Freccia-sx4.jpg (2157 byte)    Marianna Ucria
Origine: Italia - Francia Anno 1997 - Regista: Roberto Faenza Soggetto: dal romanzo di Dacia Maraini "La lunga vita di Marianna Ucria" - Attori principali: Emmanuel Laborit, Philippe Noiret , Roberto Herlitzka, Laura Morante, Laura Betti
Il regista
Il film è solo apparentemente è legato al tema della memoria (quello che ci fa leggere il passato come un luogo in cui si delineano le condizioni storiche, sociali e culturali che hanno contribuito a comporre il quadro dell’epoca contemporanea: il passato, dunque, come uno specchio del presente) Il regista non cede nemmeno alla tentazione di fare un film ideologicamente orientato verso l’attualizzazione di argomenti come quello del femminismo e degli abusi sessuali sui minori. In realtà questo film, come gli altri due della trilogia (Jona che visse nella balena e Sostiene Pereira) appare piuttosto come la storia di una persona che passa dall’umiliazione alla rinascita e al riscatto. In Jona che visse nella balena un bambino uscendo dal campo di concentramento, dove ha subito la violenza sulla sua ingenua fanciullezza, corre libero e felice verso un avvenire migliore. In Sostiene Pereira un vecchio giornalista, ormai rassegnato ad un grigio declino, si risveglia e ritorna ad essere vivo nell’aiutare un giovane rivoluzionario. In Marianna Ucrìa l’epoca storica, feroce e tragica, il luogo (l’isola!) arretrato ed isolato dai frementi filosofici del pensiero europeo sono solo un pretesto. Lo stesso Faenza ha dichiarato che "Il film rimane una storia essenzialmente femminile, di riscatto personale... capace di dare un contributo coraggioso alla causa del nostro vivere quotidiano."
Il personaggio
Marianna, una donna muta, è molto simile alla protagonista di Lezioni di piano di Jane Campion. In entrambi i film il nodo nevralgico verte sulla comunicazione come strumento per uscire dall’isolamento e dall’emarginazione. La difficoltà di comunicazione di Marianna col suo mondo ha un doppio valore simbolico: il mutismo della protagonista rappresenta l’umiliazione della femminilità; il silenzio dei familiari rappresenta l’omertà di un mondo chiuso in se stesso incapace di spezzare il cerchio dell’immobilismo dell’ambiente (un’isola separata dal mondo e lontana dai fermenti di rinnovamento).
La storia
La vicenda è ambientata tra gli splendori e le miserie della Sicilia del Settecento, un’epoca brulicante di contraddizioni, di violenza e di morte (simboleggiata dalla ripetuta comparsa in scena della capra), segnata da matrimoni imposti, parti drammatici, impiccagioni, funerali, ecc. La nobile Marianna, sordomuta (non dalla nascita), è condannata al silenzio ed è a sua volta circondata da silenzi omertosi su un suo oscuro passato. Violentata a cinque anni da uno zio, molto più anziano di lei, lo stesso che sarà costretta a sposare, concepisce senza amore e partorisce quattro bambini. Umiliata nella sua femminilità, Marianna tende a chiudersi sempre più nel suo isolamento (va a viverre in una villa sperduta nell’assolata campagna siciliana; comunica a fatica col marito-zio, coi parenti e con la servitù). Ma, grazie al precettore francese dei propri figli, trova il tempo per imparare il nuovo alfabeto dei segni e per formarsi una coscienza pre-illuminista (La ragione deve essere schiava delle passioni... La libertà deve vincere la necessità... Il sentimento deve vincere il dovere...) per mezzo della lettura in originale di Hume. Poco per volta scopre il terribile segreto della propria infanzia che l’ha condotto al mutismo (figurativamente esemplare e classica è la drammatica scena dello specchio, davanti al quale Marianna, scoperta la propria identità, tenta di pronunciare il suo nome). Così gradualmente, dopo le esperienze atroci e umilianti della giovinezza, si trasforma in una donna libera e autoconsapevole, una donna che passa senza smarrire la sua onestà e farsi tradire dalla passionalità tra le vicende aspre e dure della sua epoca, una donna che riesce, attraverso la cultura e l’apertura ai fermenti della storia, a spezzare le catene di una condizione doppiamente umiliante: quella di donna e quella di sordomuta. Marianna, ormai libera da qualsiasi sentimento di inferiorità, alla fine può battersi anche per il riscatto dei deboli.
Un storia forte ed estrema, di straordinaria sensibilità e di impeccabile eleganza figurativa, che rimane tuttavia lontana dal decorativismo d’epoca, dalla tentazione di produrre belle immagini raffreddate da sfogliare come in un album. Viene narrata con un respiro romanzesco ed ha anche momenti forti, come quello della scena horror di Marianna tra le mummie della cripta dei cappuccini o, in apertura, quello dell’impiccagione del giovane delinquente, alla quale il nonno costringe la piccola Marianna nella speranza di restituirle la parola.
Gli interpreti
Il cast è di prim’ordine: la sensibile, intensa e toccante Emmanuelle Laborit (pure lei sordomuta, scelta dal regista - inizialmente scettico per il rischio di una troppo evidente identificazione col personaggio - in seguito alla pressante insistenza della stessa Emmanuelle) nella parte di Marianna; la regale e disperata Laura Morante in quella della madre; il respingente e patetico Roberto Herlitka nella parte del marito-zio; l’irresistibile Philippe Noiret nella parte del vecchio duca fatto della stessa pasta del Gattopardo, la spiritosa Laura Betti nella parte della nonna (L’inferno è come Palermo senza pasticcerie) .

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