionale, cioè un ordine secondo il quale l'azione si svolge. Se la bobina stesse ferma, se la pellicola fosse immobile, la sensazione dell'azione scaturirebbe egualmente, se voi spostaste il vostro occhio, successivamente, da un fotogramma all'altro in un senso o nell'altro.

 

Così, supponiamo che questa bobina sia il Cosmo il quale vi appare, in questi termini, immobile, tuttavia ha un inizio ed una fine; è limitato e relativo. Nell'ambito di questo ambiente cosmico, costruito con una particolare impronta, l'individuo ha il senso del trascorrere, assiste ad una parte del ciclo di vita cosmica perché di volta in volta, di fase in fase, egli è legato ad una situazione diversa; così come, nell'esempio che abbiamo fatto, guardasse un fotogramma dopo l'altro. In questo modo vedete il mutare dell'ambiente che vi circonda. La sensazione di muoversi, reale ed effettiva, scaturisce dalla consapevolezza dell'individuo che passa da una situazione ad una diversa successiva nell'ambiente cosmico. Potremmo dunque dire che non sono le piante che crescono, ma che abbiamo la sensazione che le piante crescano perché nella fase successiva la pianta, rispetto alla fase precedente, ha una statura diversa. Così, né più né meno, come se si trattasse di fotogrammi di un film.

 

Direte voi: "Ed il libero arbitrio?" Complicazione che s'inserisce in questo quadro.

Supponiamo che la nostra scena cinematografica, non sia più una sola striscia, una pellicola, ma tante: una per ciascuna delle azioni che il personaggio può fare entrando nella stanza. Ecco che di fronte allo scorrere dell'occhio dell'osservatore vi sono tante possibilità di vedere scene diverse, quante sono quelle fotografate: tante possibilità di scelta quante sono le "mutazioni" cosmiche che l'individuo ha di fronte a sé.

 

In questi termini, quindi, il Manifestato ha un inizio ed una fine, ma vive nell'Eterno Presente contemporaneamente. L'ambiente cosmico non muta  oggettivamente, ma è l'individuo che muovendosi secondo un modulo convenzionale, particolare, dà senso in se stesso all'inizio ed alla fine del Cosmo. Ed ecco perché vi abbiamo detto che ogni Cosmo potrebbe essere rivissuto come voi lo state vivendo in questo momento.

Dunque, l'ambiente cosmico è relativo perché ha un inizio ed una fine, perché è limitato e contenuto. Il Manifestato è isolato dal non Manifestato che lo contiene. Ma la durata, il tempo, il movimento di questo ambiente relativo, scaturiscono dal "sentire", dal percepire, dalla sensibilità dell'individuo.

Meditate su queste affermazioni: esse allargano ulteriormente la vostra visuale, ma abbisognano che voi compiate uno sforzo per afferrarne il significato. E' necessario che voi comprendiate il legamento che esiste fra questa parte nuova di quello che vi diciamo e quello che fino ad oggi avete saputo. Non sono Verità che si contraddicono, ma si compenetrano e s'integrano a vicenda.

Come potrebbe una Manifestazione iniziare e terminare per poi consumarsi, sia pure avendo come retaggio l'evoluzione delle individualità? Che senso avrebbe qualcosa che si consuma nel relativo, ma che rimane nell'Eterno Presente?

Vi abbiamo prospettate queste Verità, fiduciosi che possiate capirle e comprenderle. Avrete un amico fidato che vi aiuterà nella comprensione: il tempo, anche se il tempo non esiste.

 

                      * * *

 

Taluno di voi può pensare che un siffatto esempio di una pellicola cinematografica riduca il mondo del Manifestato ad un mondo incorporeo di ombre. Ma questi tenga presente che il Manifestato sta alla Realtà assoluta come una visione cinematografica sta alla realtà materiale del mondo fisico.

                                                                                                                                                                                                           F. M.

 

 

 

Esistenza oggettiva del Cosmo

 

I più grandi nemici dell'umanità sono i rivoluzionari perché conle loro azioni, ed anche meno, con i loro discorsi, con le loro idee, turbano la tranquillità degli ambienti, dei benpensanti, di coloro insomma che cominciano ad adagiarsi su posizioni acquisite e che danno una certa tranquillità. Ebbene, lo stesso Cristo, Suo malgrado, fu un rivoluzionario e seguendo questo paradosso potremmo dire che Egli fu il peggior malfattore dell'umanità, perché cominciò con l'istillare nuove idee in quelle che i suoi contemporanei avevano già acquisito, adattato ai propri modi di vivere, ai propri egoismi, ai propri tornaconti. Istillando nuove idee turbò la tranquillità di tante creature; non solo, ma addirittura molti, che non lo compresero, diventarono "gli illusi" e più il tempo passava, più gli illusi crescevano, più le Sue idee erano male interpretate; fino a che non si eressero dei roghi per bruciare chi si pensava andasse contro quello che ciascuno credeva essere la Verità portata dal Cristo, o chi, più platealmente, era contro gli interessi di una qualche parte. 

Quindi se il Cristo non fosse stato il Figlio di Dio, indubbiamente da questo punto di vista, sarebbe stato il più grande malfattore dell'umanità! Impallidiscono le stragi delle guerre in confronto alle notti di San Bartolomeo ed a tutti i roghi dell'Inquisizione che nel nome di Cristo si sono eretti! Eppure - ermeticità del Vero - il Cristo è il Maestro per eccellenza, il Signore della Terra. Chi ci capisce qualcosa, indubbiamente, è bravo.

 

Ancora un paradosso, ancora un controsenso! Ma proprio questo parlare di Kempis turba e mette in movimento ciò che, finalmente, con tanta pazienza e tanta buona volontà, eravate riusciti a capire! Figli e fratelli, il progresso è fatto di questo.

Le nuove idee - anche se non capovolgono quello che fino ad allora si era creduto, ma anzi lo esplicano ulteriormente - sono destinate a produrre questi fermenti. Gli uomini, da un eccesso all'altro, girano intorno alla linea diritta dei nuovi concetti e vibrano, quasi fossero particelle attratte o respinte. In questo alternarsi da una posizione all'altra, finalmente si giunge a percorrere il nuovo concetto nel senso, nella direzione esatta. Ma ecco che, non appena questa direzione è raggiunta, non appena questo alternarsi accenna a diventare, da una linea a zig e zag, una linea retta, ecco che proprio allora un "guastafeste" presenta un nuovo modo di vedere e, da capo, il fermento ha  nuovamente inizio.

