Freccia-sx4.jpg (2157 byte)La passione di Cristo

Note

Titolo originale:  The passion of the Christ - Nazione:  Usa/Italia - Anno:  2003 - Genere:  Drammatico - Durata:  130' - Regia:  Mel Gibson - Cast:  James Caviezel, Maia Morgenstern, Monica Bellucci, Ivano Marescotti, Rosalinda Celentano, Claudia Gerini, Sergio Rubini

Trama: Il film rivive le ultime 12 ore compresa la crocifissione di Gesù Cristo.

Commento

Si è parlato troppo di questo film prima ancora che uscisse; molti che ne hanno parlato, anche in televisione, non lo avevano ancora visto.  Con questo metodo c’è il rischio di vedere, non il film, ma il “metafilm”, e di dare un giudizio  non libero, ma suggestionato dalle troppo chiacchiere che su di esso  sono state fatte.

Molti poi hanno detto che, dopo aver visto il film di Gibson hanno avuto una crescita (o  una crisi) di spiritualità.Povero mondo se la spiritualità è messa nelle mani di un film, quando ci sono molte e ben  altre occasioni per approfondire la spiritualità!

Su questo film non sono da condividere né i grandi applausi che sono stati rivolti, né le grandi denigrazioni.

Dobbiamo dire subito una cosa a proposito de La passione di Cristo: Gibson ha avuto coraggio ad affrontare questa impreso dopo che tanti  registi (non solo Pisolini, ma anche Rossellini: Il messia, Zeffirelli; . C’è addirittura una Passione dei Fratelli Lumière del 1897), pittori, scrittori  avevano hanno affrontato questo tema. Pasolini, regista del film Il vangelo secondo Matteo, prima di girare questo film ne aveva fatto un altro i intitolato La ricotta (la storia di un regista che sta girando un film su Gesù e non si accorge che uno degli attori che deve fare la parte del buon ladrone sta morendo per una indigestione di ricotta e morirà sulla croce) ed aveva messo in testa a questo film la seguente frase: “La passione di Gesù è la più  grande storia che sia mai stata raccontata”, una frase molto bella, molto impegnativa e molto piena del sentimento del sacro. Ed è una frase che ci conferma un dato di fatto. La storia della passione di Gesù è la storia più raccontata:  nella pittura, nell’arte in genere, oltre che nel cinema. Tutti i più grandi pittori dal 200 in avanti hanno raccontato quella storia. È ovvio che anche il cinema fin dalla sua nascita si sia occupato di questa storia

La seconda cosa che dobbiamo dire è che questo è un film sincero; il film di un regista che crede (a differenza di Pisolini, che si professava “laico”), con una fede veramente profonda; ma la sua è la fede del Concilio di Trento, della Controriforma che ha in sé, nella sua natura. un certo compiacimento della sofferenza e mette in secondo piano la gioia e la speranza che è insita nella fede cristiana. Ricordiamo  a questo proposito i tanti Sacri Monti (ad esempio il Sacro Monte di Varallo), nati nel periodo della Controriforma,  che sono ridondanti di rappresentazioni della passione piene di enfasi, quasi atroci, e chiaramente finalizzate a creare una pietà emotiva.  Ebbene Gibson della vita di Gesù ha voluto focalizzare un solo momento saliente: la passione. I primi cristiani parlava  sì di passione, ma anche di resurrezione di Gesù. Quando Maria riceve l’annunzio dell’angelo, così come è raccontato con  molti particolari e tanto dolcezza da Luca,  quel  “sì’”  che significato ha? A che cosa Maria dice sì? Prima di tutto alla gioia  ampia e piena della maternità, poi  anche allo strazio della passione, ma soprattutto dice sì a quanto con Gesù, attraverso la sua maternità, si compie nella storia della salvezza dell’umanità. Allora non posiamo non chiederci come mai il regista abbia isolato, dalla vicenda di Gesù, solo il momento della passione. Perché, come si è detto, il suo cristianesimo è quello del Consilio di Trento, un cristianesimo, che pur nella pienezza della fede, accentua il momento doloroso piuttosto che quello glorioso, più il Venerdì santo che il Sabato santo. La violenza di questo film non è compiaciuta, ma fisiologica, legata all’evento,legata alla particolare visione del cristianesimo del regista. La violenza  è certamente sottolineata, ma  è coerente con la particolare visione del cristianesimo. Non si dimentichi che Gibson appartiene ad una corrente che in un certo senso ha negato il Vaticano II e che ascolta ancora la messa in latino

C’è poi da aggiungere che Gibson  nel raccontare la sua storia segue non solo i vangeli canonici e i  vangeli apocrifi, ma anche la testimonianza di una mistica tedesca la quale ogni venerdì riviveva la passione di Gesù ed avendola rivissuta per molti anni è riuscita a contare tutti i colpi di flagello. Gibson nel suo film ha messo lo stesso numero di flagelli. Quindi non si può dire che La passione di Cristo sia  un film violento: è semplicemente un film aderente alle fonti cui il regista esplicitamente si è ispirato e, come si è detto sopra, coerente con la particolare visione del cristianesimo del regista.

