Freccia-sx4.jpg (2157 byte)Insider - Dietro la Verità   

Titolo originale: The insider - Nazione: Usa - Anno: 1999 - Genere: Drammatico - Durata: 2h e 37' - Regia: Michael Mann - Attori protagonisti: Al Pacino (Lowell Bergman), Russell Crowe (Jeffery Wigan), Christopher Plummer (Mike Wallace), Diane Venora (Liane Wigand) - Produzione: Touchstone Pictures - Distribuzione: Buena Vista

Trama
Jeffery Wigan è l’ex capo ricercatore e dirigente aziendale della Brown & Williamson, potente industria del tabacco che lo ha licenziato senza motivo. Wigan possiede informazioni coperte dal segreto aziendale, che, se rivelate, avrebbero un effetto devastante sull’intera industria del tabacco. Viene in contatto con Lowell Bergman, giornalista della Cbs e autore del programma televisivo di successo, intitolato Q 60 Minutesf . Bergman tenta in tutti i modi di convincere Wigan a rivelare in video le informazioni....

Si tratta di film di grande impegno spettacolare, costruito col fine di avvincere il pubblico. Michael Mann vince una doppia scommessa. La prima è quella di misurarsi con il cinema classico, quello dell’impalcatura classica del cinema hollywoodiano degli anni 40 e 50: un cinema ben costruito, con una storia forte, che gioca molto sulla qualità degli interpreti, sul rigore del racconto e sulla tensione che questo va tessendo; un cinema che ha l’amore per la descrizione (primi e primissimi piani che accarezzano i personaggi) dei personaggi che hanno forti passioni, ostinazione e tenacia nel perseguire i loro scopi. Questo film fa tutto questo senza tenere conto delle grandi novità del cinema di oggi (effetti speciali, cinema digitale, ecc. che abbiamo visto ne Il gladiatore, in Mission: impossibile due). La seconda scommessa è quella di essere riuscito a fare un thriller senza il serial killer, senza il poliziotto, ma basato su un fatto di cronaca, e di essere riuscito a essere nello stesso tempo fortemente avvincente.
Il film ha due livelli di lettura:
1. da un lato appartiene al filone del cinema civile (un genere che in Italia è del tutto scomparso: ora noi facciamo cinema minimalista, basato su piccoli sentimenti, su piccoli conflitti), il cinema di denuncia, (qui c’è l’accusa alle multinazionali del tabacco di avere addizionato al tabacco sostanze che danno la dipendenza)
2. dall’altro lato prende di mira i mass media, la televisione in particolare, il rapporto tra televisione e democrazia, tra televisione e verità, offrendoci una radiografia estremamente rigorosa di un mondo a cui noi diamo molto autorevolezza, ma che è ben lontano dall’essere trasparente, obiettivo, privo di contraddizioni e che invece troppo spesso si mostra pieno di confusioni e di ambiguità, di condizionamenti e di asservimento ai poteri di varia natura e poco fedele alla verità.
Quando si fa cinema civile c’è sempre il rischio di fare delle opere retoriche. Nel cinema di questo genere c’è spesso la contrapposizione tra due caratteri diversi e lontani. Anche questo film ha un eroe, che è il giornalista, che corrisponde un po’ all’eroe tradizionale, al cavaliere impavido e senza paura. Non a caso il regista gli riserva il prologo e il finale del film. Il giornalista (Lowell Bergman), interpretato da Al Pacino, ci riproporre l’eroe americano che va alla ricerca della verità con ostinazione Accanto all’eroe, c’è un altro personaggio, ben più ricco di umanità, ma meno eroico o, se si vuole, un eroe del quotidiano (da ricordare la sequenza in cui Wigan è nella camera d’albergo ed ha alle sue spalle un gigantografia che rappresenta un cavaliere antico, un eroe tradizionale: poco dopo questa gigantografia si scompone e lui vede, come in sogno, sullo sfondo le sue bambine), pieno di paure, per nulla intrepido e avventuroso come il giornalista, più vicino a noi. Lo scienziato Jeffery Wigan (interpretato da Russell Crowe, lo stesso protagonista de Il gladiatore, ma qui attore molto ricco - non mummificato come là - che sa rendere con grande sensibilità le ambiguità, le paure e l’incertezza di questo personaggio) è un personaggio molto più bello, molto più "lavorato". Tutta storia si impernia attorno alle figure di questi due uomini, attorno alla loro difficile amicizia, due uomini che riescono a trovare tra loro un legame che non sta solo nella ricerca della verità, ma anche nella profondità delle loro emozioni e dei loro sentimenti. Al di là della denuncia e dentro la tensione del thriller c’è dunque anche una storia di rapporti umani. Anche la recitazione è diversa: c’è quella un po’ sopra le righe di Al Pacino e quella ricca e intensa di Russell Crowe.
Il regista ha un grande amore per i personaggi; il suo è un cinema antropocentrico. Mentre le sequenza diurne si stendono in grandi spazi, specialmente in riva al mare; quelle notturne risentono del clima del poliziesco (la storia, infatti, come si è detto, viene raccontato come un thriller) con le insegne, i dettagli. La macchina da presa prima disegno lo spazio e poi dentro lo spazio si muove sempre per andare a raggiungere l’uomo, i suoi sentimenti, il suo bisogno di verità e questo avviene non solo per i protagonisti, ma anche per i personaggi secondari. Questa ricerca dell’uomo è certamente l’aspetto più bello di questo film, certamente più interessante della denuncia civile.    

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