Freccia-sx4.jpg (2157 byte)     Il signore degli anelli
Durata: 165' - Regia: Peter Jackson - Con: Elijah Wood, Sean Astin, Billy Boyd, Ian McKellen - Genere: Fantasy - Anno: 2002
Una delle più ambiziose produzioni della storia del cinema, l’epica saga del piccolo Frodo è stata girata in Nuova Zelanda. Le riprese sono state completate in un'unica sessione che si è protratta dall'ottobre 1999 al dicembre 2000. Come il romanzo di Tolkien, diviso in tre volumi, così anche il film rispetterà l'originale tripartizione ne: "La Compagnia dell'anello", "Le Due Torri" e "Il Ritorno del Re". Tre film, diretti da Peter Jackson e interpretati da un cast d’eccezione, che segneranno tre appuntamenti annuali: "La compagnia dell'anello" è il primo di questi.
La storia
Il perfido Sauron, re di Mordor, forgia venti anelli magici e ne fa dono ai 19 Signori della Terra di mezzo. Ma tiene per sé l'Unico, l'anello che dà a chi lo indossa il potere assoluto fino ad estendere le tenebre in tutto il mondo. Scoperto il malvagio piano di Sauron, i Signori si preparano alla battaglia: sarà Isildur a mozzare il dito di Sauron privandolo d'anello e potere. E sarà sempre Isildur a non trovare il coraggio di gettare l'onnipotente cimelio nelle Gole del Destino, dove il fuoco lo avrebbe anniento per sempre. Sauron è stato sconfitto, ma fino a quando l'anello esiste per il malefico Signore di Mordor c'è possibilità di rifarsi. Prima di morire per mano degli orchetti, Isildur getta l'Unico nel fiume. Tempo dopo, viene ripescato da Gollum che si trasforma in una creatura malefica. Bilbo, riesce miracolosamente a sottrargli l'arma del potere e la consegna al cugino Frodo. Tocca a lui, insieme ai nove della 'Compagnia dell'Anello', portarlo alle Gole del Destino prima che Sauron lo ritrovi.
I magnifici nove
Frodo
, il portatore. Hobbit. Capo dei nove della "Compagnia dell'anello", ha ereditato la missione da Bilbo Baggins, suo cugino.
Sam il Gaffiere. Hobbit. E' un giardiniere, amico fraterno dei Baggins. Sam non è certo il più sveglio del gruppo, ma sarà la fedeltà e l'amore per la sua terra a renderlo fondamentale.
Pipino. Hobbit. Allegro e burlone appartiene alla famiglia dei Tuk, noti per l'abilità nel combattimento e anche Pipino non fa eccezione anche se è più incline allo scherzo che all'uso delle armi.
Merry. Hobbit. Si è unito inaspettatamente alla missione. L'amicizia con Frodo ha vinto reticenze e paura.
Aragon. Uomo. E' il figlio di Arathon, nipote di Isildur, ed erede del regno di Gondor. Prima di imbarcarsi nella missione è stato un ranger, impegnato a mantenere la pace nella Terra di Mezzo.
Gandalf. Mago. Anziano e potente mago. Conosce il potere malefico dell'anello e aiuterà la compagnia sfruttando le sue magiche competenze.
Legolas. Elfo. Scelto dai suoi a rappresentare la categoria nell'impresa. La sua grande abilità come arciere e i suoi sensi acutissimi sono un elemento prezioso per il gruppo.
Gimli. Nano. Figlio di Gloin accompagna suo padre al Consiglio di Elrond e Rivendell ed è scelto per rappresentare i Nani. Al suo fianco porta sempre un'ascia.
Boromir. Uomo. Grande stratega, figlio maggiore di Denethor. La sua esperienza di armi e battaglie è un tesoro per il gruppo.