Forse non è un film risuscito. Pur raccontando una storia sacra,  il regista deve restare dentro ad  un linguaggio che è il linguaggio del cinema.  Nel girare una storia  egli ha due scelte:  può usare immagini povere e scarne e ottenere grandi risultati poetici dentro l’essenzialità delle immagini.  Oppure può usare un’immagine satura come  fa Mel Gibson in questo film. Non fa come Pisolini, che lavorava per sottrazione e impoveriva  l’immagine per accentuare il valore interiore;  Gibson  lavora per accumulazione e arricchisce il più possibile l’immagine. Dentro questo film ci sono tutte le furbizie, tutte le tecniche, tutte le maestrie  del cinema americano; una su tutte l’uso del rallenty (immagine al rallentatore), ma anche l’uso di una colonna sonora  enfatica che accentua  il contenuto emotivo dell’immagine. Questo,  quindi, comunque lo si voglia giudicare, è un film americano, solido da un punto di vista cinematografico, ma con la tendenza a spettacolarizzare l’evento: montaggio solido, una grande gamma di inquadrature: dall’intensità del primo piano alle grandi rappresentazioni delle folle e delle masse. Ma Gibson aggiunge poco  di nuovo all’iconografia  classica su Gesù, quell’iconografia che va dai primi disegni (quasi degli scarabocchi) della catacombe romane  ai grandi affreschi del 300, alle piccole tavole dipinte da pittori anonimi(icone), fino ad una tradizione cinematografia molto ricca, come abbiamo visto. Di nuovo c’è qualche invenzione: ad esempio la straordinaria invenzione della figura del diavolo, quella dei bambini che assediano e ossessionano Giuda, quella della lacrima di Dio che si trasforma in goccia e che chiude il film. Per il resto la trasposizione dei racconti sulla passione di Cristo è diligente e rimane nel solco ampio e largo di questa tradizione. Certo a volte la rappresentazione è eccessiva, ma questo fa parte dello stile delle scrittura del cinema americano, che sceglie la saturazione, l’enfasi. Del resto anche nella pittura troviamo le crocifissioni  paradisiache del Beato Angelico, ma troviamo anche il cristo morto di Holbein la cui fisicità è più violenta del film di Gibson

C’è poi  il coraggio della lingua originale. Sull’attendibilità dell’uso dell’aramaico possono parlare solo degli esperti, visto che la sua conoscenza è affare di pochi; ma sul latino c’è sicuramente da dire che i soldati non potevano parlare quel latino ecclesiastico o, se vogliamo, scolastico. Essi certamente parlavano un latino volgare, quello del popolo che, come è noto, era abbastanza lontano dal latino classico. Certamente Gesù non parlava il latino come fa qui e Pilato, altezzoso prefetto romano, certamente  non parlava l’aramaico, semmai il greco o l’ebraico che era lingua più nobile, ma certamente non l’aramaico. Ma ci sono altre presunzioni nel film. I flashback sono molto belli e necessari nei film , ma i flashback riferiti a Gesù, in un film che vuole essere rigoroso da un punto di vista storico, sono stonati ed anche un po’ presuntuosi nel volerci far vedere quello che Gesù può aver pensato o ricordato durante la passione. Il flashback attribuiti ad  altri personaggi possono essere più giustificati. Molto lirico, ad esempio,  è quello di Maria che di fronte alla caduta di Gesù rivive la caduta di Gesù Bambino

Mel Gibson

Mel Gibson è nato il 3 gennaio 1956 a Peekskill, negli Stati Uniti, e nel 1968 si è trasferito in Australia con la famiglia. A Sidney ha frequentato il National Institute of Dramatic Art e nel 1977 ha esordito sul grande schermo con un piccolo ruolo in Summer city, un'estate di fuoco. Due anni più tardi ha interpretato Tim, una difficile storia d'amore tra una donna cinquantenne e un giovane giardiniere non ancora trentenne, poi si è imposto con Interceptor (1979), che lo ha lanciato nel firmamento di Hollywood, anche grazie ai fortunati sequel. In  Gli anni spezzati (1981) e Un anno vissuto pericolosamente (1985), Gibson ha dimostrato di saper sfruttare a fondo anche le occasioni drammatiche.

