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L'Assoluto - Prima causa - Natura dell'Assoluto -  Differenza fra "Panteismo" e "Dio Assoluto" - 

Come conciliare il concetto di "movimento" con "l'eterno presente" - Il male (come può esserci nell'Assoluto) -

...Come spiegare chiaramente ciò, Padre?...

L'Assoluto

Con l'accenno di tempo e di spazio in dio, che abbiamo riportato alla fine del capitolo precedente, i nostri Istruttori hanno voluto introdurci al tema di Dio-Assoluto che è il fulcro di tutto il loro insegnamento.

Il lettore che si avvicina per la prima volta a queste pagine sull'Assoluto, facilmente sarà coinvolto dal susseguirsi serrato degli argomenti, dalla logica della dimostrazione e dalla profondità dei temi, la sui intesa interiorità nasce dalla fusione di elementi del misticismo orientale, con una razionalità di chiaro stampo occidentale.

Il lettore potrà anche rimanere a prima vista perplesso, come per qualcosa che nella globalità gli sfugge: eppure, da queste pagine, ora distaccate, ora incandescenti di passione dialettica, ora ironiche, ora accese di preghiera, traspare l'invito costante ad un impegno, ad un compito, si potrebbe dire, cui l'uomo non può sfuggire, soprattutto oggi che una indefinibile e sottile scontentezza di sé  ed un più grande bisogno di certezze, sembrano allontanarlo dal pensiero filosofico e dalla teologia della tradizione, per indirizzarlo alla ricerca, non sempre consapevole, di ragioni più convincenti da dare alla propria vita.

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Può darsi che l'uomo non possa mai comprendere Dio, tuttavia questa opinione non lo esonera dal meditare su questo argomento, non fosse altro per capire come Dio non può essere. Se noi vogliamo capire la realtà nella quale viviamo e che cerchiamo di affrontare da diversi punti di vista, ottenendo un bagaglio di pensieri e conoscenze chiamato cultura, non possiamo prescindere dall'idea di Dio.

Si tratta di vedere se l'uomo di media cultura di questa civiltà possa farsi un'idea di Dio che non sia un oltraggio alla ragione e che, al tempo stesso, sia aderente alla Realtà.

In quest'epoca di grande razionalità, forse, non può esservi la prova palmare, incontrovertibile dell'esistenza di Dio; tuttavia si ha il dovere di capire, sulla base delle nostre conoscenze e con la nostra intelligenza, a quale Dio si possa credere.

Siccome a Dio si fa risalire l'origine di tutto quanto esiste, prima di credere che Dio esista è lecito che l'uomo di questa civiltà si domandi se l'Esistente ha avuto origine, oppure non sia esistito da sempre; che parta, cioè, dalla posizione dei cosiddetti atei e si ponga come ipotesi di lavoro che la realtà nella quale siamo immersi sia prettamente materiale e che non sia stata originata, cioè sia esistita da sempre. E' chiaro che, in questo caso, non avrebbe una fine, perché ciò che fosse esistito da sempre non potrebbe cessare di esistere. Si può immaginare che una civiltà distrugga se stessa, ma non che la materia - posta come unica realtà - cessi di esistere.

Se, invece, si può ragionevolmente credere che il Cosmo - ossia l'insieme degli universi - finisca consumato dalla sua stessa esistenza, allora è chiaro che tutto quanto è esistito, esiste, esisterà non è Tutto in senso assoluto. Infatti, oltre a quello, esiste per lo meno una causa generatrice, cioè una causa che era prima che l'Esistente fosse.

Si sa che le osservazioni sistematiche degli astronomi moderni hanno portato alla constatazione che noi viviamo in un Cosmo in espansione, cioè che gli universi si allontanano gli uni dagli altri e da un centro dello spazio, centro ideale, ovviamente. Sulla base di questi dati di fatto incontrovertibili, sono nate due principali ipotesi per spiegare l'origine e lo sviluppo del moto di traslazione degli universi; entrambe le ipotesi concordano sull'origine, che sarebbe la conseguenza di un'esplosione avvenuta in questo punto ideale, in questo centro ideale del Cosmo.

Divergono invece sullo sviluppo: infatti, secondo la prima ipotesi, la materia che compone i corpi stellari, quando questi hanno raggiunto una velocità critica di allontanamento dal centro, si smaterializzerebbe e causerebbe così la graduale ma totale fine del Cosmo astronomico.

La giustezza di questa ipotesi è confermata dalla formula einsteiniana, secondo cui la massa di un corpo in movimento è eguale alla massa dello stesso corpo a riposo, diviso la radice quadrata di uno meno il quadrato della velocità a cui è sottoposto il corpo diviso il quadrato della velocità della luce (1).

Secondo l'altra ipotesi, invece, gli universi, raggiunto un punto dello spazio, invertirebbero la marcia e tornerebbero a concentrarsi nel punto ideale dal quale partirono e dove, a seguito di una nuova esplosione, nuovamente ripartirebbero; e così via.

In primo luogo, si può osservare che il limite dove, secondo la prima ipotesi, la materia che compone i corpi stellari si smaterializzerebbe, ovvero, nell'altra ipotesi, gli universi invertirebbero la marcia e tornerebbero a concentrarsi nel punto ideale centrale, sarebbe in ogni caso un limite al Cosmo, anche se lo spazio fosse di tipo euclideo, cioè infinito ed indipendente dalla materia. Dunque secondo l'una e l'altra ipotesi, il Cosmo sarebbe limitato e necessariamente di forma sferoidale.

Ora, ciò che è limitato non può avere una durata illimitata, e questo ci dovrebbe bastare per concludere che se il Cosmo finisce, è chiaro che ha avuto un'origine e quindi una causa. Ma è preferibile invece proseguire nell'esame delle due ipotesi per vedere se ci conducono ad una diversa conclusione.

                       

(1) (N.d.R.): Mm=Mr--------------- 

                   _________

                   V 1 - v2

                         ---

                         c2

Ora, seguendo una rigorosa posizione ateistica, si dovrebbe evidentemente prendere in considerazione solo la seconda ipotesi; infatti, se si ammette la prima, si ammette la fine del Cosmo, e quindi l'inizio, e quindi la causa. Si deve invece vedere se è possibile ragionevolmente credere che il Cosmo sia una sorta di perenne "pulsazione",  un moto perpetuo di questi corpi celesti, oppure una trasformazione continua della materia che lo compone. Il "nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma" sembrerebbe confermare questa ipotesi.

Il principio della conservazione della massa, dichiarato universalmente valido dalla meccanica classica, ed il principio di conservazione dell'energia - visto che si è scoperta la relazione che lega la massa all'energia - sono stati invece smentiti in modo decisivo dalla scoperta dell'energia atomica: non solo, ma anche più recentemente, dall'esame di certi fenomeni che avvengono nello spazio intergalattico. Ora la cultura non specialistica dell'uomo medio di questa civiltà non gli consente di addentrarsi con osservazioni scientifiche nell'esame di eventi cosmici, ma egli può tuttavia capire dai fatti con cui si scontra tutti i giorni, un principio molto importante e, cioè, che per fare un lavoro ci vuole energia e che nessuna macchina e nessun sistema produrrà mai più energia di quanta ne consumi, altrimenti il moto perpetuo non sarebbe un assurdo meccanico.

In teoria, possiamo immaginare un moto rettilineo uniformemente accelerato che prosegua all'infinito; oppure un gas che non divenga mai l'omonimo liquido a qualunque pressione e raffreddamento sia sottoposto: il gas vero di Gay Lussac. Oppure possiamo credere nello spazio come lo postula la meccanica classica, cioè uno spazio tridimensionale, infinito, vuoto, permeabile dalla materia, indeformabile. Ma tutto ciò non corrisponde alla realtà fisica, perché la realtà fisica è diversa dal mondo delle astrazioni.

Lo spazio esistente sembra più simile a quello postulato dalla teoria della relatività generale che nega l'esistenza di uno spazio vuoto, infinito, indeformabile, immutabile; che nega che il tempo e lo spazio siano assoluti ed oggettivi e pone che lo spazio sia una sorta di emanazione della materia e che il tempo si ala quarta dimensione dello spazio, tanto che le scoperte scientifiche che via via si registrano, sembrano confermare questa teoria. Difatti, alle leggi della meccanica classica la scienza umana non dà più valore assoluto, ma semplicemente un valore di prima approssimazione.

Dunque si può ragionevolmente pensare che, se il moto di va e vieni dal centro alla periferia dei sistemi stellari si ripetesse indefinitamente, l'energia necessaria a questo moto - ancorché si rigenerasse in qualche modo, magari a spese della massa della materia - non si rigenererebbe mai in misura totale, per cui a lungo andare sarebbe la stasi, cesserebbe il moto del Cosmo.

Che poi questa stati riguardi il divenire della materia o la materia in se stessa, per l'aspetto che ci si è posti del problema, non fa alcuna differenza perché - in conclusione - se il divenire cessa vuol dire che ha avuto un inizio ed una causa e questo ci basta.

