Go Now Titolo originale: Go now - Origine: Gran Bretagna - Anno:
1996 - Regia: Michael Winterbottom - Sceneggiatura Paul Henry Powell e Jimmy McGovern -
Interpreti: Robert Carlyle (Nick), Juliet Aubrey (Karen), James Nesbitt (Tony), Sophie
Okonedo (Paula) - Durata: 81 - Premi e riconoscimenti: Prix Europa, nomination per
il BAFTA, presentato al festival di Venezia 1996. La storia Nick fa loperaio a Bristol e la sua vita è scandita, oltre che dal
lavoro, dalle bevute al pub con i trivialissimi amici e dalle partite di calcio in una
squadra di dilettanti. Un giorno di imbatte in Karen, impiegata in un albergo. Poco tempo
dopo la donna lascia luomo a cui era legata (il suo capo) e va vivere con Nick.
Lidillio procede a meraviglia, fino a quando Nick non comincia ad accusare strani
disturbi, quali il formicolio alle mani, debolezza, calo della vista, cedevolezza delle
gambe e della mani. Svolte le analisi del caso, la diagnosi giunge implacabile: è affetto
da sclerosi multipla. Comincia per Nick il calvario per riuscire a vivere nonostante la
malattia. Inizialmente non vuole la pietà di nessuno e tanto meno quella di Karen che
mette fuori in malo modo dalla sua casa. Karen, dopo vari momenti di incertezza, riempiti
anche da qualche fugace tradimento con il suo ex amante, sceglie ostinatamente di restare
al fianco di Nick e lo sposa non per pietà, ma per autentico amore.. Il regista
Michael Winterbottom è un giovane regista inglese con meno di 40 anni. Laurea a
Oxford, studi di cinema a Bristol e a Londra, lavora prima come montatore alla
televisione, poi come documentarista e come regista di serial televisivi (tra cui Family),
ottenendo premi e riconoscimenti. Nel 1994 con Andrew Eaton fonda la Revolution films con
lo scopo di realizzare opere cinematografiche che capaci di suscitare scalpore,
"perché la provocazione è una cosa positiva". Esordisce con Butterfly Kiss
(1994), segue Go Now, Jude (1996), Benvenuti a Sarajevo (1997). Il tema Per non sentirsi inutile e svuotato Paul Henry Powell - tre anni dopo che gli
era stata diagnosticata la sclerosi multipla - comincia a frequentare un seminario per
scrittori, tenuto da Jimmy McGovern. Insieme i due hanno scritto la sceneggiatura di Go
Now il cui titolo si rifà alla nota canzone di Larry Buncs e Milton Bennett e
significa non occorre dirlo Va via!. Si tratta dunque di una storia
in larga parte autobiografica, che ha come tema la malattia e lhandicap (Il tema è
annunciato allinizio da quella terribile barzelletta del compagno di Nick sul suo
presunto incontro amoroso con la ragazza handicappata).
Ben lontano dalle patinate - e fin troppo note - storie damore e morte di Holliwood,
che suonano false fin dalle prime inquadrature, Go Now non è un dramma
strappalacrime, né un dolciastro mélo, ma un film di autentica introspezione, che
scava a fondo lo stato danimo del malato, fatto anche di sordo rancore, di
cattiveria e solitudine. Il regista è attento alla psicologia della malattia; non ci
mostra solo la decadenza del corpo (coi aspetti a volte anche repellenti), ma scava pure
dentro e dietro la malattia (A conferma della superiorità dellaspetto psicologico
si noti quello che ad un certo punto Nick dice: "Io sono ammalato, ma dentro sono
quello di prima"). Allinizio il film ha limpronta della commedia proletaria (i rapporti di
Nick e dei suoi compagni sono raccontati con scherzi anche pesanti e battute triviali), ma
poi passa gradualmente al dramma, però senza pesantezza, senza oscurare la briosità e il
solido ottimismo iniziale e si conclude con un lieto fine di coppia. Lo stesso finale
però non concede nulla alle lacrime e al pietismo; è un matrimonio con gli amici di
sempre, con le loro volgarità (lamico che va in bagno e vomita per il troppo cibo),
le loro beffe, come a volere sottolineare che la vita, nonostante la malattia, torna
normale, non è cambiata.