 

Tutto è vibrazione, tutto è passaggio, tutto è movimento nel Cosmo; eppure se noi confrontiamo il moto unidirezionale di un Cosmo, rispetto al moto assoluto, vediamo il Cosmo come fermo.

"Ma il Cosmo - direte voi - invece si muove". Certo che si muove. Ed ecco la vostra discussione di questa sera. Volete sapere se questo Cosmo, come gli altri, si consuma, finisce, cessa di esistere nel piano relativo. Come potete voi vedere nell'Assoluto, laddove tutto è eternamente presente - nel senso che non vi è scorrere di tempo, né misurarsi di spazio - la Manifestazione del Cosmo? Come è possibile vedere nell'Assoluto, cioè nella Realtà, l'esistenza di un Cosmo? Voi sapete che un Cosmo non è la Realtà assoluta, di Assoluto non v'è che Lui. Tutto ciò che non è Assoluto è relativo; il Cosmo, quindi, è relativo, pur tuttavia è contenuto, nell'Assoluto. Un Cosmo, come relativo, non è in una condizione di esistere di Eterno Presente, cioè senza tempo e senza spazio, perché solo l'Assoluto è in questa condizione di esistere. Il relativo ha quindi un tempo ed uno spazio. "E come - direte voi - ciò che ha tempo e spazio può essere contenuto in ciò che non ha tempo e non ha spazio?". 

La risposta è: "Perché il relativo nell'Eterno Presente non esiste quale voi e noi in questo momento lo vediamo, lo sentiamo, lo misuriamo. La sensazione di tempo e di spazio quale la conosciamo è del Cosmo; solo qui ha senso, valore e rilievo". Pur tuttavia il Cosmo, la Manifestazione, è contenuta nell'Assoluto ed è contenuta nel modo in cui esiste oggettivamente. Esiste dunque oggettivamente? Un Cosmo esiste oggettivamente, perché tutto è contenuto nell'Assoluto, e tutto quanto è contenuto nell'Assoluto ha quindi un'esistenza reale ed oggettiva, la quale è cosa tutt'affatto diversa da quella che voi in questo momento state vivendo. Non si può  quindi, ripeto, dire che questo Cosmo quale voi e noi lo sentiamo, lo viviamo, lo misuriamo ora, in questo momento, tale è nell'Assoluto, nell'Eterno Presente, perché è inconcepibile che ciò che ha tempo, spazio, trascorrere, misura e dimensione, esista con questo tempo con questo spazio con questa misura e con questa dimensione, in ciò che non ha tempo, non ha spazio, non ha dimensione.

Pur tuttavia - altro paradosso - lì vi esiste, perché niente di ciò che esiste può essere al di fuori dell'Assoluto. Sottolineo: la sensazione del tempo e dello spazio è una sensazione, la quale tale si rivela ed acquista aspetto di realtà misurabile, controllabile, discopribile in laboratorio, sperimentabile, solo nell'ambito  e nei limiti del Cosmo.

 

Situazioni parallele

 

Da quello che ultimamente avete saputo, sorge una domanda: se la Manifestazione di un Cosmo già esiste nell'Eterno Presente che senso ha parlare di libero arbitrio? Per comprendere dobbiamo figurarci che un Cosmo esista in qualche maniera simile ad una bobina cinematografica, in cui ogni attimo di questo Cosmo sia assimilabile ad un fotogramma del film. Ma per ciascun attimo vi siano innumerevoli variazioni parallele e che tutte siano percorribili una sola alla volta ed in un sol senso.

 

Ecco la chiave del Cosmo. Il trascorrere del tempo, la misura dello spazio è dunque una finzione che si realizza nell'intimo dell'individuo. Allora che senso avrebbe tutto quanto è racchiuso negli innumerevoli fotogrammi del film, se noi astraessimo l'individuo dalla scena alla quale si lega?

In effetti, parlando, possiamo ipotizzare anche l'assurdo ed è lecito il farlo, purché questo riesca a chiarirci le idee. Può dunque sciogliersi l'individuo dall'ambiente che gli dà la vita?

Può dunque astrarsi l'individuo da ciò che gli dà l'umore stesso della sua esistenza? Non è possibile. Ma la domanda è egualmente lecita e, se la memoria non vi tradisse, voi l'avreste ricollegata ad una nostra affermazione. Ricordate: "ad ogni vita microcosmica è legata un'individualità: non altrettanto può dirsi, però, della vita macrocosmica". Perché questo? E' chiaro. L'individuo che ha al vertice la Scintilla divina, è immerso in una Manifestazione e l'assapora, la misura, la vive, la sperimenta in tutta la sua oggettività, in tutta la sua realtà, perché così è e ci appare. Ma in questo sperimentare, in questo vivere, assaporare, è l'individuo che esiste, è l'individuo che evolve. E' l'individuo che si lega successivamente agli attimi del Cosmo.

 

Il Cosmo, in astratto, considerato al di fuori dell'individuo, è immobile; è come se aveste di fronte a voi un tavolo su cui vi fossero un'infinità di fotografie. Ecco il Cosmo ed ecco l'individualità. Allorché scendiamo alle radici di questa individualità, troviamo l'individuo che è rappresentato, raffigurato, impresso, fotografato in tutte queste fotografie. Ecco, dunque, la Manifestazione. Ma ciò che scorre è l'individuo ed è il legarsi dell'individualità prima in una situazione rappresentata in una fotografia e successivamente in altra situazione, rappresentata in altra fotografia, che dà la sensazione dello scorrere del tempo e la misura dello spazio.

Ordunque, è possibile scegliere, ma una scelta implica - per il modulo fondamentale del Cosmo - anche un passaggio obbligato. Così non può dirsi che la Manifestazione esisterebbe anche senza l'individuo; e nello stesso tempo può dirsi che un Cosmo ha un suo modulo, quindi una sua vita, un suo esistere anche al di fuori dell'individuo, ammesso che questa scissione fosse possibile.

