Freccia-sx4.jpg (2157 byte) IL GLADIATORE    
Scheda
Titolo originale: Gladiator - Regia: Ridley Scott - Attori: Russel Crowe, (Massimo) Joaquin Phoenix (Commodo), Djimon Hounsou (Juba), Connie Nielsen (Lucilla), Richard Harris (Marco Aurelio) , Oliver Reed (Proximo) - Origine: USA - Anno: 2000 - Durata: 155’
Trama
Germania 180 dopo Cristo. L’esercito romano, sotto il comando del generale Massimo, ha appena sconfitto le ultime orde barbare che resistevano a Roma. L’imperatore Marco Aurelio chiede al generale di succedergli al posto del figlio Commodo alla guida dell’impero. Commodo soffoca il padre subito dopo, ordinando l’uccisione di Massimo e lo sterminio della sua famiglia. Massimo riesce a fuggire, ma non a giungere in tempo al sua podere in Spagna per salvare i suoi cari. Catturato da un mercante di schiavi finisce per essere venduto a Proximo, che lo destina alla carriera di gladiatore. Forte della sua esperienza militare, Massimo riesce non solo a conservare la sua vita nell’arena, ma anche a conquistare il favore degli spettatori e il rispetto dei suoi compagni di sventura.  Massimo viene condotto da Proximo a Roma dove combatte con successo nel Colosseo.....
Il regista
Il film di esordio (I duellanti) del regista, che conserva ancora oggi un grande fascino, è di ambientazione storica (1800); è tratto da un romanzo di Conrad e narra la storia di un duello senza fine tra due ufficiali (un napoleonico ed un nemico della Francia). Subito dopo Scott fa Alien, (il primo Alien: ne sono seguiti altri con lo stesso titolo), un film ben costruito e serrato, apparentemente di fantascienza, ma che dietro la storia di immaginazione nasconde una metafora spaventosa, la metafora della terribile malattia del cancro. Segue poi il suo film mito (Blade Runner), un altro film fantascientifico e poliziesco, passato nell’immaginario collettivo, che racconta sì il futuro, ma anche un crisi dentro il presente. Con questi tre film Scott raggiunge il vertice della sua carriera: Poi arriva il precipizio (L’albatros – Oltre la tempesta, una storia di educazione e di mare - Chi protegge il testimone, un fil poliziesco, ecc.). In questo momento Scott si dedica alla pubblicità e ne è divenuto, assieme al fratello, uno dei grandi, e più premiati, maestri, soprattutto per l’uso strepitoso del linguaggio della immagini.
Filmografia
I duellanti (1977); Alien (1979); Blade Runner (1982); Chi protegge il testimone (1987); Black Ryan – Pioggia sporca (1989); Thelma e Louise (1991); 1492 – La scoperta del Paradiso (1992); L’albatros – Oltre la tempesta (1995); Soldato Jane (1997)

Alcune note di commento
In questo film Scott si misura con un genere cinematografico che non vediamo da tanto tempo al cinema, il peplum film, cioè il film storico. In più rifà un film già fatto da un altro regista americano (Antony Mann, La caduta dell’impero romano, 1964, con Sophia Loren, costruito sulla rievocazione della grandezza di Roma). Ci si chiede: "Perchè un regista di qualità riprende un genere così dissueto? Che cosa lo ha affascinato in questa storia?" Scott è poco interessato alla verosimiglianza in senso storico (anche se all’inizio mette una data: 180 dopo Cristo). Questa non è una lezione di storia. La storia che il film racconta è così pretestuosa che il regista la riassume con una battuta del personaggio più cattivo che è Commodo (Tu eri un generale e sei diventato uno schiavo, lo schiavo è diventato un gladiatore ...). Tra l’altro il film è zeppo di incongruenze (c’è una contaminazione tra la colonna sonora del film, che è molto sofisticata, e il film storico, che invece richiede una colonna sonora con musica di maniera, trionfale, marziale), errori e anacronismi (ad esempio le balestre non c’erano al tempo dei Romani; la fattoria, dove vive la famiglia del gladiatore, non si trova in Spagna, ma con ogni evidenza è un’immagine della campagna senese). Il film in realtà non è legato che in minima parte alla storia, perchè vuole raccontare la crudeltà del mondo dello spettacolo. Scott ci vuole dire che anche oggi viviamo in un mondo dove tutto si traduce in spettacolo, dove, se una persona non è "spettacolarizzata", rischia di non esistere. Quale rischio si corre in una tale società, che riduce sentimenti ed emozioni alla loro valenza spettacolare? Questo è l’interrogativo che si muove dentro questo film, l’interrogativo che lo giustifica. Pur non essendo, questo, uno dei grandi film di Scott, è un’opera che ha un senso ed una giustificazione, se riusciamo a leggerlo in questa direzione: tutto è spettacolo e lo spettacolo non può non essere violento; se si riduce tutta la società a spettacolo, si corre il rischio di trasformarla in una bramosia di violenza. Anche oggi viviamo in un mondo dove tutto si traduce in spettacolo (Si veda Il Grande Fratello di questi giorni), dove, se una persona non è "spettacolarizzata", rischia di non esistere. Il regista ha creato questa equivalenza: il popolo di Roma è come il pubblico degli spettacoli. Noi siamo un popolo di spettatori come il popolo di Roma. Anche noi abbiamo questa fame di spettacolo, una fame senza misura. Qualcuno ha detto che il film è troppo iterativo, cioè che le scene della lotta nell’arena si ripetono fino all’eccesso. Ma, se riflettiamo, ci accorgiamo che è questa la logica dello spettacolo: non quella di cambiare il mondo, ma quella di accumularsi dentro se stesso, di non avere limiti, di non avere nessuna inibizione, di non avere nessun freno. E non avere più limiti significa non avere più moralità. C’è una visione pessimistica di noi che siamo spettatori, che siamo pubblico. In qualche modo siamo avvicinati al popolo romano. Quello che accade sullo schermo è come quello che il popolo di Roma vede nell’arena.
Al di là di tutto il film ha un suo valore anche da un punto di vista del linguaggio. Si è detto che Scott segue il modello linguistico della pubblicità: ci sono i rallenty, le accelerazioni, il mondo del digitale (la Roma virtuale, ricostruita col computer non solo nei palazzi, ma addirittura nella raffigurazione della folla nei campi lunghi e lunghissimi; in due inquadrature è virtuale anche Proximus, perchè Oliver Reed è morto durante le riprese del film). Anche nella struttura narrativa il film è una contaminazione: c’è il melò (incesto? sospetto di incesto?), ma poi c’è anche quell’oscillare tra l’al di qua e l’aldilà.
Il film ha un attacco strepitoso: quella mano sul campo di grano dai colori morbidi, che torna poi anche durante il film, a cui segue la sequenza della battaglia, tutta dipinta con i colori tipici di Scott (si ricordi Alien, I duellanti, Blade Runner ): azzurro, blu, grigio chiaro e tutta girata con uno straordinario coordinamento tra i movimenti di macchina e i movimenti della massa, che danno alla scena un carattere epico. Il film non è poi tutto a quest’altezza. Si pensi alle sequenze di raccordo e di dialogo, che sono faticose, anche perchè la storia è prevedibile, lo stesso digitale, che pure ci affascina, non è sempre persuasivo.   

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