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Messaggi di Claudio - Messaggi di Teresa - Messaggi del Fratello Orientale - L'Uomo e la morale

L'altruismo deve essere spontaneoL'ideale morale - La morale ideale

 

La vera pienezza della vita

 

Per indicare una grande rapidità si usa l'espressione: veloce come il pensiero. Invero, specie quando l'uomo è in un particolare stato di tensione interiore, le sue facoltà mentali danno responsi così rapidi che i relativi processi di analisi e di sintesi sfuggono alla stessa consapevolezza.

Per esempio, quando l'uomo fa una nuova conoscenza, si dice che egli prova istintivamente simpatia o antipatia; ebbene, dietro a questo atteggiamento irrazionale, sta un processo essenzialmente logico. Nei comportamenti istintivi - cioè non determinati dalla volontà - l'uomo segue la sua vera natura e siccome questa è egoistica, egli giudicherà il nuovo conosciuto simpatico solo se dall'esame che rapidamente farà, risulterà per lui apportatore di un qualche interesse particolare. L'esame è un'analisi binaria in cui il sì e il no sono riferiti ai molteplici interessi dell'io personale ed egoistico. 

 

Tanto per fare un esempio, l'analisi è di questo tipo: la persona conosciuta è del sesso che mi interessa? La risposta è sì o no. Se non ha attrattive sessuali, cambia il tipo di quesito: può essermi utile nei miei affari? La risposta è ancora sì o no, anche se il quesito è posto in prospettiva. E così via, l'analisi continua - è proprio il caso di dirlo - veloce come il pensiero, per concludersi con una sintesi dei dati emersi, che si concretizza in un'attrazione o in un disinteresse e financo in una repulsione verso il nuovo conosciuto. Se l'analisi è così rapida da sfuggire alla consapevolezza, ciò non vuol dire che di essa non sia possibile rendersi conto.

 

Proprio questo significa conoscere se stessi: impiegare al massimo la propria capacità di rendersi consapevoli della propria vita interiore. Essere tanto attenti ai movimenti del proprio intimo, quanto lo si è ai fatti del mondo esteriore.

Osservate come la consapevolezza di ciò che fate venga meno in due tipi di azione: al primo tipo appartengono quelle azioni che in realtà sono reazioni ad avvenimenti che colpiscono interessi da voi particolarmente sentiti, ai quali partecipate con tutto l'essere vostro. Tali reazioni sono così rapide che la consapevolezza ne coglie solo l'esito finale; generalmente ciò è più evidente per avvenimenti nuovi e inaspettati. Al secondo tipo appartengono quelle azioni ormai conosciute, usitate, che  nulla dicono di nuovo e che sono ripetute automaticamente. Questo perché l'uomo è consapevole della sequenzialità delle azioni che compie, solo se queste sono reazioni ad eventi che toccano interessi da lui particolarmente sentiti, o se sono compiute nel suo disinteresse.

Osserviamo ora un uomo che per la prima volta compia un lavoro manuale: lo vedremo tutto intento nell'eseguire la serie delle operazioni; ma dopo qualche volta che le avrà ripetute, egli le compirà automaticamente e la sua consapevolezza potrà essere volta altrove. Questo perché la consapevolezza è uno strumento prezioso che la natura rende massimamente disponibile da parte dell'uomo sostituendola, appena è possibile, con le facoltà istintive sì da lasciare quelle addette alla consapevolezza libere per altre attività.

 

Molto si è parlato di sistemi di produzione che nella vostra società impongono la creazione di pletoriche specializzazioni; a questo proposito si è detto che la specializzazione fossilizza l'uomo, lo priva di quella versatilità che era patrimonio di individui appartenenti a società del passato. La natura ci mostra che le società migliori sono quelle organizzate in gruppi di individui aventi particolari specializzazioni. Come ho detto, questo sistema si dimostra altamente positivo per l'efficienza sociale.

 

Ma, come si sa, nelle società non umane le facoltà mentali sono pressoché istintive, il retaggio della vita è tratto dal seguire gli istinti; mentre l'ottimo della vita umana sta nella riflessione e nel superamento degli istinti animali. La diversità degli scopi fra la società umana e quelle subumane deve farvi comprendere che l'organizzazione delle rispettive società deve seguire criteri diversi. Pur rispettando una strutturazione sociale impostata sulla specializzazione onde raggiungere il meglio di ogni istituzione, è necessario che l'uomo coltivi costantemente tutte le proprie qualità, eserciti in continuazione il proprio pensiero consapevole.

 

Noi vi proponiamo continuamente questo. Se il lavoro che voi svolgete vi consente tutto ciò, allora vi sentirete soddisfatti raggiungerete una grande perizia nella specializzazione vostra, nel campo dove siete specializzati. Se invece per voi il lavoro è la ripetizione automatica di azioni, o comunque non impegna la vostra creatività e non impiega il vostro pensiero consapevole, esso non vi darà soddisfazioni. In quel caso state attenti a non occupare la vostra consapevolezza per ingigantire i torti che vi sono stati fatti, o che credete vi siano stati fatti; trovatevi un'attività o un interesse qualunque essi siano, che possano occupare il vostro pensiero consapevole. 

Guai a chi lascia illanguidire il proprio interesse, a chi si cristallizza. Noi vi proponiamo di riportare alla vostra consapevolezza anche quei processi istintivi di cui vi parlavo inizialmente e che sono causati dalla radice egoistica di ognuno. Ogni nostra comunicazione tende a promuovere l'esercizio della vostra consapevolezza, vi invita a   prendere coscienza di voi stessi e del vostro mondo. Avete mai fatto caso che la maggior parte di voi non è assillata dal problema di come sfamarsi, eppure voi non siete felici! Intendo dire che, a parte le calamità naturali e le malattie, il problema di ogni forma di vita nel piano fisico, è un problema essenziale di nutrizione. Aggiungiamo pure - per l'uomo - il problema del ripararsi dalle intemperie, ammettiamo ancora che non di solo pane viva l'uomo, ma fra il procurarsi il necessario per vivere e lo spendere tutta la propria esistenza

per accaparrare svaghi e beni, il passo è enorme.

 

Avete notato quanta importanza acquistino per voi problemi che dovrebbero occupare una minima frazione della vita di un uomo? Quanti bisogni non essenziali diventino in voi essenziali, e quanti altri - essenziali - siano ampliati, ingigantiti, complicati. E' un modo per colmare il proprio vuoto interiore, per imporre se stessi. 

L'uomo che continuamente non muti d'abito, che spesso non cambi l'auto, che non compia viaggi importanti, è ritenuto dai suoi simili un fallito. Chi non può consentire ai propri figli di svolgere quelle attività ricreative che sono di moda, è considerato un miserabile. Non solo, ma molto spesso la propria consapevolezza è usata per osservare quanto, sul lavoro o nella vita in genere, si è scavalcati, messi da una parte, non valorizzati come si pretende. Purtroppo questo accade, ma ciò che intendo dire è che la mancanza di ricchezza interiore e di creatività molto spesso - anzi troppo spesso - è colmata attraverso alla valorizzazione di fatti esterni del tutto superflui, sì che essi assurgono a motivi psicologici tanto intensi da colmare il vuoto interiore. Il successo, la notorietà, le ricchezze, le amicizie influenti, sono mete che si crede possano riempire la propria esistenza, mentre la pienezza della vita è raggiunta attraverso al superamento di quelle istanze psicologiche che oggi credete possano essere soddisfatte nella ricchezza, nella brillante posizione e nelle amicizie influenti.

 

La verità dell'intimo

 

Avete mai meditato sulle vostre aspirazioni segrete inconsce?

Questa meditazione vi porterà a determinare che agite conformemente ad esse. Nelle vostre azioni è sempre presente l'io che contamina la bellezza delle manifestazioni affettive rendendovi egoisti, accende l'arrivismo e l'ambizione della vostra attività  rendendovi crudeli.

Colui che dice di amare esige d'essere riamato, ma l'amore è donazione e non esigenza. L'operaio mira a divenire capo officina e divenuto tale, direttore, adoperando ogni mezzo. Tutto ciò è frutto dell'io, il quale tende ad espandersi per avere soddisfazione.

Dovete superare questo sottile e complesso problema. Senza tale superamento lo spiritualismo non ha valore. Potete essere sacerdoti, ma se non avete trasceso l'espansione dell'io umano, lo farete unicamente per divenire vescovo o per guadagnarvi un premio eterno. E' stato detto "l'io può scegliere uno scopo nobile ed utilizzarlo come mezzo della propria espansione".

Potete imporvi la missione di migliorare gli uomini, ma se provaste pena quando la vostra missione non fosse coronata da successo, agireste unicamente per divenire celebri, cioè per assecondare la complessa e sottile attività dell'io.

Voi l'avete accettata, avete ridotto lo scopo della vita a questa egoistica attività, credete di dovere emergere, primeggiare in questo e in quel campo. Se non riuscirete a conquistarvi una condizione sociale invidiabile, vi chiamerete fallito della vita, vi conforterete in un ideale spirituale.