 

Se dunque si può scegliere una situazione, una fotografia delle tante che sono schierate di fronte a noi - come tutte fossero su un traguardo di partenza - è altresì vero che scegliendo una delle situazioni parallele, per il modulo fondamentale de Cosmo, scegliamo un passaggio obbligato nella situazione successiva; ed ecco dunque che il moto al quale sottostà l'individuo, nella scelta fatta nel proprio libero arbitrio, implica una situazione avente determinate caratteristiche nell'attimo successivo.

 

In altre parole, si scelgono serie di fotogrammi. Ed ancora questo attimo successivo, che contiene un'infinità di variazioni - le quali però sono escluse dalla scelta precedente e ridotte ad un numero esiguo - può tuttavia ancora consentire un'ulteriore scelta; la quale a sua volta implicherà passaggi obbligati, fino a posizioni oltre la successiva, più in là ancora. E così di scelta in scelta, gli individui s'incontrano, si conoscono, si amano o si odiano: sperimentano, si abbandonano, tutto in funzione del loro scegliere. In funzione, però, soprattutto del modulo fondamentale del Cosmo nel quale si realizza la loro esistenza soggettiva.

Ciò che lo scienziato vede della vita cosmica, del Cosmo che sta a lui d'attorno, è la proiezione di ciò che sta realmente alla base dell'esistenza cosmica.

Ogni attimo di cui è costituito un Cosmo è immutabile. L'illusorio scorrere da attimo ad attimo, secondo un disegno convenzionale, crea lo scorrere del tempo, l'ampiezza dello spazio.

 

In questo scorrere del tempo, in questa estensione dello spazio, lo scienziato scopre certe leggi che egli chiama "del Cosmo", ma non sono che deduzioni conseguenti alla visione che egli ha del Cosmo che lo circonda. Le leggi che realmente tengono in piedi un Cosmo nell'eternità, sono leggi assolute e sono le stesse leggi assolute che creano ogni fotogramma. Ecco dunque come il relativo s'inserisce nell'Assoluto.

Se Uno fosse Uno nel più ampio senso della parola, se non vi fosse altro che Uno quale monolito, nessuna condizione d'esistenza potrebbe esservi, nessun "sentire" potrebbe sussistere.

 

L'Uno e nulla più. Ma l'Uno non è un monolito, è un "sentire", un amare, un vivere in termini assoluti. Perciò ecco i "molti nell'Uno"; ecco che questo monolito è costituito di infinite cellule in cui Egli è presente nella Sua interezza di sentire di essere di vivere. Ogni cellula è eternamente presente in modo immutabile; niente v'è in Lui che muta e ogni mutazione è in Lui, tutte sono contenute nell'estensione del Suo Essere e tutte nell'eternità della Sua esistenza.

 

Ogni fase è un "sentire"

 

Vorrei spingere la vostra attenzione al "sentire" dell'Uno-Assoluto perché, meditando sull'Eterno Presente, è facile cadere nell'errore di questo "tutto esistere in un attimo", "in cui tutto v'è", e dimenticare il "sentire", dimenticare che ciascuna mutazione è un "sentire", dimenticare che il virtuale frazionamento è un "sentire", che ogni fase della vita dell'individualità è un "sentire". E perfino che le varie fasi del Cosmo sono fasi che vanno dalla sensibilità alla coscienza, al "sentire" vero e proprio.

 

Quindi, figli, non dimenticate che in questo Eterno Presente, in questo Suo stato di esistere, c'è il "sentire" dell'Uno-Assoluto. Non costringete questa visione dell'Eterno Presente in uno schema in fondo panteistico o meccanicistico, o freddo; quasi come una fotografia di tutto quanto è, ma pensate che se tutto

quanto è esiste nello stesso attimo eterno, ciò non vuol dire che sia un esistere privo di sentimento; anzi è soprattutto ed essenzialmente un "sentire".

Meditate su quello che vi viene detto. Cercate di comprendere questa Verità che vi è svelata molto facilmente e semplicemente. 

Forse sembra a voi quasi impossibile che voi soli siate messi a conoscenza di queste Verità. Ma non è così. Un tempo esisteva l'iniziazione, esistevano scuole occulte; la Verità è sempre esistita, ma è sempre stata comunicata in modo sommesso, in modo semplice e a chi voleva ascoltarla. Non siamo quindi qua per parlare a tutti, sebbene - in ultima analisi - tutti possono venire ad udire la nostra voce, sebbene non occorra, come un tempo, una particolare iniziazione. Pur tuttavia, ripeto, queste Verità sono comunicate come sempre in modo timido, sommesso, a chi voglia prestarvi attenzione.

Non è facile svincolarsi dai consueti modi di pensare e di vedere le cose, eppure se volete intendere oltre quello che scienza, fede e religione possono dire, occorre che ci seguiate in questo sforzo.

 

Se, invece, questo può sembrarvi inutile, allora nessuno sforzo c'è da fare. Tante sono le spiegazioni che giungono da altre fonti, e tutte sono valide purché rispondano alle domande in modo esauriente.

Noi, invece, parliamo per quelli che ricercano qualcosa  di più, che fanno domande alle quali, né la scienza, né la religione rispondono logicamente e soddisfacentemente.

                                                                                                                                                                                                                     DALI 

 

Incommensurabile, immenso Dio, quante domande l'uomo Ti rivolge! Egli nell'illusione nella quale è immerso - e che è santa e benedetta perché è per essa che diviene "centro di coscienza e di espressione" - vede nascere e tramontare il sole ed ecco che la sua mente si domanda: "Perché?". Egli osserva i moti della natura e i suoi maestri terreni gl'insegnano che un giorno il Cosmo è nato, che un giorno Iddio ha creato l'Universo ed egli si domanda: "Perché un giorno Iddio ha creato l'Universo?". Ecco allora che per comprendere Iddio l'uomo non deve osservare il nascere ed il tramontare del sole, non deve credere che un giorno Iddio abbia creato l'uomo, non deve essere soggetto alle illusioni dei suoi sensi, alle abitudini del suo ragionare in ordine ai fenomeni umani. E come, in tanta consuetudine, in tanto  errore, può l'uomo voler comprendere la Verità?

