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MAURO PELOSI: UN BALLERINO TRISTE

di Fiorella Gentile (da Ciao 2001 n. 8 del 24 febbraio 1974)

 

 

SERISSIMA PREMESSA D’INTERVISTA

Se dovessi tracciare il denominatore comune di tutte le mie canzoni, direi che  si tratta di qualcosa di esistenziale, politico solo nel senso di molto attento alla vita. Non mi piace affatto parlare di messaggi, non ho né pretesa né velleità di “istruire” gli altri. Se fossi un uomo politico direi: “Dovete sapere questo, quello, ecc.”, ma non lo sono, anzi detesto gli uomini politici. però non sopporto chi va in giro con il paraocchi; e l’unica cosa che vorrei è che gli altri, solo per se stessi, imparassero a leggere dentro di sé. E questa non è filosofia… né politica in senso stretto. Essendo un pessimista non credo nella politica, figuriamoci poi messa in musica!

 

SERISSIMO SVOLGIMENTO DI UNA INTERVISTA

D. Analizziamo tutti gli aspetti del nuovo disco?

R. Sì, va bene. Si tratta, contrariamente a quello precedente, di canzoni non legate da un nesso specifico. Nel “Al mercato degli Uomini Piccoli” parlo dell'uomo comune, che viene considerato dagli altri con estrema superficialità, per quello che può produrre, più che per quello che è. E’ l’uomo della strada cui tu non interessi e che, d’altronde, non interessa neanche te. Se poi nasce un dialogo, in base alla macchina o alla ricchezza, al modo di vivere e alla sua disposizione di dare, sarà da te giudicato.

D. Insomma è il frustrato frustrante… in che misura si tratta di un pretesto culturale, in che misura è autobiografico?

R. Non è autobiografico, è un fatto che io rilevo nella realtà e denuncio nelle canzoni, Ci rientrano fatti banali come la solita questione del capelli lunghi, Ancor oggi trovare casa, avere la fiducia degli altri se nell’aspetto si è trascurati è un vero problema.

D. Come mai c’è tanta tristezza in tutti i tuoi brani e nelle musiche se non si tratta di fatti che ti toccano personalmente?

R. Perché io filtro soggettivamente dei dati oggettivi.

D. Hai curato maggiormente gli arrangiamenti? Cominci a dare maggiore importanza alla parte musicale?

R. Nelle rappresentazioni dal vivo no, perché mi sembra sia molto più suggestivo presentarsi al pubblico con la chitarra e cantargli delle canzoni. Il pubblico stesso mostra di gradirlo. Ma in sede di registrazione ho indubbiamente avvertito la necessità di migliorare il suono. C’è una vera i propria orchestra nel nuovo LP, ma non soffoca ma il carattere intimistico. Pierazzoli, l’arrangiatore di Paoli, ha curato magistralmente i brani; io stesso, che da cinque o sei mesi mi diverto a suonare il piano, ho potuto aggiungere delle soluzioni. Logicamente però non mi sono permesso di suonarle perché non sono ancora all’altezza di farlo. Ci sono molti violini, l’unione del basso sui bassi del piano, per dare una maggiore sonorità… Insomma una piccola rivoluzione, anche se l’effetto finale può sembrare non discostarsi eccessivamente dai precedenti.

D. Io penso che tu, come altri che fanno musica del genere, più che musicista vero e proprio o cantante, sei da considerare un personaggio, anche se non nel senso tradizionale. Uno, cioè, che fa le sue cose distinguibilissime dalle altre. Ora, come mai questo tuo interesse per il piano, per le sonorità nuove, ecc.?

R. Mi appassionano istintivamente. In sala d’incisione mi chiamavano “il rompiscatole”. Sta all’artista fare del suo meglio perché il disco sia fatto bene. Casa discografica e tecnici se ne fregano.

D. In quanto tempo hai registrato?

R. Una settimana. Le canzoni sono come un quadro, di cui principalmente mi interessa il contenuto. Però di recente ho cominciato a curare che abbia una bella cornice, che sia messo nella stanza giusta…

D. Di quali canzoni dell’album preferisci parlare?

R. Be’, di quelle meno accessibili. Non so, di “Un Mattino”, o di “Ti Porterò Via”. La prima è una canzone che definirei psicoanalitica, anche se il termine non è esattissimo. Parla di un mattino in cui stai molto giù, ti alzi, esci, vedi il mondo sempre uguale e, disgustato, te ne torni a dormire. Piove, c’è una atmosfera triste e quasi te ne compiaci. Non riesci a riaddormentarti e sembri fare apposta a cercare i ricordi che più ti fanno male.

Parla insomma del masochismo presente in tutti noi. “Ti Porterò Via” è d’ambientazione fantastica; i due personaggi vivono in un mondo in cui l’amore è considerato alla stessa stregua dei reati, della droga, ad esempio. Chi ama viene perseguitato perché, se il suo è un sentimento profondo, egli tenderà a disinteressarsi di tutto il resto e a produrre di meno. I due processati parlano e sognano di un mondo migliore. Gli altri brani sono di interpretazione abbastanza semplice.