L'uomo, per proteggere e valorizzare l'attività del proprio io, ha creato le divisioni sociali e religiose che tutti conoscete. Ma tali divisioni, essendo causa di gelosia e lotta, hanno sempre creato confusione e miseria nel mondo. L'impiegato ha sempre sperato d'essere un giorno direttore, il soldato ha sempre ambito a divenire generale, il prete vescovo; colui che non sa ha sempre imitato colui che sa e se un giorno tutti questi sogni si sono avverati, i nuovi vittoriosi hanno sempre disprezzato coloro che stavano in basso ed hanno sempre mostrato orgoglio di sé.

Non può essere saggio colui che pensa al proprio simile assegnandogli una posizione nella suddivisione artificiosa della società umana. Dovete distruggere tutti questi limiti che avete creato. Dovete essere completamente soli e semplici e liberi, perché la coscienza sorge nella libertà, perché la Realtà si manifesta quando non siete più impegnati nell'attività dell'io.

 

Potete con la violenza distruggere ogni suddivisione sociale ma, se non sarà più palese, tuttavia sussisterà sempre.

La divisione sociale non è che un effetto esteriore dell'espansione dell'io. Se veramente volete abolire ogni divisione, dovete operare alla radice del problema, cioè nell'intimo di ogni uomo.

Dovete cioè operare una trasformazione dell'esser vostro, che non sia il risultato di violenza, ma di comprensione dell'io.

Solo mediante questa comprensione cesseranno la gelosia e la lotta nel mondo, causa di dolore e miseria.

 

Superare la ricerca di conforto

 

L'uomo ha bisogno di aggrapparsi a qualcosa: una fede, la speranza. Qualcosa che lo conforti nel dolore presente, ma che al tempo stesso valorizzi questo dolore, lo trasformi in volontà di Dio, espressione del Suo affetto per gli uomini.

Eppure il dolore scomparirà dalla terra. Ciò nondimeno è necessario. L'uomo liberato non conosce dolore; guai se non lo conoscessero gli altri uomini! Quella fede, quella speranza sviano l'esatta considerazione del dolore, esse dicono: "Questo dolore ti viene dato perché Dio ti ama", anziché dire: "Questo dolore è il frutto di qualcosa che hai fatto senza avere compreso". Sono un'illusione, un tranello, una lusinga dell'io!

Non cercate quindi il conforto di quella fede, di quella speranza, per non restare delusi; non cullatevi nel pensiero che soffrite per volontà di Dio, bensì siate consapevoli che soffrite perché avete agito senza comprensione. E' molto più facile ritenere il dolore una prova, piuttosto che considerarlo il frutto della nostra mancanza di duttilità, in quanto ciò accarezza l'ambizione dell'io.

 

Ma vede la Realtà chi ha dimenticato l'io; chi non conosce le sue lusinghe, i suoi tranelli. Vedere la Realtà significa sbarazzarsi di tutto ciò che si interpone fra voi e la Realtà medesima; per stabilire questo immediato contatto occorre comprendere e non illudersi. Illudersi significa credere che la conoscenza porti la liberazione, che seguire certe regole che stabiliscono cosa fare o non fare faccia di voi degli uomini liberi. Un'azione può essere compiuta con mille intenzioni, con mille scopi; è assurdo quindi dire: "fate o non fate". Più esatto è consigliare: "rendetevi consapevoli del perché agite".

Se un uomo "liberato" tutte le mattine si lavasse nell'acqua di un ruscello, voi credereste di giungere alla liberazione imitandolo? Ecco l'errore. Prendete la sua come una norma igienica, ma non illudetevi che il seguirlo possa fare di voi degli uomini liberi, perché la "liberazione" è un fatto interiore che avviene quando tutto il vostro essere vi partecipa. Questo rivoluziona le vostre idee filosofico-religiose. Voi infatti date somma importanza all'imitazione, al discepolato, credendo che in ciò sia lo scopo della vita, mentre la vita trova compimento quando il vivente ne scopre la meravigliosa Realtà, che non è realtà fisica, ma Realtà Assoluta, essendo Unica la Vita.

 

Ecco perché non comprendete più il nostro insegnamento, o meglio, non l'avete mai compreso. Voi siete in una posizione errata di fronte alla vita. Vi sorge istintiva una domanda: "Quale è la posizione giusta?". Sarebbe come dire: "Cosa debbo fare?".

Ossia domandare una specifica linea di pensiero e di azione ed imporsela con sforzo.

Chi vuol conoscere quella Realtà che trascende ogni limite, "l'io" ed il "non io" in cui tutto vive in un Eterno Presente e in un'Infinita Presenza, deve cessare di illudersi, deve staccarsi, abbandonare tutto. Ma anche questa meta è desiderata come un arricchimento delle proprie facoltà, anche queste parole sono interpretate come un modo da seguire e allora, pur essendo vere, per voi sono mera illusione. Molte creature hanno abbandonato la loro posizione sociale, donato ogni loro possesso, rinunciato ad ogni affetto e si sono ritirate nella solitudine di un eremo, attendendo invano l'ora della liberazione. Non è un semplice atto di donazione che può aprirvi alla Realtà. Donando ogni vostro possesso non potete sottrarvi al desiderio di possedere; rinunciare ad onori e gloria non significa che abbiate trasceso l'ambizione. L'io e il suo processo egoistico non possono sperimentare ciò che è senza limite e senza distinzione e voi seguite questo processo anche quando vi sbarazzate di tutto per trovare nella solitudine la Realtà.

 

Ecco perché è importante conoscere se stessi. Se quella creatura che ha abbandonato tutto avesse analizzato l'intimo suo, si fosse resa consapevole che stava seguendo l'ambizione dell'io (divenire grande in cielo), quella creatura avrebbe risparmiato delusioni e dolori a sé e agli altri. Abbandonare tutto per una simile ragione non significa cessare di illudersi, bensì illudersi ulteriormente. Chi può porre termine a questa continua auto-illusione? Voi stessi conoscendovi.

Nessun Santo, nessun Dio possono comunicarvi la Verità. Ciò che sta oltre l'orizzonte può esservi descritto da altri, immaginato da voi, ma mai sperimentato come quando veramente voi vi sarete liberati. Ecco quindi perché nel seguire un Maestro, sia pure giunto alla Realtà, non sta la vostra liberazione. Questa liberazione, lo ripeto e non mi stancherò mai di ripeterlo, è un fatto interiore; voi, voi soli dovete liberare l'essere vostro, nessun altro può liberarlo per voi.

 

Il vero sentire

 

Molti di voi pensano che il progresso conduca gli uomini alla realizzazione di se stessi; che il regno di Dio sia una perfetta organizzazione sociale in cui tutti i bisogni degli uomini trovino pronto appagamento. Sappiate invece che ciò che è conosciuto come realizzazione dell'uomo, vita del superuomo, non appartiene al mondo dei fenomeni e della percezione. 

 

Che cosa significa questo? La percezione si fonda sul giuoco dei contrari: la luce l'ombra, il caldo-il freddo, il bene-il male. Secondo la personalità che rivestite, siete attratti or dalla vita spirituale, or da quella materiale. Ma appena avete raggiunto un estremo, subito il suo opposto vi richiama a sé. Così giacete preda del conflitto dei contrari e non comprendete che la Realtà sta al di là, sì, del male e dell'odio, ma anche del bene e dell'amore intesi come opposti di qualcosa. Ciò che è sperimentabile in se stesso e nel suo contrario appartiene al mondo dei fenomeni e della percezione. Solo l'essere, l'esistere non hanno contrari; nessuno può sperimentare il non essere, il non esistere, il nulla. Ma arduo è spiegare che cosa intendiamo per "sentire", sentirsi d'essere; tanto arduo quanto inutile, forse. Solo chi l'ha provato può comprendere. Taluni lo sogliono paragonare o definire come amore nella sua forma più elevata di altruismo; ed in effetti il sentire è una lucida constatazione d'essere uno con tutto quanto esiste e perciò assimilabile alla spinta altruistica che infiamma certe creature. Ma questa, a paragone del sentire, è una pallida sensazione. Sinché si è presi dal conflitto dei contrari, sinché il senso dell'io esiste si è nella separatività che crea i "molti". Allora si chiama amore quella spinta verso gli animali, le persone, il divino. Ma se si pensa agli altri, sia pure per far confluire ad essi tutto il proprio anelito di bene, il proprio amore, come ad esseri da sé distinti, non si ha quel "sentire" di cui noi vi parliamo. Il vero "sentire" non conosce né cose, né persone, né soggetto ed oggetto. Non è amore verso gli altri o verso tutti, ma è un'interezza in cui non v'è separazione. Il "sentire" è un'estasi in cui si è tutt'uno con gli altri, in cui è totalmente trasceso il mondo dei fenomeni, dei contrari, della percezione.

 

Superamento della separatività

 

Ultimamente abbiamo affermato che l'amore altruistico è quel sentimento che più si avvicina al "sentire" del quale amiamo parlarvi; in tale sentimento infatti v'è il travalicamento dei confini della separatività, del tuo e del mio. Si può dire che lo scopo di tutte le umane esperienze, in ultima analisi, sia quello di superare il senso della separatività e tutto quanto questo senso crea: solitudine, invidia e gelosia, avidità, brama di possesso; quanto più ci si aggrappa alle distinzioni create dall'"io" e più si creano cause di sofferenza. La nostra futura esistenza non è la continuazione infinita di noi stessi, che è un'illusione, ma l'eternità in cui non v'è separazione, tu e "io".