 

Come, essendo legato al nascere e al morire, al sorgere e al tramontare, all'inizio ed alla fine, indagare ciò che è senza fine, se prima non distoglie la sua mente da queste abitudini! Se prima non riesce a comprendere disgiuntamente la causa dall'effetto? Se prima non si affranca dall'illusione dello scorrere del tempo? Sì, questo noi vi insegniamo. Pericoli? Certo, pericoli possono esservi. Possono esservene per voi perché potete un giorno credere che il sole - una volta che voi avete scoperta la Verità - non nascerà più e non tramonterà più. Il sole, invece, nasce e tramonta ogni giorno. Allora?

Ogni Verità è vera da dove la osservi, ma nella Verità ultima è solo chi - trascendendo l'illusione del relativo - s'identifica nell'Assoluto, nell'Eterno Presente.

Pace,

 

                                                                                                                                                                                                              X

 

Le mutazioni per il libero arbitrio

 

Avete avuto il tempo necessario per meditare: meditare su questi concetti significa cercare un nuovo modo d'intendere, cercare di penetrare entro una Realtà inconsueta, inusitata; una Realtà totalmente diversa da quella che cade sotto i vostri sensi o che voi potete immaginare sulla base di ciò che siete avvezzi a vedere, a "sentire", a percepire. Ciò nondimeno è indispensabile che ciascuno di voi penetri tutto questo concetto nuovo.

E' una visione del mondo che voi avete, che non può apparire divisa, frazionata in tanti elementi costituenti; eppure così è, figli. Anche il Cosmo è composto di tante unità elementari; il Cosmo inteso come vita, come movimento, quale a voi appare, di tante unità costituenti che noi abbiamo chiamate "fotogrammi".

 

Questo nuovo modo di vedere deve porvi di fronte a nuovi pensieri, nuove deduzioni.

Immaginate che ciascun attimo della vostra esistenza - e della nostra esistenza - che passa con tanta velocità, tanta lentezza a volte, esiste eternamente; e non già come una cosa passata che ha perduto ogni significato ed ogni "vita"; ma così come voi lo vivete, come voi lo "sentite", come voi lo percepite: in quel modo, con la stessa carica emotiva, con la stessa carica di vita, di  "sentire" o di esprimere: in quel modo esiste nell'eternità.

 

Pensate che ogni attimo dunque, per quanto celermente possa trascorrere, è il risultato di una scelta che voi fate, nell'ambito della vostra libertà. E quando anche è giocoforza andare in quel senso, vivere quell'attimo - che a voi sembra il risultato di tutto fuorché di una vostra scelta - ricordate che quel fotogramma si è parato di fronte a voi chiamato da una vostra antecedente scelta. Così, figli, può darvi smarrimento e confusione pensare a questa miriade di fotogrammi; ma non temete, non v'è pericolo che vi perdiate. V'è l'unità fondamentale del vostro essere che percorre, scegliendo dove può, i vari fotogrammi o "situazioni cosmiche" e che non perde la strada giacché, alla radice di se stessa, v'è ciò che sicuramente la conduce alla meta di ognuno. 

 

L'esempio dei fotogrammi, se non è considerato nella sua estensione, può ricondurvi ad una visione della vostra esistenza in cui non esiste libertà alcuna. Ma pensate che il Cosmo esiste in tutte le mutazioni possibili, con esclusione di quelle assurde, e voi - con la libertà che avete, che è direttamente proporzionale alla coscienza acquisita - potete scegliere varie di queste mutazioni. Nell'Assoluto, vi dicemmo, esiste il Tutto, quindi il tutto nel senso lato; nel Cosmo, vi diciamo, esistono innumerevoli mutazioni possibili. Perché diciamo "possibili"? 

Perché il Cosmo, essendo costituito secondo un modulo, limita - per forza di questo modulo - il numero delle mutazioni. Supponiamo figli, che voi scegliate un fotogramma in cui vi sia una creatura la quale pone in movimento un fenomeno fisico che conduce ad un'esplosione. Innesca una bomba, ad esempio. L'esplosione, voi dite, avviene in virtù di una legge fisica. E noi possiamo servirci di questa espressione. Il fotogramma successivo non sarà unico: la creatura che sceglie una situazione, un fotogramma in cui innesca una bomba, ha di fronte a sé un certo numero di altri  fotogrammi. Perché dico "un certo numero" e non "un numero infinito"? 

Perché in virtù del modulo convenzionale del Cosmo, i fotogrammi, le mutazioni possibili, sono solo quelle in cui si ha l'esplosione della bomba. Da qui la scoperta della legge che conduce ad enunciare il fenomeno dell'esplosione come fenomeno delle leggi fisiche. Intendo dire, figli, che se una creatura opera una scelta innescando - ad esempio - questa bomba, ciò che la creatura subirà nell'attimo successivo, potrà contemplare la mutazione del suo modo di agire, ma non già del fenomeno che si produce in virtù del modulo fondamentale del Cosmo. 

 

Così la creatura potrà essere colta da una crisi di coscienza ed allora scegliere un altro fotogramma in cui essa avverte i propri simili affinché non abbiano a restar vittime di questa esplosione, ma anche in questo fotogramma scelto l'esplosione vi sarà. Potrà addirittura scegliere - sempre per una crisi di coscienza - un fotogramma in cui si getterà sopra la bomba per soffocarne l'esplosione e fare in modo che nessuno - pur non essendo avvertito - possa rimanere danneggiato: ma l'esplosione vi sarà. Potrà ancora scegliere un altro fotogramma in cui penserà a fuggire, recando danno così a quanti sono lì presenti; ma l'esplosione vi sarà.

Ecco come e perché le mutazioni che possono scegliersi sono quelle che possono avvenire nell'ambito del modulo fondamentale del Cosmo.

                                                                                                                                                                                                                   DALI

 

 

Ecco che cosa significa "circoscriversi", "limitarsi" dell'Assoluto: significa creare un modulo per creare un Cosmo; ed un Cosmo è - in questo senso - la limitazione, la circoscrizione dell'Assoluto.

                                                                                                                                                                                                                    F. M.

 

La vita dell'individualità

 

Vari sono stati i passaggi che voi avete seguito per giungere fino agli ultimi insegnamenti. Cominciammo parlandovi delle Manifestazioni cosmiche, e non vi dicemmo una bugia. Allora osservavamo i Cosmi dall'inizio alla fine, nel loro respiro, secondo il moto che si osserva essendo legati a questo Cosmo, perché l'inizio e la fine del Cosmo rappresentano i limiti, rappresentano la circoscrizione - dovuta al modulo - sul quale e sulla quale il Cosmo si fonda. E vi dicemmo che ciascun Cosmo non può comunicare con altri; rimaneva così isolato, ogni Cosmo, dal Manifestato. Il Manifestato avvolto dal non Manifestato.