Tuttavia è più logico pensare che se cessa il moto in seno al Cosmo, non cessa solo il moto di traslazione degli universi, ma cessa il moto delle particelle e dei corpuscoli in seno alla materia e quindi cessa la materia e cessa lo spazio emanazione della materia e cessa il tempo dimensione dello spazio. Dunque, tutto ci porta ragionevolmente a credere che il Cosmo - per quanto immenso possa apparire - è limitato e destinato a finire, con la materia che lo compone, con lo spazio ed il tempo in cui sono localizzati gli eventi cosmici.

Se il Cosmo finisce è chiaro che ha avuto un inizio e se ha avuto un inizio è chiaro che deve esistere una causa generatrice.

Ecco che l'uomo di media cultura della nostra civiltà, con i mezzi di cui dispone, cioè la sua intelligenza e le sue conoscenze, può credere a Dio senza fare alcuna affermazione fideistica. Naturalmente, tutte queste affermazioni sono ipotetiche, ma se esse si fondono su dati di fatto e sulla logica, si può tenerle in considerazione fino a che non siano smentite in qualche modo; ciò non è contrario né alla ragione né alla scienza positiva. Per convincersi di questo, basta pensare che anche la concezione atomica della materia è un'ipotesi di questo tipo e noi tutti siamo a conoscenza di quanta strada sia stata fatta dalla scienza positiva con questa concezione.

Se quindi si identifica la "prima causa" con dio, potendo credere che l'Esistente abbia una causa, fino da ora si potrebbe ammettere l'esistenza di Dio. Però è preferibile ragionare su questa "causa" per vedere in quale Dio si possa credere.

 

Prima causa

La "prima causa", antecedente al tempo, allo spazio, alla materia, deve essere necessariamente diversa da tutto quanto cade sotto la nostra attenzione nel mondo dei finito, del limitato, del transitorio. si può immaginare che il rapporto esistente fra questa prima causa ed effetto nello spazio-tempo. Anche senza addentrarsi in considerazioni sul rapporto che esiste fra causa ed effetto nella realtà fisica (che, per altro, è messo in dubbio da taluni che non lo ritengono realmente esistente, ma lo ritengono frutto della nostra abitudine a considerare costanti i legami fra certi fenomeni osservati) si può capire che causa ed effetto, azione e reazione quali la scienza li coglie, sono eventi spazio-temporali, che appartengono cioè ad un dato tipo di realtà, ma che di tutt'altra natura deve essere il rapporto che lega questi tipi di realtà con ciò che ne ha determinato l'esistenza.

Perciò, solo per comodità di linguaggio si può chiamare "prima causa" la realtà antecedente alla Realtà esistente, tenendo presente che il rapporto che esiste tra queste, è tutto da determinare.

La causa del Tutto, cioè la "prima causa", deve essere indipendente da tutto, deve essere la "prima causa increata", altrimenti si dovrebbe spostare l'esame fino a trovare la causa esistita da sempre.

Poiché siamo al di fuori del tempo e dello spazio, è opportuna una precisazione, cioè sostituire l'avverbio di tempo "sempre" con un vocabolo più adatto: "eternamente", perché nel linguaggio comune si confonde il significato di "eterno", con quello di perpetuo e di perenne. "Eterno" significa senza tempo, mentre "perpetuo" è qualcosa che ha avuto un inizio e che continua in un supposto tempo senza fine.

Dunque, la prima causa è eterna. Se è eterna - cioè senza tempo, perché ovviamente siamo al di là del tempo e dello spazio - è immutabile, perché se mutasse avrebbe in qualche modo una successione. Poi deve essere assoluta, cioè indipendente da tutto, altrimenti non sarebbe "prima causa". Se è eterna, immutabile, assoluta, deve essere "una". Se è "una" è tutto quanto esiste, occupa tutto quanto esiste, allora è illimitata. Se è illimitata vuol dire che niente la limita e quindi è infinita. Se è infinita, non esiste un punto dove essa non sia, quindi è onnipresente e poiché è eterna, è l'eterna-onnipresenza. Se allora è eterna, immutabile,

assoluta, illimitata, infinita, onnipresente e se si confrontano i caratteri di questa "prima causa" con quelli universalmente riconosciuti dalle filosofie e dalle religioni a Dio, vediamo che si può chiamare questa "prima causa" Dio.

Se è onnipresente è a contatto del Tutto, niente quindi può esserle ignoto; allora è onnisciente. Osservando poi con quanto ordine e intelligenza si svolge la vita naturale del creato, è impossibile non ammettere che altrettanto ordine, equilibrio, intelligenza non siano in ciò che ne è stato la causa. E proprio il generato ci conduce a fare un'altra considerazione e, cioè, che non si più pensare che tutto quanto esiste sia stato tratto dal nulla, ma piuttosto che Dio l'abbia tratto da se stesso, cioè che sia stato "emanato". Non solo, ma non si può pensare all'emanato come a qualcosa di staccato da Dio, che viva autonomamente senza negare a Dio il Suo carattere assoluto; perciò l'Emanato deve rimanere in Dio e non si può quindi pensare a Dio e alla sua creazione, come a due momenti diversi. L'Emanato non solo deve restare in Dio, ma deve esservi sempre stato.

Se allora, causa e causato sono una realtà unica, "inizio" e "fine" riscontrabili nell'Esistente non sono eventi oggettivi, sono illusioni, apparenze. Quanto noi percepiamo non è la Realtà, è un'apparenza di essa; sono congetture che la nostra mente costruisce su informazioni che le pervengono dai sensi, ma non è la Realtà di ciò che è. La Realtà è ciò che è e non ciò che i nostri sensi ci fanno ritenere che sia.

Certo, deve esservi un modo comprensibile che concilia questi due aspetti del problema, ed è proprio da questa spiegazione che debbono scaturire i valori antropologici, non il contrario. Errato sarebbe da valori umani immaginare la realtà di Dio e su quelli creare un'etica: ma proprio questo errore è stato fatto: cioè, partendo da ciò che i nostri sensi ci fanno ritenere realtà, gli uomini hanno tratto tutte quelle concezioni del divino che ne fanno un Essere antropomorfico, se non nell'aspetto, per lo meno nel comportamento.

Invece ci pare più proprio pensare che Egli sia la "causa di tutto", come è stato postulato deducendo che "causa" e "causato" debbono essere un'unica Realtà.

Se ci soffermiamo sul concetto dell'unica Realtà e cerchiamo di capire che cosa esiste oltre quest'unica Realtà, la nostra mente abituata a ragionare in un certo modo, ci fa rispondere automaticamente: il nulla. Ma, in effetti, la domanda non ha senso, perché esula dal postulato che la realtà sia unica: e se Dio è l'unica Realtà esistente, è necessariamente illimitato ed infinito e, per la stessa ragione, Egli è indivisibile, Se, infatti, si dividesse realmente, non sarebbe più illimitato, perché verrebbe limitato dalla Sua creazione. Cioè esisterebbe Dio ed esisterebbe la Sua creazione che in qualche modo lo definirebbe, lo delimiterebbe.

Ogni realtà, in effetti, fa parte di una sola Realtà: Dio. Perciò il percepire noi stessi ed il mondo nel quale viviamo come avulsi da Dio, è una percezione errata, illusoria. Ma anche nel giuoco di questa illusione, ogni parte risultante da un reale frazionamento di Dio, non può che essere limitata e finita.

E se Egli è l'Assoluto assolutamente indivisibile, ogni Sua parte risultante da un virtuale frazionamento non può che essere il relativo, relativamente divisibile.

Perciò ogni manifestazione cosmica è relativamente divisibile. Ciò è vero per il tempo, lo spazio, la materia, gli esseri della manifestazione.

Infatti se, per esempio, lo spazio fosse assolutamente indivisibile, si identificherebbe con Dio; e se fosse infinitamente divisibile si identificherebbe con il "vuoto", con il "nulla". Ma il concetto di spazio è legato a quello di estensione, ed il concetto di estensione è legato a quello di materia, perciò non può esistere uno spazio che non sia legato in qualche modo alla materia; non può esistere uno spazio assolutamente vuoto, perché se anche questo spazio esistesse, non potrebbe avere alcuna dimensione, alcuna concretezza, alcuna entità.

Lo stesso principio di relativa divisibilità fa sì che gli esseri della manifestazione siano, nella loro teoria di "sentire", susseguenti l'uno all'altro, in numeri finiti.

Cioè i vari "sentire", che siamo noi, che sono il nostro essere, sono in numero finito e ciò garantisce l'identificazione in Dio di tutti gli esseri.

Inoltre, se gli esseri della manifestazione cosmica sono in numero finito, neppure le manifestazioni sono infinite perché, se lo fossero, Dio sarebbe unicamente manifestazione e noi sappiamo che Egli è il Manifestato ed il Non-manifestato.

Perciò, se noi potessimo anche sommare tutti gli esseri di ogni manifestazione - e non è possibile perché nel momento in cui si prende in considerazione una manifestazione quella e quella sola esiste - il numero che si otterrebbe sarebbe un numero indefinito, cioè suscettibile di accrescersi fino a che si continuasse a sommare, ma mai infinito.