E' un "sentire" che non conosce distinzione, particolarità.

Udendo queste parole voi ne siete tormentati perché temete che l'unione col Tutto equivalga all'annullamento degli esseri, perché voi cercate la moltiplicazione nel tempo dell'"io sono", e non comprendete che l'unione col Tutto è invece la realizzazione del proprio essere, che è l'essere di tutte le cose; perciò una tale realizzazione è impersonale ed onnicomprensiva. Questa realizzazione non comporta un attutimento della coscienza, ma se mai, una sua esaltazione per il suo espandersi oltre i confini

del tempo e dello spazio, del tu e dell'"io".

 

Liberazione come affrancamento dall'io

 

Sareste voi capaci di descrivere, a chi non fosse dotato di senso olfattivo, che cosa è un profumo o che differenza c'è fra un profumo e l'altro? E più ancora, descrivendoli, suscitare negli altri le gradevoli sensazioni indotte dai buoni odori? Credo che nessuno potrebbe fare questo. Così noi non possiamo farvi provare la vita del "sentire" semplicemente parlandovene; ma se ve ne parliamo è per polarizzare la vostra attenzione sulla possibilità di un'esistenza diversamente dalla condotta vostra, al di là delle convenzioni che vi condizionano, al di là degli schemi e delle limitazioni disegnate dall'"io". Ma voi non dovete credere che una tale esistenza sia raggiungibile in un'altra dimensione e in un altro tempo, che la liberazione avvenga in altri piani di esistenza o in un'epoca futura. La liberazione della quale vi parliamo non è affrancamento dalla contingenza, ma dal vostro "io", dal limitato e convenzionale modo di concepire la vostra esistenza. Essa significa abbandonare i rigidi schemi che vi condizionano per dischiudervi all'eterno ed all'infinito. 

 

Tale liberazione si realizza nella costante consapevolezza delle azioni, dei desideri, dei pensieri, essendone consci nel presente, vivendo l'attuale, non considerandosi paghi del passato, non rinviando al futuro. Una coscienza costretta nello schema "io-non io" non potrà divenire una con ciò che è senza principio, né fine né divisione. Ponendo la vostra attenzione al di là dei confini creati dall'"io", è raggiungere una nuova dimensione della Realtà nel modo più vero - perché l'unico - che è quello di ampliare la propria coscienza, raggiungere un nuovo "sentire".

 

 

Teresa

 

Conservare il senso mistico

 

Creature che siete in attesa della nostra presenza, ecco, noi rispondiamo al vostro appello, al vostro richiamo ed io sono fra voi per darvi speranza, per dirvi: voi che non seguite con la mente gli alti insegnamenti dei Maestri, siate sereni e fiduciosi, io sono con voi. La Verità che è in ognuno, in ogni essere, è suscitata non solo dalla mente ma anche dall'amore di Dio! Dio!

La povera e misera Teresa con lo sconfinato amore per il Creatore del Tutto, l'ha trovato in Sè, in forza del suo amore. E così dico a quelli che non sanno seguire difficili ragionamenti.

La Verità è in voi e può essere suscitata anche con l'amore per il nostro Creatore. Non disperate, l'intuizione soccorre l'umile, il povero di spirito e gli fa conoscere la Verità che nasconde ai saggi.

Fratelli, non perdere mai il senso mistico della vita. Pensate a noi come a creature simili a voi che sono protese per cercare di aiutarvi, di farvi comprendere chiaramente il senso di ciò che vi attende.

Cari, io sono con tutti voi e vi prego, non abbandonatemi!

 

Religiosità come fatto interiore

 

"Non chi dice "Signore, Signore!" entra nel Regno dei cieli, ma chi fa la volontà del Padre". Sorelle, fratelli, vedete come il nostro Maestro ci ponesse in guardia acciocché non riducessimo il nostro senso religioso ad un fatto di apparenza, e come abbiamo tenuto in nessun conto le Sue parole! Sì, è vero, tutta la nostra religiosità può ridursi ad un fatto esteriore, ma siamo noi che non abbiamo compreso, non chi ci ha insegnato. E' vero, tutto potrebbe essere nuovamente considerato, ma per far ciò che dobbiamo fare e che sappiamo di fare, non occorre attendere le riforme. Liberiamoci pure dagli orpelli se questi occupano il posto del nostro misticismo, ma che tolti quelli non sia il vuoto.

Beati quei fratelli, beate quelle sorelle che vedono chiaramente gli errori dei loro simili e li additano agli altri, perché certamente non ne commetteranno di eguali. Meschino chi indica l'errore non per distruggere l'errare, ma per distruggere chi ha errato. Meschino colui che vuol distruggere i suoi simili coi loro errori e per i loro errori, per poi prenderne il posto e in tutto ripeterli. Meschino chi vuol mostrare la sua onestà dimostrando la disonestà degli altri e carpire la vostra fiducia per poi derubarvi.

Non lasciate ad altri la vostra salvezza, ma ognuno sia degno Tempio e sacerdote di Dio. Pace, fratelli. Pace. Tutti vi benedico. Tutti vi abbraccio.

 

La pienezza della semplicità

 

Dolci creature semplici che vivete paghe della vostra semplicità, perché non vi affannate per porvi all'ombra dei potenti, né per godere di una grande fama o di una particolare permissione degli uomini, non scoraggiatevi se la vostra natura non vi consente di cimentarvi in complicate speculazioni filosofiche.

Ciascuno percorre il cammino che Dio gli ha assegnato e deve trovare gioia nell'essere se stesso. Ringraziate Dio, perché non dandovi un eccessivo attaccamento alle cose sensibili, di esse non vi ha rese schiave; perché non facendovi trovare ciò che non è lecito possedere, vi ha dato la gioia del cuore. Perché non facendovi affannare in inutili rimpianti, né affaticare per procurarvi cose superflue, vi dà la gioia di vivere. Se foste desiderose d'essere in questo o in quel luogo, di ricevere questa o quella lode, mai sareste libere da affanni. Invece nella soddisfazione che la tranquillità interiore e la semplicità del vostro essere vi danno, voi siete disposte a ricevere celesti intuizioni. E così, sia, creature! Così sia!

 

PREGHIERA

 

Altissimo Signore, eterno Iddio, di cui tutti siamo l'espressione, fa' che comprendiamo qual è il posto che Tu ci hai assegnato, dacci la comprensione della Tua volontà e la capacità di adempierla.

Fa' che comprendiamo cosa la sofferenza vuole insegnarci, fa' che siamo consapevoli dei nostri limiti e delle nostre capacità e, in questa consapevolezza, come sia nostro dovere operare con il progresso.

Fa' che comprendiamo di non sfruttare gli altri, dacci la forza di bastare a noi stessi e la generosità di aiutare gli altri.

Poiché l'uomo viene in questo mondo e da esso se ne va nudo, sicché è perfettamente inutile che egli accumuli i beni per se stesso. Riempici tanto di più da colmare la nostra pochezza che di tutto ci rende mancanti. Amen.

 

La vita interiore

 

Sorelle, fratelli, considerate come l'uomo giudichi importante solo il suo tempo e privo di valore il passato, specie tutto ciò che non è giunto fino ai suoi giorni. Eppure sono esistite civiltà meravigliose che conservano il loro valore anche se si sono estinte. Sorelle, fratelli, considerate come l'uomo giudichi importanti solo le realizzazioni nel mondo esteriore. E' vero che esse sono tanto più importanti quanto più a lungo durano nel tempo, ma per quanto a lungo durino, non dureranno mai come le opere che hanno albergo nell'intimo dell'uomo. Il vero valore di una civiltà sta nella coscienza che ha saputo dare ai suoi figli; quella era la sua vera funzione, che è la funzione di tutto il mondo esteriore, la funzione della vita di ognuno.

Perciò nessuna umiliazione sarà mai tanto avvilente se dona la vita interiore. Nessuna povertà sarà mai tanto gravosa se rende ricchi interiormente. Nessuna infermità sarà mai tanto penosa se desta l'"essere" interiore. Nessun dolore sarà mai tanto ingiusto se dona la comprensione. Tutte le opere del mondo esteriore in quello rimangono e debbono essere lasciate. Solo il nostro essere interiore ci appartiene e la sua ricchezza o povertà ovunque ci seguono. Perciò tutto quello che ci apre alla vita interiore è prezioso e per quanto grande possa sembrarci il suo costo, non sarà mai abbastanza pagato.

Vi benedico! Pace! Pace!

 

L'amore

 

Fratelli, considerate come i rapporti fra gli uomini siano basati solamente sui diritti e sui doveri, e quanto poco posto sia lasciato al trasporto d'amore! Eppure, l'amore è la ricchezza più grande che un'anima può avere. Se possedeste tutti i beni della Terra, non sareste ricchi come chi ama. E se foste gli uomini più conosciuti e più stimati, sareste soli senza l'amore.

