Freccia-sx4.jpg (2157 byte) Pane e tulipani   
Regia
: Silvio Soldini - Interpreti: Lucia Maglietta (Rosalba), Bruno Ganz (Fernando), Marina Massironi (Grazia), Giuseppe Battiston (Costantino), Felice Andreasi (Fermo, il fioraio), Antonio Catania (Mimmo) - Durata 110’ - Origine: Italia - Anno: 1999

Durante una gita turistica in pullman, Rosalba, una casalinga di Pescara, viene dimenticata in un autogrill. Un po' offesa, invece di aspettare che marito e figli vengano a riprenderla, decide di tornarsene a casa. Ma poi si ritrova su un'auto diretta a Venezia....

È il film italiano che nella scorsa stagione (1999) ha avuto più successo, sia di pubblico che di critica (film premiatissimo). Pur non essendo un testo straordinario, ha una sua originalità, a cominciare dal mutamento di strada del regista che da autore serio e impegnato, qui sceglie la strada della commedia. Soldini fino a Pane e tulipani era un autore definito serio e impegnato; faceva film di stampo esistenzialistico, dove i temi erano l’alienazione, lo spaesamento (L’aria serena dell’ovest, Un’anima divisa in due, Le acrobate ,un ambizioso film sulla donna). Soldini ha avuto coraggio nel fare questo salto di genere, perchè in Europa fare commedia è come fare cinema di serie B; non è come in America dove la commedia a volte è un’operazione alquanto difficile e molto ambiziosa. Fare una commedia in Italia.poi, è difficile perchè c’è una tradizione, "la commedia all’italiana", legata ad alcuni grandi registi (Monicelli, Risi, ecc.) e soprattutto legata ad alcune nostre grandi maschere (Sordi, Gasman, Tognazzi, ecc.). Soldini vince questa sfida: fa una commedia e in più una commedia che non è legata alla commedia all’italiana; anzi ha dei sapori che ricordano le elegantissime commedie americane (si pensi a Woody Allen, a Pedro Almodovar), cioè una commedia molto più intricata, molto più costruita, molto più sofisticata. Questo film vince un’altra scommessa: fa uno stupendo studio della psicologia femminile. Il titolo è ammiccante, è una variazione di uno slogan delle operaie tessile dell’industria americana degli ani 30 le quali manifestando chiedevano "pane e rose", giustificando così la loro richiesta: "non andava sfamato solo il corpo, ma anche l’anima". Soldini ha preso questo slogan lo ha trasformato, mettendovi un fiore più legato alla tradizione europea. Ed è proprio il titolo che ci suggerisce questa pista di lettura: in Rosalba c’è la ricerca di una pienezza, di una completezza, che non riguarda soltanto il corpo, ma che riguarda appunto l’interiorità. Rosalba è una donna che cerca la sua autenticità, a cui sembra consentito di uscire fuori dalla banalità. Tante volte noi abbiamo l’impressione che la banalità ci soffochi; certo la banalità ci dà delle sicurezze, ci rende tranquilli, fa spesso da sedativo con la sua liturgia; però dentro la banalità, dentro la quotidianità ognuno di noi sente che qualcosa muore, muore la sua propensione al sogno, muore il suo idealismo, muore la voglia di essere più autentici, più originali.
L’avere scelto la strada della commedia obbliga il regista ad alcuni eccessi. Ad esempio la commedia richiede una certa caratterizzazione dei personaggi secondari sui quali non dobbiamo cercare la verosimiglianza e Soldini su di essi ha un po’ calcato le tinte (si pensi all’idraulico-detective).
La Maglietta è attrice straordinaria che riesce in modo mirabile a definire il passaggio dalla quotidianità alla straordinarietà. Lei è solare fin dall’inizio. È bello il film perchè non parte dalla solita e un po’ trita situazione di nevrosi da cui i personaggio fuggono o cercano di fuggire(le situazioni da cui partivano gli altri film di Soldini), ma parte da una situazione di serenità. Certo quello di Rosalba è uno splendore che la vita quotidiana ha reso opaco. A Rosalba cadono tre cose, come avviene nei racconti mitici. La triplice caduta, che è simbolo dello squallore del quotidiano, produce poi l’allontanamento fiabesco verso Venezia (quale viaggio potrebbe, nel cinema, essere più mitico del viaggio verso Venezia?). Il primo oggetto che cade è il coperchio della scatola che raffigura un sole, un sole che si pacca in due, come a dire che il personaggio in partenza è comunque un personaggio solare; lei non ha niente delle eroine del cinema italiano degli anni 90 che sono nevrotiche. È un personaggio sano, anche all’inizio in quella situazione (viaggio vendita in pullman con itinerario obbligatorio, con la sosta al grill ), dove ci sono tutti gli elementi non solo della quotidianità, ma anche di un certa volgarità del quotidiano. Ma questa volgarità del quotidiano non è sufficiente a spegnere la sua solarità. Poi c’è la seconda caduta (l’anello nel water), poi le pinzette. Le cadute nelle fiabe sono delle occasioni che fermano l’azione; qui consentono a Rosalba di aprire una fessura dentro se stessa. Da qui nasce il viaggio. Negli altri film di Soldini si va da Nord a Sud, un itinerario tipico del tipico del cinema italiano (si pensi a Ladro di bambini). Qui il viaggio è inverso (come quello dei film italiano degli anni 50: Il cammino della speranza, di Germi): da Paestum fino a Venezia, passando da Pescara dove Rosalba vive. Un viaggio che non è fuga, ma, per dirla con Germi, è un cammino della speranza, che corrisponde, per Rosalba, ad un’ipotesi di cambiamento: lei non fugge, ma va verso il cambiamento. Il viaggio di Rosalba non ha niente della fuga, è una specie di rivelazione. Arriva a Venezia (una bellissima Venezia marginale: quella delle cartoline compare solo all’inizio e alla fine), dove abita un’umanità molto marginale, di questa marginalità il personaggio di Fernando è l’esemplificazione più significativa: il profugo della vita, un vagabondo di una eleganza retrò, uno sconfitto, uno sconfitto che fugge sempre. Rosalba invece non ha niente di vagabondo, non è una donna in fuga, ma una donna che comincia a rivelarsi a se stessa, che comincia a vivere la sua autenticità, la su identità (si guarda e si fotografa allo specchio). Non a caso a Venezia, al tema della caduta della prima parte del film, che dice dello squallore del quotidiano, corrisponde il tema del salire, che dice del rinnovamento, della rinascita. Nella prima parte cose che cadono, nella seconda parte il salire nell’appartamento, il suo appoggiarsi ai libri per guardasi allo specchio, l’arrampicarsi per le scale. La scoperta della identità è segnata dal ripercorrere le fasi dell’adolescenza. Rosalba scopre la fisarmonica dei dodici anni, una sua vocazione infantile, una passione, un sogno trascurato, soffocato nella quotidianità. Rilegge Mark Twain, l’Ariosto, Dickens: Anche il fatto che trovi lavoro presso un fioraio è il segno di tutto ciò che sta fiorendo, germinando dentro di lei.
Pane e tulipani è sì una commedia, una commedia divertente con un certo ritmo, una certa briosità, ma dentro ha anche una storia, estremamente semplice (non venata da psicologismo, dalla pesantezza della riflessione filosofica), ma estremamente vicina allo spettatore che vuole avvicinare, una storia aperta a tutti coloro che sentono in qualche modo il tedio della quotidianità.   

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