L’ora di religione Titolo originale:L'ora
di religione - Nazione:Italia -
Anno:2002 - Genere:Drammatico - Durata: 1h.42 - Regia:Marco Bellocchio - Cast:Sergio
Castellitto, Jacqueline Lustig, Chiara Conti, Gigio Alberti, Piera degli
Esposti. Trama: Protagonista della storia è Ernesto Picciafuoco, quarantenne,
separato, pittore di talento, per sopravvivenza illustratore di libri per
bambini. Alla notizia del processo di beatificazione di sua madre, tornano i
Fantasmi del passato: la famiglia cattolica, la famiglia borghese, la famiglia
tradizionalista... Commento Bellocchio è uno dei fondatori di quello che negli anni 60 fu chiamato
“Il nuovo cinema italiano” Pisolini (L’accattone), Bertolocci,
Bellocchio(I pugni in tasca)(A proposito: in L’ora di religione c’è un personaggio che si
chiama Don Pugni, solo un caso?) Quel cinema voleva staccarsi dal mostro sacro
del cinema italiano che era stato il neo realismo
Il neorealismo coniuga l’arte/cinema con la vita, ha il coraggio di farsi
pedagogia, di farsi moralità (Nel 2002 si celebra il centenario della nascita
del vero nume ispiratore del neorealismo: Cesare Zavatini, che sta dietro a De
Sica e a tutte le tensioni che animano il cinema italiano del dopoguerra).
Dopo il neorealismo in cinema italiano è scivolato, da una parte nella commedia
all’italiana (che ha i suo meriti: satira intelligente di una società, dei
vizi, dei compromessi, delle contraddizioni) e dall’altra nel cinema kolossal
(l’orribile cinemastorico-mitologico)
A questo punto c’era la voglia di un cinema più aggressivo, più ancorato non
tanto alla realtà, ma alla critica sociale.
Due idee attraversano il cinema di Belloccio:
la critica delle istituzioni, religiosa, familiare
soprattutto. Bellocchio vede nell’istituzione una specie di bavaglio della
libertà e della creatività. Tutto il suo cinema propone questa tema, anche
quando diventa pi vecchi, più saggio, quando incontra la psicanalisi
mantiene questo fervore anti/istituzionale Questo ha fatto sì che molti
considerassero Bellocchio un regista maledetto considerato regista maledetto
per la rabbia che mette nella critica (La Cinaè vicina, In nome del padre, che critica la pedagogia
cattolica, il documentario Matti da legare, che critica
l’istituzione manicomio). Anche se in questi ultimi anni Bellocchio si è
un po’ ammorbidito ed ha fatto anche film retrodatati, forse le sue cose
più belle (Il principe di Homburg, La balia), questa costantedella critica sociale torna, come in questo film in cui Bellocchio
torna ad aggredire, non già, come qualcuno ha detto, l’istituzione
religiosa, ma della famiglia. Non si tratta di un film antireligioso. Il
protagonista,un laico, che si
trova all’improvviso nel bel mezzo di una vicendache ha al centro il tentativo di beatificare la madre, rivive la sua
situazione di figlio, appartenente ad una famiglia che per lui è stata un
bavaglio, una famiglia soffocante (Quanti interni bui e tetri nel film! Come
sono foschi i colori!). Il film è stato vietato ai minori di 14 anni perché
al suo interno c’è unabestemmia,
ma se ben si guarda quel grido non è un’irata invettiva contro Dio, maestrema estrinsecazione del dolore. Anche Giobbe bestemmia, quando
lancia a Dio un’invettiva dal fondo del suo dolore: “Sia fatto il
buio!”, che la contrapposizione al “Fiat lux” della creazione e
potrebbe sembrare una feroce bestemmia, ma in realtà èla reazione alla disperazione nella quale il dolorelo ha cacciato. Anche il personaggio del film che pronuncia quella
bestemmia non compie un atto di ribellione, insulto a Dio, ma estrinseca,
esprime il suo dolore,non ha
come interlocutore Dio, ma la sua disperazione.
la critica però non è fine a se stessa, ma è
centra sull’idea poetica che attraverso il cinema di Bellocchio: l’uomo
sta al centro della vita. In questo film al centro c’è un uomo
“laico”, misurato (Castellino, attore a volte un po’ sopra le righe,
qui lo interpreta bene), che rifiuta l’eccesso, che trova il suo
equilibrioe la sua autenticità
nella contemplazione della bellezza, nella ricomposizione del proprio
passato, nella paternità. Qui il furore critico è bilanciato dalla misura:
la centralità dell’uomo sta nella misura, nel rifiuto dell’eccesso
Ma il film non è privo di
aspetti negativi. Per certi aspetti è forse uno dei meno riusciti di Bellocchio.
Due osservazioni.
Bellocchio parla di un a famiglia, di una società
di una Chiesa che oggi non ci sono più, perché negli ultimi 30-40 anni
sono state capaci di grandi trasformazioni, spesso in meglio o, quanto meno,
oggi sono diverse da come le disegna il film; forse perché involute o
peggiorate, come la famiglia, ad esempio, che oggi non ha più quella
dimensione tragica che è descritta nel film, ma è molto più banale anche
nelle sue sciagure e nei suoi drammi. Quindi l’affermazione di base del
film (critica alle istituzioni)non
è vera.
Per esprime l’idea della famigliao della società che soffoca non c’era bisogno di inventare uno
storia poco credibile e un po’ stravagante e molto demodé. Bastava
inserire gli elementi stilistici (colore, luce, scenografia degli interni,
le simbologie), che pure sono presenti e validi in un contesto narrativo più
realistico, più attuale e il gioco era fatto e tutto sarebbe stato più
persuasivo.
Se vogliamo salvare qualcosa del film (oltre agli indubbi meriti
stilistici) e lo vogliamo sentire più vicino a noi dobbiamo guardare il
personaggio del bambino, aperto, spontaneo, vivace, ancora capace di stupore,
insomma “moderno” come tanti bambini oggi.