E se poteste avere tutta la forza che gli uomini possono avere, sareste gli esseri più deboli senza l'amore. Senza l'amore la verità più grande è incompleta, e l'arte più eccelsa non riuscirà mai ad imitare la perfezione delle opere ispirate dall'amore. Senza l'amore la verità più grande è incompleta, e l'arte più eccelsa non riuscirà mai ad imitare la perfezione delle opere ispirate dall'amore. Senza l'amore l'intelligenza può rendervi solo crudeli e tutta la scienza a nulla serve senza l'amore. Chi ama veramente ha la vera ricchezza, la vera pienezza e la forza che non conosce ostacoli. E' dolce o severo, tollerante o esigente, così come il bene dell'amato richiede. Paziente, generoso, è completo di ogni virtù, perché dimentica se stesso nel trasporto d'amore.

Sorelle, fratelli, possiate amare di quell'amore che in se stesso è premio di chi ama.

Io vi amo, o cari! Pace, pace a tutti voi!

 

Fratello Orientale

 

Dio è ovunque

 

Molti uomini pensano che per condurre una vita retta ed equilibrata sia necessario credere a Dio, avere una fede. Ma ciò non è esatto. Anzi quel Dio che essi hanno costruito secondo le loro limitazioni, non può esistere. Quel Dio che appartiene alle loro bandiere, alla loro Nazione, alla loro religione, che è il loro protettore e il distruttore degli altri, non può esistere. 

Tu guardi con diffidenza chi si dichiara ateo, ma fra questi e chi crede in un Dio di comodo, non c'è differenza: entrambi sono nell'errore. Non pensare che Dio sia in qualche luogo remoto dell'esistente; Egli è ovunque, in ogni cosa animata e inanimata esiste.

Il compimento della tua esistenza è il raggiungimento della divinità, perciò Egli è anche in te, fratello caro. Se potrai identificarti con tutto quanto ti circonda, col dolore e la sofferenza, la felicità e l'estasi che sono nel cuore di ognuno; se cesserai di ostinarti a sentirti separato da tutto quanto ti circonda; se potrai convincerti che ovunque c'e vita, quella vita è Una, nonostante che molteplici siano le sue espressioni, avrai trovato quel filo che conduce a Lui, ed avrai assolto lo scopo per il quale sei nato.

 

La vera ricchezza

 

Tu desideri possedere numerosi oggetti, non tanto per rendere più comoda la tua esistenza, quanto per abbellire e valorizzare la tua persona. Così perdi la serenità e vessi i tuoi fratelli per giungere a possedere quelle cose che credi alzino il tenore della tua vita e non ti accorgi che quegli oggetti diventano i tuoi padroni prima ancora che tu li possegga, distruggono la tua pace e ti impediscono di godere la vera gioia della vita che sta nella spontanea semplicità della natura.

Il denaro è il mezzo attraverso al quale si giunge a possedere, ma molto spesso da servo diventa padrone e quando è così è sempre un cattivo padrone. Ricorda: la vera ricchezza è la saggezza; un mendicante saggio è più regale di un Re stolto.

Mira solo all'essenziale, non chiedere alla vita il superfluo, non chiedere la ricchezza, ma la pura serenità del tuo cuore e allora la luce del giorno o l'oscurità della notte, il sole o la pioggia, il sibilo del vento o il sorriso di un fanciullo, ti daranno quella gioia che nessun cuore arido può provare, neppure pagandola con tutti i tesori del mondo.

 

Non chiedere di essere onorato, stimato, rispettato, ma cerca ciò che dura più della stima, del rispetto e dell'onore. Non chiedere d'essere conosciuto, ma cerca di conoscere soprattutto te stesso. Non chiedere ciò che non hai la forza di amministrare e che potrebbe sfuggirti di mano e portare la rovina a te e ad altri, ma fai bene quello che è nelle tue possibilità.

Ricorda: è molto più utile un bravo operaio che un cattivo ingegnere. Contrariamente a quanto si crede, non è la carica che nobilita l'uomo, ma se mai è il contrario. Non chiedere di essere il primo nel folle mondo degli uomini, ma sii l'ultimo fra i saggi del cielo.

Giustamente ti è stato detto che nessuna esperienza va perduta; l'esperienza del sensuale lo conduce ad abbandonare la sensualità, ma è possibile essere sobri pur non calcando il sentiero degli eccessi. Come la malvagità è essa stessa castigo del malvagio, così la pace interiore inonda l'animo di chi libera il cuor suo da ogni inutile affanno.

 

Superare ogni divisione ed ogni discriminazione

 

Fratello, tu vivi in un mondo in cui è facile venire in contatto con le molte ideologie; di fronte a questa grande varietà di pensiero, saggio è essere tolleranti, riconoscere a tutti il diritto di pensare e di credere liberamente. Hai mai meditato come la tua tolleranza sia più grande quanto meno siano toccati i tuoi interessi? E come ti sia più facile essere tollerante con i morti che non con i vivi? Tu suoli tenere delle immagini sacre con l'effigie di grandi pensatori scomparsi, per mostrare con ciò tutto il tuo rispetto, la tua ammirazione, la tua devozione per quelle persone. Ma se esse tornassero in vita e, in qualche modo, condannassero ciò che pensi e come vivi, che fine farebbero quelle immagini? Saresti così tollerante da continuare ad amare ed apprezzare quelle figure?

 

Ciò che gli altri pensano o fanno, è da te tollerato in misura diversa, secondo che gli altri siano conoscenti, parenti, amici o familiari. Quanto più gli altri sono tuoi intimi, tanto meno sei disposto a tollerare che essi non condividano i tuoi principi.

Tu giustifichi il tuo strano comportamento affermando che fra chi conosci, verso chi ti è più vicino, senti maggior senso di responsabilità. Così la tua tolleranza verso gli altri si chiama piuttosto indifferenza. Che senso ha assumersi delle responsabilità solo verso chi si conosce, sentirsi in dovere solo verso chi si ama? Se un tuo fratello ha bisogno di aiuto, lo ha che tu lo frequenti o meno, e che cosa cambia della sua situazione per il fatto che tu lo conosci, se pur conoscendolo non l'aiuti?

 

Quando una calamità si è abbattuta su un gruppo di persone, e vieni a sapere che chi conosci è rimasto incolume, tiri un sospiro di sollievo come se niente fosse accaduto; ma chi ha posto questi strani limiti al tuo interessamento? Sono essi reali, o convenzionali e crudeli?

Tu credi di dimostrare la tua grande tolleranza predicando l'eguaglianza fra tutti gli uomini, a qualunque Nazione, religione, ceto sociale essi appartengano e non comprendi che la stessa idea di Nazione, ceto sociale, religione e in se stessa crudele. Essere tolleranti non significa essere indifferenti, cessare di vivere.

 

Tu difendi così bene la tua indifferenza - che credi di sublimare chiamando tolleranza - che quando odi una verità scomoda, la distruggi intellettualizzandola; così il tuo intelletto e le tue opinioni divengono i tuoi distruttori. Se poi ciò che odi va contro la verità che la tua religione professa, tu non ascolti giustificandoti col dire che chi parla è certamente ispirato dalle forze del male e non comprendi che così facendo tu sei preda del maligno, ossia dell'errore.

Ascolta ciò che gli altri dicono, non essere indifferente. Sii freddo o caldo. Tu non sei né questo né quello perché temi di perdere or l'una or l'altra occasione; così permani nella stagnazione della tua indifferenza; cessi di vivere, perdi l'occasione di comprendere e la profondità del tuo pensiero. Ma io ti dico che solo laddove è profondità di pensiero e di sentimento vi è la pienezza della vita.

 

Esistere realmente

 

Fratello, questa sera spetta a me parlarti. Vorrei che le mie parole ti fossero utili, ti recassero quel discernimento che fa vedere il giusto valore delle cose e delle situazioni; ed a farti sfuggire alle molte influenze e suggestioni che gli uomini politici, gli economisti, i religiosi operano su te, facendo leva dove sei più feribile.

Vorrei che tu comprendessi come, con parole acconce, dall'uomo tu sia ingannato e tu conservassi la tua serenità.

Vorrei che ti rendessi conto come una legge del mondo umano sia applicata quando corrisponde a ciò che si vuol fare, e venga messa in disparte quando, con i suoi divieti, impedirebbe di fare ciò che si vuole. Questo sarebbe ancora tollerabile se ciò che si vuol fare fosse nell'interesse generale, perché l'uomo non è fatto per la legge, ma la legge è fatta per l'uomo.

 

Ma purtroppo non è così. Ebbene vorrei che rendendoti conto di tutto ciò, le tue reazioni fossero identiche sia che i tuoi intessi vengano lesi, o che non lo siano affatto, o che lo siano quelli degli altri. Non credere che io ti insegni a frenare le tue reazioni. Se ciò che t'impedisce di opporti all'altrui dispotismo è la paura, se è l'ignoranza che t'impedisce di renderti conto di quanto sei strumentalizzato, se è la pigrizia che t'induce all'accettazione in nome del quieto vivere, sappi che il tuo dovere è quello di combattere per difendere i tuoi diritti. Ma ciò che io invoco per te è quella comprensione che, facendoti superare un'idea egoistica della vita, ti fa porgere l'altra guancia; che ti fa intendere come tutto sia creazione della soggettività, castello dell'illusione, e pur ti fa vivere come se tutto fosse reale. Quella comprensione che ti fa intendere come il cammino dell'uomo passi dall'odio per giungere all'amore e dall'amore per giungere all'unione. Se il mondo nel quale tu vivi ti mostra tutta la sua fredda crudeltà, insensibilità ed ingiustizia, se della società di cui fai parte tu cogli solo la confusione e la corruzione, sappi che questi tristi spettacoli, quanto più ti riguardano da vicino e più servono a formare la tua coscienza individuale. Il dolore che l'egoismo e l'ignoranza causano, si trasforma in liberante comprensione quanto prima prendi coscienza di te stesso.