Di infinito non c'è che Lui, cioè Dio.

Dio non può che essere l'unica Verità, l'unica Realtà, perché solo così Egli è immutabile, infinito, indivisibile, eterno, perfetto, completo, onnipresente, onnisciente, assoluto.

Questo è i Dio al quale possiamo credere senza far torto alla nostra ragione!

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Il brano che segue è tratto da comunicazioni avute molti anni fa e le definizioni su Dio-Assoluto sono state date dalle Entità che intervengono abitualmente alle nostre riunioni.

E' difficile descrivere a chi non le ha udite l'effetto trascinante di queste frasi pronunciate con un alternarsi di voci e dizioni diverse.

 

Kempis- Dio! Parola che esprime un concetto illimitato, e - per questo - non concepibile, che rivela la nostra limitatezza. Parola con la quale si vorrebbe spiegare tutto quanto l'uomo non può spiegare, e che sembra rimpicciolirsi ogniqualvolta l'umano trova la soluzione di un enigma universale. Parola con la quale si vuole esprimere qualcosa di assolutamente esatto e definito, e che significa, invece, tutto quanto di più vago vi sia nell'umana cognizione.

Parola che dovrebbe esprimere una realtà oggettiva e che è stata invece oggetto delle più personali convinzioni: principio incorruttibile che sta ad indicare materia prima per i mercenari del Tempio. Ecco il Dio degli uomini!

Teresa - Dio! Dio! Dio! Chi è Dio?

Alan - Se devo farmi un concetto di Dio, lo immagino diverso dall'uomo.

Teresa - L'uomo non è perfetto, ma Dio deve esserlo.

Dali - L'uomo procede verso la perfezione, cioè evolve: ma Dio, essendo perfetto, non può né migliorare né peggiorare, cioè è immutabile.

Claudio - Le forme periscono, ma Dio, essendo immutabile, rimanendo quello che è, non può morire, cioè è eterno.

Fr. Massone - L'uomo ignora, ma Dio - essendo perfetto - non può ignorare. Egli sa tutto, quindi è onnisciente.

Fr. Orientale - L'uomo è limitato ma Dio non può esserlo; quindi non essendo limitato è infinito.

Kempis - Se Dio è infinito non esiste angolo del Creato ove Egli non sia.

Fr. Orientale - Alza una pietra e qui Lo troverai.

Teresa - Ti disseti ad una fonte: Egli ti disseta.

Claudio - Ti riscaldi ad una fiamma: Egli ti riscalda.

Alan - Guarda quel fiore: è in Dio e Dio è in lui.

Fr. Massone - Vedi quel piccolo insetto? Dio è pure in lui.

Claudio - Alza gli occhi alla volta del Cielo, non puoi vedere che una piccola parte di un Cosmo, ed innumerevoli sono i Cosmi: ebbene essi sono in Dio.

Dali - Ma Dio è più che il fiore, più dell'insetto, più dei Cosmi, e nondimeno è il Dio dell'infinitamente piccolo e dell'infinitamente grande.

Kempis - Egli nutre, sostiene, evolve l'infinitamente piccolo e l'infinitamente grande.

Alan - Se Dio è illimitato può tutto, quindi Egli è Onnipossente.

Claudio - Niente infatti può essere al di fuori di Lui, essendo Egli completo, cioè di nulla mancante, cioè Assoluto.

Teresa - Dio è Vita e Amore.

Fr. Orientale - Non può esistere la Vita senza l'Amore: l'Amore stesso è Vita.

Fr. Massone - Dio si manifesta internamente come Amore, esternamente come Vita.

Kempis - Vita e Amore non sono statici: Dio è immutabile, ma non statico.

Claudio - Esistere significa vivere, significa movimento.

Teresa - Egli è moto eterno.

Alan - E' Prima Causa, cioè primo movimento.

Kempis - E' Esistenza Assoluta, cioè priva di causa generatrice, essendo Egli il Tutto e Principio e Fine di questo Tutto.

Dali - Le manifestazioni ed i riassorbimenti cosmici sono espressioni, palpiti di questa sua esistenza, poiché tale è la Sua Natura, cioè così Lui è.

Alan - Un albero viene definito pesce perché ha la natura di un albero.

Claudio - Un pesce viene definito pesce perché ha la natura di un pesce.

Fr. Massone - Posso immaginarmi un albero con la natura di un pesce e chiamarlo albero, ma in sostanza è un pesce che io chiamo albero.

Kempis - Posso immaginarmi Dio come più mi fa piacere, ma in Realtà, per essere tale, non può essere diverso da come è.

Dali - Egli dunque è l'Emanazione, ma non l'emanato. Non è solo i Cosmi.

Fr. Massone - Un Cosmo ha un centro e una periferia, ma tanto il centro che la periferia sono in Dio e Dio è in essi.

Fr. Orientale - Voi pure avete un centro e una periferia e siete in Dio come spirito e come materia, ma non avete coscienza di questa unione.

Teresa - Quando sentirete l'amore che si rivela al centro di voi, cioè nell'intimo vostro, come vedete rivelarsi la vita alla periferia, allora questa unione sarà cosciente Comunione.

Kempis - Ciò che vi divide da tale immensa coscienza è un illusorio senso di separatività.

Dali - Ma voi siete sempre in Dio, come lo siamo noi, figli cari; state nascendo alla Realtà, come foste dei semi che, gettati nel terreno, debbono divenire piante.

Alan - L'ambiente nel quale vivete è come il terreno per il seme; quanto vi accade, le sostanze nutrienti.

Claudio - Dio sa tutto dei suoi figli, conosce ogni loro respiro che appartenga al passato o al futuro, conosce tutto di loro senza intaccare il loro libero arbitrio.

Teresa - E' come il buon giardiniere che sa quando i suoi semi fruttificheranno; tuttavia se i semi non sono gettati nel terreno non possono dare frutti.

Kempis - Se Dio è Assoluto non può esistere in Lui male reale.

Fr. Orientale - Quale grave sciagura ha colpito quelle creature! E' Dio, come giustizia, che rende all'uomo ciò che egli ha provocato.

Teresa - Ma Dio, come misericordia, dona ai suoi figli, in cambio delle loro lacrime, un insegnamento, una Luce della Sua Luce.

Dali - Siete in Dio! A voi pare strano pensare che le creature, essendo in Lui, si odino. Quando avrete compreso, amerete tutte le creature con tutto voi stessi.

Alan - Vi ripugna pensare che un insetto schifoso o un odore sgradevole siano in Dio al pari di un profumato e grazioso fiore; pensate che le sostanze, gli elementi che compongono un gas, diversamente combinati, possono diventare un gustosissimo alimento. E quell'insetto non esprime forse anch'egli una forma di vita?

Claudio - Siete voi che giudicate gradevole o sgradevole; ma in assoluto può avere valore un simile giudizio relativo a voi stessi?

Dali - In Dio tutti siamo egualmente presenti; non esistono reprobi o privilegiati. Egli è premio pel pio, castigo del malvagio.

Teresa - Poiché è la mano che corregge, è la misericordia che perdona.

Fr. Orientale - Egli è vero Padre: se sei giusto e buono, sarà giusto e buono con te ed avrai pace e serenità; se ti lasci trasportare da tutto ciò che viene dall'illusorio senso di separatività, sarà severo per correggerti.

Claudio - Ogni legge che l'uomo scopre e sfrutta a proprio vantaggio, ogni risorsa della natura, tutto quanto insomma l'uomo possa utilizzare, è Sua elargizione.

Alan - Ma è lo stesso umano che usa in senso benefico o malefico quanto gli viene dato o può prendere.

Teresa - Nessuno, quindi, è responsabile del vostro senso di disagio o di sofferenza se non voi stessi, fratelli.

Kempis - Ad ogni causa il suo effetto.

Alan - Ma Dio è Amore, e questo soffrire, giusto effetto di una causa che avete mossa, non è mai fine a se stesso.

Teresa - Ogni lacrima è una perla che va ad accrescere il tesoro della vostra comprensione e della vostra coscienza.

Dali - Se veramente foste coscienti, o figli, ringraziereste tanto Iddio per quanto vi è dato, che non avreste il tempo di lamentarvi né di altro egoisticamente desiderate.

Claudio - Non lasciarti trasportare dall'anelito di liberazione, realtà, beatitudine erroneamente trasferito a oggetti od illusori sogni, poiché il piacere che potresti ricavarne passa con la velocità del tempo.

Teresa - Se china è la tua fronte, pensando a quanto lontano sei da tutto ciò, noi ti diciamo: non considerarti perduto, ovunque ti trovi, chiunque tu sia Egli incessantemente ti richiama a S‚.

Claudio – Ti prende dalle procellose onde e cambia ogni tua ferita in salasso.

Dali - Ti conduce attraverso le rovine dell'illusorio mondo che ti sei costruito, alla Realtà del Suo Regno, ove dall'inizio dei giorni sei atteso.

