Freccia-sx4.jpg (2157 byte) IL MESTIERE DELLE ARMI
Regia: Ermanno Olmi - Sceneggiatura: Ermanno Olmi -   Attori: Hristo Jivkov, Sergio Grammatico, Dessy Tenekedjieva, Sandra Ceccarelli, Sasa Vulicevic, Fabio Giubbani - Durata: 120' - Origine: Italia – Anno 2001
La storia
Nel novembre del 1526, i Lanzichenecchi scendono in Italia diretti verso Roma. Gli sbarra il passo Joanni de' Medici, un giovane capitano dell'esercito pontificio, appena ventottenne, soprannominato Giovanni dalle Bande Nere. Il giovane cavaliere Joanni de' Medici (Hristo Jivkov), celebre capitano di ventura, conosciuto come Giovanni dalle Bande Nere, è uno degli ultimi rappresentanti dell'epoca delle grandi e nobili battaglie. 28 anni, la sua spada è il prolungamento del suo braccio, combatte per vincere, è temuto dai potenti e ambito dalle donne. Tutto un mondo gli gira intorno.Tra scaramucce e inseguimenti notturni la guerra continua nonostante l'inverno rigido e nevoso. Ma i potenti del Nord, gli Estensi e i Gonzaga, sono pronti a vendersi al nemico, fornendo agli Alemanni il falconetto, la nuova, temibile arma da fuoco che cambia le regole del conflitto e riscrive la storia. Joanni sarà ferito a tradimento alla gamba destra in un'imboscata e, dopo una lunga agonia, morirà. È il 30 novembre del 1526. Il nemico non è più di fronte all'uomo. È dappertutto, anche lontano. Il decreto di non usare mai più la polvere da sparo non verrà mai rispettato.

Il regista
Olmi è un regista importante. Da qualche anno scrive meno. Gli spettatori lo ricordano soprattutto per L'albero degli zoccoli, il film che più ha portato il suo nome alla ribalta, verso un pubblico ampio, non solo raffinato. Di famiglia contadina, molto umile, orfano, vive un’infanzia molto difficile. Da giovane si getta subito a capofitto nel mondo del teatro e diventa direttore di compagnie teatrali. L'esperienza teatrale si farà sentire anche nel suo cinema e sarà anche molto importante. Ha una stagione eccezionale dal 53 al 66. In quegli anni produce e gira dei documentari eccezionali (dei quali è ormai difficile trovare copie) con P.P. Pasolini. Fu un sodalizio estremamente ricco e importante. Poi Olmi fa tante altre esperienze: televisione, pubblicità, un po' di tutto, ma soprattutto cinema. Dopo il 70 cominciò a produrre sempre meno. Come mai? C’è all’origine una vicenda personale: è stato colpito da una malattia molto grave che lo ha fatto fermare e lo ha fatto riflettere. Da allora i toni leggeri, un po' comici delle opere giovanili si sono improvvisamente mutati; sono diventati più densi; i temi sono sempre di più collegati con il mistero della vita e di Dio. Di lui ricordiamo Genesi, girato per la serie sulla Bibbia della RAI. Questo tono pensoso e di riflessione è quello che appare di più ne Il mestiere delle armi. Olmi continua nel frattempo a tenere a Bergamo un’importante scuola di cinema che ancora oggi sforna grandi registi.
I temi
Anche se Olmi è cambiato, il suo cinema conserva delle costanti. In tutti i suoi filma ci sono dei personaggi e delle situazioni chiave. Olmi parla spesso di persone forti, persone potenti, di persone "in potere", che hanno assunto il potere, ma che vivono degli imprevisti, qualche cosa che sta in agguato nella loro vita e che la capovolge completamente. Questi "forti" così diventano veramente grandi attraverso una crescita interiore. Non sempre si tratta di una fortezza fatta di gestualità, come potrebbe sembrare quella del protagonista di questo film, che è un guerriero. Si tratta di una fortezza che passa, a volte, attraverso una gestualità molto moderata, molto raffinata, misurata. Questi grandi eroi vivono la loro grande vita, attraverso piccoli gesti. La grandezza dell'uomo - diceva Pascal – si vede attraverso la sua miseria, la sua debolezza. questo il messaggio forte che viene anche da questo film.
