Freccia-sx4.jpg (2157 byte) La via degli angeli 
Regia: Pupi Avati. Soggetto e sceneggiatura: Pupi e Antonio Avati. Interpreti: Valentina Cervi (Ines), Gianni Gavina (il "fratello di Loris"), Carlo Delle Piane (il medico condotto), Libero de Rienzo (Angelo), Eliana Miglio (Enrichctta), Chiara Muti (Gabriella), Mirella di Budrio (Paola), Mario Maran-zana (padre di Angelo), Teresa Ricci (madre di Ines), Tony Santagata (Cacciapuoti)  Durata: 120'. Origine: Italia, 1999.
Siamo negli anni Trenta. Ogni anno, il primo giorno di luglio, il "fratello di Loris" (tutti lo conoscono con questo appellativo) sale le montagne dell’Appennino per reclutare maschi, per il ballo che, all'inizio della stagione, si tiene sulle sponde del Reno in una balera di proprietà del Loris. Un'occasione per far conoscere fra loro giovanotti e ragazze, e magari combinare qualche matrimonio. Attorno alle vicende del reclutamento si intrecciano alcune storie parallele. Quella di Ines, una dattilografa di Bologna che si innamora - non ricambiata - del fatuo figlio del suo datore di lavoro e che cerca invano di distrarsi in campagna, in vacanza dalla nonna e dalle cugine....
La poesia è la caratteristica migliore di questo film, che è un film dedicato alla madre, morta da poco. Pupi Avati sente il bisogno di raccontare il momento in cui è cominciato l’amore tra sua madre e suo padre. Può sembrare una piccola cosa, ma il regista sa raccontare tutto dentro l’incantamento dei primi anni del 900, in quella zona dell’Emilia, attorno a Sasso Marconi, dove si andava in vacanza, una zona abbastanza insignificante, che con gli occhi di Pupi Avati assume una valenza suggestiva. Ma c’è stato veramente quel tempo dell’innocenza che viene descritto da P.A.? Nessuno deve pensare che in questo viaggio che fa la memoria dal passato al presente tutto resti tale e quale. La memoria compie degli abbellimenti, perchè non conosce i grigi, le tonalità di mezzo, conosce l’innocenza e la colpa, la purezza e il peccato e dimentica i fatti insignificanti, le giornate mediocri, i personaggi banali.
Per tutti noi è importante coltivare la poetica della memoria, per due ragioni. Una è culturale e pedagogica. Che ci piaccia o no, noi del 20° secolo siamo dei traghettatori, sia sospesi tra una cultura che sta morendo ed una cultura di cui si comincia a individuare il disegno; siamo sospesi tra quello che abbiamo chiamato l’uomo moderno, che ci ha accompagnato per sette secoli, e quello che sarà l’uomo del futuro. Quindi il nostro compito è quello di far sì che certe cose non muoiano. Dobbiamo portarci dietro le cose più solide che appartengono agli ultimi sette secoli di storia e consegnarle a chi costruirà la civiltà di domani. La seconda ragione è quella psicologica personale. È molto importante che ciascuno di noi senta il bisogno di scrivere la propria storia, perchè illumini la nostra identità e ci dia un sentimento di continuità, che sarà una vera profilassi contro la nevrosi, la depressione, gli sbandamenti. Questa operazione contribuirà a farci più armonici con noi stessi e quindi più armonici con gli altri.   

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