Materiali / Articoli |
MUSEO ROSENBACH:
APERTURA CON "ZARATHUSTRA"
di Manuel Insolera (da Ciao 2001 n. 35 del 2 settembre 1973)
Dopo l’esplosione di gruppi come il Banco del Mutuo Soccorso, la Premiata Forneria Marconi, gli Osanna e le Orme, ci aspettava con interesse una nuova ondata di gruppi italiani, capaci di consolidare e chiarificare maggiormente la tradizione ancora giovanissima di un autentico pop italiano. Gruppi come il Balletto di Bronzo, i Saint Just, la Reale Accademia di Musica e altri hanno fortunatamente cominciato a confortare questa speranza, per la quale oggi si può sicuramente contare su un nome in più: il Museo Rosenbach. Questo gruppo si è formato recentemente, nel 1972, dalla fusione di tre complessi locali: uno di Bordighera (da cui provengono il bassista, il batterista e l’organista), uno di Sanremo (da cui proviene il chitarrista) e uno di Genova (da cui proviene il cantante). Le prime apparizioni del gruppo continuarono a verificarsi nella Liguria; nel marzo del 1972 i ragazzi suonarono al Palasport di Genova come gruppo spalla dei Delirium e dei Ricchi e Poveri. Nel frattempo, essi cominciavano a maturare definitivamente quelle che sarebbero diventate le principali linee conduttrici del loro attuale discorso musicale: dopo le prime esperienze improntate a un rock duro e un po’ di maniera, sulla scia degli Uriah Heep, essi cominciarono a meditare maggiormente sugli apporti che ogni singolo componente poteva dare al gruppo, e sul modo più giusto e nuovo per poter amalgamare questi apporti. Ne risultò un rock meno aggressivo degli inizi, anche altrettanto vitale, temperato da influenze classicheggianti e arricchito da spunti melodici. In questo periodo vennero messi a punto i due brani “Della Natura” e “Dell’eterno ritorno”, che sarebbero stati in seguito inclusi nel loro primo album. Con il repertorio completamente rinnovato, dunque, il gruppo partecipò al concorso “Estate insieme 1972” e vinse l’eliminatoria, anche se non poté partecipare alla finale a causa di impegni presi in precedenza. Durante l’autunno del ’72, rinchiusi in una vecchia discoteca adibita a sala di prove, i ragazzi misero definitivamente a punto la “suite” di “Zarathustra”, che costituisce attualmente il punto di forza del loro discorso espressivo. Subito dopo, il Museo Rosenbach firmò un contratto discografico con la Ricordi, rinchiudendosi immediatamente in sala di registrazione, per la lunga e accurata preparazione del loro primo album, sotto la supervisione generale dell’onnipresente Angelo Vaggi, che nel disco ha collaborato anche al moog. “Zarathustra”, il primo album del Museo Rosenbach, è uscito qualche mese fa, ed è un ottimo inizio per un gruppo che può darci ancora moltissime sorprese. Un rock d’avanguardia, raffinato e corposo, sostituisce la struttura portante di una complessa ma comunicativa intelaiatura ove coesistono, originalmente amalgamate, preponderanti componenti classicheggianti (riattualizzate dall’uso modernissimo che viene fatto delle tastiere, dall’organo al piano elettrico al mellotron al moog), le quali a loro volta vengono interpolate da suggestivi e frequenti momenti melodici intelligentemente vicini alla migliore tradizione italiana. Dal punto di vista tematico, il disco intende ricollegarsi alla antichissima figura del predicatore orientale Zarathustra, recuperato simbolicamente dal filosofo Federico Nietzsche nella sua famosissima e ideologicamente controversa opera “Così parlò Zarathustra”. I componenti del gruppo sono: Giancarlo Golzi (batteria e percussioni), che con Enzo Merogno (chitarra) appare più legato a influenze marcatamente rockistiche; Alberto Moreno (basso e pianoforte) e Pit Corradi (mellotron, organo, piano elettrico) sono invece più vicini alla nuova scuola inglese dei King Crimson, Genesis, Gentle Giant di marca impressionistico-decadente; Stefano Glifi (canto) è invece interessato alle coralità del pop-jazz americano alla Chicago Significativo, inoltre, il fatto che tutti i ragazzi pongano il Banco del Mutuo Soccorso al vertice delle loro preferenze in campo nazionale. Durante un breve passaggio a Roma del Museo Rosenbach per registrare una puntata di “Per Voi Giovani”, ho avuto modo di incontrarli e di porre loro qualche domanda. D.:
Cosa c’è di vero nella recente polemica con la Rai a proposito del
vostro disco, che sarebbe stato definito “fascista”? R.: E’ un grossissimo equivoco che ci ha molto dispiaciuto, visto anche il fatto che il nostro orientamento politico è tutt’altro che vicino a quelle posizioni. L’equivoco è forse nato dal nostro richiamarci alla filosofia di Nietzsche: ma Nietzsche è stato completamente travisato da coloro che vi si sono tristemente ispirati in senso politico; in realtà per superuomo Nietzsche intendeva l’uomo che recupera i significati più profondi della natura, e che a contatto con essa riesce a purificarsi dall’ipocrisia umana; non certo quindi, un superuomo in senso razziale. Ed è proprio a questa interpretazione diciamo così “ecologica” di Nietzsche che noi intendiamo ricollegarci. D.:
Ascoltando il vostro album, ho notato alcune affinità nel modo di
strutturare il discorso musicale con il Banco del Mutuo Soccorso: è un
fatto soltanto casuale? R.: A noi tutti il Banco piace molto, ma tieni presente che molti brani del disco erano già pronti prima che noi potessimo sentire il Banco. Se c’è qualche affinità, evidentemente essa risiede soltanto nell’ambito della ispirazione creativa. D.:
Ci sono delle particolari difficoltà per un gruppo che inizia la
propria carriera? R.: Sì, diverse; la più importante, però, è l’inesperienza tecnica con la quale un gruppo si appresta alla registrazione del suo primo disco. Noi siamo stati aiutati da degli ottimi tecnici, ma personalmente l’ignoranza delle tecniche di registrazione è stata comunque un osso duro da superare. Adesso, comunque, non ci sono più problemi. D.:
Come componete i vostri pezzi? R.: E’ Alberto che compone i brani; in seguito, tutti noi collaboriamo a definirne le orchestrazioni e gli arrangiamenti. D.:
Quali sono i vostri prossimi programmi? R.: Abbiamo cominciato a pensare al disco nuovo. Inoltre, stiamo preparando un allestimento teatrale, recitato e cantato, di “Zarathustra”, che dovrebbe essere pronto per il prossimo autunno. Ci sarà rappresentato tutto il nostro modo di intendere la musica, la vita; come è scritto sulla copertina del nostro disco: “Il Museo è aperto tutti i secoli e a tutte le illusioni ma non E’ MAI”. Manuel Insolera
|