Tutte cose verissime e voi, ascoltandoci, a poco a poco, avete imparato non già a considerare i Cosmi secondo il movimento che di essi osserva l'individuo essendo in questi immerso, ma già spostandovi più in alto, da un'altra visuale più ampia. Ecco allora che avete imparato a vedere il Cosmo, o i Cosmi, in funzione dell'Eterno Presente: tutti presenti nello stesso attimo eterno. Ed ancora una visione diversa, che non contraddice quella che vi facemmo conoscere all'inizio, ma che l'amplia, la rende più aderente alla Realtà. I Cosmi con i loro attimi che si susseguono, tutti presenti nello stesso attimo eterno. Successivamente questo "attimo eterno" non ha più significato di un tempo infinito, che non ha mai fine, ma diventa l'attimo di ciò che è senza tempo. Ed ancora un passo avanti.

 

E' la volta ora di far cadere ancora qualche velo. L'insegnamento è tale, a questo punto, che se ciascuno di voi non fa cadere, da se stesso, questi veli, tutto può diventare incomprensibile o, peggio ancora, vedersi come il frutto di un parto assurdo. Dunque, più che dire, cercherò di farmi intendere e voi, più che ascoltare, dovete comprendere.

 

L'individualità è una pianta che affonda le sue radici in un Cosmo e le affonda eternamente. Il Cosmo, che non esiste oggettivamente quale voi lo vedete o lo percepite, esiste eternamente; l'individualità - che è il fusto di una pianta che ha il suo strame ancora più in alto - affonda le radici eternamente in esso.

Dunque: che cosa significa "evolvere"? Chiamare il microcosmo "centro di coscienza e di espressione" o "centro di sensibilità e di espressione" significa, solo, spostare l'attenzione da un punto ad un altro della vita individuale. Già vi dicemmo che tutta l'individualità esiste svolta nell'Eterno Presente e così è. L'individuo, che pare attraversare il Cosmo, in effetti ivi dimora eternamente. Se il Cosmo, che è composto di innumerevoli "situazioni" (fotogrammi), esiste per l'eternità per ciò che è senza tempo, e se dunque l'individuo è in questo Cosmo, egli è eterno ed il "rivivere" del quale vi parlava la vostra Guida, a questo voleva preludere: che ogni attimo che a voi sembra trascorso, esiste eternamente, non già come ricordo, ma quale voi lo avete vissuto.

 

Dunque: le radici dell'individualità affondano nel terreno del Cosmo e vi affondano sempre. Il trascorrere è illusorio. Per sempre l'individuo vive nel Cosmo. Cos'è allora questo scorrere?

Cos'è allora questo nascere e morire di un Cosmo che mai muore e mai è nato? E' la vita dell'individualità. E' l'insieme di una sinfonia che per esistere deve apparentemente sciorinarsi in innumerevoli note che si susseguono l'una appresso all'altra. E' l'apparente cadenza di un tempo che non esiste. Questo è il nascere e perire di un Cosmo che mai è nato e mai perirà giacché esiste in eterno; ma che pur tuttavia ha un inizio ed una fine.

 

Noi che amiamo considerare di aver raggiunto una meta, di  non essere più quelli che eravamo ieri, dobbiamo familiarizzare con questo nuovo concetto; quello che eravamo ieri esiste ancora ed esisterà sempre. E' una radice della nostra individualità, un suo filamento che affonda nel terreno di questo Cosmo e rimane per sempre. E così quello che siamo oggi per sempre rimarrà così, perché è un altro filamento della nostra individualità. E solo per la vita di essa che queste note si susseguono l'una all'altra; ma in realtà esistono e vibrano tutte nel medesimo attimo eterno.

Il fiore è nel fango.

 

Beato Tu sei, o Signore, giacché dal susseguirsi di singole esperienze - che dà l'idea del tempo - nasce, impera, esiste la coscienza del "non tempo". Su questo illusorio trascorrere, osservare prima l'uno e poi l'altro, regna il "sentire" tutto nello stesso istante. Così da una parte la percezione della serie numerica, svolta l'un numero dopo l'altro; dall'altra parte è la percezione della serie numerica "sentita", vissuta tutta nel medesimo istante del senza tempo. 

E perché ci sia questa percezione del senza tempo, v'è la percezione del tempo.

La perla è nel Loto.

                                                                                                                                                                                                                K. H.

 

La storia individuale

 

Immaginiamo di avere un libro del tutto particolare, narrato al presente e così bene che il lettore, scorrendolo, si immedesimi con il protagonista della storia narrata e la viva nei minimi particolari provando sensazioni, pensieri, emozioni così vive da dargli l'idea e il "sentire" di una vita reale; le stesse ansie, i  dubbi, i problemi. Il lettore apre la prima pagina del libro e s'immerge nella storia narrata, storia che all'inizio è lineare. E' detto, nelle prime pagine: "il bimbo nasce". Il bimbo è il protagonista ed il lettore, man mano che questa creatura comincia a percepire il mondo che la circonda, allo stesso modo, attraverso a quegli occhi che si dischiudono, vede e "sente" in modo frammentario ciò che lo scrittore narra. Ma, come ho detto prima, lo vede e lo sente in modo reale, tanto che s'immedesima nella storia stessa che vi è narrata, pagina su pagina, al presente.

 

Il protagonista cresce ed ecco che la narrazione presenta un lato singolare: lo scrittore, al punto in cui il protagonista manifesta le prime possibilità di scelta, non prosegue una sola narrazione, ma scrive due o più storie parallele. Così, ad esempio, fatti i primi studi, allo scrittore è venuta l'idea di mutare il carattere del personaggio, farne un uomo che desidera studiare; ed allora scrive una storia in cui il protagonista frequenta i vari tipi di scuola e la storia si sviluppa in un determinato modo.