 

Ora tutto è confuso in te. Sii consapevole della tua impossibilità di seguire cosa sta oltre le umane miserie; non prendere quelle come termine di paragone per giudicare Dio; sii cosciente della tua attuale limitazione, non credere che ciò che non può essere contenuto dalla tua misura non possa esistere.

Osservando un quadro, con un solo sguardo tu abbracci l'intera opera e solo dopo un'osservazione generale ti soffermi sui particolari. Ora, di questo meraviglioso disegno che è l'Esistente, tu puoi coglierne solo pochi frammenti: è come se di una ciclopica pittura tu potessi scorgere solo pochi millimetri quadrati. Che cosa capiresti? Come potresti apprezzare la bellezza dei particolari che viene in luce solo se si conosce il senso dell'intera opera? Noi ti parliamo di quella parte dell'Esistente che sfugge alla tua comprensione ed alla tua osservazione e confidiamo che tu possa comprendere e credere, perché comprendendo e credendo tu getti un ponte verso quella parte della Realtà che ti è straniera.

 

Nulla per destinazione rimane segreto, sconosciuto; tutto quanto ti diciamo ha lo scopo di stimolare la tua attenzione, avvicinarti a quella parte di realtà che ti è ignota, invitarti a riflettere. La tua futura esistenza è realizzata in una condizione d'essere che non conosce separazione, in cui nulla è ignoto o straniero.

Non occorre fare un atto di fede per credere a tutto ciò; gli stessi problemi della vita moderna ti rivelano la Verità di certe affermazioni. L'inquinamento che avvelena l'ambiente dimostra che ogni vita non è a sé stante; tuttavia ciò che puoi osservare non è che un aspetto marginale dell'unità sostanziale che sta al di là della varietà delle specie. La stretta connessione che vi è fra le forme vitali, sicché danneggiando l'una si danneggia l'altra, si spiega solo se si comprende che ogni vita fa parte di una sola vita, come ogni essere, di cui le forme di vita sono espressione, è in realtà un solo essere. Nel presente momento - che in realtà è senza tempo, ma che pare trascorrere sì velocemente che sembra appartenere solo al ricordo - tu sei una cellula dell'unico Essere, tu sei un frammento della coscienza assoluta. E' dunque apparente la tua astrazione dal Tutto, è illusione ciò che limita la tua coscienza; oltre l'illusione sta il tuo vero essere, l'essere unico ed assoluto.

 

Convinciti di questa Verità e l'insegnamento dei Maestri ti apparirà in tutto il suo profondo significato. Esso non è un'elementare - anche se preziosa - norma di comportamento, destinata ad appianare le relazioni sociali; non è un baluardo contro il dilagare dell'egoismo in cui la violenza più bieca e la crudeltà più ingiustificata, sono al tempo stesso logica conseguenza ed unico rimedio che possa richiamare gli uomini ad una maggiore comprensione, rispetto, tolleranza. Il vero significato dell'insegnamento dei Maestri traspare dalla constatazione che il senso dell'"io", prodotto dalla limitazione, è destinato a cadere per lasciare il posto ad una consapevolezza che non conosce frontiera, in cui non vi è più qui-là, ora-dopo.

 

Essere altruisti non significa stare dalla parte opposta dell'egoismo, ossia riconoscere i diritti degli altri accettando un compromesso necessario per la convivenza fra il proprio egoismo e quello degli altri. Non vorrei che le mie parole ti inducessero a credere che il tuo "io" debba dilatarsi tanto da contenere quello degli altri. Io non ti dico che tu non devi fare male agli altri perché così facendo tu fai male a te stesso; io ti parlo del superamento del senso dell'"io", non della sua espansione o della sua sublimazione. Capisco che per te oggi sia molto difficile immaginare un'esistenza che non contenga il senso dell'"io", tutto da te è inteso in chiave egoistica, la stessa comprensione. In sostanza tu dici: "Io devo comprendere perché il comprendere mi è più utile che il non comprendere". Eppure, anche se oggi per te e inimmaginabile, un'esistenza non più condizionata dal senso dell'"io" è la tua futura e vera esistenza.

 

Quanto più ti avvicini a questa Verità, più chiaro, finalizzato e bello ti appare l'universo. Se stupefatto, ammiri la perizia con cui si compie il ciclo naturale, sappi che ciò che vedi non è che un frammento della profonda ragione che sta dietro ogni cosa della suprema intelligenza che tutto governa. Ciò che puoi vedere, udire, gustare attraverso alla percezione, non è che l'ombra di ciò che realmente è. Quando vedrai senza occhi udrai senza orecchie e più non sarai prigioniero delle creature, dell'illusione, né schiavo del tuo "io", sarai la bellezza ed il bello, l'ammirazione e l'ammirato, l'amante e l'amato. Tu vivrai, esisterai realmente.

Che sciocco timore quello di chi teme di perdere ciò che  ha o ciò che è! Ora tu sei sensazione che esiste solo nel mutamento; ora tu sei pensiero che nessuno può imprigionare; ora tu sei un "io" che esiste solo se sei convinto che esista il suo contrario. E come puoi pensare di possedere permanentemente queste cose che non ti appartengono? Esse non sono il vero te stesso: il vero te stesso è ben altro.

Come pianta o come animale, come uomo o come donna, come soldato o come operaio, come mendico o come regnante, qui o altrove, oggi o domani, tu vivi. E questa vita attraverso alla molteplicità delle sue percezioni, è causa ed effetto di quella catena di "sentire" che è l'essenza di ogni essere. Qualunque sia la forma da te rivestita, essa suscita particolari percezioni la cui ragione d'esistenza è la rivelazione di un nuovo "sentire" e di un nuovo te stesso. Finché comprenderai che il giorno della tua liberazione è l'oggi e che solo tu ne sei l'artefice. Allora il "sentire" dilagherà, conducendoti in una dimensione d'esistenza al di là del mondo di miraggi e di ombre di cui oggi giaci prigioniero.

 

L'essere meraviglioso

 

Nel mondo in cui tu vivi tutto viene divorato dal tempo. Gli uomini che vivono attivamente, sono così condizionati dall'incalzare del tempo che corrono, corrono, corrono dietro al tempo. Non sia così anche per te, fratello caro. Fa' che la tua vita di tutti i giorni non sia interamente assorbita dal mondo sensibile: porgi la tua attenzione a ciò che si nasconde oltre il mondo delle immagini che pur tanto ti appassiona; scopri che cosa è celato in quel giuoco apparentemente senza senso - e perciò apparentemente ancora più tragico e crudele - che è la vita. Solleva il velo dell'illusione che vi fa apparire diversi, divisi, nemici; che crea l'"io" ed attizza l'avidità del "mio". 

Oltre tutto ciò sta il mondo che ti attende una volta lasciata la ruota delle incarnazioni, sta il mondo del "sentire". Mi rendo conto di come sia per te difficile immaginare un'esistenza senza immagini, senza impressioni sensorie, senza pensiero, perché il tuo intimo "sentire" pare non possa disgiungersi dal mondo sensibile e dagli accadimenti; perfino un sentimento come l'amore in te è provocato da immagini, tanto che tu facilmente lo scambi con la concupiscenza. Se non ami un tuo fratello per la bellezza del suo corpo, tu lo ami per la sua personalità o per la sua intelligenza. Ma come l'amore per l'armonia delle forme corporee è destinato a durare per il solo tempo della fioritura, così è destinato a dissolversi brevemente l'amore per la personalità e l'intelligenza, non meno caduche dei corpi. Accogli il mio invito a volgere la tua attenzione a ciò che sta al di là del mondo dell'apparenza. 

 

Se tu potrai vedere in ogni tuo fratello - al di là del suo mutevole aspetto nel mondo della percezione - l'"essere" meraviglioso che in lui si nasconde, tu non sarai più condizionato dal suo apparire, dai suoi gusti, dai suoi costumi o dalle sue idee, perché tu vedrai la sua vera natura, il suo vero "essere" che è l'"essere" vero di ognuno. Convinciti che non ha senso soffermarsi su ciò che appare di ognuno, anziché sintonizzarsi su ciò che è. Comprendi che ognuno manifesta uno stato di coscienza, favilla della coscienza assoluta, goccia dell'infinito oceano del "sentire", ma che al di là della goccia sta la qualità dell'oceano.

 

Mantra

 

Se tu cogliessi un frutto prima della stagione della sua maturazione, tu lo perderesti; ma altrettanto tu lo perderesti se tu lo lasciassi marcire sulla pianta. E' giunto il tempo che tu ricerchi la vera condizione di ciò che appare, cominciando da te stesso. Ripeti perciò mentalmente con me questo mantra.