D. Secondo te com’è attualmente la situazione cantautori in Italia?

R. La produzione dei cantautori è logicamente molto legata ai testi e si sta cercando di non scrivere più sciocchezze. Se anche si parla d’amore, che essendo un sentimento universale è anche eterno, lo si fa in modo nuovo e mi sta benissimo.

D. Ti spiace farmi dei nomi?

R. Più di tutti mi interessa Claudio Lolli; poi Sorrenti, se non esagerasse, come fa spesso. Venditti, anche se è accusato di fare cose commerciali.

D. E De Gregori?

R. Lo trovo troppo sovrastrutturato. Credo che abbiamo differenti modi di intendere le cose. Io sono convinto che anche le cose più difficili possono dirsi con termini estremamente semplici.

D. Tu credi che un artista debba ascoltare la musica degli altri perché il suo prodotto possa essere una sintesi, seppure personale; oppure credi sia meglio che non senta altri per non lasciarsi influenzare, come sembrano pensare alcuni artisti che non conoscono niente della produzione?

R. Sono dell’idea che bisogna ascoltare molta musica.

D. Che aspetto ha un fan di Pelosi?

R. E’ un tipo normale, che ha superato l’adolescenza, ed ha una sensibilità e un senso di autocritica piuttosto accentuato.

D. Pelosi che tipo ci pubblico preferisce?

R. Quello che non segue la musica per moda…

D. Ma Pelosi fa o no parte della moda?

R. Forse in un certo senso sì, rientrando nella schiera dei cosiddetti cantautori impegnati…

D. Sei stato ad Under 20: che ne dici?

R. C’è un clima di perfetta chiusura mentale, adatto alle brave massaie e ai padri di famiglia. Il pubblico è scelto tra gli ambienti bene: capello corto, vestito bello, cosicché risponda perfettamente al modello di studente ideale. I funzionai sono rigidi, tutti superuomini. Se sei importante, ti chiedono se ti è piaciuta l’inquadratura…

D. Insomma il mercato degli uomini piccoli?

R. Sì, neanche a farlo apposta…

D. E tu hai cantato proprio questa canzone, perché?

R. Si ha talmente poco tempo che il brano deve fare presa immediata musicalmente. In più questa canzone ha un testo molto complesso…

D. Per tirare le somme?

R. Per tirare le somme, dicono che le cose in TV stanno cambiando, ma, se continuano così, non credo sia possibile.

 

EPILOGO POCO SERIO ALL’INTERVISTA

D. Che impegni hai per il futuro?

R. Ba’, dovrei fare un film, poi… non… no sto scherzando. Solita routine di concerti.

Nel frattempo arriva l’amico (e collega) Soffiatti e invitato scherzosamente a dire qualcosa su Pelosi, ci racconta un fatto che, per dovere di cronaca, riporto alla lettera.

Soffiatti: la cosa che ricordo prima di Pelosi è… la sua donna, la prima che sia riuscita a portarmi su una pista da ballo. Eravamo al Piper. Incontro Ronnie Thorpe (della casa discografica di Mauro N.d.R.) che molto decisamente mi apostrofa: “vieni immediatamente a far ballare la donna di Pelosi, perché si sta annoiando a morte”. Ma io, veramente… potremmo fare due chiacchiere! “No, cavolo, mi scoccia. Vorrei che si divertisse e vuole ballare!”. Fu così che salii in pedana…

Pelosi: già, mi ricordo (diretto a me). Ma perché alle ragazze piece ballare e rompono sempre le scatole? Pensa che a Capodanno mi hanno trascinato a una festa; figurati me, col mio carattere…

Gentile: io credo che il movimento sia implicito nella musica. La musica è nata come ritmo prima che come melodia. Si vede che le ragazze, almeno in questo, sono più spontanee… e voi pieni di complessi come tanti Fracchia.

Soffiatti: Armstrong diceva che musica è quella che ti fa schioccare le dita, lo swing. E questo è già movimento… Ciò non toglie che “nun me piace ballà”…

Ho creduto giusto aggiungere queste righe perché le ritengo significative di tanti discorsi, ti tante parole. Il personaggio di Mauro, sempre triste e sempre cogitabondo, è fortunatamente solo una faccia della medaglia. Del disco “Al Mercato degli uomini Piccoli” ho fatto parlare Mauro stesso; vorrei, per una volta, non aggiungere personali e pretenziose considerazioni sul valore dell’LP. Mi ripropongo, nel caso, di farvelo ascoltare a Popoff, in modo che possiate giudicarlo da voi.

E mentre finisco di battere a macchina questo articolo, sta per esaurirsi la pila di dischi italiani ascoltati oggi, alla ricerca… del tempo perduto.

Tra le altre cose, c’è l’ultimo dell’Equipe 84… ma cosa sto scrivendo? Sto sbagliando articolo!

                                                                                                                                                                               Fiorella Gentile

 

 

Ciao 2001