Freccia-sx4.jpg (2157 byte) GRAZIE PER LA CIOCCOLATA    
Regia: Claude Chabrol. Soggetto: dal romanzo di Charlotte Armstrong "Et merci pour le chocolat".. Interpreti: Isabelle Huppert (Marie-Claire "Mika" Muller-Polonski), Jacques Dutronc (André Polonski), Anna Mouglalis (Jeanne Pollett) Rodolphe Pauly (Guillaume Polonski), Brigitte Ca-tillon (Louise Pollett) Michel Robin (Du-freigne), Mathieu Simonet (Axel). Durata: 99'. Origine; Francia/Svizzera, 2000.
Siamo a Losanna. Mika (Marie Claire) Muller, proprietaria e direttrice di un'industria di cioccolato, si sposa per la seconda volta (il primo matrimonio ha avuto vita breve) con André Polonski, un concertista di fama internazionale. La moglie precedente di André, Lisbeth, era morta anni prima in un oscuro incidente di automobile. Da lei, egli ha avuto un figlio, Guillaume, che è da poco diventato maggiorenne, ma che ancora non sa quello che vuole. Jeanne Pallet, che è nata lo stesso giorno e nella stessa clinica di Guillaume, è venuta casualmente a sapere che, all'epoca, potrebbe esserci stato uno scambio accidentale di culle. La ragazza, che si sta preparando per un concorso di pianoforte, si presenta allora in casa di André e ottiene di essere seguita da lui per alcune lezioni.Guillaume si dimostra, sin da subito, ostile nei confronti dell'intrusa. Mika e André, al contrario, accolgono la ragazza con simpatia e cordialità. L'uomo, in particolare, viene a rivivere nella giovane allieva il ricordo della moglie morta, mai del tutto dimenticata.Nel frattempo, gli strani armeggi di Mika intorno ad un thermos pieno di cioccolata hanno finito per insospettire la ragazza. ....
Chabrol spesso affronta il thriller. Anche questo film lo è, ma si tratta di un thriller psicologico, dove non ci sono azioni cruente. La storia è abbastanza scontata, prevedibile e rimanda a tanti altri polizieschi di ambiente familiare. Non c’è nemmeno il finale tragico (Nell’incidente i due ragazzi non si sono fatti niente). In questo ed in altri film di Chabrol prevale l'indagine sulla natura umana. Ovviamente per rendere queste indagini un po’ più ... attraenti Chabrol usa il thriller. Di solito quando si vede un film di Chabrol si dice che c'è Hitchcock dietro. Non è vero. Qui piuttosto Chabrol si rifà a Renoir, francese e a Fritz Lang, tedesco, (sono di questi due registi le due cassette che la Mika porta a casa), registi che sapevano raccontare con la macchina da presa "quello che non si vede". Noi siamo abituati ad un cinema che fa vedere "quello che si vede", anzi al cinema chiediamo di vedere ancora di più: dal buco della serratura vorremmo spiare tutto. Quello di Chabrol è il cinema della sottrazione: "non vi faccio vedere il visibile (avete gli occhi e già lo vedete), ma vi faccio vedere l'invisibile, vi faccio vedere quello che succede dentro". Questo è un grande modo di fare cinema.
Ma qual è l’invisibile che si nasconde dietro questo thriller? Chabrol racconta una storia di una donna che non sa amare e crea una equivalenza terribile: chi non sa amare lavora per la morte, uccide. Ma il film va più a fondo: non afferma solo che chi non ama uccide. Chabrol vuole dirci di più; vuole dirci che chi non ama e sostituisce all'amore la ragione, uccide. Mika, una donna che rappresenta la borghesia, ha sostituto all'amore la razionalità, è incapace di provare sentimenti, è sempre inappuntabile, perfetta, geometrica (in realtà si chiama Marie Claire e si veste come se uscisse dai manichini delle pagine di quella rivista), ma dietro questa perfezione si nasconde la sua natura diabolica. Chabrol è sempre un moralista. Ma è un moralista pessimista. lo sguardo che dà alla natura umana non è uno sguardo tenero.
In tutto il film non c'è una inquadratura sbagliata. Prevalgono i primi piani. Il primo piano viene chiamato "immagine affezione", per dire che il primo piano non serve per descrivere un volto, ma un'anima (Bergamn dice: "Il primo piano è un archivio delle anime"). La prevalenza dei primi piani già ci dice che Chabrol ha fatto una scelta: non quella di raccontare una storia, ma quella di raccontare il dietro di una storia (uno dei due film che la Mika porta a casa si chiama "Dietro la porta chiusa " di Fritz Lang) o meglio, quella di raccontare il dentro del personaggio chiave del film. Ci sono solo 3-4 campi lunghissimi. Uno di questi è l'inquadratura del lago iniziale quando scorrono i titoli di testa. Non è una cartolina o una romantica descrizione paesaggistica di moda nell’ottocento, ma rimanda in modo persuasivo e non retorico soprattutto all'inquietudine dei personaggi, al loro mistero. Nelle inquadrature compaiono spesso molto quadri. Sono tutti i importanti, perchè tutti definiscono un’atmosfera psicologica (il carattere, i sentimenti, la classe sociale dei personaggi). I movimenti di macchina legano tra loro i sentimenti, a volte li anticipano. La lentezza del film, che potrebbe anche annoiare, è un pregio, perchè permette allo spettatore di godere, gustare le inquadrature.
Notevole è l’interpretazione di Isabelle Huppert che accompagna spesso il cinema di Chabrol. da sempre, nel cinema di Claude Chabrol, una dark lady del profondo, inquietante (Il buio nella mente), disperata (Un affare di donne), infantile (Madame Bovary). Qui dire che è strepitosa è poco.  

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