Kempis - Qui ti riconoscerai in Lui, vedrai l'interezza del Suo Essere, lo splendore della Sua esistenza, ed esclamerai: Ti conosco, Signore, Dio dei Santi!

Sì! Ti conosco, Signore! Tu sei l'Anziano degli Anziani, Tu eri prima che ogni cosa fosse, Tu sei ciò che sopravvive, perché sei Colui che E'. Tutto Tu sei: Uno dai mille volti. Sei il raro gesto pietoso del sanguinario e il dubbio maligno dell'illuminato; sei la naturale provvida difesa e l'esterna maligna infiltrazione; sei l'endogena forza che edifica e l'erosione che leviga.

Sei oltre ogni umana parola, ogni umano congetturare che muta nel tempo e nello spazio, perché Sei l'Immutabile.

Dali - Beato invero, figli cari, chi va oltre il Suo poliedrico aspetto, e si annulla in Lui, trovando un Tutto, un vivido Tutto senza incertezza né vani ricordi; illimitata consapevolezza dell'Eterno Presente. Eterno Presente!

Alan - Ciò significa che in Lui tempo e spazio non esistono.

Claudio - Egli è infatti Coscienza Assoluta e questa Coscienza si estende nel vostro tempo e nel vostro spazio in modo tale che, di fronte ad essa, ogni limite sul quale si svolge la teoria del tempo e dello spazio si annulla.

Nefes - Solo quello che è finito si può misurare; ciò che è infinito resta infinito, ogni qualsiasi unità di grandezza si adoperi al raffronto.

Fr. Orientale - Il tempo e lo spazio sussistono finché sussiste, come minimo, una dualità: qui-là, oggi-ieri, esprimono una stessa dualità avente aspetti diversi.

Kempis - L'espressione grafica di questa dualità è la Croce, ovverossia due segmenti di retta perpendicolari fra loro (per esprimere che la dualità è unica, pur avendo aspetti diversi) colleganti, due a due opposti, quattro punti i quali significano i termini della dualità: qui-là, oggi-ieri.

Paracelso - La Croce, simbolo di quaternario, significa appunto per gli antichi saggi il tempo e lo spazio.

Claudio - Ma oltre l'ultima e prima dualità, là dove è il primo numero della serie, ove l'unità del Tutto appare priva di veli, non esistono tempo e spazio.

Alan - Per voi il tempo e lo spazio esistono, finché esiste l'illusorio senso di separatività, fino a che la vostra coscienza è limitata.

Dali - Vedete gli oggetti diversi nel colore e nella forma, ne misurate le dimensioni e la distanza che li separa. Supponiamo che, per un istante, i vostri occhi acquistano la capacità di vedere la struttura intima della materia, anche solo fino allo stadio di elettroni e protoni, ed ecco che ogni oggetto e ogni distanza sparirebbero in una visione di punti giranti intorno a vari nuclei centrali.

Claudio - Per l'individuo il problema del tempo e dello spazio è relativo a se stesso. L'individuo ne ha coscienza per i limiti che questo tempo e questo spazio gli impongono.

Alan - Vi possono essere due oggetti in qualche parte del globo, lontano da qui, separati fra loro da un certo spazio; ma non è quello che vi limita, a meno che non entriate in relazione con quegli oggetti.

Kempis - Possiamo quindi dire che per l'individuo tempo e spazio esistono esattamente in ciò e per ciò che lo limitano.

Dali - Da cui se ne deduce che tutta la questione rimane imperniata sulla separatività.

Claudio - Se, infatti, voi foste uniti con il Tutto, sareste in ogni oggetto e in ogni creatura e nella distanza che li separa; ed ecco allora che lo spazio per voi non sussisterebbe più.

Fr. Orientale - Se poteste vivere in un unico presente ogni istante della vostra vita, per voi il tempo non sussisterebbe più.

Kempis - Così è nell'Assoluto: ogni episodio del passato o di quello che voi chiamate futuro, vive in Lui in un eterno presente.

Dali - Sono i protagonisti dei singoli episodi che no potendoli vivere contemporaneamente, hanno l'illusione del tempo e dello spazio.

Kempis - Ma colui che spostando la propria attenzione, consapevolezza, coscienza, dai piani più densi a quelli più sottili (compenetrantisi gli uni agli altri) rende la stessa coscienza assoluta, prova il cessare del tempo e dello spazio.

Claudio - Fino al piano mentale, esattamente alla regione della forma, possiamo trovare una successione nei pensieri ed una proporzione nelle immagini mentali che, in un certo senso, possono esprimere qualcosa di simile al tempo e allo spazio.

Fr. Orientale - ma già nella regione della non forma vi è un profondo mutamento: le idee archetipe contemplano determinati requisiti, ma non hanno dimensioni né grandezze.

Kempis - La ragione pura è come un punto geometrico, che non ha forma.

Alan - Tempo e spazio esistono laddove e sin dove esistono le forme; oltre, si annullano in un infinito presente ed in un'eterna presenza, si annullano in Lui che è coscienza Assoluta.

Dali - Egli è il Tutto, ed unione del Tutto; Egli tutto conosce, poiché tutto palpita e vive in Lui e per Lui.

Fr. Massone - Uno strumento musicale, pur non avendo orecchi, sa quali note il musicista sta sonando.

Kempis - Egli conosce non per acquisizione, ma poiché tutto quanto è, è per Lui, per le sue leggi.

Alan - Quando un essere vive, Egli non può non sapere, in quanto è Lui stesso che gli dà vita; se Egli non sapesse l'essere non esisterebbe.

Claudio - Quando una creatura accetta o respinge una realtà, Egli non può non sapere, in quanto è Lui stesso che è accettato o respinto.

Dali - E così è per tutto, senza limiti di tempo e di spazio, poiché tutto è ugualmente presente in Lui.

Alan - Da ciò non dovete essere tratti in errore e pensare che tutto sia prestabilito e niente la creatura possa decidere d'arbitrio. Se aveste una forte memoria, potreste raccontare la vostra passata esistenza nei minimi particolari senza tangere, in questo "ricordo-conoscenza" quello che fu il vostro arbitrio. Allo stesso modo, in Lui, ove passato e futuro sono eterno presente, vi è tutto quanto le creature saranno portate a fare, ivi compresi gli arbitri, senza che questo arbitrio sia toccato, sia manomesso.

Fr. Orientale - Così come voi sapete quello che avete fatto, Lui sa quello che farete.

Kempis - Ma questo Lui non può essere localizzato se non nel Tutto. E' nell'aria stessa che respiriamo, nelle stesse materie che ci compongono, nello spirito che ci evolve.

Fr. Massone - E' l'infinito matematico che mai ha valore finito, che tu sottragga, addizioni, divida o moltiplichi ad esso un numero finito.

Kempis - Egli quindi è il Tutto, pur non essendo la somma del Tutto; tutto è in Lui, pur non essendo Sua parte costituente; Lui è in tutto pur conservando i Suoi caratteri assoluti.

Fr.Orientale - Se un microbo fosse annullato, un intero sistema cosmico cadrebbe; eppure non un intero Cosmo accrescerebbe di un infinitesimo ciò che Lui è.

Claudio - Per comprendere queste parole dovete demolire l'errato concetto che avete di Dio, ampiamente dimostrato dal concetto che avete del miracolo.

Alan - Ne fate un individuo a vostra immagine e somiglianza; siete di fronte a Lui nell'esatta posizione di un selvaggio di fronte ai miracoli del progresso scientifico.

Dali - Attribuite al Suo intervento solo i fenomeni inconsueti ed inspiegati, ma una volta scoperta la legge che regola e determina quel fenomeno, credete di aver trovato chissà che cosa, la considerate a sé  stante da Dio ed irridete a chi credeva in quell'opera divina.

Kempis - Vi servite della vostra scoperta come di un'arma per combattere la Sua esistenza, come se la legge potesse esistere in sé  e per sé , o fosse una proprietà della materia.

Claudio - Laddove non vi è mistero, ove tutto è chiaro e spiegato dalle leggi, voi non trovate Dio.

Alan - Egli avrebbe creato la legge unicamente per limitare gli uomini, ignorandoli completamente nell'attuazione dei suoi imperscrutabili disegni.

Kempis - Ed invece le leggi ed i principi sono Sua emanazione, orditura del Suo Cosmo, intelaiatura del Suo emanato, espressione della Sua esistenza.

Claudio - Il fenomeno dell'acqua che si sublima in vapore e del vapore che si condensa in acqua, non è una proprietà della materia acqua, ma è determinato e regolato da una legge che ha un ben preciso compito: della conservazione dell'ambiente favorevole per la manifestazione della vita.

Kempis - Una legge presa a sé  è fine al fenomeno che regola; vista in funzione dell'emanato, acquista la sua reale ragione di essere ed è una chiara testimonianza all'esistenza di una Volontà Universale che tiene in vita l'Emanato stesso.

Paracelso - L'Emanato non può morire perché è espressione della Vita Assoluta.

