Freccia-sx4.jpg (2157 byte)     La vita è bella
Origine: Italia - Anno: 1997 - Regia: Roberto Benigni - Soggetto e sceneggiatura: Roberto Benigni e Vincenzo Cerami - Interpreti: Roberto Benigni, Nicoletta Braschi, Giorgio Cantarini, Giustino Durano, Horst Bucholz
La storia
All’inizio sembra una delle solite allegre e surreali storielle di un burattino lunare, mezzo Pierrot e mezzo Pulcinella, costellata di gag e trovate farsesche. Ma ad un certo punto il film inverte completamente la rotta per subire una metamorfosi drammatica. Ecco allora i campi di concentramento nazisti, l’Olocausto, un papà che per evitare anche il più piccolo trauma al proprio figlioletto lo convince che la vita all’interno del lager altro non è se non un grande gioco con un allettante premio finale. Benigni assume l’atteggiamento del pifferaio magico che incanta il bambino per distoglierlo dagli orrori della guerra e del campo di concentramento. Alla fine il bambino si salverà grazie al sacrificio del padre.
Alcune note di commento
Il genere è quello comico. Apparentemente questo genere pare finalizzato a strappare la risata e a porre lo spettatore in una condizione di spensieratezza. In realtà raggiunge vertici artistici di riguardo solo quando il riso è intriso di tristezza o tenerezza oppure quando il riso è finalizzato a distruggere i "mostri" della vita o a far pensare ai grandi temi della vita, della morte, della fame, della miseria, ecc.
Questa volta gli ammiratori di Benigni – fuorviati anche dai traillers pubblicitari che si sono ben guardati dal rivelarne la vera identità - troveranno alquanto insolita la nuova performance, dove, anche se la forma rimane pressochè identica, cambia invece radicalmente la sostanza. In questo film di Benigni, a differenza dei precedenti – e qui sta la vera grandezza dell’opera - , c’è un racconto solido e vero, un riflessione seria sulla Storia. Il merito è da ascrivere allo sceneggiatore Vincenzo Cerami. Abbandonato il terreno della commedia degli equivoci (Johnny Stecchino, Il mostro) Benigni e il fedele sceneggiatore Vincenzo Cerami sperimentano nuove strade. Il modello al quale si fa riferimento è quello preferito da Chaplin (A conferma si ricordi la gag del cappello, così frequente anche in Charlot) che, per accentuare il contrasto tra innocenza e sopruso, sovrappone la vis comica ad un contesto drammatico. Insomma riso e pianto, come in Chaplin (Si ricordi la didascalia che appare all’inizio de Il monello: "un film che vi farà ridere e piangere"). La vita è bella ricorda in particolare Il grande dittatore (Il numero scritto sulla casacca di Benigni è lo stesso che Chaplin ha nel film Il grande dittatore del 1940) non soltanto per lo sfondo in cui si svolge, ma anche per il marcato divario fra un mondo di brutalità, di odio, di intolleranza da una parte e uno di gioiosa serenità, anche nei momenti difficili, dall’altra. Anche se evita il ricorso alla commozione facile e a scene madri, quando il film scopre le sue carte, la risata istintiva si attenua in sorriso e il sorriso è quasi sempre amaro.
Il film tuttavia è ottimista, pur terminando con una tragedia (La morte del padre), e il titolo significa che la vita comunque vince. Questa visione ludica della esistenza e la pedagogia dell’ottimismo sono in fondo il centro del messaggio del film di Benigni: un messaggio di speranza e di fede nell’uomo. Anche un messaggio d’amore: l’amore tra un uomo e una donna, l’amore del padre per il figlio.

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