 

Però scrive anche un'altra storia in cui il protagonista non sente il richiamo dello studio e desidera dedicarsi ad una vita di lavoro manuale, meno intellettuale ma tuttavia sufficiente per garantirgli da vivere. Certo che la storia in cui si narra che il protagonista segue questa vita umile è diversa dall'altra storia in cui invece il protagonista segue una vita intellettuale e presenta certi aspetti che l'altra storia non ha o viceversa; di guisa che se il protagonista lo si segue in una delle due storie, sarà gioco-forza per lui avere certe esperienze che non sono invece nell'altra storia. Ma ecco che il lettore, immedesimandosi di volta in volta nella narrazione che si sussegue nelle pagine del libro, giunge al punto in cui le storie diventano due. E deve operare una scelta.

 

Supponiamo che scelga la storia in cui il protagonista non è attratto dalla vita di studio, ma segue un lavoro materiale che comporta fatica, fatica fisica. Ed io vi ho detto che la storia è narrata così bene che chi la legge s'immedesima con il protagonista e quindi vive questa vita di fatica. "Ma - direte voi - dell'altra storia, che ne è?". L'altra storia è lì, al pari di quella scelta dal lettore ed ha le stesse magiche possibilità, tanto che se il lettore, anziché avere scelto quella che ha scelto avesse scelta l'altra, sarebbe stata dal lettore vissuta allo stesso modo e gli avrebbe dato la medesima sensazione di "realtà".

Ecco come si attua, quindi, un karma: operando una scelta non si sceglie un unico fotogramma, ma scegliendo quel fotogramma s'imbocca una strada che conduce l'individuo a percorrere tutte quelle situazioni cosmiche legate fra loro; una strada tracciata che si fonda sulle leggi, così come la storia narrata nel libro si fonda sulla narrazione dell'autore.

 

Direte voi: "Beh, certo che il protagonista dell'una o dell'altra storia ha sviluppi diversi". Supponiamo che, però, sia seguendo l'una storia che l'altra, nel protagonista si raggiunga una maturazione, uno sviluppo identico. Le esperienze sono state diverse; il protagonista della prima storia, quella faticosa, impiegherà forse più tempo per giungere ad una meta, ma vi giungerà egualmente. N‚ si possa dire che una storia sia più bella dell'altra: entrambe siano belle. N‚ si possa dire che una storia sia stata più pensata  dell'altra: entrambe allo stesso modo siano create. N‚ si possa dire che una storia anziché l'altra sia più presente nella mente dell'autore: entrambe lo siano. La scelta è lasciata al lettore il quale, che legga l'una storia anziché l'altra, per quella magica possibilità, come l'interprete, raggiungerà egualmente una maturazione interiore. Cioè, secondo la nostra supposizione il protagonista avrà esperienze diverse, ma egualmente svilupperà.

Ebbene, ha un senso chiedere che età ha il protagonista? Ha un senso chiedere se questi è morto, una volta che si è giunti alle ultime pagine del libro? Ha un senso chiedere se no esiste più, dal momento che la storia è narrata al presente?

 

Evidentemente no. Perché il lettore, se riaprirà a caso una pagina di una variante del racconto, tornerà a vivere la situazione ivi rappresentata, e in modo tanto vivo e reale da avere la viva sensazione di totale esistenza. La storia è narrata al presente, dunque ogni pagina è un "essere". Possiamo dire "la storia è trascorsa"? Possiamo dire che chi la legge ha finito di leggerla; ma se in fondo in fondo meditiamo, vediamo che ogni pagina è sempre; e che rileggendo la prima pagina, nuovamente la storia ha inizio, ma solo per chi scorra la prima pagina. Così come la storia ha fine per chi l'ultima pagina ha terminato di leggere.

E può darsi che due creature leggano una stessa storia in cui due sono i protagonisti, l'una immaginandosi ed immedesimandosi in uno di questi e l'altra nell'altro protagonista? Ebbene, tutto è chiaro finché i lettori seguono la vicenda leggendo sulla stessa pagina; ma nessuno e niente può impedire ai due lettori protagonisti di seguire la storia con diverse pagine di distanza, così l'uno sarà alla prima pagina e l'altro verso l'ultima. L'uno potrà scegliere una variante della storia, l'altro l'altra variante e provare sempre - da come l'opera è scritta bene - la sensazione di viverla veramente. Viverla accanto all'altro protagonista quando il lettore che a questo protagonista s'immedesima, è distante molte e molte pagine anche della variante della storia che egli sta leggendo.

 

Meditate su questa strana conversazione. Pensate che la storia può essere il Cosmo con tutte le situazioni cosmiche ed ogni situazione un fotogramma: che il lettore è l'individualità; che il protagonista o i protagonisti, sono l'individuo a gli individui; che lo sviluppo obbligato della storia è il karma e il modo in cui si attua. E forse, in questa comparazione, un po' di luce sarà in voi.

                      * * *

 

La situazione cosmica rimane sempre presente con il "sentire" degli individui che in essa vi sono rappresentati, cristallizzato. Tutto presente sentito e vissuto dall`Assoluto. Solo l'individuo, per circoscrizione di percezioni, di consapevolezza, ha il senso del trascorrere, del passare. Ma in realtà così non è.

                                                                                                                                                                                                                F. M.

 

Visione soggettiva del Cosmo

 

Il nostro modo di spiegare, a volte, si serve di controsensi, apparenti contraddizioni. Adesso siamo al punto che un Cosmo una volta è soggettivo ed una volta è oggettivo, una volta ha un suo ciclo di vita ed una volta non lo ha affatto. Ciò dipende da quale punto di vista ed in funzione di quale termine di paragone lo si vuole osservare.

Questa sera, addirittura, lo vogliamo vedere congelato. Perché no? Lo fermiamo nel tempo e nello spazio. Potenza dell'umana fantasia! Ma non basta, oltre che immobilizzarlo, dobbiamo tagliarlo minutamente, scomporlo, addirittura, nelle situazioni che lo costituiscono. Quante sono queste situazioni voi lo sapete: una per ogni mutazione.

 

La materia nella sua struttura sub-atomica è composta da elettroni, particelle, corpuscoli che girano attorno a nuclei: pensate che per l'attimo in cui, ad esempio, un elettrone gira attorno al nucleo centrale, esistono tanti fotogrammi quante sono le variazioni della sua posizione rispetto al nucleo. Sicché quando noi parliamo di "situazioni cosmiche" non intendiamo solo di quelle normali, di quelle psichiche, di quelle che l'individuo può percepire, ma di quelle che rispecchiano anche le mutazioni della materia del piano fisico. Insomma un fotogramma per ogni differente dislocazione degli elementi contenuti in esso.