Il libro e l’autore
Il 900 ci ha raccontato storie di cadute, di decadenza, di decomposizione; è stato un secolo che col racconto ha narrato più la fine che l'inizio. Gran parte dei racconti del 900 narrano delle fini, delle apocalissi, delle distruzioni. É stato faticoso per l'uomo del 900 raccontare gli inizi, perchè non aveva più l'innocenza, la purezze del cuore. L’innocenza è una parola chiave per entrare nel mondo di Tolkien. La usa lui in una lettera parlando del Signore degli anelli: lo definisce "un racconto dell'innocenza". Se pensiamo ai romanzi, alle opere d'arte ed anche alla musica che hanno inaugurato il 900 ci troviamo di fronte proprio a questa sensazione: la fatica di vivere. Non per niente "l’olocausto" è la parola chiave per entrare nel segreto del 900. Ebbene nell’atmosfera di questo secolo soltanto due narrazioni hanno avuto il coraggio di raccontare l'inizio, di raccontare le origini, di andare contro corrente. Una è il cinema western che è la più grande mitopoiesi del 900, il più grande racconto delle origini di tutto il 900. Pur avendo come referente la storia americana, un referente lontano, scialbato, impallidito, il western resta la celebrazione di un mondo autonomo, totale, autosufficiente, che nel suo essere autosufficiente, riflette in sè il mondo intero e l'intera vicenda umana. Per questo qualcuno ha detto che John Ford, il padre del genere western, è l'Omero e l'Esiodo del 900. Il secondo grande momento mitopoieutico del 900 coincide proprio con Il signore degli anelli.. Tolkien racconta il mito e lo racconta per dirci che il mito è l’alfabetizzazione dell'anima. Dentro ad un secolo che va perdendo la geografia, la mappa dell'anima c'è bisogno di riattualizzare gli antichi miti, le antiche storie, perchè in queste storie ognuno di noi ci si possa specchiare, riconoscere e soprattutto ci si possa "ritrovare"- altra parola chiave della poetica di Tolkien, usata in suo libro bellissimo, un saggio che ha come tema la fiaba, "Sulla fiaba" -, cioè ci si possa scoprire nelle nostre radici più autentiche. così che nasce Il signore degli anelli. È curioso scoprire che questo libro nasce dal caso e dal gioco. Tolkien, mentre studiava, scoprì un antico testo anglosassone del 1200 che si intitolava "Il Cristo" in cui si parla della "terra di mezzo", che è appunto lo spazio del racconto de Il signore degli anelli, ma la terra di mezzo è anche "ogni giorno", è il nostro quotidiano; anche se qui la vediamo abitato dagli hobbit, dagli orchi, dagli elfi, la terra di mezzo sta tra l'inferno e il paradiso, tra il nulla e il tutto, è il nostro "hodie" il nostro giorno, la nostra quotidianità. Poi un giorno Tolkien, ormai professore, sta facendo degli esami; un alunno distratto lascia cadere un foglio bianco perchè non aveva voglia di fare il compito. Tolkien lo raccoglie e, preso da un’ispirazione - quella che i surrealisti chiamano "la scrittura automatica" - si trova a tracciare sul foglio bianco una frase: "In un buco sotto terra abitava un hobbit". Tolkien allora comincia a chiedersi: "Chi sarà questo hobbit? Da dove gli è venuto questo nome?". Così gli viene voglia di costruire attorno a questo nome curioso, stravagante, bizzarro un mondo, un linguaggio.
Il regista
Era inevitabile che il libro diventasse un film. Ci avevano pensato i Beetles che avevano già scelto i quattro personaggi da interpretare ed avevano offerto la regia di questo film a Kubrick, ma Kubrick, dopo lunghe esitazioni, rifiuta il film. Ci aveva pensato un regista come John Boorman (Un tranquillo week-end di paura - Excalibur, altra storia di mito); scrive addirittura la sceneggiatura di 700 pagine, ma poi il film non lo fa . Ci ha pensato Bakshi che nel ‘78 ne fa un film di cartoni animati. Ci ha pensato la BBC che ne ha fatto un riduzione radiofonica. Bisognava aspettare Peter Jackson (nato il 31 ottobre del 1961 - il giorno di Halloween: non poteva che essere così ...), un regista di horror (Splatters - Gli schizzacervelli ; Fuori di testa ; Creature del cielo). Jackson arriva quindi a Il signore degli anelli inevitabilmente; trova ne Il signore degli anelli quell'universo del racconto dal quale nasce ogni altra storia, ogni altro incantamento, ogni altra meraviglia. Jackson realizza un film di 9 ore (ma girato per 15 ore, ridotte poi in sede di montaggio). Questo è solo la prima delle tre parti (quindi un film non compiuto), la prima parte di una trilogia: La compagnia dell'anello. Anche il libro è strutturato in tre tempi. Le altre due parti (Le Due Torri" e "Il Ritorno del Re") le vedremo presto, perchè in pratica sono già pronte.