Nel 1984 è sbarcato a Hollywood per interpretare Il Bounty. Poi ha interpretatoi Arma letale (1987), al quale hanno fatto seguito tre fortunatissimi sequel. A suo agio nel noir, Tequila connection (1988), nella commedia d'azione, Due nel mirino (1990), nella commedia fantastica, Amore per sempre (1992) e nella parodia del western, Maverick (1994), Mel Gibson ha debuttato dietro la macchina da presa nel 1993 con L'uomo senza volto e nel 1995 ha prodotto, diretto e interpretato il kolossal Braveheart - Cuore impavido, che gli ha fatto conquistare due premi Oscar, miglior film e miglior regia. Dopo alcuni film non di valore eccelso (tra i quali:  Il patriota, del 2000), Gibson ha ottenuto nuovi successi grazie alla spumeggiante commedia What women want (2000), The Million Dollar Hotel (2000.

Mel Gibson, che è cattolico praticante, è sposato dal 1980 con Robyn Moore e ha sette figli.

Il Messia di Rossellini

Anno: 1975 - Nazione: Italia/Francia - Durata: 145' - Regia: Roberto Rossellini

Trama

Ispirata ai quattro Vangeli (ma in particolare a quello di Marco) con una forte componente mariana e una premeditata omissione del contesto storico-politico, questa vita di Cristo si rivolge all'umanità più che alla divinità del personaggio, espungendo gran parte dei miracoli e le profezie sulla fine del mondo e riducendo al minimo i riferimenti al soprannaturale. Esplicitamente popolare nel rispetto della tradizione iconografica, quasi da presepio, è un film tutto rosselliniano nell'illuminata indolenza, nel ritmo incalzante, nella disadorna semplicità della scrittura, nella trasparenza dello stile che può sembrare sciattezza. Per la prima volta nel cinema cristologico c'è la scena della Pietà: il Cristo morto in grembo alla madre.

Il vangelo secondo Matteo di Pisolini

Anno: 1964 - Nazione: Francia/Italia - Durata: 142' - Genere: religioso - Regia: Pier Paolo Pasolini

Trama

La vita del Cristo secondo uno dei tre evangelisti sinottici da cui, però, sono stati espunti tutti i passi escatologici e la maggior parte dei miracoli. E un film laico, rivolto a mettere in luce l'umanità più che la divinità di un Gesù severo, pugnace, medievale, carico di tristezza e di solitudine. Quando il regista riesce a far coincidere il testo di Matteo con l'autobiografia, la passione con l'ideologia, è il film di un poeta. In senso teologico, è un vangelo senza speranza. Con i riferimenti pittorici, la scabra luminosità, il richiamo a un Terzo Mondo che non è più solo preistoria, raggiunge una forte tonalità epica e religiosa. Dedicato "alla cara, lieta e familiare memoria di Giovanni XXIII". Premio speciale della giuria e premio OCIC (cattolico) a Venezia e insulti beceri di neofascisti e cattolici in camicia nera.

La ricotta

Anno: 1963 - Nazione: Italia - Durata: 35' - Regia: Pier Paolo Pisolini - Con: Orson Welles e Laura Betti

Trama

Uno dei 4 episodi di Ro.Go.Pa.G. o Laviamoci il cervello: durante le riprese di un film sulla Passione di Cristo, Stracci, sottoproletario che fa la parte di uno dei ladroni, muore sulla croce per un'indigestione di ricotta. "Non aveva altro modo per ricordarci che anche lui era vivo", commenta il regista (O. Welles), riassumendo il senso di una morte narrata con altissima tensione morale. Sequestrato per vilipendio alla religione, Pasolini condannato a 4 mesi di reclusione. Assolto l'anno dopo in appello.

Beato Angelico, La crocifissione

Guido di Pietro Trosini, detto Beato Angelico, nacque a Vicchio Mugello tra il 1395-1400. Caratteristica delle opere dell'Angelico è il cromatismo delicato e l'uso di una illuminazione piena. L'atmosfera che pervade i suoi dipinti è serena, pacata. Il Beato Angelico morirà a Roma nel 1455.

HOLBEIN, Hans il  giovane - L'Ecce Homo

HOLBEIN, Hans il  giovane(nato nel  1497 ad Augusta,  morto nel 1543 a Londra). Pittore, disegnatore e progettista tedesco famoso per la rappresentazione precisa delle sue illustrazioni ed il realismo crudo dei suoi dipinti. religioso che scopa Europa. Quindi, l'effetto dell'arte del Holbein è stato ritenuto spesso per essere più

Il Sacro monte di Varallo

Il volto di Cristo in una delle Cappelle che raffigurano la Passione