Anche la storia damore è credibile e vera, oscillante tra il gioco erotico e il
dolore. Non manca nemmeno un comprensibile tradimento di Karem nel momento più acuto
della crisi esistenziale in seguito al progressivo aggravarsi della malattia.
La partecipazione emotiva non trasborda nel melodrammatico neppure nella sequenza chiave
dellallontanamento di Karen (Go now!) dallappartamento di Nick e del
suo successivo ritorno: qui Karen, immobile sotto la pioggia, è ripresa dallalto in
una scenografia livida; poi cè lincontro sulla strada sotto la pioggia tra i
due (lui povero sciancato sulle grucce, lei madida di pioggia e col volto livido per il
freddo). Lincontro sulla strada è preceduto da una lunga panoramica soggettiva (una
autentica panoramica sulla sua vita e sul suo rapporto con Karen) che seguendo lo sguardo
di Nick, ci porta a rivedere il suo povero monolocale, i suoi mobili, i suoi quadri, le
sue stoviglie, il suo caldo e vivo disordine. È qui che il protagonista fa una sincera
introspezione e constata quanto Karen sia penetrata in lui e nella sua vita. Subito dopo
lincontro sulla strada cè il ritorno di Karen e Nick in casa, nella casa
della gioia e del dolore.
Gli attori
Robert Carlyle nel ruolo di Nick qui è strepitoso. È un attore capace di recitare
tutti i ruoli. (Lo ricordiamo ne La canzone di Carla e nel recentissimo Full
Monty-Squattrinati organizzati). Qui è spontaneo e immediato; sa essere bravo in
tutte le tonalità: emotive, sentimentali, ironiche e persino rozze e volgari.
Anche la recitazione di Karen (Juliet Aubrey) è straordinaria per la sincerità,
lautenticità, la compostezza e lessenzialità dellespressione dei
sentimenti.
Alcune note tecniche Go now è un film creato per la TV (Molto buoni film inglesi degli ultimi
tempi sono TV movie). E si vede nella tecnica delle inquadrature e delle riprese:
niente campi lunghi o lunghissimi, molti piani ravvicinati.
Il film ha volutamente un tono dimesso, coerente con la sua intenzione di raccontare la
vita. Il regista ce lo fa capire, per contrasto, quando Nick dice di avere noleggiato una
video cassetta con il film True Lies, una commedia avventurosa, con aspetti
fantascientifici e ricca di grandi effetti speciali. Qui non vi sono trucchi ed effetti
speciali: le scene e i colori sono quelli della vita, la normalità, la quotidianità. Per
convincerci che questa è una scelta, basta ricordare che il regista sa fare anche film
con preziosità stilistiche, come Jude. Nonostante il tono volutamente dimesso lopera ha un ritmo avvincente, frutto
soprattutto di un ottima montaggio. Il racconto è più teso di Benvenuti a Sarajevo,
ultima fatica di Michael Winterbottom.
Tuttavia il film, anche se non manca di scioltezza nel narrare le vicende e di abilità
nel descrivere ambienti (ricordiamo i numerosi stop che fissano la vita di gruppo
ritraendola in fotografie da appiccicare sullalbum dei ricordi con tanto di commento
ironico) e nel disegnare personaggi (credibili e vivi sono i loro dialoghi), anche se
interpretato da attori di grande temperamento e dalla personalità spiccata, non ha avuto
in grande successo di pubblico. Ma Il successo di pubblico non corrisponde alla qualità
dellopera. Questo avviene anche per la letteratura e larte (Ad esempio, di
Leonardo lopera più famosa è la Gioconda, che non è la migliore)