La forza degli eroi di Olmi si misura anche attraverso il coraggio, la dignità, la nobiltà. Il tema della nobiltà dell'uomo era già presente in Olmi un film che si intitola Durante l'estate, in cui c'è un personaggio che chiude il film dicendo: "Tutto rimarrà così fino al giorno in cui l'uomo non sarà capace di ritrovare la propria nobiltà". Olmi cerca e scava nei personaggi per trovare questa nobiltà e lo fa attraverso due idee chiave: il mistero della vita - la verità della morte. La morte rappresenta per Olmi il senso profondo della vita. Gli accadimenti, le possibilità che possono presentarsi nella vita sono tutti potenzialmente non realizzabili; l'unico che si realizza veramente è il momento della morte. Questo non vuol dire – secondo Olmi - che l’uomo debba aspettare passivamente questo evento, ma significa che occorre dialogare con la morte attraverso la vita, significa appropriarsene, come fa la principessa di Mille e una notte che deve raccontare ogni notte una storia a colui che all'alba la ucciderà se non sarà soddisfatto di questa storia. La principessa per mille e una notte racconta, narra una favola per sopravvivere, ma nello stesso tempo dialoga con la morte: infatti potrebbe non sopravvivere al suo racconto. Questo è quello che fa Olmi, che usa il cinema, come una narrazione che prepara alla morte. Del resto il cinema è spesso dialogo con la morte. Tanto per citare alcuni film recenti, ricordo Le fate ignoranti, dove la morte è sì interna alla narrazione, ma è vista come l’occasione di nuovi sviluppi, e La strada verso casa, dove la morte è un avvenimento esterno alla narrazione che fa da sfondo ad un’altra vicenda.
Ma, se ben ci pensiamo, noi vediamo nel cinema della cose che non ci sono più, cioè la storia narrata dal film è il racconto di atti, gesti che non esistono più, sono passati, sono finiti. Nello stesso tempo però il cinema ha il potere incredibile di eternizzare la vita, i personaggi, le storie che lo spettatore vive. Il cinema fa sospendere il tempo. Il raccontare di personaggi che sono scomparsi, di volti che non ci sono più ha il potere di renderli eterni. Così nel raccontare la morte di Joanni dalle bande nere Olmi lo eternizza, lo eternizza non tanto come uomo feroce, come era stato descritto all'epoca da Guicciardini e da altri, ma lo eternizza nella sua umanità, nel suo sentimento amoroso, nella sua quotidianità, che è forse un eroismo diverso, ma è proprio nell'eroismo quotidiano che si colloca l’identità e la nobiltà dell'uomo.
Qualcuno ha detto che questo film teorizza l'impossibilità dell'eroismo, cioè Olmi ci vuole dire che in tempi come il nostro non si può più essere eroi, perchè si è schiacciati dalla meschinità della vita. Non è vero: Olmi non ci vuole dire che non è più tempo di eroismo, ma che l'eroismo sta nel mestiere del vivere, nel mestiere di affrontare ogni giorno la nostra quotidianità e nella consapevolezza che la quotidianità ha termine: viverla sapendo che ogni giorno potrebbe essere l'ultimo.
Jovanni dalle Bande Nere è un personaggio storico, morto nel 1526 durante la calata dei Lanzichenecchi che nel 27 eseguiranno il famoso sacco di Roma. Tutto questo nell'ambito delle guerre tra i Francesi e l'impero di Carlo V. Olmi in tutti i suoi film in un qualche modo dà sempre una collocazione storico-temporale ben precisa dei fatti narrati, come se volesse dirci "Siamo nel ..." Ma la vicenda di Jovanni con la storia, con la grande storia, ha poco a che vedere; la vicenda di Jovanni è un pretesto per raccontare la piccola storia di un uomo, di un uomo singolo, di una persona (la vita, i giorni, le esperienze, gli amori, i figli e, se vogliamo anche le azioni di guerra, ma collocate in un’ottica privata). Anche se Olmi è molto accurato nell’ambientare la vicenda (luoghi, trasferimenti, date, nomi), sembra che voglia beffarsi di quello che di Jovanni dicono le cronache del tempo. Al più Olmi è interessato a Jovanni come ad un personaggio fedele al suo ruolo. Jovanni è un soldato, legato al suo ruolo e dolorosamente lo assume e fino in fondo lo conduce . Crede nella morte quasi come esito inevitabile del valore militare, del valore del suo essere un mestierante delle armi. Ma tutto questo appartiene alla sfera del privato, sta nell’ambito dell’umanità intima e quotidiana.

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