 

"Rivolgo la mia attenzione alla profondità del mio "essere" che si effonde oltre la mia attuale consapevolezza. Il mio "io" è prodotto delle contingenti limitazioni e dell'errata autoconvinzione che il mio "essere" sia in esse contenuto. I conseguenti egoismo, avidità, paura, senso di ostilità per ciò che credo non sia me stesso, mi impediscono di aprirmi alla vita dell'illimitato "essere" che è in ogni uomo e che fonde in pura unione d'amore tutte le forme di vita esistenti in una sola.

 

La vera natura di ognuno, come la mia, sta oltre le contingenti limitazioni e differenziazioni che creano le personalità amate ed avversate. Al di là di ciò ch'io trovo spregevole e detestabile nei miei fratelli, sta Colui ch'è sommamente amabile e sommamente ama, perché è sommo amore. Dietro l'aspetto mutevole e caduco di ogni uomo, sta il vero Sè di ognuno, l'unico Essere in cui tutti ci riconosceremo. Desiderio e repulsione, come gioia e pena, vanno e vengono e, come le forme di vita, sbocciano e appassiscono; ma il vero Sè immutabile resta. Non mi oppongo al fluire in me dell'unica Vita, arrendevole mi abbandono per seguire la Sua, volontà. Conducimi dove è giusto che io sia, guida ogni mia azione sì ch'io la compia non per goderne i frutti, ma per la Tua gloria. Fa' ch'io sia strumento consapevole della Tua Manifestazione, Tu che sei la sorgente di ogni vita, Tu che sei la coscienza senza limiti, Tu che sei fuori e dentro agli "esseri" e da essi non sei diviso e in essi non Ti dividi; Tu che tutto contieni, di ognuno sei radice e nutrimento, Tu che sei la forma e la sostanza di ogni "essere" e la spiegazione della sua stessa esistenza; Tu che sei ragione di Te medesimo, Tu che mai non fosti e mai nasci, mai muori, pur essendo causa e finalità del Tutto, immergimi cosciente nell'infinita profondità del Tuo Essere, ove v'ha completezza tutto ciò che è incompleto, ove si dissolve ogni separazione, cade ogni limitazione, ove passato e futuro sono Presente Eterno".

 

L'uomo e la morale

L'altruismo deve essere spontaneo

 

Le parole del Fratello Orientale e di Teresa possono suonare come insegnamenti morali nel senso tradizionalmente inteso, mentre Claudio sembra dare un'interpretazione contrastante di quello che fino ad oggi si è inteso per comportamento morale. I due

punti di vista sembrano essere inconciliabilmente diversi. Da ciò scaturisce automaticamente una domanda: si deve o non si deve compiere un'azione altruistica quando il farlo non è uno slancio spontaneo, ma un'imposizione a se stessi?

Serve o non serve, ad esempio, essere caritatevoli, quando questo atto lo si compie non per amore al prossimo, non perché si ama il prossimo nostro come se stessi? Caritatevoli! Carità!

Non è una parola nuova né può essere argomento di nuove trattazioni. Concetti quindi che avete udito altre volte, non formule nuove atte a mantenere vivo l'interesse come si vorrebbe fare per ogni forma di spettacolo, ma parole dette e ridette. A poco servono perché non è che l'uomo non sappia come fare (in questo caso sarebbero inutili) ma quanto esprimono non esiste nella natura dell'umano. Amore al prossimo è la causa del desiderio di aiutarlo. E voi dite: "Come fare? Non ne ho la possibilità; se fossi ricco darei di più". Ma la proporzione rimarrebbe quella.

 

Piace a volte fare la carità; dar vita a certe pitture nelle quali si vede uno straccione che tende la mano ad un signorotto nutrito che lascia cadere qualche spicciolo. Ecco la carità! La coscienza tripudia, il fegato non si logora e il caritatevole è in pace con se stesso, Dio e gli uomini!

Tale atto può essere determinato, a volte, dalla pietà; sentirsi superiori e commiserare chi sta più in basso; questa è la pietà!

 

Oggi però l'uccidersi a vicenda reso legittimo dalle guerre, l'omicidio presentato come una competizione sportiva nei passatempi della società, hanno ottuso il cuore degli uomini e la pietà si trova solo nelle vere e grandi tragedie, altrimenti i dolori degli altri non sono degni di considerazione. Deve esserci un elemento che crei l'ambiente: il vestito logoro, il volto sofferente sono una specie di montura per gli accattoni di professione che assicura loro un certo successo anche con chi, per non averli vicino, è disposto a regalare frettolosamente qualche spicciolo. Con altri, invece, non hanno la stessa fortuna; coloro i quali dicono che essi chiedono pur avendo a sufficienza da vivere. Ma chissà che proprio per questo non siano bisognosi di aiuto? Perché non solo di denaro si ha bisogno. Ciascuno riceve e ciascuno deve dare: si riceve dalla natura, dai nostri Fratelli Maggiori e non lo sappiamo. Ma noi quanto rumore facciamo, tanto difficile sembra aiutare! Eppure ogni ostacolo sparisce di fronte a chi, per amore del prossimo, dona! Guai se chi ha aiutato non è stato aiutato. Guai se chi ha donato non ha ricevuto in cambio riconoscenza! Molti calcoli si fanno donando. Disse un grande Spirito: "Non lasciare tempo al sole di riasciugare una lacrima prima che tu non l'abbia asciugata". Generalmente e già molto se l'uomo dona non togliendo dall'indispensabile ma dal soprappiù. Ognuno cerca la sicurezza del domani e la cerca allargando i confini del "mio", ma tale sicurezza sarebbe più facilmente raggiunta se questi confini non esistessero. Infatti quale paura può fare il futuro se l'uomo non è solo, diviso dall'egoismo?

 

E quale altra barriera v'è fra gli uni e gli altri, se non questa?

La separatività, l'"io", il non "io", il mio, ecco su che cosa si fonda tutto un sistema sociale, in cui ogni unità si muove con dolore in una paurosa solitudine. Si cerca allora una sicurezza, si cerca di evadere, ma la sicurezza che a volte si può avere, scaturisce dalla comprensione ma è ignoranza, presunta superiorità dell'"io" e si dona per abbellire l'"io", per propiziarsi i favori dell'Ente Supremo, per guadagnare.

Se dunque l'atto che l'uomo dovrebbe compiere per uno sconfinato amore ai suoi fratelli, scaturisce dalla sua natura egoistica, sparisce il valore della carità? L'uomo è quello che è, le sue azioni sono quelle che sono, non possono cambiarlo; ma quando interessano direttamente altre creature, il valore dell'intenzione può essere opposto a quello della conseguenza. Tuttavia bisogna tener presente che la vita non ha il valore che può scaturire dalle intenzioni e dalle conseguenze delle azioni compiute; una partita di meriti e demeriti. Il valore della vita sta nell'avere trasformato l'uomo, nell'aver creato in lui un nuovo essere, non nell'avergli attribuito un nuovo atteggiamento. Non sempre si è  altruisti comportandoci come tali spesso è un atteggiarsi ad esserlo.

 

Camminava un uomo lungo la riva di un fiume, quando vide in mezzo ai gorghi un suo fratello che chiedeva aiuto per non annegare. Molti altri si erano fermati udendo le invocazioni ed il nostro uomo, mentre si liberava degli abiti per gettarsi al salvataggio, rifletteva, cercava in sé quale era la vera ragione che lo spingeva ad aiutare il fratello in pericolo, ed accorgendosi che tutto ciò per lui non rappresentava che l'occasione per ricevere il plauso suo e degli altri, considerando l'inutilità di tutto ciò, si rivestì: siccome nessun altro v'era che sapesse nuotare, il poveretto che aveva chiesto aiuto, annegò.

Dice il Fratello Orientale: "Laddove necessiti un sacrificio, anche il grave sacrificio della tua vita, non esitare, dona te stesso per aiutare un tuo fratello".

Chi può non inchinarsi a questa morale?

 

Ma Claudio osserva che "a poco servono le azioni quando non sono frutto di un reale sentimento". Ad esempio l'egoista rimarrebbe tale anche se donasse tutto il suo avere ai poveri.

Chi può non riconoscere tale verità? Eppure queste due affermazioni sembrano essere in contrasto. Qual è allora quella giusta? L'un insegnamento completa l'altro: l'uno riguarda l'uomo di fronte ai suoi simili, l'altro di fronte a se stesso: l'uno le conseguenze e l'altro le intenzioni.

Non vi promettiamo premi eterni, non usiamo il metodo della carota, vi diciamo: i bei gesti non vi cambiano; compiendoli restate quelli che siete; non vi serviranno per placare l'ira di Dio, giacché Dio non è un bilioso. Non vi insegniamo a dare per quello che potete avere, cioè per egoismo, ma per il dare in sé, per esplicare una legge naturale come può esserlo il cibarsi.

In ultima analisi, l'esperienza del moralista vale quella della prostituta, però "non lasciate tempo al sole di asciugare la lacrima di un vostro fratello, prima che voi non l'abbiate asciugata".

                                              KEMPIS

 

L'ideale morale

 

Le nostre parole sono per tutti gli uomini; ma solo a chi - insoddisfatto di ciò che la vita materiale può dargli - ricerca valori che non periscono nel trascorrere del tempo noi parliamo veramente.