 

Com'è - vi domanderete voi - che questi innumerevoli fotogrammi - oserei dire infiniti se il Cosmo fosse infinito, ma non lo è: è "immenso" e quindi "innumerevoli" possono rappresentare una base comune che pur originando sensazioni soggettive è percepita in modo analogo da più osservatori? Mi spiego.

Due osservatori, assistendo ad un tramonto, possono nella descrizione rifarsi ad impressioni soggettive, ma entrambi parleranno del tramonto. Il tramonto sarà il comun denominatore della situazione osservata. Questo vale per tutti i piani di esistenza.

Se parliamo del Cosmo fisico, ad esempio, l'elemento comune a tutti i fotogrammi è il piano fisico, quale voi con i vostri sensi lo percepite. Fra l'uno e l'altro di voi potrà esservi una diversa interpretazione degli oggetti che sono nei fotogrammi che scorrono di fronte alla vostra attenzione, ma questi oggetti sono comuni perché il Cosmo è unitario.

 

Che cosa significa? Significa che un Cosmo contiene innumerevoli fotogrammi, ma che in ultima analisi questi fotogrammi costituiscono un tutto; cioè che gli individui i quali a questi fotogrammi si legano, non hanno una visione del tutto soggettiva, indipendente e onirica, ma che questa visione si fonda su una base comune che dà il senso di un Cosmo, di un Universo astronomico che esista oggettivamente, di un Cosmo in qualche modo palpabile che, per quanto diverso possa essere dalla sensazione che altri percepisce, pur tuttavia ha qualcosa di fondamentalmente eguale e comune.

Il Cosmo, quindi, non è un sogno dell'individuo e non esiste solo perché gli individui lo sognano, ma in forza di comuni denominatori è costituita l'unitarietà del Cosmo.

 

Pensate a quante situazioni sono contenute in un Cosmo, dal suo manifestarsi al suo riassorbirsi, che - ripeto - sono anch'esse movimenti, fenomeni, manifestazioni che appaiono trascorrere dentro al Cosmo, ma che non sono più quali le si vedono nel Cosmo, al di fuori di esso! Pensate quante situazioni cosmiche e come esse, in un certo senso, siano legate le une alle altre!

 

Se noi osserviamo il crescere di una pianta, osserviamo il trascorrere di un numero elevatissimo di situazioni cosmiche.

Già in un istante fluiscono innumerevoli fotogrammi che riguardano il moto della materia sub-atomica. Poi pensate alla pianta che cresce e via e via; tante sono, eppure si riferiscono solo a situazioni riguardanti la materia del piano fisico. E gli altri piani?

 

Prendiamo in esame una serie di fotogrammi che comprendono un uomo il quale tocca la fiamma di una candela ed un'altra serie nella quale un uomo ponga la sua mano nell'acqua. Ebbene, fino ad ora vi abbiamo detto che sono uniti fra loro i fotogrammi del piano fisico secondo una successione che è poi data dal modulo fondamentale del Cosmo; adesso vi diciamo più chiaramente che sono uniti fra loro anche fotogrammi di altri piani. Ad esempio: se l'individuo si unisce alla serie dei fotogrammi in cui vi è rappresentato l'uomo che tocca la fiamma, a questi fotogrammi fisici è legata una serie di fotogrammi astrali nei quali il corpo astrale vibra originando la sensazione della bruciatura. 

Allo stesso modo alla serie dei fotogrammi del piano fisico in cui vi è rappresentato un uomo che tocca l'acqua, è legata la serie dei fotogrammi astrali che dà la sensazione del bagnato. Ecco dunque che cosa significa "ciascun fotogramma ha un suo sentire". Significa che calarsi in quella situazione, all'individuo non solo la percezione visiva, ma anche un "sentire", una sensazione. In questo senso ciascun fotogramma ha un suo "sentire" ed è li congelato, tanto che ogni volta che viene scelta una situazione cosmica, viene percepita nella sua interezza.

 

Il Cosmo è costituito da un'innumerevole quantità di situazioni individuali. I comuni denominatori di tali situazioni costituiscono i piani di esistenza (fisico, astrale, mentale...) e le materie che di questi piani sono proprie. Come l'uomo ha un suo ciclo di sviluppo, così le materie di ciascun piano sono rappresentate secondo un loro ciclo vitale che deriva dal modulo fondamentale secondo il quale il Cosmo è ideato. Le leggi che la scienza umana scopre sono in effetti l'aspetto illusorio e mutevole di altre leggi immutabili che costituiscono il fondamento del Cosmo.

 

Che cosa v'è, dunque, di soggettivo nel Cosmo? Tutto per coloro la cui consapevolezza è concentrata nel Cosmo.

Di oggettivo nel Cosmo che cosa v'è? Lo stesso Cosmo è oggettivo perché esiste in Assoluto, anche se non quale voi lo vedete. Quale voi lo vedete è un Cosmo soggettivo: ma esiste "qualcosa", oggettivamente parlando, nell'Eterno Presente, nell'Assoluto, legandosi al quale si ha la visione soggettiva del Cosmo; visione soggettiva di qualcosa che esiste oggettivamente anche se in modo diverso da come voi lo percepite.

 

                       * * *

 

Questo insegnamento può fare apparire diverso il vivere di ogni giorno. Solo l'amore che le Guide pongono nel parlarvi, solo questo deve farvi intendere come bisogna rivolgersi ai propri fratelli. Solo questo amore e la fede che Essi cercano di trasfondere in voi basterebbero a riempire e a dare pieno significato alla vostra esistenza.

Queste parole che vi vengono dette hanno molteplici significati, oltre quello che l'orecchio può intendere. Voi potete non comprendere alcunché di quello che esse vogliono significare, eppure attingere in fede e in amore che sono presenti nelle espressioni delle vostre Guide.

Voi potete, invece, avere un temperamento che non sia consono ad una via mistica ed allora udire ed intendere l'insegnamento filosofico e concentrarvi in esso fino ad impegnare la mente in regioni così elevate da far vibrare il vostro veicolo akasico - come voi lo chiamate - la vostra coscienza. Perché il processo di evoluzione dell'individuo si concretizza in queste parole: spostare la propria consapevolezza dai piani più densi ai piani più sottili. E dico e diciamo "consapevolezza" cioè anche "coscienza".