Kempis - La Vita non è il risultato di fortuite circostanze le quali, come frutto del caso, dovrebbero avere un carattere instabilissimo e tendente alla disgregazione, ma, come ci dimostra la naturale forma di difesa di ogni vita, è conseguenza di un'Unica Esistenza, che ci conserva esistente ed immutabile attraverso alle infinite trasformazioni.

Dali - Le leggi, dunque, sono le condizioni per le manifestazioni della Vita e dell'Emanato. Questa Vita rappresenta l'esatto equilibrio fra la capacità di adattarsi all'ambiente e quella di adattare l'ambiente a se stessa che non dà una fissità ma un movimento chiamato evoluzione.

Kempis - Erra quindi la religione predicando un Dio antropomorfo ed extra cosmico, ed erra la scienza considerando i principi e le leggi che scopre fini ai fenomeni che regolano. L'Iddio di una tale religione si dimostrerà inesistente: il retaggio di una simile scienza sconclusionato ed incapace di dimostrarci l'unità del Tutto e l'esistenza del vero Dio.

Sì, ti conosco, Signore. Tu sei l'Anziano degli Anziani. Tu eri prima che ogni cosa fosse, Tu sei ciò che sopravvive, perché Sei Colui che E'.

 

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Natura dell'Assoluto

Ogni cosa è Dio e Dio è in ogni cosa.

Il Dio è nel tutto ed il tutto è in Dio.

Dio è un oceano infinito, ogni goccia del quale è presente in ogni cosa esistente.

Così l'insieme delle gocce forma l'oceano e l'oceano è presente in ogni cosa tramite le gocce.

Chi conosce la natura delle gocce conosce la natura dell'oceano, conosce l'oceano.

Quel che chiamate Volontà Divina è legge.

Conseguenza della legge è l'evoluzione.

La legge è come la condizione per la risoluzione del problema algebrico. L'entità dell'incognita deve soddisfare la condizione per poter soddisfare il problema.

Soddisfare o risolvere il problema è conoscere Dio.

Conoscenza del Dio significa conoscenza del tutto, ovvero uno stato particolare, comprensibile a noi solamente come stato di pienezza, in quanto lo stato di conoscenza è raggiungibile solo soddisfacendo la legge.

Pregando Dio, preghiamo per l'approssimarsi di questo stato; preghiamo chi è in questo stato, preghiamo la Divina Goccia che è una vera entità: Dio, la quale sta creandoci a questo stato.

Iddio è l'aleph e il tau, l'alfa e l'omega, l'a e la z, il bene e il male, lo spirito e la materia, il tutto nel tutto, tutto in Lui.

Il male personificato non esiste, colui che nega questo diviene necessariamente politeista. Satana personificato in angelo ribelle non può esistere, in quanto, torturando e punendo chi è andato contro Dio, servirebbe Dio e non sarebbe più ribelle a Lui.

Esistono invece due forze contrarie, che però non sono mai opposte: vengono chiamate bene e male e si possono raffigurare in natura anche nel regno vegetale ed animale. Ciò che assorbe l'uno è rilasciato dall'altro, ossia l'uno assorbe il carbonio e rilascia l'ossigeno, l'altro assorbe l'ossigeno e rilascia il carbonio.

L'assenza del male determinerebbe l'assenza della libertà, senza la quale non v'è coscienza.

Tale coscienza non si acquista fuggendo una di queste due forze attrattive, ma essendone consapevoli.

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Differenza fra concetto classico di "Panteismo" e "Dio Assoluto"

I filosofi definiti "panteisti" hanno affermato alcune cose che non sono state completamente capite; oppure ad arte sono state modificate per criticare, per demolire ciò che questi panteisti andavano affermando.

Volendo giudicare, non si potrebbe che vedere, invece, un aspetto positivo del Panteismo nel fatto che quel movimento rappresenta una tappa verso l'esatto concetto di Dio. Una tappa che, in sé , forse non è molto precisa, ma che pur tuttavia, vista e considerata nelle molteplicità delle sue fasi storiche, è di un certo valore.

Fra il concetto di Dio Assoluto ed il Panteismo le differenze sono abbastanza notevoli. Innanzi tutto i panteisti in genere non esprimono un concetto vasto di Dio.

Essi limitano la loro attenzione a quanto si poteva, allora, concepire: il mondo e poco più oltre. E dicono che questo mondo è "in Dio". Tutte le cose che fanno parte di questo mondo, fanno parte di Dio. Vi sono contrastanti pareri "sul modo" in cui questo mondo, queste cose, riescono a far parte di Dio.

Altri accennano al concetto che Dio sia in tutte le cose, però "come" Dio sia presente in tutti gli oggetti e nel mondo, resta un po' nebuloso.

In realtà, tutte le cose sono in Dio, e Dio è in tutte le cose, ma in questa seconda affermazione esiste una differenza, in quanto i panteisti limitano, in un certo senso Dio nelle cose. Invece nel dire: "Dio è presente in tutte le cose", non Lo si limita affatto. Non vi è una presenza materiale, è presente alla radice poiché la radice di tutto quanto esiste è Dio, è "in Dio". Ma Dio non è solo nelle cose, Dio è in tutto.

Un'altra differenza che esiste fra panteismo e Dio Assoluto sta in questo: i panteisti dicono che il mondo è in Dio. Ma Dio è "oltre" il mondo, Dio è nel Cosmo e il Cosmo è in Dio, anche se Dio sta al di là del Cosmo.

Non esiste nel Panteismo occidentale l'idea dell'Emanazione e del Riassorbimento; ma proprio per il fatto che il mondo e gli oggetti che sono nel mondo sono in Dio, questo mondo sarebbe nella durata "eterno". Questa è una differenza sostanziale in quanto sia gli oggetti che gli Universi, che il mondo, che il Cosmo sono in Dio, ma non hanno una durata eterna. Hanno un ciclo che va dalla loro emanazione al loro riassorbimento.

L'Assoluto è Colui che E'. Occorre comprendere profondamente il significato di queste parole. L'Assoluto non ha mai avuto inizio, né mai avrà fine. Nell'Assoluto tempo e spazio sono entità relative riferibili al Cosmo.

L'Assoluto è Vita ed Amore, e la conseguenza di ciò si chiama "movimento".

Come conciliare il concetto di "movimento" con l'Eterno Presente?

Natura dell'Assoluto è Vita ed Amore; conseguenza di questa Natura dell'Assoluto è il manifestare e riassorbirsi dei Cosmi. L'Assoluto, quindi, permea tutto, è il Tutto. Nell'Assoluto vi sono le Manifestazioni e le non Manifestazioni. Anche nel non Manifestato è egualmente la Natura dell'Assoluto; così come il Manifesto ha in sé  - alla radice e in ogni cosa, al centro ed alla circonferenza, e in tutto ciò che sta fra il centro e la circonferenza - la Natura dell'Assoluto, perché il Manifestarsi è Sua Natura.

Ogni Cosmo è indipendente, non comunica con altri Cosmi. Ogni Cosmo è circoscritto dal non Manifestato, è avvolto dal non Manifestato. Ma ciò non vuol dire che il Cosmo sia isolato dall'Assoluto; è nell'Assoluto e l'Assoluto è nel Cosmo, poiché alla radice, alla circonferenza e in tutto ciò che sta fra la radice e la circonferenza, fra il centro e la circonferenza, è l'Assoluto.

I Cosmi, quindi, hanno una comune base, ed è l'Assoluto.

Il Cosmo evolve; che cosa significa? Il Cosmo ha un inizio ed una fine. La teoria, dall'inizio alla fine del Cosmo, dalla manifestazione al riassorbimento, si chiama evoluzione. Ma l'Assoluto non ha né inizio né fine, né evoluzione. L'Assoluto non evolve.

Anche dopo il riassorbimento, qualcosa permane del Cosmo nel quale viviamo ed evolviamo. In ultima analisi, tutto quanto esiste in un Cosmo non è che Spirito.

Infatti, la materia del piano fisico è la condensazione dell'energia, o materia del piano astrale; l'energia - a sua volta - non è che una condensazione della mente, o materia del piano mentale, e così via fino ad arrivare allo Spirito. Così che nel Cosmo nel quale viviamo, tutto quanto esiste non è che una diversa conformazione, una diversa formazione dello Spirito, base comune di ogni materia, unica e sola e vera materia del Cosmo.

Al momento in cui il piano fisico viene riassorbito, sparisce la materia del piano fisico, spariscono le forme, le densità stesse di questa materia, ma non vi è nessuna distruzione, perché è come se un pezzo di ghiaccio, per l'alzarsi della temperatura, tornasse allo stato di acqua, perdendo così la sua forma.

Ciò che dalla manifestazione di un Cosmo nasce, sviluppa, evolve, ed in questa manifestazione del Cosmo si identifica in Dio e con Dio, nell'Assoluto, non muore; non svanisce, anche se i veicoli di questa nascita, di questa evoluzione, avranno seguita la sorte delle materie che componevano quel Cosmo. Ecco perché , "oltre" il riassorbimento del Cosmo, permane "qualcosa"; periscono le forme, le materie, i veicoli, ma ciò che si è evoluto, ciò che è nato, permane. Entra in diretto contatto con ciò che lo rende immortale.