Voi che non siete del mondo, ma che incerti giacete preda di un intimo conflitto fra l'insegnamento dei Maestri e le esigenze della vita umana, ascoltateci. Ciò che abbiamo da dirvi può fare di voi delle creature equilibrate, che sono nel giusto e nel vero, oppure può, a vostra insaputa, riportarvi a quella vita di sensazione che la maggior parte degli uomini oggi segue, in cui ben poco v'è che possa sfidare la polvere del tempo.

 

In ogni epoca i Maestri hanno portato la loro parola ed i loro insegnamenti hanno sempre rappresentato ideali di moralità per i popoli cui erano diretti. Ideali tanto elevati che ancora oggi, dopo millenni, gli uomini non sono riusciti a farne loro norma di vita. Quale ridicola attuazione ne hanno data! Ciò che è stato detto per l'intimo essere di ciascuno è stato ridotto a vuota formalità, e i lupi feroci si sono messi vestiti di pecore e di agnelli.

Che cosa occorre agli uomini, oggi? E' necessario rinnovare l'insegnamento dei Maestri, elevare gli ideali morali già tanto irraggiungibili? Bisogna aiutare i singoli a comprendere ciò che da tempo è stato detto. Ma solo a chi sente questa necessità è possibile tendere una mano. Chi, pago dei piaceri del mondo, non ne sente bisogno non può operare un intimo rinnovamento spirituale. Ma voi che intendete che la vita dello spirito non può ridursi a pregare per la salvezza della propria anima, a riservare un po' di tempo ad andare in qualche chiesa spesso solo per chiedere a Dio un aiuto - voi che pur comprendendo ciò, non riuscite a dedicare tutta la vita al vostro prossimo, devolvendo a lui tutte le vostre sostanze, né avete tanta dedizione ed abnegazione da lasciarvi calpestare dall'altrui crudeltà, soffocare dall'altrui egoismo, voi che cosa dovete fare? Questo vostro percepire il richiamo dello spirito sarebbe, dunque, una beffa, un chiamarvi a posizioni, per la vostra stessa natura, irraggiungibili? Ecco, perché vi parliamo. Ed ecco l'insegnamento: conoscere se stessi per essere nel giusto e nel vero.

Ma quale giusto e quale vero? Il giusto ed il vero assoluti?

 

Solo chi vive nell'Assoluto può essere in questa Giustizia ed in questa Verità. Dunque nel vostro giusto e nel vostro vero.

Perciò occorre conoscersi. E' necessario che conosciate i vostri limiti che vi tengono legati al mondo e che siate volti agli ideali morali dei Maestri che da esso, invece, vogliono affrancarvi.

 

Il vostro giusto ed il vostro vero non possono essere il vostro tornaconto. Conoscere voi stessi per sapere quanto siete del mondo e quanto dello spirito. E' da tale   conoscenza che scaturisce il retto agire. Agire rettamente, per voi, significa non ristagnare nella vita di sensazione che già più non vi appaga, ma neppure significa illudervi di essere più di quanto in effetti siate nella vita spirituale. L'uomo è un tutto unico, spirito e materia si fondono: siate consapevoli di quanto spirito e di quanta materia sono in voi.

Così difendetevi dai vostri simili se, dall'esame sincero di voi stessi, scoprite di non avere la forza per sopportare l'altrui offesa; opponetevi a chi vuol portarvi via la tunica se veramente non avete la generosità di donare anche il mantello.

Un atto di altruismo compiuto senza valutarne il peso e le conseguenze è un dono che fate senza sapere ciò che avete donato, è una cambiale che non sapete se potrete pagare. Questo significa conoscere i propri limiti. Nessuno potrà mai addebitarvi le cose che non aveste potuto fare perché più grandi di voi; ma quelle piccole, che sono contenute nei vostri limiti, ispirate ai vostri ideali morali, quelle sì potrebbero bruciarvi se le avrete trascurate.

Vivere spiritualmente significa essere nel proprio giusto e nel proprio vero, ed essere nella propria verità significa conoscere i propri limiti, in altre parole conoscere se stessi. Difendersi per non essere di peso agli altri quando non si ha la forza di sopportare l'offesa, ma essere estremamente sinceri con se stessi per non sentirsi autorizzati da questo insegnamento a rinnegare gli ideali morali dei Maestri.

 

E' sempre migliore un ateo dai nobili intenti che un sacerdote dalle false intenzioni. Ma non sarà mai abbastanza deprecato chi tacita la voce della propria coscienza per ascoltare il richiamo dei desideri.

Ancora a voi, che essendo fatti di materia e di spirito siete fra la materia e lo spirito, diciamo conoscete voi stessi ed in questa conoscenza, essendo nel vostro giusto e vero, cesseranno gli intimi conflitti, ed in questo silenzio interiore, caduto l'ultimo segreto dell'essere vostro, liberi alfine, trasformerete i vostri ideali morali in norme di vita.

                                                DALI

 

La morale ideale

 

Kempis - Non è una scoperta sensazionale accorgersi che l'uomo concepisce la realtà unicamente in chiave umana. Della natura si vede il capolavoro, del mondo in cui vive il sovrano; se ama gli animali è perché attribuisce ad essi caratteri umani.

Se ammette l'esistenza, su altri pianeti, di forme di vita individualizzata, la massima concessione che è disposto a fare in tema di diversità da se stesso, è nell'aspetto di quegli esseri. Sì, in linea di massima è propenso ad ammettere altre civiltà planetarie più evolute della sua, ma i figli di quelle civiltà sono dei se stessi ingigantiti. Per non parlare, poi, dell'aspetto mostruoso che invece attribuisce a chi immagina di avere una natura difforme da quella del genere umano, genere di cui vede se stesso prototipo esemplare. Perfino Dio è immaginato dall'uomo simile a sé: nella migliore delle ipotesi è immaginato un "buon uomo"!

Questo modo di concepire la realtà, assume una natura così viscerale che raramente l'uomo riesce ad accettare ciò che si discosta dal suo modo di vedere il mondo. Non crediate che stia condannando questo fatto, sto semplicemente rilevandolo.

Rilevando cioè qualcosa che ha una ragione precisa, fondata, nell'ordine generale delle cose, come ho avuto modo di dire anche ultimamente.

Ma solo l'Assoluto ha valore assoluto e se il riportare tutto in termini umani produce l'effetto d'interessare e far vibrare l'uomo, giunge il momento in cui l'umano deve uscir fuori dalla propria crisalide, dal proprio minuscolo mondo, ed aprirsi all'immensità che l'attende.

 

Claudio - Uscir fuori dal proprio mondo, per l'uomo, al massimo può significare avere un comportamento altruistico; a questo vogliono ricondurre gli insegnamenti di altruismo delle Guide spirituali dell'umanità: "non danneggiare, aiutare, amare i propri simili". Naturalmente, per rendere accettabile, dall'uomo, un discorso che contrasta con il suo modo di concepire  la realtà, è necessario porlo in chiave egoistica; ossia è necessario affermare che il comportamento altruista implicitamente comporta un premio. 

L'adattamento della dottrina a se stessi avviene automaticamente, per una sorta di compromesso, ed è  condizione essenziale all'accettazione della dottrina. A voi forse questa condizione, può sonare poco morale, ma se così è lo è perché avete posto attenzione ad una morale un tantino più avanzata, una morale in cui i comportamenti altruistici non sono determinati da mire egoistiche, ma sono la logica conseguenza di un modo di concepire la società che solo una ideologia retrograda e crudele può affermare essere costituita da individui che non abbiano tutti gli stessi diritti-doveri. Vi assicuro però che quello che a voi, almeno concettualmente, sembra un giusto modo di concepire l'altruismo - ossia ritenendolo veramente tale quando prescinde da ogni forma di ricompensa - per altri è ancora inconcepibile.

 L'ideale morale dell'uomo è ben lungi dall'essere superato.

 

Kempis - Se si passano in rassegna le varie morali per scoprire quelle più elevate ed ispirate, si osserva ch'esse sono ancora quelle delle antiche religioni, considerando incluse nei ceppi di origine le differenziazioni più recenti. Se l'esame dalle antiche religioni si sposta alle più recenti associazioni, congreghe, organizzazioni aventi intenti moralistici, si nota che il cambiamento è solo esteriore. Per esempio: l'uomo anziché concepito da Dio, può essere immaginato financo un'inseminazione degli extra-terrestri, ma tutto questo non significa "cambiamento della morale". Le espressioni più alte della morale sono ancora quelle tradizionali. Badate bene, intendo dire che le concezioni ormai acquisite come scontate, sono morali così umane che, se in tal modo fossero state concepite sin dall'origine, si direbbero morali concepite da uomini, più che per gli uomini.

Pare che nella scuola della vita il potenziale d'istruzione dell'uomo, in fatto di morale, non conduca oltre un'istruzione media; almeno a livello generale, non v'è possibilità d'istruzione superiore.

 

Claudio - Anche recentissime organizzazioni a carattere mistico-filosofico insegnano una morale che nello spirito va poco oltre quello tradizionale. Ogni essere è concepito in chiave di avere: avere degli attributi  spirituali come il materialista ambisce beni materiali, avere un'evoluzione spirituale che consenta un passo avanti nella gerarchia degli esseri. E per quanto concerne i rapporti con i propri simili, lavorare per la fratellanza degli uomini, per la loro

spiritualizzazione. Tutte cose encomiabili, se non fossero concepite in chiave di guadagno personale nell'evoluzione spirituale.

