Freccia-sx4.jpg (2157 byte)    I vestiti nuovi dell'imperatore
Regia: Alan Taylor – Soggetto: liberamente tratto da "The Death of Napoleon" di Simon Leys – Interpreti: Ian Holm (Napoleone), Iben, Hjejle (Pumpkin), Tom Watson (Gerard) – Origine: Gran Bretagna – Anno:2001 – Durata: 105’
Napoleone Bonaparte, relegato dalla storia sull'isola di Sant'Elena, architetta un complicato piano per fuggire da essa. Quali le motivazioni di questa ultima impresa? Sono l'ambizione e l'ostinazione, il desiderio irrefrenabile di tornare in sella al mondo, la certezza che un uomo della sua grandezza non può finire i suoi giorni in una sperduta isoletta dell'Oceano Atlantico. Forte di questa convinzione, il Corso che aveva tenuto le redini dell'Europa, fa sostituire la propria regale persona con un umile mozzo di terz'ordine, umile sì che però gli rassomiglia tanto da gabbare gli ingenui inglesi posti a guardia dell'Imperatore. Parte Napoleone, travestito da mozzo, su una nave diretta in Francia; parte cullando nuovi sogni di gloria e di grandezza. Ma l'arrivo in terra di Francia e l'evolversi del piano in maniera non prevista, farà fallire sul nascere le novelle imprese che l'Empereur aveva progettato. E qui si innesta e si sviluppa il dramma di un uomo che, destinato dal fato a comandare il mondo, deve scontrarsi con la realtà quotidiana di una famiglia umile, presso la quale ha trovato ricovero. Non ci sono eserciti da dirigere e condurre a gloriose vittorie, non ci sono truppe da arringare; i nemici sono il freddo e la povertà, l'indigenza e il bisogno. Magistralmente interpretato da Ian Holm - un gigante del cinema inglese ("Il Quinto Elemento", "La Pazzia di Re Giorgio" solo per citare alcuni titoli) l'Imperatore non si scompone e condurrà i suoi soldati, una sorta di Corte dei Miracoli, alla vittoria nella quotidiana lotta per la sopravvivenza e troverà nella quiete di un talamo nuziale le soddisfazioni e le gratificazioni che nei decenni precedenti solo un campo di battaglia era stato capace di assicurargli.), Questo film, delicato e divertente, è ben girato da Alan Taylor ("Pallokavillei) il quale, saggiamente, lascia molta libertà alle straordinarie capacità di Holm nell'interpretare, con impronta personalissima, un personaggio così già abusato nella storia del cinema.. Buona anche la prova di Iben Hjejle (Alta fedeltà) nel ruolo di Pumpkin, la venditrice di meloni di cui il Bonaparte si innamorerà. Il film non è autobiografico, nè storico, nè drammatico. Non c’è nulla che coinvolga l’emisfero sinistro del cervello (quello deputato alle operazioni della memoria e della razionalità). Tutta la storia si consuma nell’emisfero destro, dove c’è l’officina della sentimento e della fantasia. Si tratta infatti di una commedia che sconfina nel fantastico, se non addirittura nel fiabesco. Della commedia ha la classica struttura della formazione della coppia, dove è "lei" che dirige psicologicamente le operazioni e dove non manca il finale rosa-romantico. Tutta la storia ha anche il sapore di una fantasia, dal tono dei dialoghi alle scenografie che sanno tanto di paese da favola ("C’era una volta un re ..."), dalla musica ai personaggi caricaturali. Facile vedervi una canzonatura del mito dei miti della Francia. Ma il regista inglese si fa perdonare inserendo nel film numerose citazioni del grande cinema francese, a cominciare da Truffaut (come non vedere nella figura del bambino figlio di Pumpkin un richiamo ai bambini di I quattrocento colpi, Gli anni in tasca, ecc.). In fondo però il film è una satira del potere. Il re è nudo, come nella favola di Andersen ricordata dal titolo, e alla fine diventa l’uomo qualunque sotto l’anonima divisa del piccolo borghese "apparentemente senza qualità", ma in realtà un uomo che si ritrova nella sua dimensione autentica, nella "normalità" di coloro che devono lottare per conquistare ogni centimetro di felicità. Il film è apprezzabile e godibile (divertente la scena in cui una guida vuol far visitare a Napoleone in incognito il campo di Waterloo). Da cineteca la scena finale, surreale ed impressionante, girata all'interno di un manicomio, dove sono ricoverati decina di "matti" che si credono "Napoleone". Questo finale sembra volerci dire che il mondo è pieno di presuntuosi, illusi o semplicemente pazzi, pronti ad inventarsi un ruolo da grandi uomini: basta darsi un contegno arrogante, convincere se stessi e gli altri della propria superiorità e imbastire un apparato scenico in grado di impressionare amici e nemici. Non ci viene in mente che anche da noi oggi, nella scena politica italiana, è comparso un personaggio che mette Napoleone tra i suoi interlocutori privilegiati insieme a Giustiniano e Gesù?

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