Nell'Eterno Presente non vi è né prima e né dopo; niente può essere aggiunto o tolto dall'Eterno Presente, eppure un Cosmo che è in Dio, che è in questo Eterno Presente, ha un inizio ed una fine. E si svolge, evolve, secondo un preciso piano divino che, in effetti, non è che l'attuazione di una Natura Divina.

Oltre il riassorbimento che cosa "rimane"? Le materie che componevano il Cosmo ritornano laddove "mai" si sono staccate. Se noi, ad esempio, ci interessiamo della materia fisica allo stato atomico, vediamo che questa materia è quella che è, e rimane essenzialmente e strutturalmente quella che è, qualunque forma componga. Se fissiamo la nostra attenzione sull'elemento chimico acqua, constatiamo che è sostanzialmente e strutturalmente identico sia che si trovi allo stato gassoso che a quello liquido o solido. Così è di ciò che "compone" materialmente il Cosmo. Alla radice, sostanzialmente e strutturalmente, è sempre lo Spirito. E' sempre ciò che è "al di là" del Cosmo; che è nel Cosmo, nel Manifestato e nel non Manifestato. Che permea il tutto, perché è il Tutto.

Si chiama Spirito quando a questo "quid" si vuol dare qualche significato, si vuol dire qualcosa che possa farci intendere una struttura, un'ossatura, una base del Tutto; si chiama Assoluto quando vogliamo intendere un qualcosa che comprenda in S‚ il Tutto, e non come quantità, ma come "sentire", come Amore e Vita. Perché il dire: "L'Assoluto è il Tutto,  e tutto è nell'Assoluto", non è un concetto che voglia significare unicamente la vastità di questo Assoluto che E' il Tutto e che tutto contiene, ma è - soprattutto - un concetto che vuol significare la vastità del "sentire" dell'Assoluto; il che è molto importante per non scivolare da questa enunciazione del Tutto, verso un concetto filopanteistico, oppure in una concezione dell'Assoluto come una sorta di meccanismo messo in moto, insensibile, che continua a muoversi, tutto manifestando e riassorbendo, per una sorta di automatismo.

La Realtà è "ciò che E'". La Realtà Assoluta è Dio.

La Realtà Assoluta è "oggettiva". Mentre esiste anche una realtà soggettiva ed è la realtà che l'individuo acquisisce in un determinato periodo della sua evoluzione.

La Realtà Assoluta, essendo Dio, è infinita, illimitata, immutabile, onnipresente e onnisciente. Questa Realtà Assoluta non è dall'uomo compresa in una sola volta; possono essere viste alcune parti di questa Realtà - per così dire - ognuna delle quali "è reale" non meno di tutta la Realtà completa. Però queste parti possono essere acquisite dall'individuo non esattamente.

Di una stessa Realtà, facente parte della Realtà Assoluta, due osservatori possono dare due diverse interpretazioni: accade quindi che questa Realtà, al quale fa parte della Realtà Assoluta, diventa per questi due individui "soggettiva".

Però esiste "un qualcosa" il quale, per Sua Natura, se per assurda ipotesi fosse "visto", non darebbe adito a false interpretazioni, e questo è lo Spirito.

Che cosa vuol dire ciò? Lo Spirito, essendo Unico, come numero Uno, se visto, non può mostrare diverse facce.

La Realtà è complessa, è vastissima, infinita e può mostrarsi in varie parti costituenti, per cui colui che  la vede (a parte l'errore di interpretazione che dà adito ad una verità soggettiva) può vederne una parte sola e non la Realtà nella sua completezza. Mentre lo Spirito, essendo Unico, non può essere scisso in parti costituenti.

Per fare un esempio, prendiamo un cubo colorato di un colore non ben definito. Fra più osservatori possono esistere alcuni i quali possono vedere e definire quel colore in modo diverso da altri. Semplifichiamo: togliamo l'incertezza relativa al colore, poniamo che sia bianco. L'incertezza diminuisce; essendo il colore più definito, l'incertezza non sussiste più.

Fra gli stessi osservatori vi può essere qualcuno il quale dica che la figura non è geometricamente perfetta; allora noi semplifichiamo ancora, riduciamo il cubi a quadrato, cioè una figura che non ha più tre dimensioni, ma due dimensioni. Fra gli stessi osservatori può esistere ancora colui il quale abbia un'incertezza, e dica che il quadrato non è geometricamente esatto. Però la possibilità di falsa interpretazione sono diminuite, essendo diminuita la complessità della figura. Diminuiamo ancora le possibilità fino ad arrivare al punto geometrico: in questo caso il punto geometrico non può essere "visto" né rappresentato. Ma, per ipotesi, ponendo che si possa vedere un punto geometrico, le possibilità di false interpretazioni diminuiranno.

Ora: esiste una differenza fra Realtà e Spirito? Lo Spirito è Realtà, però lo Spirito non è "tutta" la Realtà; la Realtà è qualcosa che va oltre ancora lo Spirito. Lo Spirito, però, è la radice della realtà. Lo Spirito, benché sia la radice della realtà, non è la Realtà completa. La Realtà è Dio, cioè l'Assoluto, naturalmente la Realtà Assoluta. Lo Spirito è il numero Uno, la Prima Sostanza, ma non "tutta" la Realtà.

Dio è il Tutto, e quindi è lo Spirito ed è la materia; è l'energia ed è la mente. Lo Spirito, se vogliamo fare una scala, è ciò che "è più vicino a Dio"; è la porta attraverso la quale si passa per arrivare alla conoscenza di Dio e quindi, in un certo senso, è Dio privo di veli. Ma Dio è "oltre" lo Spirito; è lo Spirito e "tutto il resto".

Facciamo ancora un esempio: supponiamo di essere in un mondo fatto di ghiaccio. Lo Spirito sarebbe l'acqua che compone il ghiaccio, e quindi radice di questo mondo. Ma il mondo è "tutto"; è l'acqua, è il ghiaccio, ed è tutta la "realtà" che è espressa da questo mondo di ghiaccio.

La Realtà Assoluta può essere sperimentata solo da chi si è identificato con l'Assoluto. Questi non è più "soggetto", ma in questa comunione "sente" ed è il Tutto. L'identificazione con l'Assoluto non vuol dire però annichilimento, bensì sentire il Tutto con una vivezza indescrivibile. Colui che si identifica con l'Assoluto, oltre la coscienza cosmica, nella coscienza Assoluta, è l'Assoluto. E se qualcosa fluisce dell'Assoluto, fluisce da lui; e se qualcosa dall'Assoluto deve venire agli uomini, può venire da lui, senza che per questo si debba dire che le leggi sono insufficienti. Chi si identifica nell'Assoluto, diviene egli stesso "la legge". Chi si identifica nell'Assoluto, può essere un canale attraverso il quale giunge qualcosa all'uomo, senza che in quest'opera vi sia un fattore personale. Diventare strumento della legge ed essere la legge stessa. Occorre solamente riuscire a capire che chi è giunto alla massima evoluzione, all'identificazione con l'Assoluto diviene "uno" nel "Tutto", e quindi diviene la legge, diviene l'Amore. E' la Vita, è il Tutto

 

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L'Assoluto è il Tutto, ma è, anche, l'"uno". L'Assoluto non è rappresentato dalla totalità delle cose, ma trascende questa stessa totalità. Il Tutto è nell'Assoluto, l'Assoluto è il Tutto ed è nel Tutto: l'"Uno dai mille volti". L'Assoluto non è una Realtà che comprende in S‚ infinite realtà a sé  stanti, cioè una Realtà fredda, una Realtà che risulta dalla somma del Tutto. No. "E' la totalità del Tutto, ma è l'Uno".

 

E' l'Assoluto Sentire, è l'Assoluto Amare, è l'Assoluta consapevolezza di Se stesso, è l'"immediato" Sentire di tutto ciò che è in Lui. L'Assoluta Consapevolezza del Manifestato e del non Manifestato. Egli quindi Sente, Vive, Ama in noi ed attraverso di noi. Egli è Sentimento, Amore, Vita, ma non come idee astratte, non come concetti idealizzati, ma come Realtà viventi del Tutto-Uno.

Nella preghiera rivolgiamoci all'Uno; ricordiamoci che Egli è presente in noi.

Ma quale senso ha quella preghiera fatta in conseguenza di un concetto errato di Dio, usando parole non acconce, usando termini che esprimono concetti all'opposto di quello che è Realtà? Il pregare, in qualunque forma, non è che un mezzo per destare nell'individuo uno stato d'animo tale da aprire nell'intimo del proprio essere un canale di comunicazione con il proprio Sè spirituale che è l'Assoluto stesso nell'Essenza, nella Sostanza e nella Realtà. Non è che un mezzo per volgersi a quell'Uno, che, essendo l'Infinita Presenza, tutto sente. 