Alcune note di commento
Il film nei suoi momenti più felici ha addirittura un impianto visionario, che non nasce solo dalla creatività del regista, ma anche dalla forza della scenografia - quasi perfetta - e dalla forza dei paesaggi della Nuova Zelanda , dove Jackson, neozelandese, ha scelto di girare il film.
Il signore degli anelli ha molti e notevoli riferimenti cinematografici, artistici, pittorici: che vanno dalle architetture di Piranesi (XVIII secolo) ai quadri di Friedrich, pittore paesaggista onirico dell'800 tedesco, su su fino al cinema di Eizenštein, ma senza trascurare il cinema western, quello di Sergio Leone, L'ultimo dei mohicani, Per un pugno di dollari. Non mancano i rimandi al fumetto e al cinema di animazione, al cinema di pupazzi. La grandezza del cinema del 2000 è proprio questa: la sua capacità di essere collage, che nasce dalla convinzione di non essere un linguaggio specifico, ma di essere punto di collegamento, di riassunto di tutti i linguaggi possibili.
Fatti questo elogi dobbiamo però avere alcune riserve. Se il film è spendente sul piano della visione, meno convincete è su quello del racconto. Un racconto mitico vive sulla totalità, ma la totalità si anima sulla preziosità dei dettagli; il mito non è solo un grande fiume che scorre, il mito è composto anche dagli infiniti rivoli che si animano davanti e dentro il grande fiume. Evidentemente il bisogno cinematografico di semplificare il monumentale libro di Tolkien porta il regista a salvare solo l'ossatura del racconto; non a caso il racconto si raduna attorno al segno dell'anello, che diventa il collante visivo della storia. Ma nel libro ci sono altri segni che risplendono: uno per tutti, quello che Tolkien amava di più: il segno dell'albero, che richiama l’albero della vita, il corpo, ma anche l'asse verticale che lega il cielo alle profondità della terra. Il regista per dare forza e continuità al suo racconto lo deve scarnificare. Certo la mitologia eroica c'è tutta. Si pensi ai numerosi passaggi che accompagnano il racconto , il tema del passaggio è bellissimo: i ponti, i passaggi da una parte all'altra del fiume. Questo tema contiene una verità profonda: ogni passaggio implica una perdita prima di ogni conquista e quindi non è possibile nessuna conquista se prima non si perde qualcosa. Qui il film è molto persuasivo, perchè il tema del passaggio è il tema del viaggio, dell'eroe. E così il grande libro di Tolkien diventa un film di avventura, un grande film di avventura, che ha dentro ancora l'ombra del mito, l'ombra della mitologia eroica; ma quanto guadagna in spettacolarità, in visionarietà lo perde in profondità, proprio perchè perde la minuzia dei rivoli, la preziosità assoluta del dettaglio che ci porta nel cuore del racconto di Tolkien. E su questo dobbiamo fare un’osservazione conclusiva. Molto guardano al ritorno dell'immaginario (dal 1975 ad oggi il cinema ha abbandonato il racconto della realtà; oggi c'è poco cinema che racconta la realtà: un po' il cinema inglese, molto il cinema del terzo mondo, ma il cinema americano è di fatto un cinema dell'immaginario). Qualcuno vede con perplessità questa forza del cinema dell'immaginario. È vero che l'immaginario ci fa più autentici, ma bisogna anche stare molto attenti che l’immaginario del cinema non sia troppo ridotto, troppo semplificato, perchè invece di animarci in qualche modo ci porterà via dalla realtà , dalla profondità della realtà.

Freccia-su.jpg (2534 byte)