Come vi abbiamo detto, l'uomo difficilmente recepisce ciò che si allontana dal suo intimo essere; quando accetta una concezione, immediatamente cerca di adattarla a se stesso. Se abbraccia la causa del bene in senso morale, allora diventa un partigiano, fa del bene una parte contrapposta ad altre; cerca di fare proseliti, combatte o comunque avversa chi non la pensa come lui. Questo impegno di se stessi è preferibile all'abulia, al "non mi interessa", in ogni campo; ma è sicuro indice che non si è superata la dimensione umana.

 

Kempis - Per superarla è necessario porre attenzione ad una nuova concezione di se stessi e della realtà: ossia, ad una nuova morale, ammesso che il termine "morale" sia ancora abbastanza indicativo per significare il raggiungimento di una "nuova natura". Se non si pone attenzione ad una Verità, essa non entra mai a far parte dell'intimo essere. E'ora il momento di sottrarsi all'imperiosa tendenza di concepire la realtà unicamente in chiave umana. La stessa scienza vostra - particolarmente la fisica per quanto attiene al mondo delle particelle subatomiche - avverte la necessità di superare certi postulati, certi schemi di pensiero, certi modelli ritenuti invalicabili. 

Questa necessità ha fatto affermare a qualcuno che non è possibile dare un senso alla realtà sulla base delle sole ricerche scientifiche: quanto più ampiamente e dettagliatamente la si osserva, tanto più essa appare priva di significato. Lo spettacolo che si svolge dinanzi agli occhi dello scienziato, acquista un senso per il solo spirito che l'osserva.

 

La conclusione di questa affermazione è verissima. Tuttavia ciò che sembra non avere senso, ha proprio lo scopo di condurre a quella conclusione soggettiva; e se la conclusione appare troppo fideistica, aggiungo: prescindiamo pure da essa, ma allora, in termini razionali, non si può considerare privo di significato ciò che non si riesce a capire. Questo è presuntuoso, per non dire strumentale, al fine di ricondurre la scienza dalla parte del materialismo dopo che aveva dato evidenti segni di volersene staccare.

 

Io vorrei chiarire bene che cosa intendo: se si prendono dieci carte da giuoco, di un seme qualsiasi e, dopo di averle ordinate dall'uno al dieci, si mischiano e si scoprono, nessuno si aspetterà di trovarle ordinate nel modo iniziale. Se ancora si mischiano e di nuovo si scoprono, ben difficilmente saranno in uno dei due ordini precedenti. Questo fatto non autorizza ad affermare che, in natura, l'ordine tende a diventare disordine.

Se mai si potrà dire, più genericamente, che "uno stato" tende a trasformarsi in uno stato "diverso"; l'ordine è la disposizione secondo un certo criterio, il criterio appartiene alla dimensione umana ed ha un suo innegabile valore, ma è un valore relativo: un valore che serve per capire solo fino ad un certo punto. Per andare oltre è necessario trovare altri termini di raffronto.

 

Claudio - Noi non vogliamo fare di voi degli esseri che non vivono secondo la loro realtà, che vivono in modo difforme dalla loro natura e dal loro "sentire". Semplicemente vogliamo richiamare la vostra attenzione sul fatto che la dimensione umana, la condizione umana, non può esse assunta a chiave di lettura del Cosmo intero. E, in termini di morale, che esistono altre morali ben più avanzate della vostra.

 

Prendiamo in esame un precetto classico. Dice Matteo 6-24:

"Quando tu fai l'elemosina, non farla strombazzando dinanzi a te nelle sinagoghe e per le strade, come fanno gli ipocriti per avere gloria agli occhi degli uomini. In verità ti dico che quella è la loro ricompensa. Tu invece, quando fai l'elemosina, ignori la tua sinistra ciò che fa la destra, affinché la tua elemosina resti nel segreto ed il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà". Si afferma cioè che lo scopo di fare l'elemosina non è quello di mettersi in evidenza agli occhi degli uomini, di avere una sorta di riconoscimento, di ricompensa umana; e questo è un primo ideale morale. Tuttavia il versetto promette un altro genere di ricompensa: quella spirituale. Perciò la questione è ancora nei termini: "do, ma ricevo". Un modo di purificare questo concetto, o il concetto in generale dell'aiutare, è quello di accettarlo prescindendo da ogni forma di ricompensa personale; l'aiutare per la solidarietà che gli uomini debbono avere fra di loro, a fondamento della quale sta - per chi non creda ad altro -  la comune condizione umana.

 

Invece l'uomo, per rendere meno rarefatto questo concetto, per farlo più a sé assimilabile, vi apporta dei correttivi come, per esempio, l'effettiva necessità d'aiuto da parte di chi si vuol beneficare, oppure la certezza che l'aiuto sarà efficace o comunque recepito. Ma il concetto, nella sua originaria purezza significa: aiutare anche quando si sa che l'aiuto non serve.

A voi forse tutto questo può sembrare ridurre il precetto a semplice e freddo dovere proprio; può sembrare un togliere l'amore al prossimo dal concetto di aiutare, amore che è ispiratore di ogni forma di vero altruismo. Vi assicuro che non è così.

In questa concezione dell'aiutare, l'amore assume forma impersonale, amore per il Tutto, amore privo di passionalità: il concetto del vero amore.

 

Kempis - Un tale sentimento fluisce quando si è compresa la vita, la propria unicità e la natura soggettiva della propria esistenza. Non a caso infatti l'uomo scopre la soggettività di ciascuna esistenza individuale, a mano a mano che è capace di sottrarsi all'imperioso modo di concepire la realtà unicamente in chiave umana, cioè, allorché è più pronto spiritualmente.

Moltissimi sono gli "esseri"; questa molteplicità, tuttavia, non pregiudica l'unicità; ciascun "essere" è diverso, unico. Già questa riflessione dovrebbe far pensare al fatto che l'uomo, in fondo, è solo. Una solitudine non intensa nel senso umano, ma in altri sensi, fra i quali, per esempio, nel senso che l'uomo è solo di fronte alla Realtà, perché solo lui può comprenderla essendo la comprensione del Reale un fatto squisitamente individuale.

Dunque non solitudine come mancanza di compagnia. L'uomo, anche il più accompagnato, è sempre solo; gli esseri che lo circondano, per lui diventano suo prossimo solo se egli è capace di "sentirli" così. Solo se egli dà loro vita e sentimento, altrimenti sono degli oggetti, delle immagini.

I concetti delle varianti e della non contemporanea percezione di una situazione nel mondo della percezione da parte di "sentire" di grado diverso, non sono concetti originali perché fanno dell'uomo un solitario. Al di là della Verità di questi concetti, l'uomo è solo perché solo lui può dare vita e sentimento e calore umano al mondo di immagini che lo circonda.

 

Ecco che cosa significa che l'amore è premio di chi ama. Che una situazione del mondo degli accadimenti sia percepita simultaneamente da tutti i protagonisti, non annulla il fatto che ciascuno di essi la percepisce diversamente, isolatamente, solitariamente. Questo stato di cose - intuito dall'idealismo soggettivo - ha lo scopo di realizzare la comunione degli "esseri" solo là dove essa è "creazione" e non distruzione: cioè nel mondo del "sentire". Nel mondo della percezione, l'uomo, credendo di poter influire arbitrariamente nella vita dei suoi simili, attraverso a molte incarnazioni e moltissime esperienze, acquista rispetto e senso di responsabilità nei loro confronti. Poi scopre che al di là dell'apparenza è solo, e nonostante ciò conserva intatto il senso del suo dovere. Quando ha capito che le proprie limitazioni rendono divisi, diversi, soli e ciò nonostante ama il Tutto di un amore impersonale e privo di passionalità, allora trascende la condizione umana, non più a lui necessaria, e vive unicamente della Comunione dei Santi.

Ascoltate reverenti.

 

"Perciò tu avrai capito la vita non quando tu farai il tuo dovere in mezzo agli uomini, ma quando lo farai nella solitudine.

Non quando, pur raggiunta la notorietà, potrai avere

una condotta esemplare agli occhi degli uomini, ma quando l'avrai e nessuno lo saprà, neppure te stesso.

Non quando tu farai il bene e ne vedrai gli effetti, ma  quando lo farai e non ti interesserà avere gratitudine, né conoscere l'esito del tuo operato.

Non quando tu potrai aiutare efficacemente e disinteressatamente, ma quando aiuterai pur sapendo che il tuo aiuto a nessuno serve, neppure a te stesso.

Non quando tu ti sentirai responsabile di tutto ciò che fanno i tuoi simili, ma quando conserverai intatto il senso della tua responsabilità, pur sapendo d'essere l'unico uomo al mondo.

Non quando tu avrai compreso che tutti gli esseri hanno gli stessi tuoi diritti, ma quando tratterai l'essere più umile della terra come se fosse Colui che ha nelle Sue mani le tue sorti.

Non quando tu amerai i tuoi simili, ma quando tu stesso sarai i tuoi simili e l'amore".

 

 

 Continua