E' un richiamare su di sé  un "qualcosa" che immancabilmente giunge: forse non giungerà nelle forme richieste, forse non avrà l'attuazione desiderata, forse non significherà soddisfacimento di un desiderio manifestato; ma è un chiedere a cui segue sempre un dare. Niente può esservi che da Lui sia ignorato, neppure la stravagante o rozza offerta che a Lui possa rivolgere un selvaggio. "Bussate e vi sarà aperto. Chiedete e vi sarà dato". In questo immenso Tutto-Uno, là dove in proporzione un microscopio nulla chiede, là si desta, vibra, vive qualcosa: è un'anima che invoca; ed ecco che da questo infinito Tutto-Uno, per questo piccolo e pur sempre udito richiamo, ad essa giunge una divina risposta. Questo, in effetti, è il valore della preghiera nel concetto del Dio-Uno-Assoluto.

Tutto quanto di strano possa l'uomo fare, tutto quello che egli possa costruire spinto dalla sua religione, ha un solo significato che non sta nell'esteriore, che non sta nell'errato esprimere o nell'espressione di un errato concetto; ma sta unicamente "in questo alzare gli occhi al cielo" dell'uomo, che è un moto in se stesso errato perché Iddio è in ogni luogo e, prima ancora di tutto, in noi stessi, ma che sta a simbolizzare, a significare il volgersi dell'individuo al Tutto-Uno laddove è la sua meta, è il suo destino, la ragione della sua vita. Questo significa e per questo ha valore la preghiera.

In questo immenso Tutto-Uno, nel Manifestato e nel non Manifestato, ed in seno alle Manifestazioni, ai Cosmi, dove tutto è regolato, dove nulla va perduto e quindi laddove non sembra avere posto la preghiera formalisticamente concepita, là un semplice pensiero rivolto all'Uno è tanto forte, è tanto efficace, che è "percepito". Ed è tale la Consapevolezza dell'Assoluto, ed è tale il Suo Sentire l'Amore - perché Egli è il Sentire stesso e l'Amore stesso - che questo quasi inavvertibile richiamo "è udito".

 

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 Il male

Affrontiamo con l'obiezione che scaturisce in chi, conoscendo il male del mondo, non riesca a comprendere come questo male - al pari di tutte le cose - sia nell'Assoluto; e come dall'Assoluto e nell'Assoluto siano emanati i Cosmi che sono "relativi".

Per definizione stessa l'Assoluto è il Tutto: il Manifestato e il non Manifestato; tutto quanto in questo Cosmo esiste sentimentalmente, mentalmente, sensazionalmente, fisicamente è nell'assoluto. Ma Dio trascende la totalità del Tutto: Egli è l'Uno-Assoluto. "Tutto quanto è in Lui" non può che essere "relativo", essendo "una parte del Tutto". Il male, quindi, è relativo, ed è del relativo. Il male, come ogni altra bruttura, per quanto orribile possa essere, "fa parte del Tutto", come il relativo è nel Tutto, "ma ciò non vuol dire che faccia parte della Natura di Dio, perché Egli è l'Uno-Assoluto che trascende la totalità delle cose".

Dio, che è l'Eterno Presente e l'Infinita Presenza, conosce tutte le cose prima ancora che queste siano conosciute ed operate dall'uomo.

L'individuo che, attraverso ai millenni, forma la propria coscienza e nasce spiritualmente, concepisce tutte le brutture possibili fino a che la sua coscienza non è

abbastanza formata da condurlo all'identificazione con Dio, cioè renderlo partecipe della Natura Divina. Ed è logico che sia così. Il male, pur essendo concepito solo da chi non ha compreso la Realtà del Tutto, è un fattore dell'evoluzione individuale. "Non è condannabile il fiore che ancora non è sbocciato". Ecco perché la giustizia di Dio sarebbe inconcepibile senza la Sua Misericordia. La nascita spirituale dell'uomo comprende la fase in cui egli, sentendosi separato e distinto da quanto lo circonda, nella sua mente concepisce il male, proprio perché non comprende la Realtà. Ma per comprenderla egli deve compiere il cammino dell'evoluzione nell'irreale mondo della separatività. Infatti è proprio dagli effetti che l'uomo subisce avendo concepito il male, che egli prende cognizione di che cosa sia il male e corregge così la sua natura interiore, fino a riconoscersi uno col Tutto ed a trasfondere in essa l'Amore divino.

Allora dite: "Tutto è nel migliore ed unico modo possibile", non sonerà più come conforto e controsenso, ma svelerà il vero significato che sta oltre ciò.

Ogni umana vicenda sembrerà lontana perché il suo insegnamento, importantissimo per chi da questa deve trarre esperienza, sarà cosa superata. Il fiore sarà allora sbocciato: l'uomo calcherà un nuovo cammino non più inconsciamente, ma sicuro di procedere verso la sua vera Meta: il Principio e il Fine del Tutto.

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La legge di evoluzione, l'evoluzione spirituale, è una Verità che non è soggetta a verifiche fino a che si comprende che lo spirito non può evolvere. Generalmente è accettata dai più, perché ... riscatta il mondo quale è; si dice che gli orrori, il sangue, tutto quello che arreca dolore all'uomo, esistono perché gli uomini non sono evoluti, ma quando lo diverranno il mondo tornerà ad essere il biblico. Eden. Accettare l'evoluzione per il suo lato accomodante, la rende oleografica e bisognosa di essere contestata. Non solo, ma l'evoluzione spirituale è intesa, dagli spiritualisti, come appartenente ad una visione dell'Esistente fatta dal punto di vista del "divenire": è il classico "divenire", divenire in meglio.

Quando vi parliamo della differenza che esiste fra "divenire" ed "essere", voi non ricordate che su questo argomento ci sono state perfino delle scuole filosofiche meravigliose degli antichi filosofi, per esempio la Scuola Eleatica! Parmenide, Zenone...Melisso... i quali, un po' per intuizione e un po' perché avevano ricevuto una tradizione orale che veniva dall'Egitto, e ancora dalla Siria, dalla Babilonia e persino da Atlantide, avevano capito che la Realtà non può che identificarsi nell'"essere" e che il "divenire" che osserviamo nel mondo che ci circonda, scaturisce da una falsa testimonianza dei nostri sensi. Perché le critiche che si possono fare al pensiero degli antichi filosofi in questo senso possono essere rivolte a capire unicamente e solo i sistemi da loro pensati per conciliare il "divenire" con l'"essere", ma non l'idea centrale che la Realtà si debba identificare con l'"essere".

Per esempio gli "Atomisti" dicevano che l'"essere" è indivisibile - appunto l'atomo - e che il "divenire" risulta dalla combinazione degli atomi da cui appunto scaturiscono le differenti materie con tutte le loro trasformazioni; non accorgendosi che in questo modo riducevano l'"essere" alla radice delle cose e davano al "divenire" una stessa realtà.

Evolvere non significa "divenire", ma è il manifestarsi, in successione, di differenti "sentire" corrispondenti a tanti "stati di essere". E' fondamentale capire ciò. Se l'uomo evolvesse nel senso del "divenire" non giungerebbe mai ad identificarsi in Dio; un tempo perpetuo non basterebbe a comprendere l'Infinito. E se evolvere significasse "perpetuo divenire", allora Infinito dovrebbe voler dire: spazio senza limite ed eterno tempo senza fine.

Dio può essere concepito in vari modo: come causa ed origine del Tutto, come ordinatore di un caos preesistente, come Essere da cui traggono origine tutti gli altri "esseri", come Essere immanente nella Realtà esistente e via via. Fra tutte le concezioni valide, serie, di Dio, esistono dei punti di contatto; questi punti sono costituiti dai caratteri che si riconoscono a Dio e cioè: il carattere di Assoluto, Infinito, eterno, Immutabile. Ammettendo uno di questi caratteri, non possiamo non ammettere gli altri perché è dire la stessa cosa: cioè non posso pensare ad un Dio Assoluto, senza pensare che sia Infinito, o non ammettere che sia Eterno; allo stesso modo non posso credere che Dio sia Eterno - cioè senza tempo, perché "eterno" significa questo - senza ammettere implicitamente che Dio è immutabile, perchè sarebbe una contraddizione in termine pensare a Dio Eterno che mutasse.

Per noi Dio è il Tutto-Uno-Assoluto che è e ciò significa appunto fra l'altro che Dio è Eterno Infinito ed Immutabile. Dio solo è la realtà totale, la Realtà assoluta e solo Dio è uguale a se stesso. L'emanato, pur essendo parte di Dio in Dio, proprio perché parte non è la Realtà totale, non è Assoluto quindi è relativo. Il tempo e lo spazio appartengono all'emanato, quindi sono relativi. Osservando l'emanato noi lo vediamo in continuo mutare, in continuo trasformarsi. Ora se questa mutazione fosse reale, Dio intero muterebbe e non sarebbe più immutabile e non sarebbe più eterno, più assoluto. Dunque deve trattarsi di un "apparire" ma non "essere"; ora questo apparire ma non "essere" come appare, corrisponde esattamente al contrario di ciò che noi abbiamo definito Realtà (la Realtà è ciò che è e non ciò che appare); per cui possiamo concludere che il mutare, il divenire, sono illusori e se la Realtà è - e non può essere diversamente - senza durata, l'illusione suo contrario - che non significa opposto - finisce.

