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Anno: 2001 – Durata: 126 – Origine: Gran Bretagna/Usa - Regia Tony Scott - Attori: Robert Redford (Nathan Muir), Brad Pitt (Tom Bishop), Catherine Mccormack (Elizabeth Hadley), Stephen Dillane (Charles Harker), Larry Bryggman (Troy Folger), Marianne Jean Baptiste (Gladys Jennip), Matthew Marsh (Dr. Byars), Todd Boyce (Robert Aiken), Michael Paul Chan (Vincent Vy Ngo), Garrick Hagon (Cy Wilson), Bill Buell (Fred Kappler), Omid Djalili (Doumet), Andrei Grainger (Andrew Unger), Colin Stinton (Henry Pollard )
La trama
Cina, 1991. mentre tenta di far evadere un prigioniero da un carcere di massima sicurezza, la spia della C.I.A. Tom Bishop (Brad Pitt) viene arrestato e condannato a morte. Subito il quartier generale dell’organizzazione a Langley organizza un’unità di crisi, decisa però ad insabbiare tutto e a lasciare il giovane al suo destino. L’unico che sembra interessato al destino di Bishop è il suo vecchio addestratore e reclutatore Nathan Muir (Robert Redford), che viene convocato dai superiori per un interrogatorio. Durante le poche ore che separano Bishop dall’esecuzione, Muir ricostruisce il suo rapporto con l’"allievo": dopo averlo conosciuto in Vietnam nel 1975, l’anziano agente della C.I.A. ha addestrato il giovane e lo ha avuto come collega in svariate missioni segrete in giro per il mondo, dall’ex Germania Orientale fino al Libano. Tra i due si è sviluppata, nel corso degli anni e delle missioni, un’amicizia ed un’intesa sempre più stretta, finché proprio in Libano Tom ha conosciuto la dottoressa Elizabeth Hadley (Catherine McCormack), attivista di cui si è innamorato e che da subito ha rappresentato un ostacolo al suo lavoro di spia. Conclusosi in maniera non moralmente soddisfacente il lavoro in Medio Oriente, Nathan e Tom hanno visto incrinarsi il loro rapporto, ed il ragazzo ha deciso di abbandonare il suo "maestro" per seguire le tracce di Elizabeth, improvvisamente scomparsa nel nulla. Ma Muir, nonostante sia braccato dai suoi superiori ed in corsa contro il tempo, è deciso a non lasciar morire il suo vecchio pupillo...
Qualche nota di commento
A volte si pensa che andare a vedere un film poliziesco corrisponda ad assistere ad un film d’evasione, che ha come unica domanda da porre allo spettatore "chi è l'assassino" "come si scioglie l'enigma". bene ricordare invece che le domande che si muovono dentro il film poliziesco o di spionaggio sono un po' più profonde, un po' più esistenziali, cioè sono legate al senso dell'esistenza. In fondo dietro ad un poliziesco ci sta sempre l'interrogativo "che cos'è il male", "da dove viene il male", "qual è la ragione e la radice del male". Il film thriller/spionaggio fa sempre in modo che noi si sia ammaliati non solo dalla storia, ma anche dalle inquietudini, dalle domande che dentro queste storia stanno sempre e cercano di coinvolgerci in una maniera meno immediata, cioè non solo come spettatori passivi, ma anche come essere pensanti che si interrogano sul proprio senso.
Allora qual è il senso profondo di questo film? In Spy game il regista, (Tony Scott, fratello di Ridley Scott - quello de Il gladiatore, tanto per intenderci - viene dalla pubblicità ed è un regista che ha sempre fatto un cinema d'azione) da una parte ci pone davanti ad una struttura (la CIA, un’istituzione che è governata dalla Realpolitik, la struttura soffocante che segue solo la legge della storia o del profitto o della ragion di stato), dall'altra presenta un individuo che si fa portatore del diritto di essere se stesso, dell’essere qui e oggi, dentro la sua vita e dentro la sua esistenza, che rivendica il diritto dell'affettività, dell'amore, all’amicizia e cercare di uscire fuori dalla trappola in cui l’istituzione lo ha segregato. Il cinema americano che in fondo ha una cultura così massiva, così omologante, continua a raccontare quello che è il bisogno dell'individualità e quello del mondo degli affetti che all'individualità si lega. Ebbene, ancora una volta anche questo film può proclamare quello che è il valore della persona dentro una società che è la maggiore responsabile di quella che oggi chiamiamo globalizzazione, omologazione e quindi in qualche modo è responsabile della rinuncia dell'individualità.
Dentro a questo tema così consueto che farebbe di Spy game un film convenzionale, che rimane dentro il genere del thriller/spionaggio, viene introdotto un altro tema classico: quello dell'eroe al tramonto, al tramonto della vita e col bisogno dentro a questa età di recuperare la propria identità. E il ritrovamento dell'identità per l'eroe vecchio e stanco significa anche recuperare il tema della paternità. Robert Redford. è stato in altri film regista di Brad Pitt; gli è stato maestro di recitazione, come qui gli è maestro di spionaggio e così gli è ancora una volta padre. Questo forse è l'elemento più bello del film. A ben guardare però anche questo tema è quello di centinaia e centinaia di western (uno per tutti, Il fiume rosso: il vecchio eroe che salva il giovane cowboy). Quindi anche questo tema non è nuovo, come non è nuovo il mito americano dell'individualismo contro il sistema.
Dunque niente di particolare allora? In realtà Spy game contiene una novità. E questa è la sua capacità di ricapitolare con grande felicità diversi generi di cinema. Pensate ai vari flashback denotati tutti da luci diverse. È come se il film contenesse in sè film diversi. Il regista per segnare i tempi e i luoghi diversi (Berlino, Vietnam, Libano) ad ognuno di questi flashback ha dato un colore particolare, un diverso stile di regia: il Vietnam è rievocato con una fotografia gialla e sgranata, stile documentario d'epoca, mentre i toni di Berlino Ovest piegano verso un blu freddo ed indistinto ed infine Beirut è ripresa con colori caldi secondo la premiata scuola CNN. E così l'episodio vietnamita richiama i film di guerra (Apocalypse now), l'episodio berlinese richiama i tanti film di spionaggio di cui è ricco il cinema di ieri, l'episodio libanese ricorda il film d'assalto, quasi un documento, con dentro la denuncia sociale. Oggi spesso il cinema compie questa operazione di ricapitolazione, perchè siamo come alla fine di un'epoca. Il cinema ha la sensazione di essere definitivo, di avere in qualche modo chiuso il proprio percorso; così come l'eroe giunto alla propria vecchia deve ricapitolare tutta la sua vita. Proprio come fa Robert Redford.

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