Voi vedete che nel piano fisico la vostra consapevolezza ènel piano fisico, così non si tratta, in definitiva, di muovere un veicolo fisico, ma di spostare la vostra consapevolezza a situazioni cosmiche rappresentanti diversi luoghi. Se voi, poi, vivete nel piano astrale, non vi siete spostati ma avete spostato la vostra consapevolezza al piano astrale e così via. Il Cosmo è lì, l'individuo è lì: il viaggio nello spazio e nel tempo si compie solo attraverso allo spostarsi della consapevolezza individuale.

                                                                                                                                                                                                                          Y.

 

Assenza di scelta nella vita macrocosmica

 

Abbiamo distinto due forme di vita nel Cosmo: la vita macrocosmica e la vita microcosmica. La vita della materia e la vita degli individui. Ebbene, accostando questa Verità a quella che vi abbiamo ultimamente enunciata del "comun denominatore", possiamo definire la vita macrocosmica il comun denominatore delle vite individuali. Mi spiego: tutti i fotogrammi che un'umanità, una razza o tutte le razze, possono vivere per quanto differenti fra loro, hanno in comune la vita macrocosmica. Ecco perché quindi, qualunque scelta l'individuo compia, non inciderà mai sulla vita macrocosmica. Tornando all'esempio della scorsa volta, se un osservatore, ammirando un tramonto, deciderà di accendere una sigaretta, la serie dei fotogrammi scelta conterrà il calar del sole al pari di quella scartata.

 

E' chiaro questo? Dunque, noi vediamo che un Cosmo ha una storia fissa, ha un ciclo di vita ben definito, stabilito dal modulo fondamentale e che risulta, appunto, dagli elementi in comune, dalle storie individuali, dai comuni denominatori dei vari fotogrammi che gli individui vivono soggettivamente. Cosicché la storia del Cosmo va scissa in "storia della vita macrocosmica" e storia della vita microcosmica, cioè storia di tante storie individuali. Qualunque siano le scelte e le storie individuali, la storia della vita macrocosmica non muta. Infatti, la vita macrocosmica non è legata ai microcosmi. Questo da tempo ve lo abbiamo detto. Un'altra delle vecchie Verità - per così chiamarle - che acquista un nuovo significato da quest'ultimo insegnamento.

 

Ed allora - direte voi - gli altri fotogrammi, quelli che comprendono le scelte scartate dall'individuo? Sono tutti esistenti nello stesso modo. Non è che si "vivifichino" allorché un individuo si leghi ad essi e che solo quelli a cui l'individuo si leghi abbiano vita e gli altri rimangano morti. No. Tutti esistono nello stesso modo immutabile. Dico immutabile perché ciascuna situazione elementare cosmica è immutabile: contiene un elemento di mutazione rispetto alla precedente ed alla seguente, ma in sé è immobile come quella vecchia teoria secondo la quale il moto dei corpi altro non sarebbe che un insieme di punti fermi. Ripeto: i fotogrammi vissuti soggettivamente, individualmente, che contengono elementi in comune - che sono gli elementi della vita macrocosmica - sono tutti egualmente esistenti, sia che siano scelti dagli individui o che non lo siano.

 

Allorché l'individuo sceglie una serie, vive l'individuo, non i fotogrammi i quali non subiscono mutazione alcuna, né in sé, né rispetto a quelli scartati.

Cerchiamo di spiegare ancora meglio: quando voi pensate a varie cose che potreste fare ponete in attività il vostro veicolo mentale (corpo mentale) il quale opera delle scelte fra tutte le serie dei fotogrammi mentali che rappresentano tutte le cose che potreste pensare. Ebbene, limitando la nostra osservazione al piano mentale, non esiste, nel piano mentale, nessuna differenza fra le cose che avete pensate e quelle che metterete in atto, così come non esiste alcuna differenza intrinseca fra le serie dei fotogrammi che avete scelti e che rappresentano le cose che avete pensato e le serie che rappresentano le cose che non avete pensato.

Innumerevoli indubbiamente sono i fotogrammi; ciascuna serie rappresenta varie situazioni che possono essere vissute soggettivamente dall'individuo, in modo più o meno consapevole. Le situazioni cosmiche, ripeto, esistono per il piano fisico, per il piano astrale, per il piano mentale, per ogni piano  di esistenza. A rigore, quando voi siete venuti qua questa sera, non avete condotto il vostro veicolo fisico, ma la vostra consapevolezza successivamente si è legata, un fotogramma dopo l'altro, a tante situazioni cosmiche riguardanti il piano fisico, vivendole  soggettivamente, situazioni in cui il vostro veicolo fisico era rappresentato in una posizione sempre più ravvicinata rispetto al punto di arrivo.

 

Il legare la vostra consapevolezza a questo tipo di fotogrammi implica, come stretta conseguenza, lo scegliere o il legarsi ad altri fotogrammi del piano astrale; cosicché quelli di voi che si saranno bagnati sotto la pioggia - o meglio che si saranno legati a quei fotogrammi nei quali il loro veicolo fisico era rappresentato sotto la pioggia - come conseguenza automatica si saranno legati nel piano astrale a fotogrammi in cui il loro veicolo astrale rappresenta la sensazione del bagnato; in cui il loro veicolo mentale, ad esempio, rappresenta l'idea del raffreddore, e così via.

 

In sostanza, quindi, il Cosmo è lì, immobile, statico, da sempre. E' l'individuo - diciamo oggi - che si lega a questo immenso mosaico, attimo per attimo, spazio per spazio, a queste situazioni cosmiche. E legarsi ad esse significa spostare la propria consapevolezza da un punto all'altro del Cosmo.

Il Cosmo ha già scritto la sua storia; il ciclo della vita macrocosmica non può mutare secondo le scelte degli individui.

Nè le scelte degli individui possono mutare la vita del Cosmo, perché non è che attraverso a queste scelte gli individui colorino, vivifichino, improntino in modo diverso i fotogrammi scelti. Mai. 

I fotogrammi possibili, esistenti, che siano vissuti o meno, esistono tutti nello stesso modo.

 Continua