L'illusione quindi, che sarebbe l'apparenza di una realtà parte della Realtà totale, finisce. Sicché il mutare, il divenire, il tempo, lo spazio e il trasformarsi non relativi, illusori e finiscono. E non potrebbe essere diversamente! Un tempo ed uno spazio non esistono possono non esistere limiti ad essi, perché tempo e spazio sono il risultato di limiti e nono possono esistere senza di questi.

Quando noi diciamo che il Cosmo, che è relativo, dura in eterno, non intendiamo dire che l'illusione del "divenire" nel Cosmo non abbia fine, ma che il Cosmo nell'Assoluto non può avere un reale inizio né una reale fine. Il Cosmo esiste in Dio in tutte le sue fasi di manifestazione, dall'inizio alla fine nell'eternità del non tempo. Perché un "divenire" che duri un tempo perpetuo, cioè che abbia avuto un inizio e non abbia una fine, è doppiamente impossibile: primo perché un tempo senza fine non può esistere; secondo perché, in ogni caso, dovrebbe trattarsi di un reale "divenire" che è inconciliabile con l'immutabilità di Dio.

Non si raggiunge mai un "nuovo essere" col "divenire". L'"essere" è del "sentire", della coscienza: per voi, del corpo akasico; il "divenire" è il corpo mentale. Voi potreste conoscere tutte le cose che conosce un Maestro, ma questo solo non vi renderebbe tali.

Solo il "sentire" appartiene alla realtà dell'"essere".

Così, quando osserviamo un'esistenza individuale nelle sue fasi comprese dal selvaggio al superuomo, noi non osserviamo un selvaggio che "diviene" superuomo, ma osserviamo le molteplici fasi di esistenza, cioè di "essere" di quella individualità.

Quando diciamo che l'individuo evolve, non intendiamo dire che l'individuo "diviene". Un'esistenza individuale è già tutta completa in sé , niente può aggiungersi ad essa. Così evolvere non può significare "crescere" ma può voler dire solo che i differenti "sentire" di quella individualità si manifestano, vivono l'attimo eterno dell'esistenza. Ciò è incomprensibile se si crede che l'emanato si sviluppi in un tempo oggettivo staccato da Dio vivente una Realtà senza tempo. ecco l'errore fondamentale che ha afflitto le teologie di tutti i tempi e di tutti i popoli. L'emanato fa parte integrante di Dio, la sua esistenza fa parte dell'esistenza di Dio! ecco perché non può esservi un reale "divenire" nell'emanazione.

Comprendo la vostra difficoltà ad afferrare questi concetti; il mondo che voi osservate è un mondo che sembra in continuo divenire, la realtà che cade sotto i vostri occhi vi pare una realtà che continuamente divenga; ma dovete tenere presente che questo è quello che appare, non quello che è.

La Verità è che voi non osservate un mondo che "diviene", ma è che voi avete una visione dinamica di un mondo statico. Non è la pianta che cresce, che continuamente "diviene", che non è più quella che era, ma siete voi che ne osservate in successione le fasi di esistenza, voi che credete che le fasi già osservate non esitano più. Errore! Esistono nell'eternità del non tempo!

Abbiamo cercato di farvi capire che la Realtà è tutta diversa dall'apparenza, che il mondo che cade sotto i vostri occhi è un mondo immobile, statico. Cerchiamo di farvi capire che la Realtà non è una che "diviene" ma una costituita da molte che sono.

L'illusione del movimento è originata dalla natura del "sentire individuale", ma - per comprendere ciò - dobbiamo renderci conto una volta per tutte che noi non siamo creati nel senso generalmente accettato, cioè che Dio ci abbia tratti da Se stesso in Se stesso, ad un dato punto, o momento, della Sua Esistenza senza tempo. Credere a ciò è quanto meno singolare se si riconoscono a Dio i caratteri di Assoluto Infinito Eterno Immutabile. Dunque, noi esistiamo in Lui in eterno e possiamo considerarci Suoi figli solo nel senso che facciamo parte di Lui, della Sua Natura; che siamo una conseguenza della Sua Esistenza. Solo in questi termini noi discendiamo da Lui.

Egli è la Realtà assoluta. Egli E', Egli disse, Egli è "sentire assoluto".

Che cosa è lo "spirito"? E' l'essenza del Tutto, è l'essere del Tutto, è l'esistere del Tutto, è il sentire del Tutto, il Sentire Assoluto, inteso come "sentire" dell'insieme, comprendente il "sentire delle parti". Noi siamo il "sentire delle parti", che è un "sentire" relativo e molteplice. Il "sentire delle parti" nasce dall'illusorio frazionamento dell'Uno-Assoluto nei "molti".

Perché "illusorio"? Se questo frazionamento fosse reale, il Tutto non potrebbe esistere come Dio, allo stesso modo che un oceano considerabile come un insieme di gocce, non esiste più come oceano nel momento che in queste realmente lo si trasformasse. D'altra parte se non esistesse la molteplicità, il "sentire assoluto" non sarebbe tale, ma sarebbe un "sentire" unico e solo monolito.

Ma come potrebbe, in questa molteplicità, mantenersi l'unità di Dio se ogni "sentire", dal più semplice al più complesso, non fosse unito all'altro? E come potrebbe realizzarsi questa unione, questa continuità se non col fatto che il "sentire" più complesso comprende il più semplice?

Serie di "sentire", dal più semplice al più complesso, sono le individualità. Ma poiché il "sentire" più complesso comprende il più semplice, nell'individuo inteso come momento di questa serie - cioè in noi quali ci sentiamo - nasce l'illusione di provenire "da" di tendere "a", cioè l'illusione dello scorrere; ma poiché i "sentire" più complesso è il "sentire assoluto" che riassume e comprende in sé  ogni "sentire" fino ai più semplici, questa illusione sfocia nella Realtà di dio.

Noi quali ci sentiamo, quali crediamo di essere, esistiamo solo nell'illusione, nell'illusione della separatività.

In Realtà esiste solo Lui. Ma poiché Lui è "sentire assoluto" che comprende e riassume in Sé ogni "sentire" ciò garantisce che la nostra esistenza non finisce col finire dell'illusione.

Il fatto che il "sentire" più complesso comprende il più semplice, genera nell'individuo l'illusione di provenire "da" e di tendere "a" e nella sua mente l'illusione del divenire, ma è lo stesso fatto che realizza l'unità del Tutto unendo, come un filo, tante perle in collane, "sentire" elementari corrispondenti a sensitività di piante e di animali, a "sentire" più complessi corrispondenti a visioni limitate e circoscritte della Realtà come sono nell'uomo, e poi a "sentire" sempre più complessi corrispondenti a visioni sempre più ampie e poi a "comunioni" sempre più estese fin oltre l'ultimo scorrere, l'ultima separazione: l'identificazione in Dio.

Come il selvaggio non diviene Santo, ma l'uno e l'altro fanno parte di una stessa individualità, così noi quali ci sentiamo, quali crediamo di essere, non comprenderemo mai Dio, ma facciamo parte di un'esistenza che in Lui si identifica. Il rapporto che esiste fra la nostra individualità e Lui, e come il "sentire dell'individualità" è il "sentire" tutti i sentire individuali al di là della successione, così il "sentire assoluto" comprende il sentire di tutte le individualità al di là della separazione.

Ma il vero senso di queste parole traspare se si comprende che in Lui non può esservi distinzione: "io"-"non io". Che in Lui non può staccarsi o giungere  tornare qualcuno perché Egli è in Realtà Eterno ed Indiviso Essere.

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Come spiegare più chiaramente ciò, Padre? Questo Tuo essere tutti noi che ci conduce a riconoscerci in Te? Come dirlo, se nel momento che Ti chiamo, o quando Ti penso, non chiamo Te e non penso a Te perché Tu non sei quello che riesco a pensare? Le parole non servono, perché appartengono ad una mondo che si fonda su ciò che sembra e Tu Sei. La nostra mente ci fa credere un "io" separato e Tu sei un Tutto-Uno-Assoluto. Il  nostro sentimento ci assoggetta all'illusione del trascorrere e Tu sei la Realtà che non conosce sequenza.

Come avvicinarsi a questa Realtà, se non abbiamo il coraggio di rinunciare a credere che l'"io" sopravvive? Noi quali si sentiamo non siamo immortali, la nostra consapevolezza finisce per lasciar posto ad un'altra più grande consapevolezza, fino a che sentiamo che Tu solo esisti, che Tu solo sei la Realtà. Ma neppure questo è l'ultimo "sentire", è l'ultimo dell'illusione.

Oltre, è l'Eterna Realtà del Tuo Essere, di fronte alla quale solo il silenzio è giusta voce.

 

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